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“Un’estate con…” – Martedì con Oriella Dorella

(Intervista del 6 settembre 2010)

Oriella Dorella si forma presso la Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano, ha interpretato i balletti più importanti ed ogni tanto si è concessa qualche partecipazione televisiva nei programmi più importanti. L’abbiamo raggiunta telefonicamente nella sua casa e sentite cosa ci ha raccontato…

Il Suo rapporto con la danza?

Meraviglioso! La danza è la mia vita, la mia cultura, la mia formazione privata e professionale, è l’arte che mi ha insegnato la disciplina, la precisione, il lavoro mentale, il sogno! Credo che una cosa più bella nella mia vita non sarebbe potuta accadere.

Quando nasce per Oriella Dorella la voglia di ballare?

Penso di esser nata così, con la voglia di ballare. Ricordo che da piccolissima trascorrevo le vacanze nella casa di mia nonna che aveva una grande aia dove io ballavo sempre. Le confido un’altra cosa…rubavo gli zoccoli di mio zio Battista, perché così, avendo quelle scarpe col legno sotto, potevo mettermi sulle punte.

I sacrifici che richiede la vita di un ballerino

Più di tutti, per quello che mi riguarda, il sacrificio l’ho riscontrato nella perdita del periodo spensierato della fanciullezza. Quando i miei amici andavano al mare io invece ero in teatro a fare le prove, quando festeggiavano insieme il Capodanno io magari ero di scena con Lo Schiaccianoci, non parlo solo come étoile, ma del mio percorso in generale, io ho fatto la scuola, sono entrata nel corpo di ballo e poi sono diventata solista, prima ballerina ed étoile. Oggi, se guardo indietro e sento i miei amici che raccontano di momenti di svago vissuti da ragazzi, un po’ mi rammarico, tuttavia questi sacrifici mi hanno portata a fare quello che sognavo da sempre, per cui va benissimo così.

Il balletto che le è piaciuto maggiormente interpretare?

A dire il vero ne ho amati più di uno. Il balletto a cui sono più legata in assoluto è sicuramente La Strada, su musiche di Rota e coreografie di Mario Pistoni, anche perché è stato il primo che ho visto nella mia vita. Ricordo chiaramente che, quando si aprì il sipario e vidi questa ragazzina in mezzo al palcoscenico, si trattava di Gelsomina, la protagonista, pensai: IO VOGLIO FARE QUELLA PARTE. È un balletto che per me è stato una guida, una luce. Oltre a questo, mi sono piaciuti moltissimo anche La bisbetica domata, Giselle e Carmen.

Ha lavorato sia per il teatro che per la televisione, quale preferisce di più?

Impossibile scegliere tra le due cose. Il teatro è la mia cultura, la mia professionalità, il mio mondo, mentre la televisione è un occhio magico molto divertente e piacevolissimo, che ti dà una popolarità immediata. Uno dei periodi più scanzonati della mia vita l’ho trascorso in televisione, nonostante le grandi responsabilità che richiedeva uno show come Fantastico. Però, per chi come me è nata in teatro, ci sono delle cose, come il rapporto diretto col pubblico, le prove, la polvere della sala, l’odore stesso del teatro, che rappresentano tutta un’altra storia.

Come ricorda l’ambiente della Scala di Milano, quando studiava nella scuola?

Era straordinario. La nostra vita si svolgeva interamente in teatro perché facevamo all’interno sia la scuola di danza che le scuole tradizionali, quello era il nostro mondo, anche se la sera poi tornavamo nelle nostre case. Erano anni magici anche per la gioia di incontrare i grandi dell’arte, da Pavarotti a Nureyev, dalla Ricciarelli a Margot Fonteyn, Carla Fracci, Luciana Savignano. Tutte le mattine quando si apriva la porta della sala di ballo era una magia!

Oltre ad aver adottato due figli, si è occupata anche di adozioni a distanza. Come mai questo impegno?

Io volevo fortemente un figlio, ma la vita in quel momento mi ha scombinato un po’ i programmi, così ad un certo punto io e mio marito abbiamo sentito di essere pronti per adottarne uno. Poi, anziché uno, sono arrivati due splendidi fratelli, che sono diventati la gioia della mia vita. Le adozioni a distanza sono un altro mondo ancora che riguarda invece quei ragazzi che hanno la fortuna di avere già una famiglia alle spalle, che però hanno bisogno di un ulteriore aiuto per poter vivere.

Un sogno nel cassetto?

Mi piacerebbe molto occuparmi di teatro per i ragazzi. È un’esperienza che ho già fatto, il mondo dei giovani è molto entusiasmante. Mi piace poter partecipare a qualcosa che forma la cultura degli adolescenti, cioè fornire ai giovani gli strumenti per conoscere il teatro.

Alessandro Di Giacomo

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