Estro, creatività, talento e una solida base di cultura della storia della moda e del costume, incorniciata da trent’anni di strepitosi successi. Lo stilista e costumista Premio Oscar per la Danza Giuseppe Tramontano, grazie al vero artigianato sorrentino, ha conquistato il mondo con la bellezza e con l’originalità delle sue creazioni. Costumi suggestivi creati per i più grandi nomi della danza: Carla Fracci, Eleonora Abbagnato, Marianela Nunez, Rudol’f Nureev, solo per citarne alcuni. Abiti particolarissimi realizzati anche per Christian De Sica e Massimo Boldi, oltre che per le più importanti produzioni americane, come lo spettacolo “Belcanto” a Broadway. Tramontano ha curato anche i costumi per il Premio Caruso e per il Concerto di Capodanno , trasmesso in Mondovisione dal Teatro La Fenice di Venezia.
Creazioni che spaziano dalla danza alla fiction, dal teatro al cinema in un susseguirsi di emozioni. Al Giornale della Danza Giuseppe Tramontano racconta i suoi ultimi progetti: le originali mascherine, ma anche i suoi successi internazionali.
Intervista esclusiva Giuseppe Tramontano per il Giornale per la Danza
La mascherina è l’accessorio del momento. Le più importanti griffe di moda l’hanno capito da tempo e la propongono in esemplari particolari. Come e quando nasce anche per lei l’idea di realizzarla?
E’ stata un’esigenza, sicuramente una necessità. In giro vedo mascherine che coprono quasi tre quarti del viso, fanno percepire l’espressione delle persone solo dagli occhi. Da lì è scaturita in me l’idea di disegnare delle forme di mascherine che tenessero presente la funzione protettiva, ma anche estetica. Protezioni che coprissero bocca e naso in maniera discreta abbinate in pendant a giacche, volendo.
Nel dettaglio, come è realizzata la sua mascherina ?
Ha tre differenti strati. Il primo non fa passare l’acqua, grazie al tessuto idroreppellente, il secondo strato è in TNT (tessuto non tessuto), l’ultimo è in puro cotone, visto che è in contatto diretto con il viso.
Che fantasie hanno?
C’ è quella con le rose molto romantica che porta la mia firma. Ce ne sono altre ancora più vezzose. L’ho studiata in una forma che si accosta al mento. La produzione è iniziata casualmente dieci giorni fa. Ho iniziato a pubblicizzarla tramite i miei canali on line: sito, Facebook ed Instagram. Devo dire che ho riscosso già diversi consensi. Le mascherine sono riutilizzabili e lavabili fino a dieci volte. Realizzo anche quelle per bambine.
Lei ha creato i costumi per i più grandi nomi della danza: Rudol’f Nureev, Eleonora Abbagnato, Marianela Nunez e persino Carla Fracci. Di quest’ultima che ricordo ha?
Il mio sogno da ragazzo era quello di vestirla. Fin dal primo incontro con Carla Fracci si è instaurato un rapporto di fiducia reciproca e di grande amicizia. Ancora oggi ci sentiamo. E’ una donna molto tenera, dolce, c’è sempre stata anche nei momenti più bui della mia vita. Mi è stata molto vicina anche in una situazione personale drammatica: la perdita di mio fratello.
Proprio la Fracci alcuni giorni fa ha dichiarato che è impossibile danzare con le mascherine, lei cosa ne pensa?
Sono dello stesso avviso. Immagini “Romeo e Giulietta” interpretato con una parte del viso coperta, i danzatori perderebbero tutta l’espressività. Il grande repertorio classico non può essere soggetto a queste limitazioni.
Cosa serve per creare la bellezza di un costume di danza? Quanto lavoro occorre?
Bisogna innanzitutto entrare in sintonia con l’idea del coreografo, valutare in primis cosa vuole raccontare, poi chi interpreterà l’abito farà propria la scelta del costumista. C’è dietro un grande lavoro di equipe. La mia idea viene raccontata nella prima prova costumi. C’è poi la ricerca del colore dell’abito, dell’acconciatura, dell’accessorio. Si parte da molto lontano. Bisogna possedere una perfetta conoscenza della storia della moda e del costume. E’ importante documentarsi, leggere, studiare i libri di moda della danza. Dopo aver fatto proprio il bagaglio culturale lo si trasferisce con la fantasia sull’abito da creare.
Quando è scattata dentro di lei l’idea di fare il costumista?
Vedendo il film “Romeo e Giulietta” di Franco Zeffirelli. Avevo 13 anni e rimasi folgorato dalla bellezza dei costumi del Premio Oscar Danilo Donati. Conobbi poi per lavoro Zeffirelli vent’anni dopo. Adoro lo studio della vestibilità del costume, del movimento sul corpo.
A proposito di Oscar, nel 2017 lei riceve l’Oscar per la Danza, come si è sentito in quel momento?
Per prima cosa ho pensato di non meritarmelo. Poi mi sono reso conto di aver fatto tantissimo. Quando termino un lavoro non lo rivedo mai, non mi piace elogiarmi.
Quante ore di lavoro occorrono per realizzare un abito di scena?
Infinite. C’è la progettazione, la valutazione, c’è dietro un lavoro sartoriale che coinvolge tante maestranze. Collaboro con le migliori sarte di Sorrento che cuciono i capi proprio come una volta, con la stessa dedizione e artigianalità del vero Made in Italy.
Si è occupato persino dei costumi del grande Christian De Sica, che ricordi ha?
De Sica mi ha fatto lavorare dapprima in teatro con il musical “Un Americano a Parigi” e a seguire mi ha proposto di fare cinema. Non avevo mai pensato a questa possibilità. Ho realizzato con lui il film “The Clan“, in cui Christian era attore e regista. E’ un grande professionista, mi ha incoraggiato molto a fare cinema. Anche con Massimo Boldi mi sono trovato benissimo a lavorare.
A quali altri lavori è legato?
Ricordo con piacere anche la fiction “La Signora delle Camelie” con Francesca Neri ambientata nell’Ottocento. In quell’occasione mi sono occupato della realizzazione degli abiti, ma anche dei gioielli d’epoca.
Sorrento, la città dove è nato e dove vive, quanto ha influenzato la sua estetica?
Sono circondato da vicoli coloratissimi, la nostra zona è splendida, luminosa. Traspongo tutto ciò negli abiti, adoro i coralli delle pietre e anche il profumo dei limoni. Il colore è importantissimo dà subito una sensazione particolare, influenza immediatamente lo stato d’animo.
Che cosa si augura dalla ripresa, passata la pandemia?
Speriamo di poter recuperare tutti ciò che avevamo lasciato a marzo. Quello che davamo per scontato non lo era affatto. Dobbiamo goderci al massimo la vita, viverla pienamente. Tutto può finire, rallentare. Cerchiamo di affrontare le opportunità che la vita ci offre e viverle pienamente giorno dopo giorno.
Elena Parmegiani
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