Find the latest bookmaker offers available across all uk gambling sites www.bets.zone Read the reviews and compare sites to quickly discover the perfect account for you.
Home / News / Una serata esclusiva a Londra con la stella Matthew Ball

Una serata esclusiva a Londra con la stella Matthew Ball

Ci sono danzatori che brillano sul palco e poi scompaiono dietro il sipario, lasciando che la magia rimanga confinata nel mondo dell’illusione. E poi c’è Matthew Ball, uno di quegli artisti rari per cui la danza non è un’apparizione, ma un processo. Un continuo scavare dentro sé stessi, rinegoziare limiti, ricostruire identità. Osservarlo non significa solo guardare un movimento, ma assistere a una forma di pensiero che si traduce in gesto. A 31 anni, Principal del Royal Ballet, Ball ha già collezionato ruoli che molti colleghi affrontano solo verso la maturità artistica. Ma ciò che lo distingue non è il repertorio: è la profondità con cui lo abita. Per lui la danza è un atto psicologico prima ancora che fisico. Una maratona mentale che richiede lucidità, vulnerabilità e un grado di immersione interiore a cui non tutti sono disposti. Il 14 dicembre presso il Susie Sainsbury Theatre di Londra, con An Evening With Matthew Ball, l’artista decide finalmente di condividere quell’universo segreto. E per la prima volta, il pubblico potrà vedere non Matthew Ball il mito, ma Matthew Ball il processo.

IL CORPO COME STRUMENTO DI MEMORIA
Ball non danza “a partire dai passi”: danza a partire da ciò che ha vissuto. Chi lo osserva nota un dettaglio raro — l’impressione che ogni gesto sia un souvenir emotivo, un ricordo catturato nel movimento. Nelle ore di prova, il suo metodo è quasi ascetico. Non ripete un passo perché deve farlo, ma perché lo vuole comprendere. Spesso si ferma, osserva una posizione per lunghi secondi, come se cercasse di ascoltare ciò che il corpo sta suggerendo. «La tecnica, per me, è un archivio», ha confidato in più occasioni. «Ogni linea, ogni piega del corpo custodisce qualcosa che ho provato prima nella vita». E forse è proprio questo il cuore magnetico della sua presenza scenica: non si limita ad “eseguire”, ma riattiva un’emozione. La danza diventa una forma di autobiografia non dichiarata.

IL FASCINO DEI RUOLI DRAMMATICI
Matthew Ball non è solo noto per ruoli come Rudolf in Mayerling o Des Grieux in Manon: li ha trasformati in veri e propri studi psicologici. Non interpreta la tragedia: la scompone. Per lui, questi personaggi non sono figure melodrammatiche, ma simboli delle fratture umane. L’arte, dice spesso, non consiste nel rendere la tragedia “bella”, ma nel renderla comprensibile. «Il pubblico non deve vedere il mio dolore», sembra suggerire con il suo modo di danzare, «deve vedere il proprio.» E questa capacità di trasformare la sofferenza in specchio collettivo è uno dei tratti più difficili da insegnare. Molti ballerini cercano di proteggersi dalla vulnerabilità. Ball, invece, vi entra dentro: non come sacrificio, ma come parte del mestiere. La sua intensità non nasce dalla volontà di essere “profondo”, ma dalla necessità di essere vero.

IL PESO MENTALE DELLA PERFEZIONE
Spesso si parla della disciplina fisica dei ballerini: ore di sbarra, allenamenti, ripetizioni, infortuni. Ma Ball appartiene a quella categoria di artisti per cui il vero lavoro si svolge nella mente. Prima di un debutto, può passare giornate intere a leggere, annotare, ascoltare musica in loop, visualizzare le scene, tentare di capire cosa stia realmente accadendo al personaggio. Questa immersione mentale, racconta, è allo stesso tempo energia e pericolo: si rischia di non uscire più dal ruolo. La fatica che lo interessa non è quella dei muscoli, è quella delle idee. La danza, per lui, richiede una concentrazione estrema: un equilibrio tra controllo e abbandono. Ecco perché parla di maratona mentale: non un’iperbole poetica, ma la definizione letterale del suo mestiere.

QUANDO UN ARTISTA DECIDE DI MOSTRARSI
L’evento del 14 dicembre a Londra non è un gala, né una conferenza. Non rientra in nessuna categoria nota. È un esperimento strutturato in tre parti: • Creazione: Ball mostra come nasce un gesto, come nasce un’idea, come si trasforma un frammento musicale in movimento. Non ci sono effetti scenici: solo un uomo, un pianista e la ricerca. • Conversazione: Non un’intervista, ma una riflessione condivisa. Ball parla di fallimenti, frustrazioni, dubbi, paure. La parte che normalmente nessuno vede. • Esplorazione: Un assolo inedito costruito appositamente per la serata. Non un virtuosismo, ma un monologo fisico: un modo per dire “sono anche questo”. Per Ball, questa serata è quasi un atto di trasparenza. Per il pubblico, una rara opportunità di entrare nell’officina mentale di un interprete.

L’OMBRA DELLA COREOGRAFIA: UN FUTURO IN COSTRUZIONE
Da qualche anno, Matthew Ball sente una tensione verso la creazione. Non sa ancora se diventerà coreografo. Non è ciò che gli interessa oggi. Ma sente il desiderio di creare movimento che non sia ereditato da altri, di costruire una grammatica più intima. Le sue prime prove sono minimaliste, poco narrative, quasi scultoree. Si percepisce l’influenza del teatro fisico, della danza europea e della fotografia contemporanea. Se un giorno deciderà di firmare una grande coreografia, sarà probabilmente qualcosa che rompe schemi, che non chiede applausi facili, che rischia. Perché il rischio è l’altra grande costante della sua arte.

L’UOMO DIETRO L’ICONA
Fuori dal teatro, Matthew Ball parla poco di sé. Non ama il divismo, non ama l’idea del ballerino consumato come oggetto. Sui social appare con discrezione, quasi a ricordare che la vera immagine di un artista non può essere catturata in una fotografia. È un uomo meticoloso, curioso, spesso ironico. Ma soprattutto è un artista che si concede il lusso più raro: quello di non fingere. In un mondo in cui la danza è spesso presentata come perfezione, Ball insiste sul valore dell’imperfezione. Sulla necessità di mostrarsi umani per poter essere credibili.

COSA RAPPRESENTA OGGI MATTHEW BALL
Ball non è semplicemente una “stella” del Royal Ballet. È un simbolo di come un interprete possa essere profondamente tecnico e profondamente emotivo senza scegliere tra le due cose. Rappresenta una nuova generazione di danzatori: meno legati all’estetica della perfezione, più interessati alla verità del gesto, pronti a dialogare con altre arti, capaci di mettersi in discussione. La sua carriera, oggi, è a un punto di svolta. Non perché stia cambiando compagnia o ruolo, ma perché sta cambiando intenzione. E quando l’intenzione cambia, cambia tutto.

L’ARTE COME RIVELAZIONE
An Evening With Matthew Ball non è semplicemente un evento speciale: è una dichiarazione. Una dichiarazione che dice: la danza non è un trucco, non è un mistero lontano. È un lavoro umano, fragile, potentissimo. Ball offre al pubblico la possibilità di vedere l’invisibile: la fatica, il pensiero, il dubbio, la poesia. Il resto — i salti, le pirouette, i finali perfetti — è solo la superficie. La verità, quella che conta davvero, è nascosta lì sotto. E per una sera, Matthew Ball la consegna a chi ha voglia di ascoltarla.

Il programma danzato dell’esclusiva serata comprende The Measure of Things (Piano Sonata 31), coreografia e performance di Matthew Ball, pianoforte Viktor Erik Emanuel, musiche di Ludwig Van Beethoven. A seguire Giselle (variazione di Albrecht del secondo atto), musica di Adolphe Adam, coreografie di Marius Petipa. Si conclude con Waveform (Music Piano Trio No. 4, secondo movimento), interpreti Matthew Ball, Mariko Sasaki e Luca Acri, pianoforte Viktor Erik Emanuel, cello Joseph Barker, musiche di Antonín Leopold Dvořák.

Il segmento Wall & Talk, in cui Matthew Ball racconta i suoi movimenti passo dopo passo, offrendo una rara visione del suo processo e del suo dialogo interiore è presentato dalla Principal Character Artist del “Royal Ballet” Kristen McNally.

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

© Riproduzione riservata

Check Also

Shirley MacLaine ha ricevuto il premio “Dancer Hall of Fame”

Shirley MacLaine è tornata sotto i riflettori. A 91 anni, l’attrice premio Oscar ha fatto ...

La danzatrice e maître de ballet Ivana Mastroviti “allo specchio”

Il balletto classico preferito? La Bayadère. Il balletto contemporaneo prediletto? Carmen di Mats Ek. Il ...

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. E maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi