Il titolo incanta ancora oggi ed è uno dei più grandi classici mai rappresentati, definito a più riprese “il balletto perfetto”.
L’interessante versione contemporanea di Cornelia Dance Company offre una prospettiva nuova e fresca sulla storia, esplorando temi come l’identità di genere. Già in passato abbiamo assistito ad alcuni esempi di produzioni di “Giselle” in chiave moderna, ricordiamo quella di Michel Hallet Eghayan (1982) la quale ha dimostrato che nella danza, più che in ogni altra disciplina, l’attimo non finisce mai; oppure la creazione di Akram Khan (2016) che ha combinato danza classica e contemporanea, con un ballerino maschio nel ruolo principale; oppure quella firmata a quattro mani da Itamar Serussi e Chris Haring dove i ruoli erano interscambiabili, indipendentemente dal sesso, e ogni danzatore ne diventava l’essenza (2016).
L’arrangiamento a cura di Cornelia concede una ulteriore angolatura sulla narrazione, scandagliando sentimenti e relazioni in modo innovativo. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia dalla creazione di Jean Coralli e Jules Perrot nel 1841, eppure il suo fascino rimane inalterato. Nel grande repertorio accademico ogni balletto comincia con una storia d’amore, ma quella tra Giselle e Albrecht, è una tra le più incisive. Eseguita per la prima volta dal “Ballet du Théâtre de Musique” alla Salle Le Peletier di Parigi racconta la ben nota e tragica avventura della delicata contadina che muore di crepacuore dopo aver scoperto che il suo fidanzato Albrecht è promesso sposo a Bathilde.
Eseguito con impulsi affettivi da Mimmina Ciccarelli, Nicolas Grimaldi Capitello, Leopoldo Guadagno, Eleonora Greco, Raffaele Guarino, Francesco Russo, Sara Ofelia Sonderegger, Matilde Valente per mezzo del supporto fondamentale della partitura scritta appositamente da Luca Canciello, la performance vista al Teatro Carcano di Milano è risultata esemplificativa a partire dal concetto di evoluzione della danza, e lo è stata sia tecnicamente che emotivamente.
La Compagnia fondata nel 2019 a Napoli da Nyko Piscopo, Nicolas Grimaldi Capitello, Eleonora Greco, Leopoldo Guadagno e Francesco Russo sviluppa la produzione su un tessuto annodato tra tradizione ed innovazione con l’obiettivo di porre in discussione i codici coreutici e creare uno spazio di ricerca sul movimento, accrescendo l’attenzione sull’inclusività del corpo danzante in ogni sua forma ed estetica. E tutto ciò è risultato tangibile in Gisellə grazie ad una precisione fisica di sorprendente qualità, accompagnata da interiorizzazioni rievocative nell’arte del giovane ensemble di danzatori.
Il coreografo Nyko Piscopo scruta il tema eterno dell’amore con un attento sguardo al futuro, supportato da scenografie minimaliste eccezionalmente evocative (a cura di Paola Castrignanò). Il cast utilizza sia il talento musicale sia l’attitudine creativa degli abiti per ottenere effetti teatrali completi. I costumi firmati da Daria D’Ambrosio appaiono abbaglianti nella loro candida coloritura e nel loro taglio ardimentoso, la musica lunare è capace di puntellare i differenti stati d’animo, ma molto di tutto ciò diventa secondario rispetto all’abilità fisica dei ballerini stessi. Le trovate registiche non sono mai banali né scontate, anzi rivelano uno studio, una approfondita analisi e sicuramente una fervida fantasia. Con la speranza che il lettore possa assistere in teatro allo spettacolo si omette qualsiasi anticipazione per non rovinare la sorpresa…
L’assolo che abitualmente chiude la fine del primo atto (in questa versione il balletto è in un tempo unico di sessanta minuti) quando Gisellə si rende conto che Albrecht è già fidanzato, è inedito e riuscito. Il prosieguo ambientato nella foresta, si svolge attorno alle Willi, gli spiriti delle ragazze fidanzate che sono morte prima del giorno delle nozze. Le Willi tentano di attirare lo spirito di Gisellə tra le loro fila, mentre maledicono Albrecht a ballare fino allo sfinimento.
Il talento della compagnia è stato in grado di risplendere, a parte una iniziale lentezza (che si è risolta ben presto) e l’uso delle videoproiezioni che in questo contesto vogliono essere una critica contro l’imperante mezzo televisivo ma che purtroppo sono sempre più invadenti nelle attuali produzioni ballettistiche.
L’efficacia di Cornelia la si ritrova anche nella sensualità che affiora con sensibilità dagli interpreti, nell’attualizzazione dell’ormai atavica questione sulla classe sociale, e nel carattere trasgressivo di Gisellə.
Caposaldo della danza mondiale, è uno dei più antichi balletti del repertorio e come già ricordato è stato rinnovato senza sosta. Anche in una revisione drastica come quella di Piscopo, la trama riesce a preservare la sua idea affrontando i canonici temi della solitudine, della disperazione, della perdita, aggiungendo ad essi la consapevolezza della propria identità. In qualunque modo lo si racconti, Gisellə pone molti interrogativi e spunti di riflessione, rivelando priorità tipiche dei tempi nostri, a partire da una nozione più libera e sfumata.
Altri esempi di versioni moderne di Giselle ci riportano a quella di Mats Ek (1982) minimalista e intensa, oppure a quella potente della compianta Dada Masilo (2017) con un’ambientazione africana, ricordando anche la rilettura di Olivia Granville che ha proposto un’interrogazione sul tema della dualità femminile di Giselle, non più esattamente donna ma non ancora Willi (2011). Degne di nota le rielaborazioni firmate da David Campos che ha narrato la vicenda delle “Mujeres de Agua” (le donne d’acqua) che sono simili nei comportamenti alle Willi (2012); quella di Mónica García Vicente in un esperimento coreografico alla ricerca dell’autentica donna nel balletto romantico e contemporaneo (2023) e quella di Korsia coreografata da Mattia Russo e Antonio de Rosa ad indicare l’amore puro che resiste nonostante tutto e tutti.
Lo stile contemporaneo di Cornelia Dance Company si basa su flessibilità e versatilità ad ampio spettro di prova per affermare che la danza contemporanea è un glossario in perenne evoluzione. D’altronde la storia tersicorea è un viaggio affascinante nel tempo e nelle culture. Ha origini remote ed è progredita nel corso dei secoli, influenzata da fattori come religione, cultura, società e tecnologia.
Nella preistoria e nell’antichità la danza era una forma di espressione rituale e cerimoniale. Nel Medioevo era una forma di intrattenimento. Nel Rinascimento e nel Barocco ha trovato spazio in Italia e Francia con la creazione del balletto ad appannaggio delle corti. Nel Romanticismo e nell’Ottocento si è focalizzata sull’espressività e sulla tecnica. Nel Novecento si è diversificata con l’avvento della disciplina moderna e contemporanea. La storia della danza è ricca e variegata, e continua ad evolversi con nuove forme e stili. Ed oggi con la nuova versione prodotta da Cornelia la conferma è arrivata più vivida che mai.
L’imperdibile spettacolo di Nyko Piscopo – dove la ricerca del gesto appare lodevole – è ricco di simbologie come l’uso del bianco che rimanda lo spettatore ad altre tradizioni, in cui questo non-colore è associato alle ossa e al pallore dei cadaveri, ma non solo. Raffigura inoltre in alcune religioni un omaggio al defunto. È il “colore di supporto” ad un’esistenza futura che continua oltre la morte, una metafora della purificazione dell’anima prima della reincarnazione, una rinascita spirituale dove la transizione si appresta ad una inedita fase. E Gisellə tutto ciò lo racchiude!
Altro elemento suggestivo e simbolico è l’uso di grandi ventagli in legno che a secondo dell’occorrenza diventano case, alberi, croci, vestiboli, sarcofagi e quant’altro. Il ventaglio come elemento scenico dominante acquista un suo valore all’interno della storia perché rappresenta la dignità reale e al contempo il sacrificio rituale poiché con esso si attizzava il fuoco sacro per cercare di allontanare gli spiriti. Inoltre il ventaglio gode di un singolare linguaggio per comunicare un messaggio d’amore, un diniego o semplicemente un gioco atto a stuzzicare e ad illudere. E nuovamente Gisellə tutto ciò lo racchiude!
Non manca anche la simbologia della veglia, con rimandi al Sud Italia e alle antiche credenze popolari dove amici e parenti discorrevano ad alta voce parlando della dipartita mentre s’intervallavano invocazioni, pianti, sospiri e grida, ed un continuo andirivieni di persone che piangendo e gridando, esaltavano le virtù del defunto. E Nyko Piscopo nella sua mise en place lo circostanzia con invenzione.
Ben tangibile e udibile il respiro… che è l’essenza stessa della vita, compagno di quotidianità, di vita e di morte. È l’elemento comune a tutti gli esseri umani dall’inizio alla fine dell’esistenza. Ha un significato profondo nel rispecchiare gli elementi delle varie personalità, calandosi dentro sé stesse, scandagliando la coscienza. Insieme allo sguardo è l’iniziatore della reciprocità con gli altri. E Nyko Piscopo lo afferma nei confronti di Gisellə.
Come non può mancare un altro rimando simbolico (e metaforicamente sfilacciato) alla fluidità di quella stoffa morbida e leggerissima che è il tulle per riportare lo spettatore al romanticismo tipico della creazione originale, rievocando in sé tutti gli elementi stilistici del balletto classico e al contempo le sue contraddizioni.
Gisellə/Leopoldo Guadagno è perfetto, enigmatico, affascinante e carismatico sostenuto da forza fisica e limpida tecnica; Albrecht/Nicolas Grimaldi Capitello fa suo il ruolo in una versione avanguardista, proponendo una riuscita metabolizzazione sul soggetto e sulla sua estetica ai giorni nostri.
Per concludere taluni si saranno domandanti il perché della “lettera” di chiusura del titolo scelto da “Cornelia”: si chiama “schwa” ed è una ragionevole e recente introduzione sulle questioni di genere e di inclusività/integrità nella lingua italiana per liberare la creatività senza alcun limite di identità… perché come affermava Picasso “Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, prendi l’occasione per comprendere.”
Michele Olivieri
Foto di Serena Nicoletti
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