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Cristina Scimè: “il Tango è stata la mia salvezza”

Cristina Scimè: “il Tango è stata la mia salvezza”

Laureata in Business Communication, Cristina Scimè appende le scarpette di danzatrice classica per innamorarsi del tango. Da 10 anni vive e insegna a Milano ed è vicepresidente dell’associazione “Tangodoble Milano”, una delle prime realtà milanesi per l’insegnamento del Tango. Si è esibita in festival mondiali sia in Italia sia in Ungheria, in Germania, in Marocco, in Afghanistan e in Uzbekistan. Viaggia spesso per lunghi periodi alla volta di Buenos Aires dove si è perfezionata.

 

Come inizia questo tuo lungo percorso di ballerina?

Già dall’età di 4 anni intrattenevo parenti e vicini con i miei assoli; ho iniziato con la danza classica più tardi, a 9 anni, e ho continuato per 10 anni. Sognavo di diventare étoile all’Opera e di viaggiare molto. Purtroppo la mia famiglia non ha mai preso troppo sul serio i miei sogni, probabilmente anche perché a scuola avevo ottimi voti. Dopo essere stata rifiutata alla Scala di Milano, ho letteralmente appeso le punte al chiodo e non ho voluto più saperne, come quando un grande amore finisce. Fino a che per caso, in un momento buio di molti anni dopo, non mi sono imbattuta nel tango.

Cosa rappresenta per te il Tango?

Il tango per me è stato Amore. Quando ho iniziato a ballare il tango, non è stato colpo di fulmine, ma dopo pochi mesi mi aveva già posseduta: studiavo contemporaneamente entrambi i ruoli. Mi sono innamorata, ricambiata, del mio primo maestro, e con lui è stato Amore, con la A grande. Il Tango è stato addirittura la mia salvezza. Dopo la laura magistrale in Business Communication, ho iniziato a lavorare come account in una grossa agenzia di pubblicità, e amavo molto anche il mio lavoro in agenzia, ma dopo pochi anni sono andata in crush: odiavo i ritmi disumani ed eticamente non condividevo più lo scopo pubblicitario. Quando mi sono licenziata, il Tango è diventata la mia seconda possibilità: ho lasciato la scrivania e sono diventata la ballerina, sempre con la valigia pronta, che sognavo da piccina.

Com’è fare Tango oggi?

Al momento il tango italiano sta vivendo un periodo grigio. Da una parte diminuiscono le persone che vi si avvicinano; un po’ forse perché i nostri spettacoli di tango escenario sono belli in modo spaventoso; un po’ perché sono tornate di moda danze che danno un risultato più immediato o che si ballano su una musica più orecchiabile. Purtroppo il Tango non fa sconti e se prima molti provavano e dopo soli tre mesi smettevano, adesso vengono catturati dal Lindy Hop o dalla Kizomba. Dall’altra parte, c’è il fenomeno delle maratone: eventi a numero chiuso, in varie città d’Europa, frequentati da quelli che si ritengono bravi ballerini e che vogliono ballare solo con loro pari. A mio parere, questo modo di ballare non rispetta l’essenza sociale di questa danza, e la sta impoverendo gravemente.

Il Tango è tra le danze più sensuali, che ne pensi?

É vero, ma non più in un senso meramente legato al sesso, oggi che il sesso è un tema così sdoganato, certamente più di 100 anni fa, quando il tango nacque. Il tango è una danza di coppia in cui il coinvolgimento viene amplificato dall’abbraccio e dalla vicinanza dei corpi, ma prima di diventare sentimentale e/o sessuale, è squisitamente sensuale. Nel senso che allerta i sensi: come in una forma di meditazione dinamica, per ballare bene il tango bisogna essere presenti a se stessi, consapevoli del proprio corpo, in ascolto dell’altro, connessi alla musica.

Come trasmetti questo stile di danza e di vita?

Domanda interessante. Il tango è la metafora del perfetto rapporto di coppia. Per questo, al di là dell’aspetto coreografico, mi piace insegnare che nel tango, come nella vita, il rapporto fra lui e lei funziona se ciascuno conosce il proprio ruolo e lo “onora”: lui propone, affinché lei spicchi in tutta la sua femminilità; lei si fida e danza la Bellezza, di cui è espressione altissima. In particolare, alle mie ragazze insegno che noi siamo il 50% della coppia, né più né meno: innanzitutto, siamo noi che scegliamo il ballerino; poi, il suo tango non inizierebbe nemmeno senza la nostra disponibilità, e sarebbe molto povero se noi non fossimo dotate di intuito femminile; infine, ci sono situazioni in cui lui ha assoluto bisogno di tutto il nostro aiuto, ed è lì che la femminilità si esprime, non in decine di adornos. Quelli sono i fiori sul davanzale, noi siamo le colonne del tango.

Cosa si prova a danzare Tango a livello di spettacolo?

Esibirsi a una festa privata, quindi di fronte a un pubblico di profani, o in teatro durante un festival Internazionale, mi emoziona sempre molto: ho represso talmente a lungo il mio desiderio di ballare, che qualsiasi occasione per farlo mi rende felice profondamente, e grata. Certo, ci sono momenti che ricordo in modo più vivido, sono quelli in cui ero molto lontana dalla mia comfort zone: esibirmi alla Confiteria Ideal di Buenos Aires, fare lezione a Kabul, o essere chiamata a esprimere un giudizio su ballerini bravissimi a Bogotà.

Non tutti i partner sono uguali, in questo senso cosa puoi dirmi?

Certo, come non tutti gli uomini sono uguali. Io non amo ballare e/o lavorare con chi non rispetta la mia concezione anti-machista del tango o con chi prende il tango troppo sul serio. Con il mio attuale ballerino condivido il gusto di ballare improvvisando, sento di essere valorizzata nei miei punti di forza, e di essere necessaria perché lui possa mostrare i suoi; e mi posso permettere di ballare una milonga sopra un pezzo dei Queen, con sommo gusto.

L’Italia può essere considerata anche la patria del Tango?

No. Purtroppo e per fortuna, il tango ha il suo quartier generale dove è nato, anche se oggi è cosmopolita, quindi è davvero patrimonio dell’umanità: di tutti e di nessuno. In Italia il livello è molto buono, ma a mio parere il luogo dove si balla meglio nel mondo è sempre Buenos Aires, e in Europa senza dubbio Istanbul.

Progetti futuri?

Amo insegnare, sono maestrina dentro e fuori; e adoro esibirmi in milonga, su improvvisazione: scegliere i brani da ballare un attimo prima di entrare ed esibirmi a un metro da chi mi guarda. Ma nel futuro prossimo vorrei calcare di più il palco dei teatri, e vorrei provare l’esperienza della tournée con una compagnia.

Cosa sogna Cristina?

Non è più nel cassetto il mio sogno, è un abito che indosso tutti i giorni: sono una ballerina, e vivo della mia arte.

                                                                                   Massimiliano Raso

                                                                       www.giornaledelladanza.com

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