Paolo Bonciani livornese, fotografa dal 1970. In questi anni è riuscito a cogliere attraverso il suo obiettivo fotografico situazioni ed immagini che vanno dal reportage sociale allo sportivo, dalla foto di paesaggio al glamour, fino a giungere alla fotografia di danza, di cui si è rivelato uno degli interpreti più sensibili e attenti in campo nazionale ed internazionale. Ha esposto in Italia ed all’estero, ha sue foto in vari musei del mondo. Numerosi i riconoscimenti che gli sono stati conferiti a livello nazionale ed internazionale, tra cui la Medaglia d’Oro del Presidente della Repubblica. In questa intervista si racconta in esclusiva al Giornale della Danza.
È stato da poco inaugurato il suo nuovo corso di fotografia di scena presso lo storico Teatro Goldoni di Livorno. Com’è strutturato e a chi è rivolto?
Il corso è ben strutturato e, soprattutto, è supportato positivamente dai numerosi anni che lo hanno preceduto, consentendo un’organizzazione capillare sulla parte teorica introduttiva e una grande attenzione all’esame dei lavori degli allievi, cosa che consente agli stessi di superare non solo i problemi di ripresa, ma anche quelli legati alla giusta interpretazione psicologica che coinvolge tutti coloro che calcano il palcoscenico e che un fotografo che ama questo genere di riprese, deve assolutamente saper valutare. Il corso dura circa tre mesi ed offre l’opportunità, durante il suo periodo di svolgimento, di usufruire di materiale tratto dalle lezioni dei vari corsi promossi dal Teatro Goldoni, nonché di assistere e riprendere prove e spettacoli in programma. In questo modo i partecipanti potranno sviluppare una maggiore conoscenza della materia. Sono, inoltre, previsti shooting di ritratto e figura ambientata anche in esterni, dove, per questa ultima edizione, conto di portare un gruppo di danzatrici sulla splendida terrazza Mascagni di Livorno per far interpretare loro alcune coreografie anche in questo meraviglioso contesto, che ho sempre reputato un palcoscenico a cielo aperto. Quindi, un corso molto variegato che, naturalmente, richiede già un minimo di conoscenza della tecnica, tale da consentire a tutti coloro che vi si dedicano di concentrarsi maggiormente sul compito maggiore, che è quello di carpire l’animo, lo spirito di coloro che dedicano il loro tempo, ma più spesso la loro vita a quanto stanno interpretando.
Si tratta di un corso che Lei tiene da molti anni. Come si è evoluto nel tempo il format didattico?
L’avvento del digitale ha facilitato alla grande tutte le cose: oggi fotocamere ed obiettivi di ultima generazione consentono di fare riprese anche al buio, di vedere subito gli scatti effettuati, di farne una quantità infinita, contrariamente al passato, quando, per la scarsa sensibilità delle pellicole, era quasi impossibile registrare movimenti veloci. Il frutto del lavoro è inoltre subito disponibile tramite un computer; resta solo da affrontare la conoscenza della post-produzione, anche questa indispensabile per ottenere dei buoni risultati.
Nella Sua lunga carriera, Lei ha fotografato moltissimi soggetti e ha lavorato in moltissimi contesti, ma si può dire che la DANZA è sempre stata nel suo cuore come priorità assoluta. Quando e come è avvenuto il Suo incontro con l’arte tersicorea?
Anche se nel passato ho fotografato sport, reportage, ritratto e tanto altro, la danza mi ha sempre affascinato, l’ho sempre trovata un’arte sublime e allo stesso tempo ferrea. Si può dire, senza alcun dubbio, che è nata con l’uomo, come dimostrano gli antichi graffiti tracciati sulle rocce. Rappresenta, inoltre, un grande veicolo di cultura, perché i popoli si sono evoluti anche attraverso di essa. Personalmente, amo ogni forma di danza e nella mia vita ho scattato tantissime foto di ogni genere, ma la svolta professionale verso l’arte coreutica fu determinata dalla mia vittoria a un concorso mondiale a Mosca. Il premio era rappresentato da un soggiorno di 15 giorni in URSS con la possibilità di scattare foto (alcune delle quali finirono in un museo locale). Quando, nel corso di un’intervista televisiva, mi fu chiesto che cosa desiderassi vedere nella città moscovita, espressi il desiderio di assistere a uno spettacolo di danza al Bolshoj. Il giorno dopo fui ospite d’onore del teatro. Come non potevo proseguire?
Moltissime le étoiles internazionali che ha immortalato col suo obiettivo, ha forse fotografato quasi tutti gli artisti più illustri della scena mondiale, un ricordo particolare, tra i tanti che sicuramente serberà per sempre nel Suo cuore?
A questa domanda è difficile rispondere, perché, quando si ama la danza, si finisce per amarne tutti i più grandi interpreti. Di ognuno di essi conservo ricordi che hanno accompagnato oltre 40 anni della mia vita dedicati a questa splendida arte, però due grandi stelle della danza posso dire che hanno conquistato il mio cuore: Luciana Savignano e Marzia Falcon. Entrambe mi hanno sempre affascinato, il loro modo di danzare ha rappresentato per me qualcosa di divino, di sublime e nello stesso tempo ieratico, il loro stile mi ha fatto sempre fremere il sangue nelle vene. Oggi ho l’onore di potermi vantare della loro grande amicizia.
Come si diventa fotografi di danza?
Dire che è stato facile non rappresenta tutta la verità, perché, come in tutte le professioni, le variabili sono sempre state moltissime. Sul piano tecnico, per le riprese mi ha molto aiutato la conoscenza accurata di sviluppo e stampa in B/N, che nel ‘900 era molto in auge; mentre, per la cosa più importante, ossia i rapporti con coloro che la danza la interpretano, suppongo mi abbia molto aiutato il desiderio di conoscenza, il mio entusiasmo, oserei dire viscerale, nei confronti della stessa, la mia semplicità, il cercare di essere sempre rispettoso, mai troppo invadente, malgrado la mia altezza di 1,90 mt. Il tutto è stato particolarmente difficile, ma sono stato sempre animato dalla voglia assoluta di poter contribuire con i miei scatti alla conoscenza e alla diffusione di questa stupenda arte, cosa che, nonostante la mia non più verdissima età e qualche acciacco di troppo, continuo a fare tutt’oggi, attraverso mostre fotografiche, incontri, corsi, etc.
Quali sono le difficoltà maggiori di questo genere di fotografia?
In passato il rumore secco dello scatto della fotocamera mi ha spesso portato a spostamenti forzati del punto di ripresa. Da tempo, comunque, questo problema è stato tecnicamente in parte risolto, anche se, quando si tratta di riprese durante lo spettacolo, pur con il silenziatore attivo, ogni tanto si può trovare qualcuno infastidito anche dall’alito del vento! Sempre per quanto concerne le riprese durante lo spettacolo, non nella prova generale, è molto difficile trovare una posizione il più centrale possibile e ad altezza giusta per gli scatti.
Ci può svelare qualche “trucco del mestiere”?
Il miglior “trucco” consiste nel conoscere quanto più possibile ciò che si va a riprendere. È importantissimo, infatti, conoscere il maggior numero di dettagli dello spettacolo che andrà in scena, in modo da esser sempre pronto ad anticipare i tempi per realizzare lo scatto perfetto. Se non si tratta di una prima assoluta, personalmente, vado a vedere i filmati sul web, ma anche le foto stesse di qualche performance dei danzatori, memorizzandole. Questo può aiutare molto per le future riprese.
Anche Sua moglie, Patrizia Fedi è fotografa e insieme avete creato P & P Bonciani Studios. La vostra collaborazione ha dato vita a scatti di incredibile bellezza. Un connubio perfetto?
Ho già molte volte asserito quanto sia importante avere accanto una donna che oltre ad amarti, riesce a renderti la vita più facile, fornendo un contributo di professionalità e conoscenza della materia che, oltretutto, offre l’opportunità di sentirsi a proprio agio anche quando ci si trova a dover affrontare difficoltà di tutti i tipi che possono insorgere da un momento all’altro. Personalmente, ritengo Patrizia qualcosa di più del mio braccio destro, un’ottima consigliera e una fantastica fotografa, oltre che una stupenda compagna di vita.
Lei ha tenuto anche molte mostre in tutto il mondo, le sue foto sono approdate in molte capitali europee e non solo, il ricordo più significativo di questi percorsi espositivi?
Molti sono i ricordi, non solo per la danza ma anche per altri contesti. In passato mi è sempre bastato mostrare i miei lavori per ottenere risultati positivi per le mie mostre fotografiche in particolare in tutta Italia e anche all’estero. Forse, per il detto “nemo profeta in patria”, nella mia città ho avuto sempre qualche difficoltà a trovare il modo di esporre i miei lavori; tuttavia, fortunatamente, ho da pochi giorni concluso una bellissima mostra sulla storia del basket livornese. L’anno scorso, all’interno del Faro di Livorno, è stato creato un polo museale. Le mie foto, realizzate a partire dagli anni 60 fino ad oggi, ne testimoniano i diversi impieghi luminosi, assieme allo sviluppo esponenziale del porto sottostante; crescita che è stata evidenziata da un volume edito nel 2024 dall’Autorità Portuale di Livorno, che ne traccia la storia. La copertina di questo volume e moltissime foto del passato al suo interno sono mie; infine, entro l’inizio del prossimo anno, è prevista la realizzazione di una mia personale antologica su tutto ciò che ho ripreso durante la mia vita dedicata alla fotografia (posso garantire tantissimo e di molti generi). Certo, avendo ripreso in Versiliana tutti i più grandi ultimi protagonisti della danza, sommati a quelli ripresi nel passato, mi piacerebbe chiudere il mio approccio con le mostre soprattutto unicamente con la danza e, visto che la speranza è l’ultima a morire, confido in un colpo di fortuna, soprattutto nel trovare uno sponsor!
A Suo avviso, in questo mondo in continuo cambiamento, sempre più orientato alla digitalizzazione e all’intelligenza artificiale, qual è il futuro della foto d’autore?
Io ho studiato anche Storia della Fotografia che, sin dai primordi, è stata contrassegnata dalla ricerca della creatività anche attraverso varie manipolazioni. Personalmente, non sono contrario all’AI. Ho visto già dei lavori meravigliosi realizzati con essa. Certo, si dovrà creare una branca dedicata allo specifico settore e sono convinto che ne vedremo delle belle, anche con qualche rischio per le brutte. Sempre dal mio punto di vista e dalla mia prospettiva di lavoro, in alcuni miei scatti uso la post-produzione, anche se ho la sensazione che coloro che protestano per l’uso della stessa si avvicinino, metaforicamente e non solo, al personaggio della volpe nella favoletta che rinunciare all’uva perché ancora acerba e non riesce a raccoglierla!
Lorena Coppola
ww.giornaledelladanza.com
Photo Credits: Francesco Babboni – P & P Bonciani Studios