Danzare richiede il coinvolgimento delle funzioni fisiche e di quelle cognitive.
La danza di fatto è in grado di ampliare i volumi e le strutture cerebrali, e di stimolare l’adattamento psicomotorio.
In particolare, ballare aumenta le dimensioni dell’ippocampo, struttura cerebrale che contribuisce alla memoria a breve e a lungo termine, a quella spaziale e all’orientamento.
Quando si danza con continuità si verifica quindi un miglioramento significativo della memoria, dell’attenzione, dell’equilibrio corporeo, dei parametri psicosociali e della neuroplasticità.
Quest’ultima indica la flessibilità di un sistema che non smette mai di apprendere e la capacità del cervello di modificare la propria struttura in risposta all’esperienza. Essa si dimostra fondamentale nella prevenzione delle malattie neurodegenerative e del naturale declino cognitivo.
Rispetto all’attività di fitness generale, la danza apporta maggiori miglioramenti in più aree cerebrali. E’ l’unica attività fisica che comporta un aumento dei fattori neutrofici essenziali per lo sviluppo e la sopravvivenza neuronale, la plasticità sinaptica e la funzione cognitiva.
I movimenti codificati della danza associati alla musica generano esperienze che attivano la mente, permettono di creare nuove connessioni tra le cellule nervose e di riparare i danni causati dal trascorrere del tempo.
Imparare a danzare dunque ringiovanisce il cervello e il corpo e migliora la capacità di invecchiare in salute e autonomia perché mantiene più attivi tutti i sistemi vitali che concorrono al movimento.
Certo, iniziare a danzare da bambini sarebbe l’ideale, ma non è mai tardi per appassionarsi alla danza e scoprirne gli stupefacenti effetti psicofisici.
Stefania Napoli
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