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I ballerini classici sono più “pop”: intervista a Oliviero Bifulco

Oliviero Bifulco

Oliviero Bifulco nasce a Pavia e all’età di sei anni comincia a studiare danza classica nella scuola “Città di Pavia” diretta da Daniela Ferri. All’età di dieci anni prosegue gli studi presso la scuola “Academy” diretta da Marilina Piemontese. Nel 2007, riceve il primo premio al concorso “Expression” a Firenze, con giurati del calibro di Giuseppe Carbone e Frédéric Olivieri. Riceve il premio al talento nel concorso “Dance on Stage” a Milano, e il primo premio al concorso “Opus Ballet” a Firenze. Nello stesso anno fa il suo ingresso alla Scuola di ballo Accademia Teatro alla Scala di Milano diretta dal M° Frédéric Olivieri. Durante gli anni di formazione scaligera, lavora con insegnanti internazionali di altissimo livello, tra cui Cinthya Harvey, Patrick Armand, Rinat Imaev, Patricia Neary, e si forma con metodo francese, russo e americano. Nel 2009 viene scelto da Kim Brandsturp, coreografo del “Royal Ballet” di Londra, per danzare nella produzione del Teatro alla Scala di “Morte a Venezia”. Con la Scala parteciperà a numerose produzioni, tra cui “Raymonda” e “Aida”. Nel 2011 viene selezionato per danzare in Spagna, a Madrid, con altri tre ballerini la creazione di Angelin Preljocaj “Larmes Blaches” dall’assistente Silvya Bidegain del coreografo stesso. Nel Gala del duecentenario della Scuola di ballo della Scala, esegue un assolo di José Limon nel balletto “The Unsung” e interpreta Napoleone in “Gaité Parisienne” di Maurice Béjart. Balla come protagonista nello “Schiaccianoci” della Scuola di Ballo presso il Piccolo Teatro Strehler di Milano nello spettacolo istituzionale natalizio ed interpreta, sempre nel ruolo principale, “Napoli”, portato in scena sia a Milano che al “Ravello Festival” sulla costiera amalfitana. Si diploma nel giugno 2014 con pieni voti all’Accademia del Teatro alla Scala e, a settembre inizia il suo percorso lavorativo presso l’Opera National de Bordeaux sotto la direzione del M° Charles Jude, presidente della Nureyev Foundation. Qui, interpreta il “pas de quatre” e il corpo di ballo di “Suite en Blanc” di Serge Lifar e “Icare” sempre di Serge Lifar. Ha preso parte allo “Schiaccianoci”,“Lago dei Cigni”, “La Bella Addormentata” entrambi firmati da Charles Jude e nel “Galà Tchaykovsky”. Nel 2015 a Novara riceve il “Premio Étoile del domani”. Nella stagione 2016/2017 ha preso parte alla trasmissione televisiva “Amici di Maria De Filippi”.

Carissimo Oliviero, ci conosciamo da lungo tempo e so che hai vissuto la parentesi di “Amici” come un’ulteriore opportunità per far conoscere ed apprezzare la tua raffinata arte… Com’è nata l’idea di affrontare la danza televisiva?
Devo dire che la mia vita fino ad ora è stata decisamente imprevedibile e sorprendente. È capitato quasi per caso. Ho dovuto interrompere il mio lavoro nel Corpo di Ballo di Bordeaux a causa di una frattura da stress al metatarso, che mi ha tenuto fermo parecchi mesi. Quando le cose stavano migliorando ho cominciato a pensare cosa avrei potuto fare, tenendo aperte numerose porte, perché dopo otto mesi di inattività, non ero sicuro che sarei riuscito a superare un’audizione. Quindi feci i casting per la trasmissione, curioso di conoscere un mondo nuovo e speranzoso di poter offrire qualcosa di interessante che si allontanasse dalla danza “mainstream” che si vede attualmente in televisione. Superai i casting e, nel frattempo, feci anche l’audizione per il “Victor Ullate Ballet”, dove mi offrirono un contratto da stabile. La decisione è stata davvero difficile: continuare nella mia “comfort zone”, avere una stabilità economica, o buttarsi in un mondo nuovo e rischioso, pieno di prove da superare. Optai per il percorso “Amici” e cominciai quest’avventura.

Hai voluto sperimentare nuovi percorsi coreutici passando per la tv ed ammirandoti in trasmissione rimane evidente l’eccezionalità del tuo passato di ballerino classico intriso di grazia, disciplina, rigore, studio ed esperienza maturata sul palcoscenico della Scala e successivamente a Bordeaux. In qualche modo hai fatto la differenza?
Non ti so rispondere con certezza. Verso la danza classica, in Italia soprattutto, c’è sempre una sorta di timore, di distacco, dato secondo me dalla non conoscenza. È un concetto che mi piacerebbe annullare, perché spesso i ballerini classici sono molto più “pop” di quello che si pensi. In ogni caso mi piaceva dimostrare che la danza classica non rappresenta un ostacolo per affrontare gli altri stili ma, al contrario e grazie ai tanti anni di studio, è un valido tramite per esplorare mondi coreutici differenti. E, in questo percorso, penso di averlo dimostrato.

Alla luce dei fatti rifaresti tutto esattamente o conoscendo meglio le dinamiche e il dietro le quinte correggeresti qualcosa del percorso ad “Amici”?
Il percorso dentro la scuola di “Amici” è un percorso molto lungo e assai complesso. Ogni giorno ci sono prove da affrontare e bisogna essere sempre pronti! Ho cercato di essere me stesso con la massima positività. Penso che rifarei tutto esattamente come ho fatto.

Col senno di poi, la televisione, ha soddisfatto le tue aspettative artistiche di crescita professionale?
Penso che la danza in televisione sia davvero difficile da proporre, soprattutto la danza classica. I tempi televisivi sono strani, le dinamiche spesso non permettono ai ballerini di riscaldarsi, come sarebbe d’obbligo, di essere quindi pronti ad offrire il massimo della prestazione. Il lavoro quotidiano ad “Amici” però è notevole: ho potuto affrontare quattro stili tanto diversi tra loro, quotidianamente, e per molte ore al giorno. Sicuramente vi è una crescita professionale e, dal punto di vista umano, è un’esperienza unica.

Si è parlato tanto di te in questi mesi anche sui Social, in molti ti hanno seguito e votato. Ma desidero che sia tu, oggi, a parlare in prima persona. Chi è Oliviero Bifulco nel suo quotidiano e cosa conta, realmente, per te?
Mi definirei “multitasking”, mi piace sperimentare cose nuove, occuparmi di più aspetti contemporaneamente. Tutto ciò che è arte o bellezza, mi interessa e mi appaga. Non c’è giorno in cui non mi documenti su qualcosa.

La capacità di gestire lo sforzo e la fatica quanto sono importanti nella tua professione?
Per un ballerino sono fondamentali: credo che ognuno di noi lo impari man mano, nel corso della carriera… “passo dopo passo”! Convivere con il dolore e la fatica è un’esperienza quotidiana.

L’umiltà, intesa come valore etico, a quale posto la poni nella scala delle priorità?
Nel mio caso mi viene sempre detto che dovrei averne un po’ meno. Direi che, al quarto posto, dopo talento, intelligenza e determinazione, possa andare bene.

Nel tuo repertorio, il ruolo che hai interpretato, il quale ti ha emozionato particolarmente?
Sicuramente quello interpretato da Solista, quando ancora ero in Scuola di Ballo alla Scala, del soldatino nello “Schiaccianoci”… lo porterò sempre nel mio cuore tra i ricordi più cari. È stato emozionante perché mi sentivo immerso completamente nella parte, ero un tutt’uno con la musica, mi sentivo come esattamente doveva e dovrebbe sempre essere! Spettacolo che più avanti negli anni, già da professionista, ballai per ben 27 sere stando in scena tutta la durata del balletto con il Corpo di Ballo dell’Opéra National di Bordeaux.

Dei pezzi interpretati ad Amici in quale ti sei rispecchiato di più?
Interpretare il pezzo su Modigliani mi ha donato un’emozione fortissima. Da sempre Modigliani è uno degli artisti dei quali ammiravo i quadri e di cui conoscevo la tragica storia. Pur non rispecchiandomi in lui, sentivo di poter essere in grado di rappresentarne la sofferenza e la ricerca per riuscire ad esprimere la sua arte. Ricordo comunque diverse coreografie nelle quali ho potuto esprimere sempre un po’ di me stesso e rappresentare sentimenti ed emozioni da me realmente vissuti.

Il pubblico, gli applausi, gli autografi, la popolarità… che sensazioni ti trasmettono in questo momento della tua vita?
Sono aspetti certamente entusiasmanti, che mi fanno realmente piacere. C’è anche però tanta consapevolezza che potranno durare davvero poco. Cerco di godermi il momento e di trasmettere delle belle sensazioni a tutti i ragazzi che mi seguono.

La Scuola di Ballo della Scala e il Diploma che valori aggiunti sono stati nella tua formazione?
L’Accademia del Teatro alla Scala mi ha formato non solo come ballerino ma anche come persona, come uomo, facendomi maturare. Posso dire di aver compiuto un percorso totalmente completo, per certi aspetti difficile e doloroso in termini di sacrifici e dolori fisici ma tutto ciò ha contribuito a renderla un’esperienza sensazionale… sicuramente la più bella che potessi immaginare fin da piccolo! In Scuola di Ballo cominciavo a studiare alle otto di mattina e terminavo alle dieci di sera e grazie a questa straordinaria istituzione mondiale ho avuto l’occasione di assaporare esperienze che non dimenticherò mai, ballando in luoghi e teatri meravigliosi, conoscendo persone che sono poi diventate importanti nella mia vita… per tutto ciò sarò sempre grato all’Accademia scaligera.

Chi ha maggiormente creduto in te come artista?
Innanzitutto la mia insostituibile famiglia poi l’organico dell’Accademia della Scala con in testa il direttore Frédéric Olivieri che ha sempre intuito le giuste attitudini di noi allievi e per il quale nutro massima stima per il tanto lavoro e per l’innata capacità nel percepire le singole doti del ballerino al fine di metterne in luce le qualità migliori… un eccellente maestro tanto che gli spettacoli portati in scena con gli allievi scaligeri risultano sempre e assolutamente a livello delle grandi compagnie professionali; poi il maestro Maurizio Vanadia che mi ha sostenuto per ben sette anni; tutti gli insegnanti e le assistenti… preziose ed indimenticabili! Ed infine i molti consigli e correzioni di ogni singolo docente, come l’uso della testa ma anche la forza ed il carisma scenico oppure la coordinazione e la velocità. Una scuola di danza ma anche di vita per risultare uomini migliori in ogni sfaccettatura terrena e non solo in qualità di artisti.

Che esperienza è stata al Ballet de l’Opéra National di Bordeaux?
Ho un bellissimo ricordo dell’esperienza francese che porterò sempre con me. È stato il mio primo palcoscenico da ballerino diplomato. La cultura è molto diversa dalla nostra: esiste una sorta di venerazione del teatro da parte del pubblico. Quando andavo a fare compere e, per caso, dicevo di far parte del Corpo di ballo, venivo guardato e trattato in maniera diversa. Ogni sera il teatro è pieno e gli applausi non finiscono mai. Nessuno esce dalla sala prima che si chiuda per l’ultima volta il sipario. La città è splendida, a misura d’uomo, con un bellissimo clima.

Il periodo della tua formazione fino al giorno del diploma scaligero com’è nato?
Ho iniziato in una scuola di danza a Pavia diretta da Daniela Ferri, in seguito visto l’amore che giorno dopo giorno cresceva in me per la danza intrapresi un ulteriore passo in avanti verso il perfezionamento della tecnica e cambiai scuola, iscrivendomi ad “Academy” diretta da Marilina Piemontese dove prendevo lezioni tutti i giorni della settimana partecipando ad importanti concorsi nazionali di danza. Grazie ai primi premi e ai riconoscimenti acquisiti, presi di comune accordo con la mia insegnante Marilina Piemontese, di sostenere l’audizione per l’ingresso all’Accademia del Teatro alla Scala, e la superai! Un giorno per me scolpito nel cuore perché in seguito mi avrebbe cambiato definitivamente la vita coltivando il mio incanto.

Qual è il sacrificio più grande che richiede l’essere danzatore al giorno d’oggi?
Me ne vengono in mente alcuni e li cito in ordine sparso: essere disponibili al cambiamento, allontanarsi da affetti e abitudini; non poter permettere di lasciarsi scoraggiare da eventuali momenti negativi (che, comunque, risulta utile nella vita in generale); non poter coltivare le amicizie quanto si vorrebbe e non poter disporre di molto tempo libero! Ah dimenticavo: ultimo ma non in ordine di importanza, avere la costanza e l’umiltà di lavorare ogni giorno; la costanza è un’attitudine fondamentale!

L’arte, in senso lato, per te cosa rappresenta?
Sono affascinato e catturato da tutto ciò che riguarda le arti visive. Da sempre amo la bellezza ed immortalare, tramite la fotografia, i ricordi che la vita mi regala. Adoro visitare i musei e le gallerie perché mi danno la netta sensazione di viaggiare nel tempo attraverso la conoscenza. Il mio tempo libero lo trascorro piacevolmente al cinema e a teatro in veste di spettatore con un occhio rivolto anche alla moda e naturalmente alla letteratura… espressioni artistiche che ben si sposano con la danza.

Tempo fa mi avevi confidato che ti sarebbe piaciuto diventare un giorno un esempio per quei giovani che non hanno ancora un obiettivo da realizzare nella vita, pensi che in parte con “Amici” tu ci sia riuscito?
Ricevo moltissimi messaggi di ragazzi che sono riusciti a dire alla famiglia della loro passione per la danza o di ragazze alle quali ho fatto tornare la voglia di iscriversi a danza. Questi messaggi mi gratificano e mi fanno intendere quanto sia importante il nostro esempio.

Ricevi tante lettere e messaggi dai fan acquisiti tramite la popolarità televisiva?
Sì, i messaggi e e le letterine sono tantissime! Li tengo tutti nel mio scatolone dei ricordi!

Qual è il complimento più bello che hai ricevuto nel periodo di “Amici”?
Il complimento più bello l’ho ricevuto la sera della mia eliminazione, quando Boosta mi ha detto che sono una persona rara e che era lui a ringraziare me per avermi conosciuto.

In questo momento… il disco, il libro, il film, il balletto e il viaggio?
Il disco di Beyoncé “I am..”, il libro “One day”, il film “La La Land” e il viaggio a “Londra”.

Hai scelto la professione del danzatore, sei riconosciuto da tutti come “danseur noble” per grazia ed eleganza innata. L’arte della danza quanto ti ha stupito e quanto ti è compagna di vita?
È un mondo ricco di conoscenze ed incontri, per alcuni può sembrare imperniato solo sulla competizione e l’odio ma questo non è vero perché, buona parte di noi danzatori, vive e assapora le medesime difficoltà ed emozioni miste alle fragilità che ci accomunano tanto da essere sempre pronti ad aiutarci l’un l’altro nei momenti di maggiore sconforto. La danza possiede una sua totale “essenza” forgiata dal connubio “emozione e fisicità” che rende il tutto magico anche perché se sei solamente bello il pubblico lo percepisce e alla lunga non funziona. La sublime arte della danza, ne sono convinto, è incredibilmente onesta seppur difficile sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico… malgrado tutto ciò il desiderio del palcoscenico è sempre “vivo” e non ti abbandona mai nemmeno a fine carriera. Questa compagna di danza spero mi doni costantemente la “luce” della passione affinché mi permetta di vivere, amare e soffrire nella professione supportandomi sempre con intense emozioni che, a mia volta, avrò l’onore di donare agli spettatori come fosse un eterno e bellissimo sogno!!

Ora bisogna parlare di futuro… come ti vedi Oliviero e cosa speri per la tua carriera?
Come ti ho detto prima Michele, la mia vita è alquanto imprevedibile. Per ora mi piacerebbe incontrare i fan che mi hanno sostenuto nel percorso, tenendo stage, ballando in giro per l’Italia. Poi mi piacerebbe tornare a danzare in teatro.

Caro Oliviero, augurandoti in bocca al lupo per tutto ciò che desideri, chiudo l’intervista domandandoti se c’è qualcosa che non ti ho chiesto e che vorresti aggiungere tu?
Vorrei terminare dicendo e sostenendo che l’arte migliora le persone. E consiglio quindi di praticarla, di osservarla, di ascoltarla, di viverla.

Michele Olivieri
Foto: Ufficio Stampa Fascino
www.giornaledelladanza.com

 

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