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Stimoli, motivazioni e realizzazione del processo coreografico

‘E’ impensabile un movimento senza motivazione’.

Così dichiarava François Delsarte, musicista e teorico del gesto e della pantomima che ha influenzato la danza moderna in particolare, ma anche il balletto classico. Secondo Delsarte, il corpo possiede un suo linguaggio di comunicazione, quindi a ogni esperienza umana corrisponde un determinato movimento che trasmette i sentimenti e le emozioni.

Questa idea è alla base del processo di costruzione coreografica, ossia quel metodo compositivo che coinvolge ritmo, disegno, spazio, dinamica e movimento, e che rappresenta una vera e propria scienza di composizione della danza.

La danza moderna ha rappresentato una rivoluzione del linguaggio danzato, grazie alla ricerca creativa che ha apportato un’innovazione senza precedenti nella costruzione coreografica e quindi nella danza in generale.

La stragrande maggioranza dei creativi della Modern Dance statunitense e della danza libera centro-europea ha iniziato il proprio percorso lavorando sul proprio corpo e portando sulla scena l’esito della propria ricerca personale del senso del movimento.

L’innovazione ha dunque avuto inizio dall’abilità del coreografo di sfidare la tradizione artistica e di immaginare il corpo come nessuno aveva mai osato fino a quel momento. Tuttavia, nel suo lavoro, ogni coreografo ha creato principi e regole all’interno dei quali esprimeva il proprio estro creativo.

Ma che cos’è esattamente una coreografia e come nasce?

Una coreografia può essere definita come una sequenza ripetibile di movimenti fissati nel tempo e nello spazio, volta a esprimere un’idea, un’emozione o un tema.

Il processo coreografico si articola in diverse fasi successive connesse tra loro. Prende inizio dalla riflessione necessaria a inquadrare il lavoro e basata sui seguenti interrogativi: perché, chi, dove, quando, come e cosa. Nel rispondere a queste domande, il coreografo deve tener presente che alcuni criteri iniziali possono evolversi durante il processo e trasformarsi in qualcosa di inaspettato. Ed è lì il bello della creazione, una continua sorpresa.

Prima fase: l’ispirazione.

L’ispirazione coreografica proviene da un numero infinito di fonti, stimoli acustici, visivi, tattili o concettuali che si trasformano in ‘bozze’ di movimento. Il desiderio di comunicare attraverso il gesto, di esplorare il potenziale fisico e cinetico del corpo umano o semplicemente la gioia della danza, può ispirare un coreografo. Lo stesso effetto può essere provocato da altre forme d’arte, come la musica, la poesia o la scultura.

L’osservazione della natura, il volo di un uccello, il movimento di un fiore o di animale selvatico può accendere l’immaginazione del coreografo, ma l’ispirazione può nascere anche dal desiderio di raccontare questioni sociali o politiche. A volte è un particolare ballerino con determinate qualità fisiche e tecniche a ispirare il lavoro coreografico.

Seconda fase: composizione e variazione.

Nella seconda fase si combinano tra loro i movimenti nati dall’ispirazione, da cui origina l’architettura dell’opera. La composizione prende vita e sarà inevitabilmente influenzata dalla natura artistica del coreografo che utilizzerà linguaggi differenti a seconda della propria estrazione coreutica, classica, moderna o contemporanea.

Come dicevamo, i coreografi indagano e sperimentano, dando vita alla danza attraverso processi di descrizione e dimostrazione, improvvisazione, direzione e revisione. Nel creare essi attingono da una variegata tavolozza di elementi, tra cui forma, spazio, ritmo e dinamica, ingredienti base per idee e scelte artistiche.

Il respiro, il movimento fisico più elementare e vitale, è stato spesso un punto di partenza per lo sviluppo di un vocabolario di movimento. Martha Graham e Doris Humphrey, per esempio, hanno utilizzato il respiro come base delle loro tecniche, seppur in modi differenti. La Graham ha stilizzato il respiro in contraction e release, la Humphrey invece lo ha espresso nei concetti di sospensione e caduta del peso del corpo.

Alcuni coreografi definiscono uno schema e lavorano sul pezzo all’inizio alla fine seguendolo passo passo, altri creano sezioni coreografiche e giocano con l’ordine in cui verranno eseguite. Alcuni non cambiano nulla una volta che la coreografia è terminata, altri rivedono e modificano il loro lavoro mille volte, anche sulla base della reazione dei danzatori. Altri ancora non hanno idea di dove li porterà il viaggio creativo e vi si tuffano semplicemente dentro.

Terza fase: la creazione.

La creazione è collaborazione, perché per sua stessa natura, la danza è una forma d’arte collaborativa.

La prima responsabilità di un coreografo è quindi scegliere ballerini che si adattino alla sua visione dell’opera che sta creando. Potrebbe trattarsi di danzatori forti in una particolare tecnica di danza che rientra nel nuovo lavoro come il contact improvisation, o balli folcloristici come la pizzica o la danza butoh. In qualsiasi caso, la comunicazione e l’interazione con le persone coinvolte nel processo è parte essenziale della composizione coreografica.

Successivamente si studiano le formazioni, le transizioni di movimento, i canoni e l’uso dello spazio scenico. Un coreografo potrebbe creare una danza forte e asimmetrica, ricorrere a movimenti audaci che spezzano l’armonia e invadono lo spazio. Un altro potrebbe realizzare un’opera lirica e leggera, ricorrendo a schemi di movimento simmetrici per evocare una qualità gestuale romantica e armoniosa.

A volte i coreografi propongono il loro lavoro in spazi alternativi, al di fuori del teatro tradizionale, quindi nelle strade, nelle piazze, coinvolgendo il pubblico e non addetti ai lavori, come ama fare il geniale Virgilio Sieni.

La maggior parte dei coreografi genera una ‘firma del movimento’ che permea le sue opere. Può trattarsi di un passo o un gesto che origina dalla propria fisicità e dalla visione artistica, e che viene trasmessa e incarnata dai danzatori.

Alla base di tutto questo processo creativo c’è il principio principe trattato all’inizio di questo articolo, la motivazione, il motore delle nostre azioni, la spinta che ci porta a raggiungere determinati obiettivi, lo stimolo profondo che sprona il danzatore a comunicare e condividere la propria arte e le proprie emozioni.

Stefania Napoli
www.giornaledelladanza.com

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