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Gabriele Corrado ci racconta sentimenti ed emozioni della sua danza

Gabriele Corrado

 

Corrado Gabriele è nato nel 1986 a Casarano nel Salento. Nel 1997 è stato ammesso alla Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala di Milano. Nella primavera del 2005 si diploma unendosi al Corpo di ballo del Teatro alla Scala. In qualità di Solista alla Scala, Corrado Gabriele ha interpretato: La Dame aux camélias di J. Neumeier, Le Parc di A. Preljocaj, Vanitas di F. Monteverde, Il Lago dei cigni di V. Bourmeister, La Bayadere di N. Makarova, Romeo e Giulietta e Manon di K. MacMillan, Apollo, Ballet Imperial, Jewels e A Midsummer Night’s Dream di G. Balanchine, Voluntaries di G. Tetley, Pink Floyd Ballet di R. Petit, Mediterranea di M. Bigonzetti, Le Chant du compagnon errant di M. Béjart, Don Chisciotte e Il Lago dei cigni di R. Nureyev, In the Middle, Somewhat Elevated e Artifact Suite di W. Forsythe, Onegin di J. Cranko, Raymonda di S. Vikharev, L’altro Casanova di G. Schiavoni, Aida di V. Vassiliev, L’altra metà del cielo di M. Clarke, Concerto DSCH di A. Ratmansky, Marguerite and Armand di F. Ashton. Nel 2008 ha danzato come ospite con Eleonora Abbagnato all’Arena di Verona. Con lei, ha anche ballato durante la trasmissione televisiva del Premio Barrocco su Rai1. In seguito viene invitato da Salvatore Ferragamo a danzare a Dubai. Nel 2011 danza, su invito, al Teatro dell’Opera di Roma per la serata di “Gala Italia-Russia”, interpretando il Pas de deux dal secondo atto di “Manon”. Al Teatro Bolshoi di Mosca ha danzato nel ruolo del Cavaliere di Titania nel “Sogno di una notte d’estate” di Balanchine. Sempre nel 2011 è stato nominato Solista del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano. Nel 2012 è entrato, come Solista, ai Balletti di Monte Carlo guidati da Jean-Christophe Maillot danzando diversi e importanti ruoli del repertorio: Roméo et Juliette, Vers un Pays Sage, Choré, La Belle (tutti di J.C. Maillot) e New Sleep di W. Fostythe. Ha vinto nel 2005 il premio per il miglior studente del Rotary Club e nel 2008 ha ottenuto il Premio Internazionale “Le Stelle di Balletto 2000” a Cannes.

Gabriele, tu arrivi da un piccolo paesino del Salento; come ti sei avvicinato alla danza e qual è stato il tuo percorso artistico prima di giungere a Milano presso la Scuola di Ballo scaligera?

 

È stato un caso fortuito, mia madre mi accompagnò a vedere mia sorella che aveva iniziato un corso di danza. Per me pensavano al nuoto, al calcio o alla pallavolo. Di ragazzi che facevano danza ce ne sono sempre stati pochi e inoltre vivendo al Sud, c’erano anche svariati pregiudizi. Per caso dunque iniziai, avevo un’innata propensione al movimento e fu facile ripetere gli esercizi che la maestra mostrava a noi giovani allievi. Conservo nella mia memoria un ricordo molto vivo del primo giorno.

Perciò da piccolo non era già il tuo sogno quello di intraprendere la carriera di danzatore professionista?

No appunto avvenne per caso, poi i maestri che si susseguirono nel mio percorso di apprendimento suggerirono alla mia famiglia che possedevo delle doti da assecondare e li convinsero (questo a 10 anni) a portarmi per un’audizione alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala e immediatamente fui accolto.

Quale clima si respirava nelle scuole di danza di provincia prima del grande salto verso l’Accademia milanese?

In provincia (e in particolare al Sud) l’ambiente è molto diverso, decisamente più familiare e lo intendo nel senso positivo, è una variegata realtà di culture diverse, i genitori seguono i propri figli stando in sala, magari percorrono decine di chilometri per accompagnare i propri bambini a seguire un’ora di lezione e regalare il sogno al piccolo bambino di un passo a due. Alcuni di questi proseguono e come me ne fanno una professione.

Che tipo di allievo sei stato?

Sarebbe più giusto fossero i miei maestri a rispondere. Come accennavo prima ho avuto un’innata vocazione al movimento. Abitando in provincia ho trascorso la mia infanzia ad arrampicarmi sugli ulivi, correndo sui muretti tra i campi, giocando con gli animali… dunque ero particolarmente energico e innato al movimento. Forse un aggettivo corretto potrebbe essere: “esuberante”! Ma quando ho iniziato gli studi alla Scuola di Ballo della Scala, mi sono dimostrato molto caparbio, costante e alla ricerca della perfezione. Queste sono doti indispensabili per la nostra professione e non voglio tediare i Vostri lettori, credo lo abbiano letto in tutte le interviste dei miei colleghi.

Quali preziosi consigli conservi dei tuoi maestri di danza?

Di ogni mio maestro conservo e ricordo qualcosa, dai movimenti alle correzioni, agli esempi stessi di vita. Ne ricordo molti con un particolare affetto, perché nei pomeriggi di prove a ripetere meccanicamente lo stesso passo, decine di volte, si è instaurata una forma di rispetto e venerazione per cercare di dare il proprio meglio e soddisfare le richieste del maestro.

Quali sono state le maggiori difficoltà nel lasciare il tuo paese per venire a Milano?

 

La mia infanzia l’ho trascorsa certamente in modo piuttosto differente da un teenager cresciuto in una grande città dove magari l’essere portati in una palestra a fare judo o a giocare a tennis era più normale. Per me esistevano i campi, gli alberi, i tramonti e il mare. Scappavo in giro con la mia bicicletta, inseguivo i gatti, prendevo le lucertole… avevo un rapporto costante con la terra. Arrivare a Milano, dormire prima in una famiglia, poi in un convitto, poi da solo in un piccolissimo appartamento è stato certamente uno shock. Milano è grigia, frequentavo l’istituto Cattaneo alle serali e di giorno avevo la scuola della Scala, tornavo tardi a casa, dovevo cucinare, fare il bucato e studiare. Sempre in solitudine, la mia famiglia era a mille chilometri di distanza, ne sentivo molto la mancanza… eppure c’era la danza a motivarmi. Devo ricordare che (caso più unico che raro) sono entrato e uscito dalla scuola della Scala per tre volte e sono immensamente grato alla Signora Prina per l’avermi sempre riaccettato. I miei genitori a settembre di ogni anno mi riportavano a Milano, ma a distanza di qualche mese io scappavo giù e abbandonavo! Fortunatamente il mio destino era segnato ed oggi vivo della mia danza!

Sei l’unico, attualmente, in famiglia che si occupa di danza?

Sì mia sorella appunto iniziò per un breve periodo, ma poi decise di intraprendere un’altra strada.

Chi ha segnato notevolmente il tuo percorso artistico e a quale maestro sei più grato?

Credo sia più corretto affermare che ogni maestro è stato indispensabile e rilevante rispetto al percorso professionale e al periodo di riferimento.

Quando hai capito che investire sulla danza sarebbe stato per te fondamentale?

È stato un percorso automatico. La danza a poco a poco è divenuta una parte fondamentale del mio equilibrio, non solo materiale ma soprattutto psicologico… torno a quel desiderio innato di movimento, di espressione, di emozioni.

Come descriveresti, nel complesso la tua esperienza alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano?

Una grande scuola di vita e non solo di danza.

Secondo te, qual è la dote che non può mancare ad un ballerino?

La caparbietà. Indispensabile a superare la fatica, le difficoltà professionali e tecniche.

Lo spettacolo di danza che ricordi come il più emozionante al quale hai assistito in Scala?

Lo spettacolo di addio alle scene di Alessandra Ferri con “La dame aux camelias” di John Neumeier, indimenticabile!

C’è stato un momento particolare in cui hai veramente creduto che il tuo sogno di diventare un grande ballerino stava tramutandosi in realtà?

Terminata la scuola della Scala, quando ho vinto il Concorso e sono diventato ballerino stabile del Corpo di ballo scaligero. Finalmente potevo ripagare i miei genitori di tutti i sacrifici che avevano dovuto sostenere per consentirmi di vivere a Milano per inseguire il mio sogno.

Hai un mito della danza, presente o passato, al quale ti ispiri?

Nureyev mi ha sempre affascinato per il suo estro artistico, così carismatico e la sua tecnica esplosiva.

Ero presente in platea e non mi dimenticherò mai la tua entrata in scena alla Scala in coppia con Marianela Nuñez nel “Romeo e Giulietta” di Kenneth MacMillan. Un grandissimo successo. Cosa ricordi di quella magica serata?

Tantissime emozioni… una pagina speciale della mia vita. Con Marianela si è instaurato un feeling immediato, con naturalezza, è stato bellissimo. Ti ringrazio di questo complimento, per me ogni spettacolo è o è stato magico. Ho sempre dato tutto me stesso per cercare di fare vivere delle emozioni al mio pubblico, cercando di interpretare il personaggio fino a viverlo ed emozionarmi io stesso.

Dopo aver danzato bellissimi ruoli in qualità di Solista nel Corpo di Ballo della Scala, attualmente sei Solista nella prestigiosa Compagnia dei Ballets di Montecarlo diretto da Christophe Maillot. Com’è avvenuto il tuo ingresso?

 

Alla Scala dopo aver interpretato quei ruoli soffrivo un po’ per non avere un numero sufficiente di recite, un ballerino ha una “vita” professionale piuttosto breve per ovvie limitazioni, e alla Scala purtroppo la programmazione della danza non è sufficientemente ampia. Il numero di spettacoli e dunque di recite individuali è limitato e allora ho iniziato a guardare altre Compagnie dove vi sono maggiori opportunità sia di crescita professionale che di numero stesso di recite.

Le maggiori soddisfazioni professionali che hai ricevuto da questa nomina?

È un onore e un bel riconoscimento che mi da la possibilità di interpretare sempre nuovi ruoli.

Come si svolge la tua giornata tipo nella Compagnia di danza monegasca? Quante ore provate?

Qui proviamo realmente moltissimo e anche il numero di recite è molto elevato, facciamo parecchie tournée e Jean Christophe è molto esigente: è veramente una sfida riuscire ad accontentarlo ma è anche un modo molto intelligente per aumentare la nostra motivazione. Siamo, infatti, una Compagnia molto unita.

Con quale coreografo ti piacerebbe lavorare e con quale ballerina ti piacerebbe danzare?

John Neumeier, Alessandra Ferri.

Smessi i panni da ballerino sul palco e in sala danza qual è la tua giornata tipo a Montecarlo?

La danza ci impegna quotidianamente almeno otto ore. Vivendo solo ho scoperto e coltivato la passione per la cucina… e i miei colleghi sono sempre in coda per venire a cena da me.

Dal punto di vista professionale ti manca l’Italia?

Lasciando la Scala in qualche modo ho allargato la mia visione. L’Italia per la cultura e l’arte purtroppo fa ben poco, ho guardato molto le compagnie americane, francesi, inglesi; i numeri, la gestione, le strutture manageriali che hanno creato. Dire che mi manca l’Italia (dal punto di vista professionale?) veramente no. Mi manca “la mancata occasione” o se preferisci “l’occasione mancata” del nostro sistema.

 

In futuro pensi di rientrare nel Corpo di Ballo della Scala? Attualmente sei in aspettativa, giusto?

Chissà! No ho lasciato definitivamente il Teatro alla Scala dopo un’esperienza di due anni a Monaco sono rientrato per tre mesi alla Scala, ma le motivazioni che mi avevano spinto alla decisione di lasciare per un’esperienza estera… si sono fatte sentire ancor più pesantemente e dopo soli tre mesi a Milano sono rientrato a Monaco e sono particolarmente grato a Jean Christophe Maillot che mi ha nuovamente accettato senza esitazioni.

Qual è il più grande sacrificio che hai fatto per inseguire il tuo sogno?

 

Non è un solo sacrificio sfortunatamente! Ho lasciato la mia famiglia in età scolare, i miei affetti, la mia terra! E poi quotidianamente il ballerino deve fare sacrifici, quando il corpo ancora urla di dolore della sera prima, noi torniamo alla sbarra e cerchiamo di dare il meglio della nostra prestanza fisica, cercando di ignorare il dolore spinti dalla passione.

A proposito di passioni, quali altre ne coltivi, oltre alla danza?

La cucina è una vera passione per me (oltre che un ottimo passatempo rilassante) trovo che creare dei piatti che i miei ospiti poi possono assaporare sia comunque una forma per far vivere delle emozioni. Inoltre l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale per la nostra forma fisica. Leggo, studio, cerco di migliorare delle ricette che ho cucinato più volte aggiungendo ogni volta qualche variazione. Inoltre (non vorrei sembrare materiale!) mi piacciono le auto e correre, amo il mare e cerco sempre di fuggire ogni volta che il tempo me lo consente. Ho una vita semplice e la natura rappresenta ancora un aspetto preponderante. Spero quando avrò più tempo di poter avere ancora un cane con cui giocare e vivere momenti di felicità.

Cosa è riuscita a donarti l’arte coreutica fino a questo momento?

Oltre all’equilibrio interiore e psicologico, mi ha arricchito facendomi vivere delle emozioni sia in scena sia durante le interminabili prove per costruire gli spettacoli. Ho incontrato colleghi, maestri e spettatori che hanno completato il mio bagaglio professionale e umano, ho interpretato ruoli che mi hanno fatto vivere epoche che non avrei mai conosciuto altrimenti. Ho vissuto sentimenti ed emozioni uniche; per questo sono e sarò sempre grato alla nostra arte e spero un giorno di far sognare un bambino di un piccolo paese o di una grande città, affinché superi la paura e varchi la porta di una scuola di danza.

Michele Olivieri

 

Foto di Alice Blanger

www.giornaledelladanza.com

 

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