Lo spettacolo, che presso lo splendido Teatro Municipale di Piacenza diretto da Cristina Ferrari è diventato Un pomeriggio con Sergio Bernal sotto l’attenta direzione artistica di Ricardo Cue (figura storica che ha lavorato con George Balanchine, Anthony Tudor, Martha Graham, Alvin Ailey, Maya Plisetskaya, Sylvie Guillem, Peter Schauffuss, Fernando Bujones, Irek Mukhamedov, Patrick Dupond, Carlos Acosta, Alina Somova, Natalia Osipova, Vladimir Shklyarov, Evgenia Obraztsova, Ivan Vasiliev, Alena Kovaleva, Angel Corella, Tamara Rojo, tra gli altri) in esclusiva italiana per Daniele Cipriani Entertainment ha posto in luce la netta propensione del carismatico Bernal nel catturare e incarnare la commistione tra la tradizione spagnola, l’accademismo classico, la passione del flamenco e il glamour… aspetti affascinanti quanto la musica stessa e il canto. La produzione è ricca di contrasti – luce e oscurità, movimento ed equilibrio – tanto da renderla un’opera ben calibrata nella struttura e mai didascalica.
Ad apertura troviamo l’assolo Farruca del molinero, una coreografia di Antonio Ruiz Soler su musica di Manuel De Falla, dove la sensualità, il mistero, e la figura di Bernal vengono caratterizzati da una successione di curve e di ondulazioni come fossero il corso di un fiume che raggiunge in piena la massima intensità dell’emozione e del sentimento. Bernal si presenta fasciato in un costume rosso firmato da Roberto Capucci con ricami dorati che punteggiano l’energia della Spagna accompagnando la bravura e il magnetismo del madrileno. Grazie ad un drappeggio scenografico che si trasforma in partner da far roteare nella penombra, il pensiero corre alla mantilla quale accessorio simbolico di un’eleganza senza tempo, dove il battito dei piedi accentua il passato in un compasso di massima precisione.
A seguire Orgia nella coreografia e nell’interpretazione di Sergio Bernal al fianco di Cristina Cazorla e Carlos Romero su musica di Joaquin Turina. Passo a tre suadente laddove la forma gestuale ed espressiva asseconda il movimento del corpo in simbiosi con suono e ritmo. Grande risalto trovano le potenzialità individuali, esaltando creatività e fantasia, dove la fatica è ripagata dalla piena teatralità.
Cristina Cazorla ha poi eseguito Griega su coreografia di Bernal con musica di Coetus (Gallo Rojo) e la possente voce di Paz de Manuel. Il pezzo non si limita solo ad un racconto descrittivo ma crea una sorta di mondo parallelo dove i sentori, i colori, l’atmosfera, il modo di porsi alla ribalta, pongono in luce uno stile preciso, parte di un unico mondo. La spiccata sensibilità e lo spirito d’osservazione hanno permesso di individuare dettagli ed echi che fanno parte del mondo iberico senza manierismi o eccessi. La voce e la danza delle due protagoniste hanno ammaliato gli spettatori con divorante passione.
Quarto pezzo in scaletta “Obertura”: assolo su coreografia e danza di Sergio Bernal con musica di Coetus mentre la struggente interpretazione fa da contraltare ad una forma di unitaria bellezza. Brano intimo che da questa dimensione giunge a quella collettiva e ciò accade delicatamente, senza enfasi, ma con una grazia nella postura costruita su assi di simmetria che attraversano il corpo di Bernal come raggi proiettati nell’infinito. Ad ogni impulso corrisponde un intento che si focalizza su un braccio, su una mano, sul collo del piede. Nella pura essenzialità la coreografia trova una estetica slanciata che definisce il tempo.
A seguire Racheo, la coreografia di Sergio Bernal e la musica di Raul Dominguez hanno portato sul palco l’étoile al fianco di Carlos Romero. Passo a due che funge da pilastro sulla ricchezza artistica della danza spagnola la quale si manifesta in numerose varianti e posizioni per permettere ai due straordinari ballerini di esprimere suggestioni, narrare storie e creare un vocabolario dove comunicazione ed empatia vanno di pari passo all’innato talento.
Siempre lorca è un quadro dedicato esclusivamente allamusica, scritta ed eseguita alla chitarra da Daniel Jurado, dalla conturbante voce di Paz de Manuel e dalle percussioni di Javier Valdunciel che unitamente restituiscono un clima poetico, interiorizzando gli stati d’animo dove la mente è trasportata verso immagini calde e languide malinconie, mescolandosi al fervore degli artisti.
Settimo pezzo in scaletta El ultimo encuentro di Ricardo Cue con interpreti Cristina Cazorla e Sergio Bernal in un passo a due dal sapore romantico, grazie anche alle musiche di Alberto Iglesias e agli eleganti costumi. La coreografia testimonia la percezione di un trascorso che si distingue per raffinatezza e fioritura di bellezza, a sottolineare la nostalgia di un mondo perduto.
A seguire Zapateado sarasate, coreografia di Antonio Ruiz Soler su musica di Pablo Sarasate. Assolo che ha visto protagonista Carlos Romero il quale ha dato sfoggio ad ogni passo di sicurezza, trasmettendo una connessione al sentimento grazie alla sincronizzazione del corpo con la musica. Braccia, mani e soprattutto i piedi sono l’obiettivo primario che hanno segnato la performance, riscuotendo applausi entusiastici.
È stata poi la volta di Solea x bulerias, una coreografia di José Manuel Álvarez danzata con trasporto da Bernal sulla musica eseguita dal vivo da Daniel Jurado alla chitarra, e da Javier Valdunciel alle percussioni con la voce di Paz de Manuel. Il battito dei piedi contro le assi, i movimenti delle anche, la movenza delle braccia e delle mani (dettagli fondamentali) hanno alimentato fluidità, rotazione del torso, postura eretta, giri rapidi, confermando l’eccezionale coordinazione del “principe del flamenco”.
Quasi in chiusura di serata (durata un’ora e venti senza intervallo) Segio Bernal ha offerto il suo impagabile biglietto da visita dal titolo El Cisne che lo fu a suo tempo anche della leggendaria Anna Pavlova, in una versione maschile firmata da Ricardo Cue con l’intramontabile musica del compositore francese Camille Saint-Saëns. La spiritualità accolta da Bernal è talmente ricca di sfumature e intenzioni che i suoi infiniti port de bras affrescano lo spazio dando forma e sostanza dal cuore agli occhi degli astanti, marcando l’effimera fragilità dell’anima.
Il finale ha trovato il suo giusto epilogo nel Boléro su coreografia di Sergio Bernal e musica di Maurice Ravel, in un passo a tre (Bernal-Cazorla-Romero). Mentre la luce sale lentamente, le figure prendono gradualmente vita, le loro braccia incorniciano l’aria e le loro teste ondeggiano con maestrìa nel crescendo musicale.
La Sergio Bernal Dance Company con la sua superstar ha padroneggiato le linee curve e l’articolazione nitida della forma del flamenco. Incantevole da ammirare, dove ognuno imprime uno stile gestuale personale che colpisce nelle percussioni corporee, tra fianchi sinuosi e rapidi cambi di passo. Parte del piacere è vedere una compagnia al top della forma impegnarsi così pienamente, senza mai risparmiarsi. Ciò che colpisce è la qualità più profonda di Sergio Bernal che esplora le melodie come se le abitasse, deliziandosi del suo corpo quale strumento ipnotizzante nelle illimitate estensioni. Numerosi gli applausi in proscenio, Bernal con le braccia tese in un abbraccio ha ringraziato con portamento regale e gentile, circondato dai suoi artisti come fossero un’unica essenza.
Michele Olivieri
Foto di Gianni Cravedi
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