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Storia e Cultura

Il Museo della Danza a Cuba: un tempio del movimento

Nel cuore pulsante dell’Avana, nel quartiere Vedado, si erge un luogo dove la storia non è fatta di silenzio e polvere, ma di passi, costumi e passioni: il Museo della Danza di Cuba. Non è un semplice contenitore di oggetti, ma un archivio vivo della memoria artistica di un Paese che ha fatto del corpo in movimento un emblema identitario. Fondato nel 1998 per volere di Alicia Alonso, étoile e leggenda del balletto mondiale, il museo nasce con un intento chiaro: conservare, proteggere e raccontare l’evoluzione della danza cubana, dalle sue radici coloniali fino alle più audaci espressioni contemporanee. L’edificio stesso è una dichiarazione d’intenti: un’elegante villa in stile eclettico degli anni Venti, che accoglie il visitatore in un’atmosfera sospesa tra storia e poesia. Varcare la soglia significa entrare in un palcoscenico invisibile, dove ogni sala è una scena. Il percorso espositivo si snoda in diverse sale tematiche, ognuna dedicata a un periodo, a uno stile o a una figura chiave della danza cubana. Si comincia con la Sala del XIX secolo, dove sono esposti abiti, litografie e documenti d’epoca che testimoniano l’influenza europea sulla danza a Cuba, per poi passare al periodo romantico e all’irrompere della tradizione russa con ...

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Carlotta Zambelli: l’Étoile italiana che incantò Parigi

Nel firmamento della danza classica, poche stelle brillano con la grazia e la longevità di Carlotta Zambelli, ballerina italiana che, tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, conquistò i teatri più prestigiosi d’Europa e lasciò un’impronta indelebile nell’evoluzione del balletto moderno. Carlotta Zambelli nacque a Milano il 4 novembre 1875, si formò alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala. Fu presto notata per le sue qualità tecniche eccezionali: un’eleganza naturale, un perfetto controllo del corpo e una sensibilità interpretativa fuori dal comune. La svolta avvenne nel 1894, quando venne invitata a danzare a Parigi. Da quel momento, la capitale francese sarebbe diventata la sua seconda casa e il luogo dove avrebbe raggiunto la consacrazione artistica. Nel 1894, Carlotta Zambelli debuttò all’Opéra Garnier di Parigi in un ruolo solitamente riservato alle grandi étoile francesi. La sua interpretazione, sostenuta da una tecnica impeccabile e da un’eleganza naturale, incantò il pubblico parigino, ancora abituato a una danza più accademica e meno virtuosistica rispetto a quella italiana. Zambelli si distinse per la sua straordinaria capacità di unire la forza tecnica italiana – in particolare nei virtuosismi come i fouettés – alla raffinatezza espressiva della scuola francese. Fu la prima ballerina ...

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Léon Bakst e la rivoluzione del costume per i Balletti Russi

All’inizio del XX secolo, il mondo del teatro e della danza fu travolto da una nuova visione estetica che fuse l’arte, il mito e l’oriente in un unico spettacolo sensoriale. Al centro di questa rivoluzione c’era Léon Bakst, pittore, scenografo e costumista russo, la cui immaginazione visiva contribuì in modo decisivo al successo e all’impatto dei leggendari Balletti Russi di Sergej Djagilev. Bakst non creava semplici abiti di scena: i suoi costumi erano estensioni del mondo emotivo e simbolico dei personaggi, vere e proprie opere d’arte indossabili. Contrariamente al realismo teatrale del XIX secolo, i suoi disegni abbandonavano ogni velleità naturalistica per abbracciare il fantastico, l’esotico e l’onirico. Le sue creazioni erano caratterizzate da: Colori accesi e saturi, spesso accostati in maniera ardita. Linee fluide o geometriche, a seconda del contesto narrativo.Materiali preziosi come sete, broccati, ricami dorati e perle. Influenze orientali, greche, persiane e indiane, rilette attraverso la lente dell’Art Nouveau. Il risultato era un mondo scenico dove i costumi non seguivano la danza: la ispiravano. Il costume dorato del celebre danzatore Vaslav Nijinsky, nei panni dello Schiavo d’Oro, rimane uno degli esempi più iconici della storia del costume teatrale. I costumi di Bakst non rimasero confinati al palcoscenico. ...

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Ala e Lolli: il balletto incompiuto tra Prokof’ev e Diaghilev

All’inizio del Novecento, quando le avanguardie scuotevano le fondamenta dell’arte, anche la musica cominciava a parlare con voci nuove, primordiali, selvagge. In questo spirito nasce Ala e Lolli, un balletto che non vide mai la luce del palcoscenico, ma che lasciò una scia potente nel mondo sinfonico. Il soggetto di Ala e Lolli, scritto dal poeta Sergej Gorodeckij, ci porta in un tempo arcaico, dove gli Sciti adorano due divinità opposte: Veless, dio del Sole, e Ala, spirito femminile delle foreste. Ma l’equilibrio viene infranto: il mago oscuro Ciuibog, incarnazione delle forze notturne, rapisce Ala. Il giovane gigante Lolli, figlio della terra e protettore innocente, si lancia alla sua salvezza. La battaglia tra ombra e luce è feroce, fino a che Veless, incarnando l’aurora, scende sulla terra per sconfiggere l’oscurità con il fuoco solare. Nel 1914, Sergej Prokof’ev, giovanissimo ma già audace, accoglie la proposta del celebre impresario Sergej Diaghilev: comporre la musica per questo balletto mitologico. Ma qualcosa non convince. Diaghilev – che aveva portato al trionfo Stravinskij con Le Sacre du printemps – giudica le bozze di Prokof’ev troppo grezze, poco “russe”, e alla fine respinge il progetto. Prokof’ev, deluso ma non sconfitto, non abbandona però del tutto ...

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Tersicore: la Musa della Danza e l’armonia del movimento

Nel pantheon delle Muse della mitologia greca, ciascuna divinità incarna un aspetto dell’arte o della scienza, ma poche evocano un’immagine tanto dinamica e viva quanto Tersicore, la musa della danza e del canto corale. Nell’iconografia classica, Tersicore è spesso rappresentata come una giovane donna aggraziata, con una lira o una cetra in mano — simboli che rimandano al legame tra danza, musica e poesia — mentre si muove in una posa sinuosa, quasi colta nell’atto di un passo armonioso. Non si tratta soltanto di danza intesa come divertimento o esibizione, ma della danza come atto sacro, come ponte tra il corpo e lo spirito, tra il terreno e il divino. Il legame tra danza e parola si riflette ancora oggi in molte tradizioni performative: dal balletto classico, che narra storie attraverso il gesto, fino alla danza contemporanea, che esplora i limiti del linguaggio corporeo. In ognuna di esse si può sentire l’eco di Tersicore, musa silenziosa ma onnipresente che oggi ci ricorda l’importanza di rallentare, ascoltare il ritmo interno, e lasciare che il corpo parli. In ogni coreografia che tocca il cuore, in ogni passo che racconta una storia, Tersicore si manifesta silenziosa ma viva. Perché danzare, in fondo, è ...

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Audrey Hepburn: il Mito nato dalla Danza

Il mondo la ricorda come icona di stile, volto indimenticabile del cinema del dopoguerra, simbolo di eleganza sobria e bellezza non convenzionale. Ma prima di Colazione da Tiffany, prima delle copertine e degli abiti Givenchy, Audrey Hepburn era una ragazza che sognava un futuro sulle punte. La danza classica fu la sua prima vocazione, la sua disciplina fondante, e forse il segreto nascosto dietro la grazia che l’ha resa eterna. Nata nel 1929 a Bruxelles da madre olandese e padre britannico, Audrey Kathleen Ruston visse la sua adolescenza sotto l’occupazione nazista nei Paesi Bassi. Fu in quel contesto tragico che si accese la sua passione per la danza. Studiò a Arnhem sotto la guida di Winja Marova e, durante gli anni più duri della guerra, partecipò a spettacoli clandestini per raccogliere fondi per la Resistenza. La danza, in quegli anni, fu per lei una forma di resistenza e salvezza, una pratica quotidiana che univa corpo e speranza. In quell’esperienza, Audrey imparò qualcosa che non avrebbe mai dimenticato: l’arte non è un lusso, ma un bisogno umano essenziale. Finita la guerra, Audrey si trasferì a Londra per studiare danza classica alla Rambert Ballet School, una delle più prestigiose accademie britanniche. Era ...

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Pierina Legnani, la regina leggendaria del passo perfetto

Nel panorama della danza classica, pochi nomi risplendono con la stessa intensità di Pierina Legnani. Fu una star internazionale. Considerata una delle ballerine più straordinarie del suo tempo, Legnani ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo del balletto per la sua tecnica impeccabile e per aver spinto i confini dell’arte a livelli fino ad allora impensabili. Nata a Milano il 30 settembre 1863, si formò alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala, allora diretta da Caterina Beretta. Fu proprio alla Scala che Legnani affinò la tecnica combinando la severità dello stile italiano con la leggerezza e il virtuosismo che anticipavano le tendenze del balletto russo. Pierina Legnani è universalmente riconosciuta per essere stata la prima ballerina ad eseguire 32 fouettés en tournant consecutivi sul palco nella produzione russa di Cenerentola al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo. Questo momento rivoluzionario fu accolto con stupore e immediata consacrazione. I 32 fouettés furono successivamente incorporati ne Lago dei Cigni diventando uno degli standard di virtuosismo per ogni Odile che si rispetti. In Russia, Pierina Legnani divenne “prima ballerina assoluta”, un titolo raramente conferito. Collaborò con Marius Petipa partecipando alla creazione di ruoli fondamentali in balletti come Raymonda, Le Corsaire e La Camargo. La ...

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Le eteree ballerine romantiche dell’800: Carolina Rosati

Carolina Rosati (Bologna, 13 dicembre 1826 – Cannes, 1905) è stata una danzatrice celebrata come interprete del Balletto Romantico. Il suo nome da nubile era Carolina Galletti, ma divenne celebre assumendo il cognome del marito Francesco Rosati che fu un ottimo ballerino con il quale spesso si esibì in coppia. Suo nipote Ferdinando Pratesi, figlio della sorella Gaetana Galletti, fu anch’egli un noto ballerino e coreografo. Carolina si era formata alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano sotto la guida del Maestro Carlo Blasis e debuttò all’età di sette anni. Nel 1841 fu scritturata come prima ballerina al Teatro di Apollo di Roma, esibendosi inoltre a Trieste e a Parma nel 1843 e danzando con il marito alla Scala nel 1846. Venne definita ballerina terre à terre, termine accademico molto in voga a quel tempo che stava a significare un modo di danzare in antitesi all’élévation. La Rosati era particolarmente portata all’espressività e alla capacità interpretativa piuttosto che al virtuosismo dei salti. Nei trattati di balletto classico il termine terre à terre indica quei passi in cui i piedi sfiorano il pavimento senza staccarsene mai, al contrario dei passi nell’elevazione. Vittoria Ottolenghi scrisse che fu Carlo Blasis ...

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Nel gesto la storia: il flamenco come danza dell’identità

Il flamenco è una forma d’arte complessa nata in Andalusia tra XVIII e XIX secolo, frutto dell’incontro tra culture gitane, andaluse, arabe, sefardite e orientali. Non si tratta solo di musica o danza, ma di un linguaggio identitario profondamente radicato nella storia di emarginazione e resistenza di molte comunità, in particolare quella gitana. Si compone di tre elementi principali: canto, chitarra e danza. Il canto esprime emozioni profonde, spesso legate alla sofferenza; la chitarra interagisce in modo attivo con il cantante e il ballerino; la danza, fisica e ritmica, trasforma la musica in gesto espressivo. Il flamenco è inoltre fortemente improvvisativo, mantenendo un legame vivo con la tradizione orale e performativa mediterranea. Durante il regime franchista, il flamenco fu strumentalizzato come simbolo folclorico nazionale, ma mantenne una funzione critica e identitaria per molti artisti. Anche oggi, pur essendo riconosciuto come patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO, il flamenco si confronta con i rischi e le opportunità della globalizzazione: la contaminazione con altri generi ne rinnova il linguaggio, ma pone interrogativi sull’autenticità e la conservazione della tradizione. In conclusione, il flamenco è una forma artistica viva, capace di raccontare dolore e bellezza, oppressione e resistenza, diventando oggi un simbolo universale di memoria culturale ...

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Cleopatra e la Danza: fascino, potere, politica e seduzione

Quando si parla di Cleopatra, l’ultima regina d’Egitto, la mente corre subito ad immagini di potere, bellezza, diplomazia e tragedia. Tuttavia, un aspetto meno esplorato ma profondamente affascinante della sua figura è il rapporto con l’arte della danza — non soltanto come forma di intrattenimento, ma come strumento politico. Cleopatra usava la danza (tramite altri) come strumento simbolico per affermare il proprio dominio, fascino e controllo. Nell’Antico Egitto, la danza aveva un valore sacro e sociale: veniva praticata durante cerimonie religiose, rituali funebri, feste di corte e celebrazioni pubbliche. Le danzatrici, spesso sacerdotesse o artiste, usavano il movimento per comunicare con il divino, evocare emozioni o onorare i faraoni. La danza era anche associata alla dea Hathor, simbolo di amore, bellezza, musica e maternità — un’icona con cui Cleopatra amava identificarsi. Le cronache storiche ci raccontano di come Cleopatra orchestrasse incontri teatrali e spettacolari con i suoi amanti e alleati politici. È lecito immaginare che in questi scenari la danza fosse parte della sua messa in scena regale. Non è documentato che Cleopatra danzasse personalmente, ma come donna colta e raffinata, sicuramente conosceva il potere comunicativo del corpo in movimento. L’episodio più celebre — l’incontro con Marco Antonio a Tarso ...

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