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Mario Piazza: “Io voglio raccontare la verità di una storia. E voglio che questa arrivi alle persone”

Lo Schiaccianoci - Balletto di Roma

Il suo “Schiaccianoci” è sulle scene da ben dieci anni, senza soste di successo e soprattutto apprezzamenti da parte del pubblico che, anno dopo anno, sceglie di vedere questa pièce. Un racconto in puro stile Mario Piazza, coreografo attento alle contaminazioni, che si nutre di esse, uno dei pochi in grado di raccontare storie straordinarie in danza. Di lui hanno parlato in tantissimi ma, prima di tutto, parlano le sue opere, straordinarie creazioni danzate. Un balletto da vedere, assolutamente, ma soprattutto da vivere. Dall’inizio alla fine, senza interruzioni. Al Giornale della Danza il Maestro ha svelato qualche dettaglio in più sulla storia di Clara e Fritz, in scena dal 30 dicembre al 6 gennaio all’Auditorium della Conciliazione.

“Lo Schiaccianoci” contemporaneo in scena da una decade. La storia che racconta, però, non è quella a cui la tradizione della danza è abituata: è una versione in puro stile Mario Piazza…

Assolutamente sì. In questo mio Schiaccianoci, che come ben diceva, è in scena da ben dieci anni ed è sempre stato in grado di fare il tutto esaurito, cerco di analizzare alcuni aspetti che, appunto, spesso nella storia tradizionale non vengono alla luce. Due su tutti: la morte e la tragedia del crescere. Clara e un Fritz, infatti, in questo mio racconto danzato, festeggiano il Natale e ricevono in regalo da Drosselmeyer il piccolo schiaccianoci. Nella storia originale, Clara si addormenta e immagina storie terribili; sogna poi il suo principe azzurro che la salva e la porta via da tutto quello che nella vita potrà incontrare, dalle cattive esperienze e dalle sfortune. Nella mia versione, invece, la storia è stravolta: il principe azzurro è proprio il fratello. All’inizio i due ragazzi sono davanti alla televisione a osservare delle immagini di guerra e di sangue, un elemento che, come ben tutti sappiamo, non è affatto presente nello Schiaccianoci tradizionale. Ho lavorato sul romanzo di E.T.A. Hoffman e sulla partitura musicale di Cajkosvkij, per costruire uno spettacolo di grande intensità in cui s’intrecciano sogno, realtà e mondo virtuale. Senza tradire la tradizione dell’incantata atmosfera natalizia popolata da bambini e giocattoli, gatti e topi, Fata Confetto e Principe Azzurro, propongo una lettura contemporanea della malinconica fiaba: monitor emblemi dell’inganno del virtuale che entra nel quotidiano, simboli di un pericolo che diventa incubo, di una realtà disorganica più che attuale nella nostra società. Il balletto diventa specchio fedele delle generazioni odierne, precocemente private dell’infanzia e ingannate da falsi miti proposti da abili ingannatori che vendono sogni e modelli virtuali.

Nonostante tutto, però, il balletto termina bene…ma non posso svelare tutto!

Parliamo di questa sua Fata Confetto, sempre e comunque fuori dai canoni classici.

Sin dall’inizio di questa fantastica avventura, ho immaginato tutti i personaggi di questa storia fuori, come ben diceva, dai canoni classici. La fata confetto è ingannatrice e grossolana, ha una torta in testa, si stacca completamente dall’originale, pesa ben 240 chili. Io l’ho sempre immaginata come una shampista di terza categoria, in grado di iniziare i ragazzi ai piaceri della vita. Si tratta del personaggio ingannatore, che ti fa delle false promesse. Cerco di portare in scena la questione dell’inganno argomento che, ahimè, è sempre più attivo e presente tra i giovani d’oggi.

 

Che cosa vuole raccontare Mario Piazza in questo “Schiaccianoci”?

Mi sono spesso definito un “Canta danza”, colui appunto che canta la danza, diciamo la versione contemporanea del cantastorie: in questo mio Schiaccianoci voglio raccontare la verità di una storia. E voglio che questa arrivi alle persone. Cerco sempre e comunque di mettere anche del mio, di affrontare questioni personali che mi toccano nel profondo: quando ho iniziato a lavorare a questa versione della storia e ho immediatamente affrontato il problema della morte, mio nipote è venuto a mancare. Un periodo difficilissimo della mia vita sicuramente che, però, ho voluto immediatamente tradurre in danza. Anche Riccardo Reim, talentuosissimo librettista con il quale ho lavorato proprio alla stesura dello Schiaccianoci e la cui collaborazione è stata veramente assai proficua, è scomparso poco tempo fa. Sono momenti che ti segnano ma che comunque bisogna affrontare. E io lo faccio attraverso e grazie la danza, l’arte che più mi appartiene.

Da “storyteller” a “balletteller” insomma!

Come dicevo poco fa, attraverso la danza racconto storie e verità. Ho queste qualità e le uso al massimo, non improvvisando mai nulla. Ho tantissime idee che non vedo l’ora di mettere in scena, fremo all’idea di poter assistere ad un nuovo Rinascimento della danza di cui io sono un fortissimo sostenitore: credo, infatti, che dopo un periodo di crisi molto forte arrivi anche il momento della rinascita. L’anno prossimo accadrà proprio questo. Ed io non vedo l’ora di tradurre tutto in danza.

 

Ma di che cosa si nutre Mario Piazza?

Mi nutro di qualsiasi cosa io trovi. Mi nutro degli incontri, delle emozioni che vivo osservando un quadro di Van Gogh. Vivo della sensibilità che colgo in tutti gli aspetti della vita. Trovo delle fonti di ispirazione anche andando al mercato: talvolta mi fermo ad osservare l’insalata, i ravanelli, il perché dei loro magici intrecci. Tutto mi dà ispirazione. Alla fine, è pur vero: io sono cresciuto nelle contaminazioni. Sono cresciuto ascoltando musica classica, andando a teatro, studiando ginnastica e poi avvicinandomi alla danza: una vita ricca di esperienze, tutte importantissime per la mia crescita, fisica e spirituale. Ho deciso di dedicarmi alla danza, proprio perché in essa ho posto un credo molto forte. Sono stato io a decidere di indirizzarmi verso lo studio della danza contemporanea senza, però, sentirmi in alcun modo obbligato a farlo. Ho dedicato molto tempo allo studio, frequentando ottime scuole come per esempio la Alvin Ailey School, senza, però, mai dimenticare il perfezionamento della danza jazz. Ho poi dato spazio anche al mondo della creazione e della coreografia: son sempre curioso, devo trovare dei modi diversi di espressione. E il mio “nutrimento” è costante.

Un messaggio a chi non ha ancora visto “Lo Schiaccianoci” di Mario Piazza o a chi, invece, dovrebbe tornare a vederlo…

In questo balletto sono presenti tre indizi che, ad oggi, ancora nessuno è riuscito a svelare. Nemmeno i ragazzi della Compagnia. A chi mi dice “Maestro, forse ho trovato la soluzione” e poi prende la strada sbagliata dico di continuare ad osservare, a cercare di capire il balletto. Tre piccoli misteri ancora incompresi! Mi auguro che, prima o poi, gli spettatori riescano a scoprirli!

www.giornaledelladanza.com

 

 

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