“Infiorata a Genzano” (denominato anche “La festa dei fiori di Genzano”) è un balletto in un atto creato dal coreografo e maître danese August Bournonville (1805-1879), ispirato dalla celebre e storica manifestazione romana. Bournonville lo creò per il “Balletto Reale Danese” nel dicembre 1858. Il libretto si basa su una storia narrata nel libro “Impressions de voyage” da Alexandre Dumas padre e racconta la storia di due amanti ventenni, Rosa e Paolo dal cuore cortese: sono audaci nel loro reciproco approccio, si stuzzicano pur mantenendo quella dolcezza innocente dei primi innamoramenti, trasformando la danza in un giocoso duetto nel quale i passi esprimono gioia e piacevolezza. La musica è dei compositori danesi Edvard Helsted e Holger Simon Paulli. Il debutto avvenne il 19 dicembre presso il Teatro Reale di Copenaghen con interpreti i danzatori Julie Price e Harald Scharff. La versione integrale del balletto fu rappresentata per l’ultima volta nel 1929 prima della sua uscita definitiva dal repertorio del “Royal Danish Ballet”. Decenni dopo il coreografo Harald Lander rimontò il “pas de deux” che è diventato una delle variazioni più famose del repertorio danese, spesso rappresentata nei gala di danza come esempio virtuoso ed elegante dello stile di Bournonville nonché banco di prova per le migliori coppie di ballerini, oppure nei Concorsi di Danza per mostrare il talento degli allievi. Bournonville è da considerarsi il degno erede della danza narrativa di Jean-Georges Noverre e Gasparo Angiolini, e precursore della gloria classica di Marius Petipa in un compendio di estetica, tecnica e metodologia supportata da purezza e rigore, nella brillante ricchezza richiesta dalla disciplina accademica in tutto il suo splendore per la nascita e lo sviluppo di numerose altri stili.
“L’infiorata di Genzano” è una manifestazione che si svolge nella cittadina di Genzano di Roma, caratterizzata dall’allestimento di un tappeto floreale lungo il percorso della processione religiosa in occasione della festività del “Corpus Domini”. Alexandre Dumas padre è riconosciuto come il maestro del romanzo storico e del teatro romantico e fu uno dei più prolifici e popolari scrittori francesi del XIX secolo. Era figlio del soldato Thomas-Alexandre Davy de La Pailleterie, figlio di un marchese, e di una schiava di Santo Domingo, Marie Cessette Dumas, dalla quale ereditò il cognome. Nel 1823 il giovane Alexandre fu inviato a Parigi per intraprendere gli studi di legge. Nella capitale francese ottenne numerosi incarichi dal Duca d’Orléans, il futuro re Luigi Filippo. Ebbe un figlio da una vicina di casa. Il figlio, anch’egli chiamato Alexandre Dumas, seguì le orme paterne e fu anch’egli scrittore di fama, basti pensare al suo più noto romanzo che è “La signora delle camelie” da cui John Neumeier trasse un balletto di grande successo in tre atti a Stoccarda nel 1978 sulle composizioni di Fryderyk Chopin. Dumas padre è invece famoso in particolare per “Il conte di Montecristo”, “I tre moschettieri”, “La Regina Margot”, “Il tulipano nero” e per la rielaborazione de “Lo Schiaccianoci” di Ernst Theodor Hoffmann che nel 1845 Dumas seppe raccontare a modo suo e da cui il coreografo Marius Petipa nel 1892 prese ispirazione per l’omonimo balletto, musicato da Pëtr Il’ič Čajkovskij, diventato un capolavoro intramontabile della danza classica mondiale, soprattutto nel periodo natalizio.
Tornando alla festa di Genzano sappiamo che risale al XVIII secolo quando venne allestito un tappeto floreale lungo la via Sforza. A Genzano e in altre località dei Castelli Romani, esisteva da tempo l’usanza di allestire tappeti di fiori in occasione della festa del “Corpus Domini”. La tradizione era nata a Roma nella prima metà del XVII secolo ed era stata adottata nelle località dei Colli Albani per gli stretti legami di questo territorio con Gian Lorenzo Bernini, il principale artefice di feste barocche. La tradizione di creare quadri come fossero dei mosaici per mezzo di fiori nasce dal responsabile della “Floreria vaticana” Benedetto Drei e da suo figlio Pietro il 29 giugno 1625 durante la festa dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma. Nella capitale l’usanza delle infiorate scomparve alla fine del secolo XVII. A Genzano, invece continuò, tant’è che alcune famiglie avevano l’abitudine di prepararle davanti alla propria abitazione in occasione delle tre processioni che si svolgevano nella ricorrenza del “Corpus Domini”. Nel XIX secolo l’infiorata di Genzano si svolse con cadenza annuale, tranne per alcuni periodi, mentre dal 1922 con cadenza annuale (escluse le edizioni durante la Seconda guerra mondiale e durante la pandemia da Coronavirus). In pratica la strada viene ricoperta da un manto floreale composto da circa tredici quadri, oltre alla decorazione della scalinata che conduce alla Chiesa di Santa Maria della Cima. I soggetti sono di argomento religioso, civile, riproduzioni di note opere d’arte, motivi geometrici. La manifestazione si articola in varie fasi: l’ideazione e la preparazione del bozzetto, la raccolta dei fiori e delle essenze vegetali, la separazione dei petali dalla corolla e loro conservazione, la posa in opera dei petali, ed infine lo “spallamento” quando i bambini correndo dalla scalinata disfano i quadri infiorati a fine evento. Come il balletto di Bournonville la cerimonia è un’autentica sinfonia di colori dal fascino effimero ma al contempo indelebile.
August Bournonville (uno degli artefici della rinascita della danza durante il Romanticismo) venne formato da suo padre Antoine Bournonville, e prese ispirazione dalla prima scuola di danza francese che mantenne intatta nel suo insegnamento e nelle sue creazioni per senso di valore poetico e drammatico, preservandone lo stile a Copenaghen mentre nel resto d’Europa veniva dimenticato. Sebbene il rapporto di Bournonville con le sue ballerine fosse a tratti teso, fu capace di rinnovare l’arte coreutica danese e la sua energia lo aiutò a formare un corpo di ballo eccellente. Contrariamente alla tendenza del balletto romantico dell’epoca Bournonville non pose mai in secondo piano la danza maschile, anzi la posizionò esattamente sullo stesso livello di quella femminile dandogli pari importanza. Basti pensare che la scuola danese (fondata da Pierre Laurent) gode di ottima fama nella formazione di eccelsi interpreti maschili, tra cui si ricordano Erik Bruhn, Nikolaj Hübbe, Johan Kobborg, Borge Ralov, Henning Kronstam, Peter Martins e Peter Schaufuss.
Il “Royal Danish Ballet” affonda le sue radici nell’inaugurazione del 1748 del “Royal Theatre” di Copenhagen. La Compagnia ha avuto il suo massimo successo e crescita sotto la direzione di tre differenti maestri: Vincenzo Galeotti, Auguste Bournonville e Harald Lander. Galeotti ha aumentato il numero di ballerini nella compagnia, ha introdotto la Danimarca ad un repertorio internazionale, ha sviluppato danzatori e compositori nativi e ha portato in scena balletti popolari. Il regno di Bournonville è sovente citato come “l’età dell’oro”, grazie alla creazione di un ricco repertorio per il cui stile armonico e discreto la tecnica non deve mai sopraffare la grazia dei movimenti e la pantomima dev’essere essenziale, chiara, semplice e sobria. La metodologia Bournonville al “Royal Theatre di Copenaghen” è l’unica tradizione del balletto romantico che è stata perpetuata da una generazione all’altra con immutata continuità. Bournonville trasformò una semplice compagnia di balletto in una delle più acclamate a livello mondiale con direttive irrinunciabili: valorizzazione della tecnica maschile, musicalità, elevazione, lavoro dei piedi e delle gambe (a significare il ritmo), uso delle braccia (sempre tenute davanti al corpo a rappresentare la melodia), epaulements diagonali, consapevolezza culturale, cambi improvvisi di direzione, l’uso della mezza punta per le ballerine così da infondere particolare naturalezza al movimento che esteticamente non poteva non essere distinto e la linea degli occhi abbassata quale sinonimo di gentilezza. Parte della sua eredità artistica consiste in una serie di sei lezioni complete, una per ogni giorno della settimana lavorativa del ballerino, che fanno ancora parte del programma di formazione del “Royal Danish Ballet”. Harald Lander dal canto suo ha rilanciato e modernizzato la compagnia, coinvolgendo coreografi di fama internazionale come Alexandre Volinine.
Bournonville amava particolarmente l’Italia, tanto da recarsi in un suo viaggio a Napoli e ritornare in patria con un ricordo carico di spontaneità, colori, solarità e allegria nonché di passi tipici come la tarantella o il salterello ricavati dal folklore popolare. Da ciò ne trasse ispirazione per creare un balletto differente dai suoi precedenti, “Napoli” (di cui abbiamo già parlato nella nostra rubrica di “Storia della Danza). Nel 1858 allestì il secondo omaggio all’Italia, ben appunto “Infiorata a Genzano”, che nonostante sia considerato uno dei suoi balletti più riusciti per leggerezza, vivacità, freschezza e grazia ad oggi se ne conserva soltanto il “pas de deux” salvato da Harald Lander. Un altro capolavoro di Bournonville lo ritroviamo ne “La Sylphide” (di cui abbiamo già trattato in altro articolo) che risulta essere l’esatto canone della “danse d’école” rispetto alle norme etiche ed estetiche europee dell’epoca come del resto l’altro suo balletto, meno noto al grande pubblico, dal titolo “Le Conservatoire” (a cui dedicheremo un’ampia pagina prossimamente in questa rubrica), una preziosa gemma accademica.
In “Infiorata a Genzano” la giovane coppia si tiene per mano e guarda il paesaggio circostante dall’atmosfera bucolica. Paolo invita la ragazza a ballare. Rosa sorridendo si diletta in salti cabriole in diagonale (dove una gamba calcia l’altra in aria), una serie di veloci giri sulle punte con impalpabile atterraggio. Paolo risponde con balzi in avanti a braccia aperte, piccoli cerchi delle gambe ronds de jambe (movimento circolare dell’arto inferiore) prima di chiudere con una serie di piroette (rotazione della gamba). Segue l’adagio. Paolo la invita nuovamente a ballare e si esibiscono in una promenade (lavoro dei piedi e dei fianchi). Rosa è timida, mentre Paolo le cinge le mani attorno alla vita e Rosa allunga il corpo in un arabesque (il peso del corpo poggia sulla gamba portante, mentre l’altra è sollevata e allungata all’indietro dove entrambe le braccia sono in avanti come nella variante ottocentesca). Camminano e si spostano innanzi, mano nella mano. Paolo si inginocchia e Rosa esegue una posa elevata, sostenendosi sulla sua mano. Rosa gira questa posizione a mezza figura e si sporge all’indietro, ancora sorretta dalle mani di Paolo. Corrono l’uno dall’altro, giocano e si divertono. Rosa sale in punta, reggendosi sulle spalle di Paolo il quale la guarda mentre lei distoglie lo sguardo con fare civettuolo. Ripetono il gioco fino a quando l’adagio si conclude con una posizione aggraziata, Rosa in un arabesque mentre Paolo da dietro le tiene le mani. Seguono gli assoli maschili e gli assoli femminili prima del gran finale in coppia. La padronanza tecnica richiede tempo, dedizione e pratica costante conferendo un incanto di eleganza, espressione e bellezza.
L’importanza dei balletti danesi firmati da Bournonville si rivela come un’unione di tradizione e modernità, e questa è la fonte principale della conservazione storica, senza mai dimenticare la loro “ambientazione” che per il coreografo era l’ispirazione principale nel processo creativo: “anche nei passi più semplici, si cela la compiutezza, la completezza e la maturità”. Bournonville, il quale detiene un posto influente nella “storia del balletto”, scrisse nella sua autobiografia intitolata “Mit Theaterliv” (La mia vita teatrale) pubblicata nel 1877: “Il vantaggio di un lavoro minore come ‘Infiorata a Genzano’, è che si riesce a raggiungere una certa perfezione nei dettagli, proprio perché questo balletto nacque senza la pretesa di essere un’opera d’arte gli è stato quasi concesso di esserla”.
Una curiosità la ritroviamo nel 1962 quando il “pas de deux” da Infiorata a Genzano era previsto danzato da Erik Bruhn e dalla ballerina statunitense Maria Tallchief sulla televisione americana (coreografia ripresa dallo stesso Bruhn) ma il “danseur noble” si infortunò e Rudolf Nureyev lo sostituì cogliendo appieno lo stile Bournonville che all’epoca stava imparando da Erik (quest’ultimo era l’artista che meglio interpretava il metodo tipico della scuola danese). Rudolf era il ballerino più bello del suo tempo: già ineguagliabile, inimitabile e irripetibile. Il passo a due venne danzato a New York nel programma “Bell Telephone Hour” e a Nureyev fu chiesto di tagliarsi i capelli. Non voleva, ma alla fine si arrese e si esibì meravigliosamente nell’estetica bournonvilliana.
Michele Olivieri
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