Dopo il notevolissimo successo di critica e pubblico riscosso nelle scorse stagioni dal suo Giulietta e Romeo (oltre trecentocinquanta repliche per un totale di circa trecentomila spettatori), Fabrizio Monteverde torna con una nuova versione dell’Otello in cui rivisita il testo shakespeariano lavorando soprattutto sugli snodi psicologici che determinano le dinamiche dei rapporti, ambigui e complessi, nel triangolo di relazioni Otello-Desdemona-Cassio. I tre vertici risultano costantemente intercambiabili a causa degli intrighi di Jago e ancor più alle varie ‘maschere’ del ‘non detto’ con cui la Ragione combatte – spesso a sua stessa insaputa, ancor più spesso con consapevoli menzogne – il Sentimento. L’ambientazione costante in un moderno porto di mare chiarisce e amplia l’intuizione di base: se Otello davvero un ‘diverso’, un outsider non tanto per il colore della pelle quanto per il suo essere ‘straniero’, è anche vero che la banchina di un porto è una sorta di zona franca, un vero e proprio limbo dove si arriva o si attende di partire, un melting pot di diversità dove tutte le pulsioni vengono pacificamente accettate come naturali e necessarie proprio per il semplice fatto che lì, nel continuo brulicare del ricambio umano, lo straniero, il diverso e il barbaro ...
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