Quando la danza classica supera le barriere di genere e gli stereotipi fisici ed esperienziali è lì che si giunge al virtuosismo più interessante, al cuore più puro dell’arte tersicorea. Per di più con pizzico di comicità nient’affatto fuori luogo. È questa l’atmosfera intorno a cui si è svolto lo spettacolo de Les Ballets Trockadero de Monte Carlo, compagnia di balletto solo maschile en travesti.
Il teatro ospitante è il Duse di Bologna, che nello scorso martedì sera (16 febbraio) ha visto riluccicare il proprio palcoscenico di lustrini e paillettes, magistralmente adagiati su tutù e coroncine, ingannatori – fino all’ultimo istante – di una virilità relegata nei peli del petto e nei bicipiti guizzanti.
Un programma ricco e variegato si prospetta per la sala gremita di amatori, come preannuncia l’intramontabile voce fuori campo dall’ironico accento russo, infallibile nel suscitare l’ilarità raccomandando persino di non rimembrare alle giovani “danzatrici” la violenza bolscevica attraverso i flash delle macchine fotografiche.
Si apre, dunque, il sipario e la magia del Lago dei Cigni padroneggia la scena irruentemente, scivolando tra le gambe esili di Paul Ghiselin che saluta il pubblico nei panni di un mago Rothbart affannato e ben poco spaventevole. Sotto le sue grinfie (ma non troppo), nei panni di Odette, Carlos Hopuy, tanto virtuoso quanto espressivo, animato da un che d’intrigante difficile da dimenticare.
Al suo fianco, otto cignetti dal bullismo assai manifesto, pronti a schernire l’impacciato Benno e parteggiare per l’aitante principe Siegfried. Solo qualche piccola sbavatura tradisce la dinamicità dei loro movimenti, ma l’esilarante pas de quatre, pietra miliare del balletto tchaikovskiano, fortunatamente offusca qualsiasi defaillance.
Cambio di scena, cambio di pathos: l’incanto lacustre lascia il posto al Pas de Deux de Le Corsaire e la sua vibrante passione. Forse anche troppa. Il protagonista si pavoneggia davanti alla sua “bella” in un atteggiamento da macho man che sfiora l’esibizionismo; il ruolo femminile, invece, sdrucciola facilmente sul palco del Duse, in particolare nelle sequenze dei fouetté all’italiana. Che i due protagonisti si siano lasciati trasportare dal turbine dell’amore piratesco? Lasciamo che il dubbio mantenga la suspence, nel mentre un occhio di bue vada alla ricerca di qualcuno da illuminare.
È così, infatti, che ha inizio La Mors du Cygne, fiore all’occhiello del repertorio Trockadero. A inscenarlo è Raffaele Morra, dall’umorismo frizzante e coinvolgente, incorniciato in un’impeccabile mimica del volto. Meritatissimo lo scroscio di applausi alla fine, ulteriore occasione per mostrare la comicità che lo contraddistingue sempre.
Le piume svolazzanti del tutù di Morra non hanno paragoni con le enormi parrucche spettinate delle quattro zingarelle successive, uniche consolatrici della povera e sconsolata Esmeralda, protagonista dell’omonimo balletto di Jules Perrot. L’interpretazione di Alberto Pretto è degna del plauso più sincero, unendo alla parodia di una depressione svilente la precisione dei passi di repertorio. Molto folkloristici i tamburelli in scena, ma spesso asincroni con la partitura musicale.
Chiude la serata il Don Quixote, volutamente caratterizzato (nella scenografia come nella coreografia) in una Spagna provincialotta che rimanda moltissimo ai borghetti del Meridione italiano, dove alla vecchia zitella bigotta e sempliciona si affianca l’altrettanto attempato procacciatore di fortuna, il tutto tra le vicissitudini di un giovane amore puntualmente osteggiato e incompreso. L’ardua sequela di variazioni ballettistiche mette visibilmente a dura prova la resistenza fisica dei performer, ma la bellezza dei corpi e l’eleganza del savoir faire suggellano indefessamente l’ennesimo successo di una delle compagnie di danza classica più straordinarie a livello mondiale.
Marco Argentina
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Les Ballets Trockadero de Monte Carlo / Swan Lake © Sascha Vaughan
Les Ballets Trockadero de Monte Carlo / Dying Swan © Sharen Bradford