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La rivoluzionaria danza moderna a Roma negli anni Venti del Novecento di Flavia Pappacena

Quando si parla della danza moderna del primo Novecento, il pensiero generalmente va a Isadora Duncan, alla danza espressionista tedesca e ai pionieri della danza moderna americana. Riguardo all’Italia, poco, anzi quasi niente, si sa – e si dice – a parte le avanguardistiche scelte del cenacolo di Casa Gualino a Torino, dove agiscono figure di formazione duncaniana e dalcroziana di elevata statura intellettuale.

Ma a Roma, il regista e autore teatrale Anton Giulio Bragaglia opera una vera a propria rivoluzione in una serie di spettacoli rappresentati al Teatro sperimentale degli Indipendenti, ampio spazio sotterraneo ricavato nelle Terme di Settimio Severo. Si trattava di spettacoli costruiti su più componenti sceniche, di cui la danza costituiva un aspetto essenziale e Jia Ruskaja una figura centrale e innovativa.

In uno degli ultimi spettacoli della stagione del 1923, quella del 12 maggio, viene rappresentata La Tempesta, “fantasie plastiche senza musica di Madame X.Y.”, con le coreografie di Jia Ruskaja. Si tratta di un brano assai singolare non solo perché la musica è sostituita dal rumore del vento, ma anche per la peculiarità dell’uso plastico ed espressivo del corpo della danzatrice, così distante dal mondo del balletto tradizionale, ma anche dalle esperienze coreiche più innovative come quella duncaniana. Peraltro, questo di Ruskaja costituisce un esempio tra i più calzanti della indipendenza dalla storica sottomissione della danza alla musica, quella indipendenza che all’epoca fu definita “danza antimusicale” (non “contro”, ma a “prescindere” dalla musica), in quanto, non costretta a obbedire a un testo musicale (ritmico e melodico), restituiva alla danzatrice la capacità di produrre un proprio ritmo nello spazio e nel tempo con la sola spinta interiore: con l’ispirazione.

Una danza nuova (ricordo che siamo nel 1923!), dunque, e una Ruskaja ancora fortemente concentrata sull’individualismo della performance e sull’improvvisazione. Una Ruskaja non ancora protesa verso quel progetto pedagogico-educativo e di diffusione della danza che la porterà a creare la Regia Scuola di Danza (1940), poi trasformata in Accademia Nazionale di Danza (1948).

Qui di seguito la suggestiva testimonianza dello stesso Anton Giulio Bragaglia del ruolo di Jia Ruskaja in La Tempesta:

«Immaginammo un’arsa radura con un albero insugherito sulla sponda di un ruscello secco. Afa caldo aria rossiccia temporale imminente. La danzatrice Jia Ruskaja, vestita di sugheri, col capo e le braccia rameggianti come le Dafne del Canova, raffigurando l’albero teneva i piedi nascosti dietro il coccio di un albero mozzo. Preannunciato da folate larghe di vento, che facevano ondeggiare le braccia ramose della danzatrice, s’addensa il temporale: s’approssima, s’accavalla, sopraggiunge, sviluppando tutta una teoria di pose della ballerina e di atteggiamenti vibranti e statici, secondo la foga o la posa del vento. La luce s’è fatta livida e violacea: il tuono romba. Con uno scroscio improvviso si schianta un fulmine che strappa l’albero alla radice e lo abbandona in balia del vento turbinando. L’ululato della bufera e monotono come volutamente e senza cadenze ritmiche l’orgia dei tuoni. La Ruskaia volteggia, si piega portata o abbandonata dal vento: si risolleva in questa diabolica vicenda e s’abbatte infine in un angolo, mentre i tuoni s’allontanano, il vento cessa, la luce torna chiara sul ruscelletto spumeggiante, tra i rami dell’albero schiantato».

Il brano è tratto dal libro di Anton Giulio Bragaglia, Scultura vivente, Milano, L’Eroica, 1928 (pp. 155-157), e riprodotto alla p. 33 del testo di Flavia Pappacena, Jia Ruskaja. Dalla danza libera espressiva alla creazione dell’Accademia Nazionale di Danza, Roma, Gremese, 2023. Jia Ruskaja – Gremese Libreria (libreriagremese.it)

Flavia Pappacena

www.giornaledelladanza.com

DIDASCALIA della foto

Foto di Jia Ruskaja pubblicata nel giugno 1927 sul periodico Rivistissima con la didascalia: «Jia Ruskaja in una delle pose più suggestive delle sue danze ‘antimusicali’».

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