Nel cuore sfarzoso della Reggia di Versailles, quando i rintocchi del clavicembalo sfioravano l’aria come dita leggere su una superficie d’acqua, Maria Antonietta danzava. La madre, Maria Teresa d’Austria, garantì alla giovane arciduchessa una formazione completa. Tra maestri di musica, di etichetta e di francese, Maria Antonietta apprese anche le basidella danza di corte, esercizio indispensabile per brillare sotto i candelabri del potere europeo. Maria Antonietta non era solo la regina, né soltanto la figura controversa di intrighi politici: in quei momenti, era una ragazza viennese che non aveva mai smesso di cercare uno spazio di libertà. La danza era il suo rifugio. Fin da bambina, alla corte degli Asburgo, aveva imparato i passi del minuetto e della gavotta, ma fu a Versailles che trasformò il rituale in qualcosa di più. Nella dorata residenza reale alle porte di Parigi, la danza era più di un passatempo: era una forma codificata di politica. Il ballo di corte, erede del balletto rinascimentale francese, serviva a stabilire gerarchie, a mostrare favori e ad affermare identità. Lontana dagli occhi rigidi dei ministri e dalla lingua tagliente dei cortigiani, Maria Antonietta trovava nella danza un linguaggio senza parole, dove nessuno poteva interromperla, correggerla o giudicarla. ...
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