Francesco Mariottini nasce a Jesi il 6 Novembre 1985. A 11 anni inizia i corsi di danza moderna nella sua città. Nel 2000 ottiene una borsa di studio che lo porta a Firenze, presso la scuola del “Balletto di Toscana” e “Opus Ballet”, diretta da Cristina Bozzolini e Rosanna Brocanello. Segue corsi di tecnica classico-accademica e contemporanea, oltre a numerosi stage con insegnanti di chiara fama quali: Stefania Di Cosmo, Victor Litvinov, Raffaele Paganini, Marco Pierin, Fredéric Olivierì, Fabrizio Monteverde, Bruno Collinet. A partire dall’anno successivo prende parte al musical “Passeggeri” di Daniel Tinazzi e danza nella compagnia giovanile del BdT alcune coreografie, anche da Solista, create da Fabrizio Monteverde, Orazio Messina, Rosanna Brocanello, Arianna Benedetti, Daniel Tinazzi e Alessandro Bigonzetti. A diciotto anni entra nel corpo di ballo dello “Stuttgart Ballet”, in cui danza pezzi di repertorio classico e contemporaneo (“Romeo e Giulietta”, “La Bella Addormentata”, “Onegin”, “La Bisbetica Domata”, “Un tram chiamato desiderio” su coreografie di John Cranko, John Neumaier e Marcia Haydèe). Nel settembre del 2005 entra a far parte della Compagnia “Aterballetto”, sotto la direzione di Mauro Bigonzetti, dove esegue anche ruoli da Solista danzando in varie parti del mondo tra cui New York, Houston, Messico, Cina, Nuova Zelanda e gran parte dell’Europa. Nel 2007/2008 partecipa alla settima edizione della trasmissione “Amici di Maria De Filippi”, arrivando in finale e aggiudicandosi il premio della critica. Al termine del programma prende parte come professionista al musical “IoBallo” e alla trasmissione televisiva “Il Ballo delle Debuttanti”. Da ottobre 2008 si specializza nell’insegnamento della tecnica contemporanea e modern-jazz e prende la direzione artistica della scuola Umbria Ballet di Gubbio e Bastia Umbra, in collaborazione con Marina Tofi e Alessandra Tognoloni. Nel gennaio 2010 entra a far parte del cast dei ballerini professionisti della trasmissione “Amici di Maria De Filippi”. In seguito danza in vari galà e serate di danza in qualità di free lance ed ospite per poi entrare a far parte della compagnia tedesca “Stadttheater Giessen – Tanzcompagnie”. Attualmente è danzatore stabile de “Les Ballets de Monte-Carlo” diretto dal coreografo-direttore Jean-Christophe Maillot sotto la presidenza di S.A.R. la Principessa Carolina di Hannover.
Carissimo Francesco, attualmente ti trovi nel Principato di Monaco all’interno della compagnia “Les Ballets de Monte-Carlo”. Com’è nata questa nuova avventura e quali sono state le tue prime impressioni?
Avevo voglia dopo anni di televisione di riaffacciarmi in quello che era il mio mondo conosciuto sin da piccolo… ho trascorso un anno, in Germania, in un piccolo teatro della città di Giessen. Eravamo dodici danzatori e questo mi è servito per rimettermi bene in forma e riabituarmi alla routine del danzatore; dopo un po’ di mesi ho preso coraggio e ho affrontato l’audizione per il balletto di Monte-Carlo… ed eccomi qui ora. Per il momento è tutto molto bello. Si lavora tantissimo (come giusto che sia!)… amo parecchio la città, mi trovo benissimo con i colleghi e adoro imparare il tipo di repertorio che propongono in questa realtà.
Hai superato una durissima selezione per far parte di questo prestigioso Corpo di Ballo, mi racconti esattamente le dinamiche selettive?
Non è stata una selezione durissima e assurda come spesso i film sulla danza ci fanno pensare… il direttore ha voluto investire su di me dopo avermi visto fare una lezione di classico e un paio di pezzetti di alcune sue coreografie, offrendomi un contratto. Punto!
Con la compagnia di Monte-Carlo hai danzato in tante nazioni. Sei sempre pronto ad affrontare le lunghe tournèe?
Certo, il ballerino nasce con la valigia in mano!
Che impressione ti ha fatto il direttore Jean-Christophe Maillot?
Un grande professionista e una bella persona. Ci tiene ad avere un buon rapporto con i ballerini e il suo lavoro coreografico è molto dinamico ed armonioso.
Ritornando alla Germania, raccontami del periodo trascorso a Giessen?
Ho passato un anno nella piccola compagnia tedesca chiamata “Stadttheater Giessen – Tanzcompagnie”. Base contemporanea, tredici ballerini, repertorio vario. Diciamo che è stato un trampolino di lancio per la Compagnia dove lavoro adesso. Avevo bisogno di rimettermi in forma, fisica e mentale, di ritornare in quella che è la routine del ballerino e non del free lance. È stata un’esperienza molto positiva e ho conosciuto parecchie persone a cui sono legato oggi.
Come è scattata in te la passione per la danza?
È nata un po’ per caso, un po’ per gioco. Ero piccolo e trascorrevo ore a casa di mia cugina che già studiava danza, il mio gioco preferito era imparare quello che le insegnavano durante le lezioni. Un giorno mia madre mi guardò e notò che in pochi minuti riuscivo a ricordarmi coreografie intere e non sbagliavo un passo, così arrivò la tanto ambita domanda: “Francesco vuoi studiare danza?”
Da piccolo cosa sognavi di fare “da grande”?
Prima di mettere piede per la prima volta in una scuola di danza, sognavo di diventare archeologo… fantasticavo di trovarmi in mezzo al deserto armato dei miei attrezzi mentre scoprivo qualche reperto storico o qualche fossile. Poi dal primo giorno di lezione di danza le mie prospettive future sono cambiate in uno schiocco di dita.
Crescendo hai fatto parte di due ben consolidate realtà come lo Stuttgart Ballet e l’Aterballetto, che esperienze sono state?
Di Stoccarda conservo un ricordo meraviglioso. Durante l’audizione, di fronte a cento danzatori, il direttore chiamò quattro numeri tra cui il mio. È stato il passaggio da allievo a professionista e terrò quell’emozione viva sempre dentro di me. L’esperienza è stata dura, ma allo stesso tempo bellissima, ho avuto modo di studiare al fianco di grandi ballerini come Alessandra Ferri e imparare le dinamiche del lavoro in compagnia. Dell’Aterballetto posso dire che è una compagnia magnifica, oltre alle coreografie direi geniali del direttore dell’epoca Mauro Bigonzetti, ho avuto l’opportunità di girare il mondo, dalla Cina alla Nuova Zelanda, dagli Stati Uniti al Messico e gran parte dell’Europa.
Con l’Ater qual è stata la serata più magica e il luogo che hai visitato che ti è rimasto nel cuore?
Il luogo più bello che io abbia mai visitato è sicuramente la Nuova Zelanda. I colori, i profumi e lo stile di vita delle persone mi sono rimasti nel cuore. Di teatri ne ho girati un’infinità e ognuno possiede una magia propria che ti fa vivere nel momento dell’esibizione!! Forse ricordo con nostalgia lo spettacolo fatto in Spagna a Santa Susanna con l’Aterballetto, in cui abbiamo danzato “Romeo e Giulietta” di Mauro Bigonzetti, era la mia ultima replica di quella coreografia e ho sempre nel cuore gli occhi e le vibrazioni che ho ricevuto da Stefania Figliossi quella sera… mia partner dell’ultimo passo a due della coreografia. Un insieme di emozioni, un palco all’aperto veramente suggestivo, il cuore triste per la mia partenza ma colmo di speranza per le nuove avventure che mi aspettavano, e poi Stefania che ha danzato come non mai, con la stessa energia di sempre, ma con gli occhi lucidi fino alla fine.
I tuoi studi hanno preso avvio con il classico prima di dedicarti anche al modern/contemporaneo. Quali sono le maggiori differenze riscontrate?
La danza classica è la base di molte danze, ma sin da piccoli bisogna specializzarsi in più discipline, altrimenti si diventa monogami, invece più stili studi più sei completo quando diventi professionista. Il Classico è la base di tutto, il controllo, la precisione. Nel Contemporaneo invece parti dalla precisione della posizione classica e vai oltre il limite del movimento, “sporchi” la linea e usi vie parallele per giungere al punto che vuoi raggiungere.
Quali sono le doti fisiche che bisogna necessariamente possedere per ballare?
Come il cantante deve avere la voce, il ballerino deve avere l’attitudine… Poi la tecnica si studia e si migliora, ma una base dev’essere già presente; oltre alle doti fisiche bisogna possedere anche un carattere deciso, forte, determinato e una grande passione, senza il cuore non si può intraprendere questo percorso.
Chi ha creduto maggiormente in te e ti ha aiutato nella carriera?
La mia famiglia in primis, mi hanno sempre sostenuto e hanno creduto in quello che volevo fare e tuttora sostengono costantemente le mie scelte. Naturalmente ricordo le mie prime maestre di danza a Jesi, le quali mi hanno insegnato ad amare la danza. E poi Cristina Bozzolini e Rosanna Brocanello (direttrici delle scuole “Balletto di Toscana” e “Opus Ballet”) perché mi hanno insegnato la tecnica, la costanza il lavoro e l’impegno; e mi hanno indirizzato nella consapevolezza di cosa effettivamente sia questo mondo. Ad oggi le persone che mi sono veramente vicine sono poche ma ognuna riesce a donarmi un sostegno ed un aiuto nel mio percorso.
Cosa devi, in termini artistici, bene appunto a Cristina Bozzolini e Rosanna Brocanello?
Tanto, tutto!! Senza loro non sarei mai arrivato dove sono adesso. Mi hanno insegnato la tecnica, la disciplina e a tirar sempre fuori la mia personalità.
Com’è stato lavorare in sala danza con Mauro Bigonzetti, già direttore del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano?
Una sola parola: geniale. Come ritengo che lui sia. Mauro lavora con e per i ballerini, crea su di loro ogni passo tirandone fuori il meglio.
Dirigi anche una scuola di danza, “Umbria Ballet” , cosa significa smettere i panni del danzatore per indossare quelli di direttore? E quali sono state le maggiori soddisfazioni in questo senso?
Dirigo la scuola da molti anni e la cosa che più mi piace è dirigerla con al fianco persone speciali che fanno parte della mia famiglia. L’emozione più bella è vedere la gioia negli occhi di un allievo quando dopo mesi di prove, per la prima volta, riesce a fare un passo che sta studiando in maniera corretta e se ne rende conto subito; la felicità dei bambini che corrono a cambiarsi perché non vedono l’ora di iniziare una lezione o una prova; la soddisfazione dei genitori che di anno in anno assistono ai miglioramenti netti dei propri figli, a livello fisico, artistico e anche caratteriale.
Durante l’anno prendi parte, in veste di docente, a Stage e Concorsi. Quanto sono importanti per la formazione e cosa ti colpisce in un giovane danzatore al di là della tecnica?
La costanza che mette nell’imparare un determinato passo; questo unito al talento e al lavoro quotidiano ti può far raggiungere ottimi risultati. È importante per ogni danzatore che si sta formando conoscere quanti più stili diversi e aver la possibilità di studiare con numerosi insegnanti; oltre a questo ritengo molto importante il confronto con altri coetanei; ben vengano i concorsi…. purché siano veri, senza raccomandazioni e con una rivalità SANA!!
Ti piacerebbe, un giorno, accostarti alla coreografia?
In futuro sì, perché no… ma ancora non ci penso troppo!!
Quali sono le qualità per reputare un “buon insegnante” di danza?
I migliori maestri sono quelli che a discapito della crisi o dei problemi continuano ad insegnare e a trasmettere tutta la loro passione, si tengono aggiornati sull’evoluzione della disciplina e desiderano crescere artisticamente, di anno in anno, con i propri allievi indirizzandoli verso la strada più idonea.
Dedicarsi all’arte tersicorea è affascinante, ma anche faticoso, maggiormente quando lo si fa a livello professionale. A te cosa ha dato e cosa ha tolto la danza?
La danza mi ha “tolto”, se si può dire, un po’ di spensieratezza infantile; a quattordici anni vivevo già da solo a Firenze e mentre i miei amici pensavano a dove andare la sera io pensavo a stendere i piedi, alzare le gambe, imparare a girare… tutti i giorni dalle 14 alle 22, e se ogni tanto il sabato ero libero pensavo a prendere il treno e tornare due giorni a casa con la mia famiglia. Allo stesso tempo però quello che ti dona quest’arte è una cosa impagabile, vivere della mia passione più grande è il regalo migliore che la vita potesse offrirmi, ciò che provi su un palcoscenico non puoi trovarlo da nessun’altra parte.
Hai provato anche l’esperienza del cinema con i film “Sentirsi dire” e “Dance for Life”. Ti piacerebbe ripetere quest’avventura?
Assolutamente sì, sono stati due momenti bellissimi, non è il mio mondo ovviamente e non sono un attore, ma mi è piaciuto tantissimo mettermi in gioco e provare un’esperienza nuova e così divertente.
Come giudichi, visto dal suo interno, il mondo dei ballerini?
Bello e difficile allo stesso tempo. Ogni giorno c’è sempre un po’ di competizione sana, cerchi di raggiungere il tuo massimo in ogni momento. Se lavori in compagnia gli altri ballerini diventano una seconda famiglia, per cui il lavoro diventa anche uno stare bene con gli altri. Instauri un rapporto di fiducia e rispetto.
Nel tuo repertorio, il ruolo che hai interpretato il quale ti ha emozionato particolarmente?
Sin da prima di “Amici” ho avuto la possibilità di ballare una coreografia di Fabrizio Monteverde “Barbablù-estratto” insieme ad Alessandra Tognoloni, emozionante e travolgente. Adoro danzare qualsiasi cosa anche con Stefania Figliossi, in particolare il passo a due “2less” di Enrico Morelli. Ultimamente ho interpretato Achille in “Achille e Pentesilea” di Beatrice Paoleschi, con la compagnia Emox Balletto, al fianco di Eleonora Di Vita, grande professionista, ruolo di notevole impatto, in cui forza, energia ed eleganza si uniscono.
Con quale danzatrice ti piacerebbe ballare e con quale coreografo desideri misurarti?
Adoro le mie tre partner citate nella risposta precedente. Ogni coreografo può insegnarti tanto e trasmetterti qualcosa di diverso. Adoro anche il lavoro di Michele Merola e amavo molto le coreografie di Mauro Bigonzetti.
A proposito di “Achille e Pentesilea” ho avuto modo di ammirarti, in questo titolo, al Manzoni di Milano. Come ti sei accostato ad uno degli eroi più amati della mitologia greca?
Per prima cosa, ovviamente, ho parlato con la coreografa… ho chiesto cosa voleva rappresentare di Achille e quali aspetti dovevano emergere maggiormente. Insieme a lei abbiamo studiato le parti migliori e peggiori dell’eroe… la forza brutale in battaglia e l’animo umano ed innamorato della sua Pentesilea.
Quali altri passioni coltivi oltre alla danza?
Adoro costruire con le mie mani, infatti uno dei momenti più belli dell’anno è il mese di giugno, durante il saggio delle scuole dove lavoro, mi piace inventare degli effetti speciali per lo spettacolo, scenografie e quant’altro. Tutto a costo ridottissimo!! E naturalmente adoro ascoltare musica, andare al cinema, leggere e cucinare.
Oggi dopo anni di esibizioni, provi sempre le stesse emozioni sul palcoscenico?
Un palcoscenico ti da sempre le stesse emozioni, ogni volta che ti esibisci. Oggi lo vivo con la stessa grinta ma con una maturità diversa.
Come tutti ben sanno, hai fatto parte della trasmissione “Amici” sia da concorrente che da professionista. Cosa pensi della danza in televisione?
Tutto serve per promuovere la danza, ogni luogo dove un ballerino si esibisce è ricco di emozione. Perché l’emozione sta nella danza stessa, non nel posto dove tu ti esibisci. “Amici” è una scuola ottima, un posto dove impari la velocità televisiva e dove il lavoro quotidiano è tantissimo, momenti di sconforto ce ne sono stati, ma poi impari ad essere forte, ad andare avanti e a superare gli ostacoli.
Il dietro le quinte televisivo come si presenta?
Molto frenetico, soprattutto quando il programma è in diretta. C’è tantissima adrenalina che gira e il calore del pubblico arriva in ogni angolo… anche dietro le quinte!
Una definizione per Maria De Filippi e una per Alessandra Celentano?
Sono due professioniste, nei rispettivi settori!
Nel tuo tempo libero cosa ami guardare alla televisione, al cinema e quali sono le tue letture preferite?
Tutto ciò che è fantasy e fantascienza.
È difficile per un artista conciliare la vita privata?
All’inizio forse… quando hai 18/20 anni mescoli molto lavoro e vita privata e puoi a volte far fatica a conciliare i due aspetti… ma poi con gli anni impari a ritagliarti dello spazio solo per te e non pensare solo ed esclusivamente alle coreografie!
Ti piace andare a teatro in veste di spettatore?
Sì molto, ma quello che vedo deve essere brillante e soprattutto ricco di emozioni…. altrimenti rischio di addormentarmi!
Uno dei tuoi idoli è Rudolf Nureyev, cosa lo ha reso così speciale tanto da diventare “immortale”?
Sicuramente la sua bravura e il suo talento lo hanno reso immortale… ma quello che mi ha colpito della sua vita artistica è il fatto di essere sempre andato contro corrente, anche contro la politica del suo paese di nascita. E quando tutti creavano balletti in cui i ballerini uomini erano usati solo per sostenere le danzatrici, lui ha inserito lo spazio dedicato all’uomo, dopo aver sostenuto la ballerina arrivava il momento in cui il danzatore poteva esprimere i suoi virtuosismi e prendersi anche lui un po’ di merito. Per questo lo ammiro!
Il pubblico più caloroso e il teatro più bello?
Ogni pubblico è bello… ogni applauso è importante e ti riempie il cuore. Ovviamente un teatro da 300 posti non può essere paragonato ad uno da 1500, e se entrambi sono “sold out” ovviamente il teatro più grande ti regala applausi più forti e lunghi. Il teatro più bello, sempre presente nel mio cuore, è il Teatro Pergolesi di Jesi, dove ho respirato per la prima volta l’‘odore’ di uno spettacolo.
A proposito di applausi, che suono hanno per un artista?
Come un bimbo che prende un voto ottimo a scuola.
Come professionista, verso quale repertorio e stile ti senti maggiormente incline?
Contemporaneo! Il repertorio di Mauro Bigonzetti è quello che mi sento più addosso.
A tuo avviso, quali sono oggi i maggiori problemi per una Compagnia di danza in Italia?
I finanziamenti in primis, e sicuramente la gestione errata della Compagnia. Non capita sempre, ma spesso chi prende le decisioni non conosce molto bene il mondo dei ballerini, non ne ha mai fatto parte e questo può creare malcontenti e situazioni non ottimali per i danzatori!
Tra tutti i maestri, non solo materiali, ma anche ideali a chi ti ispiri?
Non c’è un maestro in particolare a cui mi ispiro. La danza è molto personale, il primo maestro è senz’altro il nostro “io”. Dobbiamo imparare ad ascoltare il nostro corpo, a rispettarlo e a spingerlo sempre nella giusta direzione. I maestri possono darti una mano a riconoscere la strada, ma poi sei tu che devi percorrerla.
Per tua esperienza quali sono le maggiori difficoltà fisiche per un ballerino in sala danza?
Lo studio della tecnica sicuramente e anche la respirazione che ti permette di avere dei chiari/scuri mentre stai danzando. Quando sei giovane tendi a dare tutto sempre al 100% ma pian piano devi imparare a respirare ogni movimento per poter arrivare in fondo alla coreografia senza dover ‘arrancare’.
Ti ricordi la prima volta che sei salito in palcoscenico sia da allievo sia da professionista?
Sì ed entrambe sono state due emozioni immense.
C’è in particolare un ballerino/a della scena contemporanea con cui ti piacerebbe fare coppia in scena?
Ho danzato con delle ballerine e dei ballerini meravigliosi e sono contento cosi. Non importa se il tuo partner è famoso, quello che ogni volta spero è che si crei una magia unica tra i nostri due corpi.
Negli ultimi la danza ha avuto una tendenza atletica. I ballerini sembrano quasi dei ginnasti! A tuo avviso è un bene o un male?
Può essere un bene purché non si esageri!! Il troppo ‘stroppia’ dicono da me. Ma un po’ di cambiamento non fa mai male.
Quanto tempo dedichi alla cura del tuo corpo intesa come allenamento? Fai anche palestra?
Ogni tanto, ma non esagero perché non voglio un fisico da palestrato!! Oltre la lezione mattutina di un’ora e mezza, ogni volta che ho la possibilità faccio stretching e varie volte a settimana pratico anche pilates.
Rifaresti tutto nella tua carriera fino ad oggi?
Assolutamente sì.
Qualche anno fa sei stato invitato al Gran Galà della Danza… cosa rammenti di quella magica serata e del grande maestro Alberto Testa?
Ricordo tutto! Ricordo pure che gli applausi erano stati tantissimi. Ricordo Alberto Testa che ci guardava con gli occhi colmi di gioia, un po’ come fosse un nonno orgoglioso dei suoi nipoti. Lì capisci veramente quanto quest’uomo ha dedicato tutta la sua vita alla danza.
Qual è il più bel messaggio che la danza può trasmettere ai giovani?
La libertà di espressione, è uno sfogo benefico. Con la danza impari la disciplina e allo stesso tempo scarichi le tensioni e i malumori. Impari ad essere te stesso, fortifichi il tuo carattere. Impari ad essere un uomo già in giovanissima età.
Michele Olivieri
Foto di Alice Blangero
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