Hugo Marchand entra alla Scuola di ballo dell’Opéra di Parigi nel 2007. Nel 2011 viene assunto, a diciassette anni, nel Corpo di Ballo dell’Opéra di Parigi. Nel 2014 viene nominato “coryphée” e vince la medaglia di bronzo al prestigioso “Varna Competition”. Nel 2015 viene nominato “Sujet” e nello stesso anno vince il “Cercle Carpeaux Award”. Durante la rappresentazione de “La Sylphide”, il 3 marzo del 2017 a Tokyo, la direttrice del Corpo di Ballo parigino Aurélie Dupont nomina Hugo Marchand “Danseur Étoile” dell’Opéra. Il 30 maggio 2017 ha vinto in qualità di “miglior ballerino” il “Benois de la Danse” sul palcoscenico del Teatro Bolshoi di Mosca, premio assegnato per il ruolo di Romeo in “Romeo e Giulietta” con il Corpo di Ballo dell’Opéra di Parigi.
Gentile Hugo, quali sono i suoi ricordi più belli legati alla Scuola di Ballo dell’Opéra e al giorno del diploma?
La scuola di danza dell’Opéra è stata per me un momento difficile da trascorrere. Sicuramente è un luogo che offre l’opportunità per acquisire una formazione esemplare, anche se ho vissuto male l’aspetto dell’internato lontano da casa in un’atmosfera austera. Direi che i miei ricordi più belli sono probabilmente legati ai momenti di divertimento e spensieratezza con i compagni di corso diventati poi amici, la prima uscita in palcoscenico, le esibizioni e, naturalmente, il mio costante impegno nello studio. Ricordo di essere stato estremamente entusiasta grazie alla netta sensazione di poter realizzare parte del mio sogno entrando poi in Compagnia.
Com’è entrata la danza nella sua vita da bambino?
Inizialmente sono stato un ginnasta e anche se l’allenamento era prettamente sportivo ed atletico – con le parallele, la sbarra orizzontale ed il cavallo con le maniglie – mi è piaciuto molto. Poi un giorno, senza alcun motivo, ho voluto ballare. Credo che ogni persona abbia un dono da scoprire durante la sua vita. Come un seme che germoglia e dona un fiore. Il seme della danza è germogliato abbastanza presto in me e ho subito sentito il bisogno e la necessità di esprimermi tramite il corpo per far vibrare ed aumentare la consapevolezza. È del tutto inspiegabile ma certamente spirituale e infatti io la danza la vivo così: con spiritualità. Quando entro in scena tutto si trasforma per magia…
Qual è stata la prima volta che ha danzato in palcoscenico davanti ad un pubblico?
La prima volta che ho ballato in palcoscenico, ero studente al Conservatorio di Nantes, nella Francia occidentale ed è avvenuto in un piccolo Auditorium. Ricordo di aver danzato nelle “Quattro Stagioni” di Vivaldi… ho adorato esibirmi davanti ad un pubblico.
Cosa rende speciale il Corpo di Ballo dell’Opéra di Parigi, un’eccellenza nel mondo?
Il corpo di ballo dell’Opéra di Parigi non è solo una compagnia di danza ma è anche un’istituzione tricentenaria che dura nel tempo ed è in continua evoluzione. Per me l’Opéra è uno dei luoghi coreutici migliori al mondo. Lo stile francese è molto particolare. Lavoriamo con la stessa tecnica, come le altre compagnie, ma siamo costantemente alla ricerca di stili diversi per rendere la tecnica più naturale e maggiormente elegante. Il lavoro del piede è raffinato e le spalle sono ben accurate. Rudolf Nureyev essendo stato direttore del ballo dell’Opéra ha portato un coordinamento ed una musicalità del tutto speciale che credo abbia plasmato e continui a plasmare diverse generazioni di ballerini. Inoltre, ovviamente, abbiamo accesso ad un ricco ed eclettico repertorio contemporaneo. Sono molto fortunato a trovarmi nell’organico di una compagnia di così ampio respiro mondiale.
Un suo pensiero per l’attuale direttrice Aurélie Dupont, già splendida étoile?
Aurélie Dupont è direttore della Compagnia da poco tempo, ovviamente l’ho molto ammirata, nel passato, in palcoscenico durante la carriera. La sua tecnica e la sua bellezza mi hanno sempre notevolmente ispirato. È una grandissima artista… Sono ovviamente onorato di far parte delle sue étoile e spero di continuare a lavorare bene al suo fianco per portare sempre più in alto il livello dell’Opéra. Ho piena e totale fiducia in lei!
Nella sua giovane carriera di stella della danza, qual è il ruolo che più ha amato e perché?
Il ruolo che mi ha più affascinato è Des Grieux nell’Histoire de Manon. Questo è il mio primo vero ruolo da interprete e l’ho danzato inizialmente all’età di ventuno anni. Ho un ricordo indimenticabile. Ho ballato con Dorothée Gilbert. Amo questo ruolo, perché il personaggio è estremamente reale pur essendo ispirato fantasiosamente al romanzo di Abbé Prévost. In scena ti permette di vivere le emozioni del quotidiano selezionandole tra amore, gelosia, odio, tradimento… Inoltre, la musica di Massenet è particolarmente intensa. Ricordo durante questa performance di essermi sempre completamente abbandonato, dimenticandomi di ogni altra cosa. Tornare alla realtà, dopo aver interpretato per tre ore Des Grieux, è stata un’emozione violenta.
E il coreografo?
Direi che il mio incontro con William Forsythe per “Blake Works I” è stato un momento chiave nella mia giovane carriera. Ho capito quanto quest’uomo sia un genio visionario. Il processo creativo, tramite un paio di settimane di workshop, è stato idilliaco e il tutto è risultato perfettamente naturale, anche se quest’assolo fu assai impegnativo e faticoso, richiedendo in me velocità ed un coordinamento del tutto particolare. Mi ha appagato artisticamente perché ogni sera la rappresentazione in scena, con le sue sfumature e le energie, appariva sempre diversa. Credo di essere stato estremamente fortunato a partecipare ad un’esperienza di così alto livello coreografico ed umano.
Che esperienza è stata a “Varna Competition”?
Il premio a Varna è stato un’accelerazione della mia carriera. Volevo presentarmi a questo premio per trovare altri stimoli oltre agli studi dell’Opéra. I primi due anni sono stati alquanto difficili perché non ho mai messo piede in scena. Desideravo mettermi alla prova con questo prestigioso concorso, alla presenza di un numero elevato di partecipanti, ognuno con il proprio assolo. È stata davvero un’esperienza artistica e personale molto intensa. Conservo splendidi ricordi anche perché ne sono uscito enormemente fortificato e pronto ad affrontare il concorso per l’ingresso nella compagnia dell’Opéra.
Il momento della nomina a “Danseur Étoile” cosa ha rappresentato per lei e quali emozioni ha vissuto nel riceverla?
Al momento della mia nomina ad étoile, ero così commosso da apparire anestetizzato. Mi ricordo che la mia partner in scena Amandine Albisson mi disse: “Goditi questo momento, Hugo, perché accade solo una volta nella carriera”, ma io ero completamente assente. Ho lentamente iniziato, in un secondo tempo, a comprendere il vero significato della promozione ad étoile. Sono ovviamente molto felice ed emozionato nell’aver raggiunto tale obiettivo, anche se lo vivo come l’inizio di una nuova fase artistica, piuttosto che il completamento della mia carriera. Questa nomina è arrivata molto presto. Mi prenderò tutto il tempo necessario, quest’estate in vacanza, per realizzare di aver raggiunto questo prestigioso obiettivo, perché attualmente sono molto impegnato in scena. Per me essere étoile, equivale ad essere “ambasciatore della danza francese”, un ambasciatore della cultura francese all’estero. Tutto ciò offre parecchie libertà, ma anche un sacco di responsabilità e doveri nei confronti della compagnia e del pubblico!
Recentemente ha vinto il “Benois de la Danse” al Bolshoi. Chi vuole ringraziare in particolare per aver raggiunto in pochi anni tanti traguardi così importanti con una tecnica impeccabile?
Per il Benois, voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno aiutato a crescere umanamente, artisticamente e tecnicamente. Ovviamente, penso inizialmente ai miei genitori che mi sono sempre accanto e mi sostengono in qualsiasi momento. Poi ai miei amici e familiari che anche nei momenti difficili mi hanno aiutato. I miei maestri hanno naturalmente svolto un ruolo fondamentale nella mia crescita, in particolare penso ad Eric Camillo, Stéphanie Romberg, Claude De Vulpian… e nutro un pensiero speciale per Clotilde Vayer che mi rasserena ogni giorno con il suo sguardo gentile. Sono immensamente grato a lei!
La passione per la danza è sempre la stessa o nel tempo cambia?
La passione sta crescendo di giorno in giorno e prende una forma diversa con l’esperienza. Ho avuto la tendenza, in un primo tempo, a concentrarmi solo sul mio lavoro e sulla tecnica senza lasciare spazio a niente che non fosse danza, ma ora tendo ad aprirmi cercando l’ispirazione anche altrove, nelle conversazioni con le persone che amo, visitando musei, mostre, ammirando dipinti e ascoltando concerti…
In conclusione, qual è il pensiero più nobile per descrivere l’arte del balletto?
“È tempo di vivere la vita che tu hai immaginato” (Henry James).
Michele Olivieri
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Foto © Julien Benhamou / Opera National de Paris / AFP