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I processi di apprendimento e memorizzazione nella danza

La danza utilizza il corpo come mezzo di comunicazione per raccontare un’idea, una storia o un’emozione. In quanto tale, richiede la memorizzazione di un’elevata quantità di movimenti precisi nell’esecuzione, nel ritmo e nella modalità espressiva. In una lezione di novanta minuti, i danzatori memorizzano combinazioni di circa un minuto, costituite da una settantina di movimenti diversi eseguiti in forma successiva, alternata, simultanea o con ritmi differenziati e che impegnano tutti i segmenti corporei.

Accade spesso che, oltre alla complessità dei movimenti, vi siano difficoltà anche nella memorizzazione delle sequenze. Si parla di interferenza retroattiva quando elementi coreografici simili ad altri già acquisiti interferiscono nell’elaborazione mnemonica, ostacolando la riproduzione della prima combinazione di movimenti. Si parla invece di errore di offuscamento quando il danzatore memorizza la sequenza in maniera eccessiva automatizzata, ottenendo l’opposto di ciò che desidera, ossia facilitando il peggioramento della memoria motoria anziché il suo miglioramento.

All’interno di questo discorso, è interessante notare come la correzione di errori già stabilizzati sia spesso più problematica dell’apprendimento ex novo de gesto tecnico, vediamo perché. L’ippocampo è la struttura cerebrale deputata al controllo delle emozioni e a filtrare gli stimoli esterni da trasferire alla memoria. In coreografia i gesti diventano i significanti del codice del linguaggio corporeo e possono essere rappresentativi di uno stato d’animo o di un ricordo vissuto. La correlazione tra gesto e sensazione favorisce l’ancoraggio nella memoria dei gesti acquisiti nel tempo.

Il processo mnemonico si suddivide in tre fasi: acquisizione della traccia mnemonica, conservazione o ritenzione, ricordo o rievocazione. Quest’ultima normalmente avviene attraverso una nuova esperienza della medesima situazione percepita principalmente attraverso i sensi e che verrà ricondotta alla coscienza come ricordo. Quando elementi tecnici nuovi si inseriscono in reti neuronali già esistenti, le abilità pregresse influenzano quelle di nuova acquisizione creando una sorta di transfert, ossia una tendenza a ripercorrere gli schemi già consolidati, togliendo spazio a quelli nuovi. Ecco perché è più facile insegnare un gesto tecnico nuovo piuttosto che correggerne uno fissato in maniera errata. La correzione degli errori, infatti, richiede una fase di destrutturazione del ricordo fisico, a cui segue la ricostruzione del movimento appropriato, il quale spesso fatica a stabilizzarsi, anche a causa di condizioni di stanchezza o stress.

Chiaramente allievi che possiedono un grande bagaglio di abilità acquisite negli anni apprendono con maggiore facilità di altri con minore esperienza, per loro diventa più semplice assimilare tecniche, sequenze di movimento e combinazioni nuove e diverse da quelle che già padroneggiano.

La combinazione dei passi di danza è stabilita a priori dal coreografo ed è dunque una sorta di closed skill che non richiede risposte contemporanee a stimoli diversi. L’apprendimento di sequenze di movimenti quindi inizialmente è un processo consapevole che coinvolge in prevalenza la memoria dichiarativa o esplicita che gestisce ricordi che possono essere evocati in modo cosciente. In seguito, quando la ripetizione prolungata produce automatismi, è interessata la memoria procedurale o riflessiva, in cui custodiamo processi e abilità come la guida, andare in bicicletta o usare il computer.

L’apprendimento si definisce non associativo quando origina dalla ripetizione di un determinato stimolo senza mettere in relazione due eventi diversi, e può evolvere in due direzioni di acquisizione, l’abitudine e la sensibilizzazione. Nel primo caso, a uno stimolo ripetuto più volte segue una risposta cosiddetta declinante. Per esempio, quando ci troviamo in un ambiente rumoroso, dopo un po’ il rumore non si avverte più, e per ottenere una risposta uguale a quella primaria sarà necessario uno stimolo più forte. Al contrario, si capisce che il rumore era eccessivo soltanto quando finisce, quindi l’abitudine determina la depressione della trasmissione sinaptica.

Nella sensibilizzazione invece, la risposta a certi stimoli è maggiore rispetto al normale perché gli stimoli sono diversi ma associati tra loro (per esempio quando si collega uno stimolo tattile con uno nocivo, acqua calda e dolore), che creano una risposta amplificata a più livelli ed esaltano la trasmissione sinaptica creativa ed emozionale.

Nella danza inoltre sono coinvolti due tipi di memoria, quella visiva e quella motoria. Entrambi attivano inizialmente l’emisfero cerebrale destro che presiede al controllo di funzioni quali orientamento spaziale, creatività, immaginazione e intuizione, e via dicendo. Successivamente e gradualmente grazie all’esperienza, lo studio della danza diventa sempre più analitico e approfondito, arrivando a coinvolgere anche l’emisfero sinistro deputato all’analisi dei dettagli, al ragionamento logico, al pensiero analitico, eccetera.

Per sollecitare l’intero cervello coinvolgendo sia la sfera emotiva sia quella analitica occorrono dunque svariate stimolazioni sia in termini quantitativi sia qualitativi. Cambiamenti di ritmi, passi, direzioni e significati emozionali coreografici genereranno certamente un beneficio in termini di memoria, di processi di elaborazione delle informazioni e di esecuzione.

I processi di apprendimento e memorizzazione del danzatore rimandano a un sistema articolato e integrato delle diverse informazioni, quelle visive (osservazione del modello da riprodurre), propriocettive (esecuzione dei movimenti) e acustiche (combinazione di ritmi e melodie con i movimenti). Le gestualità non sono mere esecuzioni destinate alla prestazione intesa come precisione e aderenza alla tecnica, ma costituiscono un significativo codice di segnali non verbali da cui scaturisce il linguaggio corporeo, capace di comunicare stati d’animo ed emozioni.

L’elemento espressivo-emotivo, infatti, è parte essenziale della coordinazione dell’atto motorio e coinvolge le differenti aree cerebrali che regolano il movimento, controllano l’emotività e selezionano ed elaborano le afferenze, ossia l’insieme di impulsi che giungono dalla periferia del corpo ai centri nervosi superiori.

In definitiva, è evidente come gli studi di Fisiologia e delle Neuroscienze offrano un notevole contributo alla didattica della danza. L’analisi dei meccanismi di apprendimento e memorizzazione chiarisce molti fenomeni che comunemente accadono nell’approccio alla disciplina, da cui si possono trarre indicazioni didattiche e metodologiche atte a consentire un ottimale progresso delle prestazioni tecniche, mnemoniche ed espressive.

Stefania Napoli
Fotografia: Chris Hynes
www.giornaledelladanza.com

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