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La Danza insegna a vivere: intervista ad Alessio Rezza

Alessio Rezza

Alessio Rezza nasce a Modugno (Bari) dove inizia a studiare danza classica. Viene poi ammesso alla scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano dove si diploma nel 2008. Per un breve periodo danza con la compagnia del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, poi viene scelto da Luciano Cannito per danzare come Primo Ballerino ospite nell’opera “Adriana Lecouvreur” al Teatro Massimo di Palermo e poi nella creazione del suo “Romeo e Giulietta” nel ruolo di Mercuzio. Nel giugno 2009 supera l’audizione ed entra a far parte del corpo di ballo dell’Opéra di Parigi dove danza nella stagione 2009/2010. Nel settembre 2010 si stabilisce al Teatro dell’Opera di Roma dove interpreta diversi ruoli del repertorio classico e contemporaneo tra cui: Basilio in “Don Chisciotte” (M. Messerer), Franz in “Coppelia” (R. Petit; E. Vu An), Albrecht in “Giselle” (P. Ruanne), Frédéric in “L’Arlésienne” (R. Petit), il Principe ne “Lo Schiaccianoci” (S. Muchamedow; A. Amodio), James in “La Sylphide” (M. Gielgud), Bim in “Gaîté Parisienne” (M. Béjart), l’idolo d’oro ne “La Bayadère” (R. Avnikjan), Mercuzio in “Romeo e Giulietta” (P. Bart), l’uccello blu ne “La Bella Addormentata” (P. Chalmer), “Chaconne” (J. Limòn), “Vertiginous Thrill of Exactitude” (W. Forshyte), les jardiniers in “Le Parc” (A. Preljocaj), il pas de trois ne “Il lago dei cigni” (G. Samsova; P. Bart; C. Wheeldon), Ulrich ne “Il Pipistrello” (R. Petit). In occasione del Ravenna Festival 2012, Micha Van Hoecke crea per lui il ruolo di San Francesco nel balletto “Nobilissima Visione” diretto dal Maestro Riccardo Muti. Nel giugno 2015 viene promosso Solista sotto la direzione di Eleonora Abbagnato. Nel 2016 viene invitato a danzare il ruolo del principe ne “Lo Schiaccianoci” (A. Amodio) nella tournée italiana con la compagnia della Daniele Cipriani Entertainment. È ospite in Gala di danza internazionali e gli vengono riconosciuti premi tra cui: Danza & Danza 2011, Roma in Danza 2011 e Anita Bucchi 2011 come migliore interprete maschile dell’anno, Premio Positano 2012 come miglior danzatore emergente, Roma è Arte 2013 e Europa in Danza 2016.

Alessio, il mondo della danza è da sempre ricco di fascino e magia. Potresti descriverlo, dal tuo punto di vista, per i nostri lettori?
È un mondo unico nel suo genere. Ti da la possibilità di toccare emotivamente la gente oltre che te stesso. Un mondo che ti cambia, ti cresce e ti condiziona nella vita. Ti rende parte di se. Un mondo carico di passione, determinazione e un pizzico di follia.

La danza per te è stato subito “amore a prima vista”?
La passione è maturata nel tempo. Da quando ho iniziato a vivere ogni giorno la danza alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala tutto è cambiato, la mia vita è cambiata. Ho avuto l’occasione di danzare in alcuni spettacoli con la compagnia e quindi iniziare anche a “respirare” l’aria del teatro, a fare lezione di danza con la compagnia, con i grandi Roberto Bolle e Massimo Murru ad esempio. Poi anche grazie all’evoluzione tecnologica mediante video di danza in rete ho potuto vedere e scoprire i più grandi ballerini del passato e presente. La danza, come tutte le arti, più la si conosce e meglio la si può apprezzare.

Quando hai percepito che il tuo sogno di diventare un ballerino si stava trasformando in realtà?
Sicuramente aver passato l’audizione per l’Opéra di Parigi mi ha sorpreso. Non me l’aspettavo proprio. È stato uno shock, un’emozione grandissima e mi ha fatto capire che davvero potevo farcela.

Esiste un aspetto della tua giovane carriera che ti piacerebbe leggere e che nessuno ha mai raccontato?
Alla chiusura del sipario del primo atto al mio debutto come Albrecht in “Giselle” ero talmente coinvolto dalla scena e dal personaggio, che interpretavo, che mi sono emozionato a tal punto da non poter evitare che mi scendessero due lacrimoni dagli occhi, oltre a sentire un enorme nodo in gola. Ho fatto dei bei respiri e sorridendo sono andato a cambiarmi per il secondo atto…

Quali sono i ricordi più belli del tuo percorso coreutico? Come hai iniziato, dove e con chi?
Ho iniziato danza all’età di sei anni con Mariella Rana in una scuola privata del mio paese ed è stata mia madre a portarmici perché ne era affascinata. Mi cimentavo in ogni tipo di danza, dalla classica e contemporanea alla moderna e anche latino-americana. Ma è nella danza classica che con il passare degli anni ho trovato sempre più affinità e interesse. Uno dei miei ricordi più belli è stato il mio primissimo spettacolo. Il primo saggio di fine anno. L’euforia provata nel mettere piede sul palcoscenico è stata unica e indimenticabile e mi ha spinto a continuare.

Quali differenze hai riscontrato tra l’Accademia Nazionale di Roma e la Scuola di Ballo della Scala?
Sono due ottime scuole. L’Accademia di Roma ha un largo numero di materie tra cui solfeggio, laboratorio coreografico e acrobatica oltre a quelle basi di classica, repertorio e passo a due. È ottima per cercare lavoro in tutti i differenti rami della danza. La scuola di ballo della Scala ha dei maestri di livello mondiale. Inoltre ti permette già da allievo di partecipare a molti spettacoli di alto livello con coreografi internazionali e in più di partecipare a quelli della Compagnia.

Il ricordo più bello legato al giorno del Diploma?
È ben impresso nella mia mente come fosse ieri. Il ricordo più bello che ho è quello di aver vissuto quel giorno con dei fratelli e delle sorelle e che andavamo a scrivere un giorno indelebile della nostra vita. È stato meraviglioso fare parte di quella famiglia.

Mi racconti la tua esperienza al Maggio Musicale Fiorentino?
È stato il mio primo contratto di lavoro da danzatore professionista dopo il diploma in scuola di ballo. Una speciale esperienza grazie a Vladimir Derevianko, allora direttore, con cui ho avuto il piacere di lavorare e che mi ha subito dato spazio e fiducia in ruoli solistici come i contadini in “Giselle” e altri ruoli in “Schiaccianoci” e in “Petrouchka”.

Di tutti i ruoli solistici che hai danzato, in quale ti sei rispecchiato di più?
Mi sono rispecchiato molto nel personaggio di “Bim” di Maurice Béjart nella sua “Gaîté Parisienne” perché racconta la storia di un ragazzino che si trasferisce a Parigi per studiare danza. Beh nel mio caso Milano. Non dotato di molto talento ma di una grande passione per la danza riesce comunque nel suo intento grazie alla sua tenacia e all’aiuto della sua severa maestra.

Con quale coreografo ti piacerebbe lavorare? e con quale ballerina ti piacerebbe danzare?
Sarebbe un sogno far parte di una creazione di William Forsythe e mi piacerebbe danzare con Polina Semionova. Mi hanno entrambi scioccato per il loro immenso carisma.

Finora cosa è riuscita a regalarti l’arte della danza?
Ho iniziato a danzare a sei anni e non ho mai smesso. Mi ha regalato tutto quello che ho adesso. Grazie alla mia famiglia e attraverso la danza e i maestri e le persone che ho incontrato in questi vent’anni ho imparato la disciplina, ad essere responsabile, ad avere un ordine e ottimizzare al massimo le mie capacità per raggiungere uno scopo. Inoltre ho imparato ad apprezzare la musica e a scoprirne i generi. Mi ha fatto diventare la persona che sono. La danza è stata ed è la mia vita.

Qual è il balletto che non hai ancora danzato e del quale vorresti esserne protagonista?
Il primo ruolo che mi viene subito in mente è Romeo. Ho danzato Mercuzio in due diverse versioni di Romeo e Giulietta e quando assistevo alle prove di Romeo ne ero innamorato. È un ruolo che ti trascina completamente grazie alle fortissime e varie emozioni che richiede l’interpretazione di questo dramma. È la storia d’amore per eccellenza ed è senza dubbio uno dei ruoli più completi. Per non parlare della musica della versione di Prokofiev, una delle più belle musiche da balletto. Interpretarlo sarebbe un sogno.

Come ti accosti alla preparazione della fase interpretativa in un balletto?
Si parte innanzitutto dalle indicazioni che vengono fornite dal coreografo per poi arrivare a dare un’impronta personale al personaggio del ruolo che si va a interpretare. La danza è un arte ed è fondamentale dare un’impronta artistica personale in ciò che si danza. Danzare delle coreografie create attraverso un insieme di fantasia e sentimento per poi renderle tue non solo è importante ma è ciò che rende speciale quello che facciamo.

Quale coreografo ha influito maggiormente sul tuo percorso?
Ho sempre avuto un entusiasmo particolare nel danzare i balletti di Roland Petit che amavo già da prima di poterli interpretare. Poi grazie soprattutto a Luigi Bonino, ora rimontatore di tutto il suo repertorio, ho raffinato il lato interpretativo e stilistico regalandomi anche un pizzico di gioia in più nel danzare il suo stile.

Lo specchio è uno strumento fondamentale per un ballerino. Quale significato ha e cosa rappresenta per te?
Penso sia importante avere un personale giudizio visivo perché capita spesso di avere una sensazione diversa da come poi in realtà appariamo. L’ho sempre sfruttato per migliorarmi e raffinare ogni giorno la qualità di ogni singolo movimento.

L’arte della danza, ai giorni nostri, quali valori può insegnare ai giovani?
La danza, quella seria e fatta seriamente, è una disciplina che ti catapulta già da bambino in una realtà da adulto e che ti forma, ti educa e ti insegna a vivere. Può dare ai giovani quanto ha dato a me. Insegnamenti di vita soprattutto. Mi ha insegnato a tenere i piedi per terra. Mi ha gratificato quando ho dato tutto me stesso ma mi ha anche dimostrato che non basta una buona esibizione o un buon spettacolo per sentirsi migliori. C’è sempre bisogno di un costante allenamento per vedere anche un minuscolo avanzamento. Bisogna migliorare e non accontentarsi. Mi ha insegnato a non mollare mai perché le più grandi soddisfazioni sono sempre date dal duro lavoro.

Michele Olivieri
Foto: R.P. Guerzoni e C. Falsini
www.giornaledelladanza.com

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