“Trilby” è un balletto fantastico in due atti e tre scene creato da Marius Petipa su musiche di Julij Gerber, basato sulla fiaba letteraria di stampo romantico-popolare del francese Charles Nodier “Trilby, ou Le Lutin d’Argail” pubblicata nel 1822. Nella versione di Petipa l’ambientazione si svolge in Scozia con l’elfo Trilby che protegge la casa della giovane donna Bettli mentre giura di amare il piccolo uccellino Colibrì. Tuttavia si innamora di Bettli, che è fidanzata con il contadino Wilhelm. Trilby ingabbia Colibrì, incanta Bettli e la trasporta nel “Regno degli Elfi”. Quando Wilhelm libera Colibrì dalla sua gabbia, la magia viene annullata, Trilby muore e Bettli viene liberata per sposare Wilhelm. La prima del balletto ebbe luogo il 25 gennaio 1870 al “Teatro Imperiale Bolshoi” di Mosca con le scene di Karl Walz e Pavel Issakov e i costumi firmati da Philippe Calver e Alexei Stoliarov.
I ruoli femminili principali furono interpretati da Polina Karpakova che occupa un posto di tutto rilievo nella storia della danza per essere stata la prima interprete del ruolo di Odette-Odile nel “Lago dei cigni” e dall’allieva Ludiia Geiten che era particolarmente elogiata come bambina prodigio, all’epoca di questo balletto aveva dodici anni e la sua interpretazione risultò convincente nella mimica, nella grazia e nella significatività dei movimenti. Il rigore, l’ordine, la disciplina e la completezza dei passi la innalzarono a futura stella del balletto. Si diplomò nel 1874 ed entrò nella compagnia imperiale. Si recò poi a Parigi per perfezionarsi e nel 1875 fece ritorno in patria esibendosi in “Giselle” ma venne presto accantonata dalla dirigenza del Teatro così da farle abbandonare la danza, sebbene il pubblico non si fosse mai dimenticato di lei. Nel 1877 tornò in scena a Mosca con enorme successo e nel 1882 fu allestita appositamente per lei “Coppélia” che le valse finalmente la nomina a “prima ballerina” (non fece però mai più ritorno nella compagnia di San Pietroburgo malgrado gli inviti ricevuti).
La novella di Nodier oltre alla creazione di Petipa diede vita anche ad altri adattamenti ballettistici ed operistici, tra cui ricordiamo: “La Sylphide” scritta dal francese Adolphe Nourrit con la coreografia dell’italiano Filippo Taglioni, un balletto di Jean Ragaine eseguito nel 1846 al Théâtre de la Porte Saint-Martin di Parigi e l’opera lirica “The Mountain Sylph” del compositore inglese John Barnett insieme al librettista Thomas James Thackeray nel 1834. Questi lavori però mantennero solo l’idea di base dell’amore tra una fata e un contadino scozzese, ma per il resto si discostarono notevolmente dalla trama originale. “Trilby” è l’ultimo balletto che Petipa creò per i “Balletti Imperiali” a Mosca, dove trascorse due anni per allestire nuove produzioni.
“Trilby” fu rappresentato in seguito a San Pietroburgo il 17 gennaio 1871 al “Teatro Imperiale Bolshoi Kamenny” nell’allestimento di Andreas Roller ed Heinrich Wagner. Petipa cambiò l’ambientazione, trasportandola dalle Highlands Scozzesi ad un tipico villaggio della Svizzera, e mutò il nome della protagonista da Mary a Bettli. L’allieva Alexandra Simskaïa ballava il ruolo di Tribly, Adèle Grantzow quello di Bettli (poi danzato da Ekaterina Vazem), Lev Ivanov impersonava Wilhelm. Il balletto fu rappresentato nuovamente al “Teatro Mariinsky” nel 1883 con protagonista Evgenia Sokolova.
Questa creazione di Petipa, come quasi tutte le altre, ha goduto della partecipazione degli allievi della Scuola del Balletto Imperiale. Nel 1902, tra le innovazioni volute dal direttore dei Teatri Imperiali Vladimir Telyakovsky (che sostituì il principe Ivan Vsevolozhsky dopo il trasferimento di quest’ultimo al Teatro dell’Hermitage) ci fu quella di contemplare un totale di ore da far trascorrere agli allievi durante le prove degli spettacoli in cartellone, cosicché venissero incluse nel tempo accumulato di formazione coreutica, per riservare maggior tempo all’insegnamento di altre materie. Nel settembre 1902 gli allievi erano impegnati in sedici prove e sette spettacoli, mentre le allieve in dieci prove e cinque spettacoli. Ad ottobre i ragazzi presero parte a tredici prove e a sei spettacoli, e le ragazze rispettivamente a sette e a tre. A quel tempo gli eventi di balletto venivano normalmente portati in scena dalla compagnia imperiale otto-nove volte al mese.
Acclamato come il più grande coreografo di balletto mai esistito, il maestro di balletto francese Marius Petipa ha trascorso quasi sessant’anni lavorando al “Balletto Imperiale” e al suo successore, il Mariinsky. In quel periodo ha messo in scena oltre sessanta balletti originali e ha sviluppato la Compagnia fino a farla diventare la migliore in Europa. È stato la figura centrale dell’età d’oro del balletto in Russia e, in quanto tale, ha probabilmente fatto più di chiunque altro per stabilire San Pietroburgo come centro culturale in grado di rivaleggiare con le grandi capitali della Vecchia Europa.
La trama nel dettaglio racconta dell’elfo Tribly che si dedica a proteggere la casa di una giovane contadina di nome Bettli e del suo uccellino Colibrì. Secondo le leggi del “Regno degli Elfi”, Tribly è obbligato ad amare per sempre Colibrì e rimanergli fedele, altrimenti la sua anima non sarebbe più immortale. Mentre protegge l’abitazione di Bettli, rimane affascinato dalla bellezza della ragazza e se ne innamora. Per nascondere la sua infedeltà alla Regina degli Elfi, Trilby decide di rinchiudere Colibrì in una gabbia, mentre lui cerca di sedurre Bettli alla vigilia del suo matrimonio con Wilhelm. Trilby lancia un incantesimo su Bettli per farla addormentare e trasportarla nel “Regno degli Elfi”. Wilhelm è assai arrabbiato per il comportamento di Bettli e apre la gabbia per liberare Colibrì. L’incantesimo utilizzato da Tribly cessa quindi il suo potere magico non appena Colibrì vola via. I fidanzati si ritrovano di nuovo. Durante i preparativi per il matrimonio, Bettli ha una visione di Colibrì sotto forma di una giovane ragazza con Tribly che giace morto ai suoi piedi. La visione svanisce con l’arrivo degli ospiti e l’inizio della festa di nozze.
La storia originale del libro di Charles Nodier “Trilby” ci racconta invece di una divinità benefica che vive nelle montagne della Scozia. Svolge con discrezione i lavori domestici e garantisce la prosperità della casa. Tuttavia, i monaci di Saint-Colombain pronunceranno contro di lui le formule rituali di esorcismo. Con lui scompariranno il benessere e le gioie della vita quotidiana. Ma tornerà a tormentare i sogni di Jeannie, la moglie del pescatore Dougal, nelle sembianze di un giovane guerriero. Sotto le spoglie di una fiaba, Nodier rinnova nel suo testo il tema eterno del Diavolo Innamorato e invita a cedere senza rimorsi alle vertigini dei sogni. Naturalmente la stesura del libretto per il balletto – come abbiamo letto poco sopra – si è ispirata solo in parte al testo originale, modificandolo nella trattazione.
Il balletto di Petipa con un lunghissimo “divertissement” riscosse notevole successo di pubblico (meno della critica) e divenne molto popolare, soprattutto per gli effetti scenici e i costumi, ma presto venne accantonato senza più apparire nei cartelloni teatrali. Oggi l’unico brano collegato a “Trilby” ancora eseguito è la musica nella variazione maschile di “Le Corsaire Pas de deux”.
Tre curiosità: la prima ci riporta ad una scena suggestiva nella versione di San Pietroburgo, rimasta leggendaria nella memoria storica, in cui veniva posizionata in palcoscenico una enorme gabbia e quando si apriva, folti gruppi di ballerini fuggivano come fossero uccelli pronti a riacquistare la libertà perduta. La scena – a mo’ di un teatro all’interno del teatro – conteneva una danza intitolata “Le nozze dei canarini” ballata da alcuni allievi vestiti da uova che rievocavano una cerimonia nuziale. Il tutto proseguiva con una sequenza di danze, intrattenimenti, svaghi e nel finale appariva la grandiosa figura di un “Pavone Magico”, che aprendo maestosamente le ali e la spettacolare coda si innalzava sopra ai due amanti. Questa scena ci riporta ad un dipinto di ballerini in costume (rappresentati come giovani uccellini che emergono dal guscio) di Viktor Hartmann che a sua volta ha ispirato anche il compositore russo Modest Mussorgsky per scrivere la suite per pianoforte “Quadri di un’esposizione”, successivamente orchestrata dal compositore Maurice Ravel. Il tutto nasce quando Mussorgsky conosce – grazie al critico Vladimir Stasov – il pittore Viktor Aleksandrovič Hartmann. Tra i due si instaura un profondo senso di amicizia, di lealtà e di ammirazione. Poco tempo dopo Hartmann viene a mancare prematuramente nel 1873 a soli trentanove anni. L’anno seguente a San Pietroburgo Vladimir Stasov organizza una mostra all’Accademia Russa di Belle Arti costituita da quattrocento dipinti di Hartmann per commemorarlo. La visione di quella mostra, a cui aveva contribuito anche Mussorgsky prestando alcuni dipinti di sua proprietà, è per il musicista russo una illuminazione e così scrive la partitura di “Quadri di un’esposizione”. Si lascia ispirare in particolare da alcune pitture, tra cui quella intitolata “Balet nevylupivšichsja ptencov” (Balletto dei pulcini nei loro gusci), ben appunto usato come ispirazione anche per il balletto “Trilby” dove le sonorità indicano i movimenti dei pulcini. Nel 2014 Aleksej Ratmanskij ha coreografato “Quadri di un’esposizione”: balletto sulla suite di Modest Musorgskij, presentato in debutto il 2 ottobre del 2014 al David H. Koch Theater con interpreti gli artisti del “New York City Ballet”. Tale balletto fu interpretato da cinque uomini e altrettante donne e il cast originale vide Wendy Whelan dare il suo addio alle scene a fine stagione. Nel cast figuravano inoltre Sara Mearns, Tiles Pecks, Abi Stafford, Gretchen Smith, Tyler Angle, Adrian Danchig-Waring, Gonzalo García, Amar Ramasar e Joseph Gordon. Anche se l’opera di Musorgskij parla della mostra postuma di opere di Viktor Hartmann, il coreografo Ratmansky scelse di proiettare in palcoscenico il dipinto “Color Study: Squares with Concentric Circles” (Studio sul colore: quadrati con cerchi concentrici) una delle opere d’arte più popolari di Vasiliji Kandinskij. In seguito il “Pacific Northwest Ballet” danzò “Quadri di un’esposizione” nel 2017 messo in scena da Wendy Whelan. Come raccontato nel libro “Balletti di Marius Petipa a Mosca” nella prima esibizione di “Trilby” nella capitale moscovita il divertissment era uno solo dal titolo “The Elfland” (il Regno degli Elfi). Nella ripresa di San Pietroburgo i divertissment divennero quattro: nel primo atto “The Bettli’s Dream” e altri tre nel secondo atto intitolati “The Mystic Forest”, “The Enchanted Cage” e ben appunto “The Magic Peacock”.
Un’altra curiosità deriva, come riporta il cronista del balletto russo Alexander Alexeyevich Pleshcheev in una sua recensione dell’epoca, che il balletto “Trilby” includeva nella scena del “Regno degli Elfi” una variazione tratta da “Giselle” anche se non viene specificata esattamente quale. Si pensa ad un parallelo con Myrtha (Regina delle Villi) dove Trilby per non aver preso come moglie Colibrì viene giustiziato sotto lo sguardo spietato di “Queen of Elves” e ciò avviene non per le sue trasgressioni verso Bettli ma per aver disobbedito alla Regina e per l’amore non ricambiato verso la sua prescelta. Anche Nadine Meisner nel libro “Marius Petipa, il Maestro di ballo dell’Imperatore” sostiene questa corrispondenza, affermando che la Regina tiene controlla i suoi sudditi, assicurandosi che le leggi del loro mondo non vengano mai violate perché ci sono regole che devono essere seguite, o ci saranno delle conseguenze. In sintesi Colibrì equivale a Giselle come Trilby ad Albrecht.
La terza curiosità – nozioni generali di storia – ci ricorda che l’ultimo vero balletto coreografato da Marius Petipa (mai andato però in scena) fu “Il romanzo del bocciolo di rosa e della farfalla” su musiche di Riccardo Drigo e libretto di Vzevolozhosky. Petipa scelse il giovanissimo Vaslav Nijinsky per il suo primo ruolo danzato in pubblico. La coreografia avrebbe dovuto debuttare il 23 gennaio 1904 al Teatro Hermitage, ma solamente due settimane prima il direttore dei Teatri Imperiali lo cancellò a causa della guerra russo-nipponica. Petipa rimase scioccato. La sua carriera durata sessant’anni ai Teatri Imperiali finì così tristemente. Anticipò il tempo della pensione e si ritirò a vita privata, lasciando spazio alle nuove generazioni e al loro modernismo. Benché ufficialmente definito “maître de ballet a vita”, l’ultima sua opera portata in scena nel 1903 fu il balletto-féerie in quattro atti e sette quadri “Lo specchio magico” (titolo originale “Volšebnoe zerkalo”) che si dimostrò un totale insuccesso. Petipa scrisse nella sua autobiografia che il vero motivo del fallimento fu una cospirazione ordita per sbarazzarsi di lui. Tentò di riprendere il balletto con l’aggiunta di nuovi brani musicali e variazioni ma l’insuccesso si confermò e venne eliminato dal repertorio (poi venne ripreso al Bolshoi su nuova coreografia di Alexander Gorsky ed ebbe un discreto consenso con trentasei rappresentazioni). Forse “Il romanzo del bocciolo di rosa e della farfalla” avrebbe potuto ridare un’alba alla carriera di Petipa e invece si tramutò (per volere d’altri) in un tramonto.
Michele Olivieri
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