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Intervista a Edoardo Sartori, demi-solista allo Stuttgart Ballet

 

Edoardo Sartori è nato a Mirano in provincia di Venezia nel 2001. Ha iniziato a studiare danza classica presso l’Accademia Veneta di danza e balletto diretta da Clara Santoni dall’età di otto anni. Ha successivamente proseguito gli studi con la prima ballerina étoile Letizia Giuliani e il primo ballerino Francesco Marzola. Ha preso parte a numerosissime competizioni a livello nazionale ed internazionale ottenendo ottimi risultati e numerose borse di studio. Per citarne alcuni: il premio MAB, il premio internazionale Danza Rieti, lo Youth American Grand Prix nel 2014 e il prestigioso “Prix de Lausanne” nel 2017. Durante quest’ultimo viene ammesso tra i venti finalisti della 45ª edizione del concorso. Ottiene una borsa di studio per la “John Cranko Schule” di Stoccarda – diretta da Tadeusz Matacz – istituzione in cui si diploma nel 2020. A settembre dello stesso anno entra a far parte del “Stuttgart Ballet” come “elevé” della compagnia. Viene promosso al “corpo di ballo” la stagione successiva a “demi-solista” durante la stagione 2024/2025. A luglio 2024 gli viene insignito il “Birgit Keil Preis” dalla stessa Birgit Keil. Il suo repertorio con la compagnia, con la quale aveva già iniziato a lavorare durante gli anni scolastici, include numerosi lavori di coreografi, tra i quali: William Forsythe (Blake Works), Edward Clug (Lo Schiaccianoci), John Neumeier (Graf N in “La Dame aux camélias”), Marcia Haydée (La bella addormentata), Johan Inger (Out of Breath), Roman Novitzky (Reflections and the Place of choice), Vittoria Girelli (Self Deceit, In Esisto, Sospesi e Formoria), Uwe Scholz (Siebte Sinfonie), Alessandro Giaquinto, Fabio Adorisio, David Dawson (Symphony n.2), Kenneth MacMillan (Mayerling, Requiem e Song of the Earth) John Cranko (Benno e Tarantella nel “Lago dei Cigni”, Benvolio in “Romeo e Giulietta”, Bisbetica domata, Initials e Onegin). Ha inoltre preso parte al Gala internazionale “Les étoiles” di Daniele Cipriani al Teatro Arcimboldi di Milano.

 

Gentile Edoardo, qual è in assoluto il primo ricordo di danza che conservi?

Il primo ricordo è quello insieme a mia madre; spesso quando la domenica eravamo entrambi a casa ci divertivamo a ballare sulle note delle canzoni dello “Zecchino d’Oro”. La nostra preferita era quella del “Cuoco pasticcione” e ci piaceva scatenarci, spostando tutti i mobili del salotto, creando vere e proprie coreografie. Sono ricordi speciali, che conservo nel cuore.

 

Quando hai sentito il sacro fuoco di Tersicore?

Può sembrare buffo ma non credo che ci sia stato un momento preciso. Sono consapevole che molti ballerini hanno impresso nella testa l’esatto momento, ma per me si è trattato più di un processo. Ho sempre saputo che la danza fosse importante per me, ma penso che quando sono arrivato in Germania e ho messo piede alla “John Cranko Schule” ho veramente aperto gli occhi, in un certo senso, e ho capito al cento per cento che si trattava del posto giusto.


Hai iniziato presso l’Accademia Veneta di danza e balletto diretta da Clara Santoni e hai proseguito con Letizia Giuliani e Francesco Marzola. Che ricordi conservi di quel periodo e dei loro insegnamenti?

Ho iniziato a studiare con Clara Santoni all’età di otto anni e ho proseguito fino ai tredici/quattordici. Sono stati anni speciali e per me è stata la mia mamma artistica. Abbiamo viaggiato moltissimo in giro per concorsi in tutta Europa, ci siamo divertiti e si è presa sempre massima cura della mia persona. Ho proseguito, poi, con Letizia Giuliani e Francesco Marzola per altri due anni prima che mi trasferissi, ed ho veramente imparato molto. Sono i miei mentori, mi hanno trasmesso tantissimo e continuano a farlo anche oggi. Abbiamo dato vita ad un lavoro di crescita incredibile, mi hanno insegnato quanto sia importante infondere emozioni, e numerosi dei risultati che ho ottenuto con il tempo sono arrivati soprattutto grazie a loro.


Poi grazie ad una borsa di studio sei entrato alla “John Cranko Schule”. Come è stato l’impatto?

Venendo da una piccola cittadina di provincia e da una scuola di danza privata, ho dovuto imparare tanto ed in fretta in differenti ambiti. È stato un cambio radicale sia dal punto di vista personale che artistico… anche solo cominciando dal fatto che mi sono ritrovato in una classe di ragazzi estremamente talentosi mentre prima ero l’unico maschio della mia età nella classe. Mi ritengo veramente fortunato perché nel mio cammino ho incontrato persone meravigliose ed un ambiente sano e felice.

 

Come ti ha accolto il direttore Tadeusz Matacz?

Mister Matazc è una persona speciale, con un grande cuore. Fin dal mio arrivo mi ha sostenuto e mi ha donato parecchie opportunità durante gli anni trascorsi a scuola. È un direttore sinceramente eccezionale, semplice, spiritoso e che apprezza il lavoro duro. Mi ritengo fortunato ad avere avuto l’opportunità di studiare con lui e lo ringrazierò sempre per tutto quello che mi ha trasmesso e per la fiducia che ha riposto in me.


In seguito sei entrato allo “Stuttgart Ballet” con il grado di ‘elevé’. Raggiungere il palcoscenico di Stoccarda era tra i tuoi sogni?

Sì, credo che sia sempre stato nella mia testa una volta arrivato alla Scuola. Tutto intorno, nella città, vibra la magia che ha lasciato John Cranko con i suoi capolavori. La sua eredità è diventata parte integrante del tessuto urbano e delle persone che lo vivono. Da giovane allievo, dopo aver visto la compagnia portare in scena uno dei suoi pezzi, non ho potuto far altro che desiderare un giorno di poter ballare su quel palco in mezzo a quei ballerini.


Hai qualche mito della danza al quale ti ispiri, sia del presente che del passato?

Assolutamente, ne ho numerosi: ovviamente come si fa a non citare Rudolf Nureyev e Michail Baryshnikov ma tra i miei preferiti ci sono anche Friedemann Vogel, che sono estremamente fortunato di ammirare tutti i giorni a lezione, Mathieu Ganio e Vladimir Malakhov; tra le mie ballerine preferite invece ci sono Aurélie Dupont, Monique Loudières, Letizia Giuliani, Marcia Haydée, Birgit Keil e Gelsey Kirkland.


Sei stato selezionato per il “Prix de Lausanne”, tra i maggiori e prestigiosi concorsi internazionali. Che esperienza è stata e cosa conservi di quell’evento?

Ho partecipato a più di trecento concorsi prima di trasferirmi in Germania ma questa è l’unica competizione che rifarei altre mille volte. È stata un’esperienza meravigliosa. Devo ammettere che all’epoca, forse, non mi rendevo conto di dove fossi in quel momento e l’importanza di quello che stessi facendo. Ricordo le bellissime lezioni del maestro Patrick Armand e lo stupore misto a felicità di quando venni a sapere di essere passato alla finale nonostante fossi caduto durante la variazione. Un’avventura veramente speciale anche per le nuove amicizie che ho avuto la fortuna di stringere.


Hai ricevuto il “Birgit Keil Preis”. Da artista quale sei, cosa ha rappresentato questo premio?

Ottenere questo riconoscimento, che è stato precedentemente consegnato solo ad Alicia Amatrian, dalla stessa Birgit Keil è stato un immenso onore ed un regalo speciale. Birgit Keil è una persona eccezionale, con un cuore grande ed una vera mecenate della danza a tutti gli effetti. È stata una bella conferma per il lavoro svolto finora ed una spinta per continuare a lavorare ancor più di prima. Inoltre l’ondata di amore ricevuto dal pubblico e dai miei colleghi in scena mi ha riempito il cuore.

 

Tra i ruoli sostenuti fino ad oggi, in quale ti sei sentito perfettamente a tuo agio o più affine per sensibilità?

Penso che il ruolo nel quale mi sono sentito più a mio agio sia stato Benvolio, nel “Romeo e Giulietta” di Cranko. In questa versione è un ragazzo giovane ed energico che però ha ancora tanto da imparare.


Hai preso parte a celebri coreografie di rinomati creatori quali Forsythe, Neumeier, Scholz, Dawson, MacMillan, Cranko e molti altri, quali sono state le difficoltà tecniche o stilistiche riscontrate?

Si tratta di stili e concetti molti diversi l’uno dall’altro quindi di per sé questo può essere stato una difficoltà. In generale, la complessità sta spesso nel trovare sé stessi e il proprio modo di essere all’interno della coreografia. Quando la difficoltà si trasforma in obiettivo, ci si trova già a metà strada.


Cosa ti piace di Stoccarda e quali passioni coltivi nel tuo tempo libero?

Trovo che Stoccarda, nonostante non sia una città estremamente piccola, abbia conservato questa particolare caratteristica che mi fa sentire coccolato. È un luogo tranquillo, senza troppi turisti e in cui la danza ne fa parte in modo significativo. L’architettura e l’interior design mi interessano molto. Mi piace anche solo passare il tempo libero facendo una passeggiata nella foresta o all’interno della città, in cerca di nuovi angoli che ancora non ho scoperto e ovviamente adoro passare del tempo con i miei amici.


Com’è la tua giornata tipo? Quante ore provi?

Mi piace andare ad allenarmi in palestra prima della lezione di danza, che inizia alle dieci e trenta e finisce poco prima di mezzogiorno. Dalle dodici alle quattordici, normalmente, facciamo prove di pezzi che sono in preparazione al momento. Se è previsto uno spettacolo alla sera, ritorno in teatro più o meno alle cinque; se invece è una giornata normale continuiamo a lavorare anche dopo pranzo, dalle quindici alle diciotto e trenta. Dopo lavoro può capitare che faccia un tuffo in piscina o un salto in sauna per rilassarmi, altrimenti c’è sempre tempo per una bella cena all’italiana!

 

Che aria si respira nella Compagnia tra voi danzatori?

Adoro i miei colleghi. Nella compagnia siamo più o meno settanta ballerini e devo ammettere che c’è un sentimento di fratellanza e famiglia veramente forte. Credo che derivi dal fatto che la compagnia è sempre esistita in questo modo fin dai tempi in cui era diretta da John Cranko. Non è una cosa scontata in questa professione e mi ritengo davvero fortunato ad essere circondato da persone, colleghi e amici così speciali.

 

La Compagnia è diretta oggi da Tamas Detrich, quali sono i suoi massimi pregi?

Tamas Detrich è una persona estremamente comprensiva e sensibile ai bisogni dei suoi ballerini. Ha un enorme rispetto per quest’arte e in ogni cosa che fa ci crede fino in fondo. Possiede una grande visione per la compagnia; inoltre avendo ballato, durante la sua carriera da ballerino, tutti i ruoli principali delle opere di Cranko è un bravissimo coach ed insegnante.

 

John Cranko, Marcia Haydée, Egon Madsen, Richard Cragun, Birgit Keil, Susanne Hanke, Ray Barra, Glen Tetley, Reid Anderson, hanno reso grande il “Balletto di Stoccarda”. Oggi come si perpetua il loro ricordo?

Sì, di sicuro tutti questi nomi hanno reso grande il prestigio della compagnia nel mondo. Ci riteniamo tanto fortunati ad avere l’onore e l’opportunità di averli spesso ancora con noi. Marcia, per esempio, era presente per la nostra ultima produzione. È davvero incredibile stare a sentire quello che hanno da dire e i ricordi che alcuni pezzi suscitano in loro; credo che ci aiutino molto sia a livello artistico che a livello umano: sono tuttora estremamente legati tra di loro e sono sicuro che ispirino in noi un grande senso di fratellanza. Per non parlare di quello che ci hanno lasciato: un’eredità e conoscenza unica e meravigliosa!

 

La vostra sede si trova presso la Staatsoper Stuttgart, cosa rende magico questo teatro?

Il teatro è un luogo speciale e particolare; a partire dal fatto che durante la guerra, è stato uno dei pochi edifici che non è andato distrutto. La maggior parte dei corridoi è rimasta simile, se non uguale, a quando John Cranko dirigeva la compagnia e si respira un particolare profumo. Credo che ogni angolo abbia qualcosa di magico ma quello che mi ha affascina di più è il palcoscenico e il suo meraviglioso pubblico: sono persone speciali, fedeli, che adorano l’arte ed è sbalorditivo il calore e l’affetto che riescono ad emanare.


Che sensazioni nutri, quando ti ritrovi a ballare?

Quando ballo mi sento integro, vivo e leggero. Si tratta di una mia speciale forma di meditazione, in cui tutto il resto non conta più e rimaniamo solo io, me e me stesso nel salotto di casa mia a ballare come facevo con mia madre da più piccolo.

 

Quali sono per te i segreti del “pas de deux”?

Non si smette mai di imparare e credo che ci sia ancora tanto lavoro da fare e segreti nuovi da scoprire! Quello che penso è che necessiti di notevole coordinazione e musicalità, rispetto reciproco, la capacità di entrare in sintonia con il o la partner e imparare a conoscersi, per essere capaci di capire i bisogni dell’altra persona.

 

Come ti approcci all’interiorizzazione di un ruolo?

Un ruolo non smette mai di evolvere dentro noi stessi. Se si tratta di un ruolo tratto da una storia mi piace contestualizzarlo attraverso libri, film ecc.., mentre se si tratta di un balletto astratto la storia me la invento io! Mi piace comunque trovare un modo personale per conoscere chi voglio diventare sul palco; e a volte per questo c’è bisogno di parecchio tempo.

 

Quali sono Edoardo le tue aspirazioni per il futuro?

Sono un gran sognatore quindi ci sono tantissimi ruoli che mi piacerebbe interpretare e tanti altri coreografi con cui vorrei lavorare. Il mio sogno più grande è diventare primo ballerino, poi sul resto sono troppo superstizioso per dirlo!


Che rapporti nutri con lo specchio, elemento fondante della sala prove per un ballerino?

Lo specchio è l’amico nemico di tutti quanti. Un giorno è gentile e il giorno dopo un po’ meno ma la realtà è che decidiamo noi stessi che cosa vogliamo vedere; lui sta lì solo per aiutarci.

 

Esprimersi, interpretare, lavorare con il corpo: in che modo si determina questo processo a tuo avviso?

La nostra è un’arte complessa ma completa: esprimersi, interpretare e lavorare con il corpo sono le chiavi di questa disciplina; non credo che avvenga in un ordine specifico, ma piuttosto che siano interconnesse tra di loro.


Oggi per far parte delle grandi compagnie di danza necessita e
ssere duttili, cogliere tutte le sfumature e avere un paritario equilibrio tecnico tra classico e contemporaneo, dico bene?

Assolutamente! Adoro entrambi gli stili ed è vero che ormai è difficile fare solamente l’uno o l’altro nelle grandi compagnie professionali. E credo che sia giusto così. È nostro dovere conservare la tradizione e così facendo continuare ad ammirarla e rispettarla ma è altresì importante dare spazio a nuovi stili, idee e concetti.


La danza negli ultimi anni ha avuto una notevole evoluzione, sia in termini fisici che tecnici,
come declini in chiave attuale le regole e il linguaggio della danza classica accademica?

Di sicuro la danza si è evoluta parecchio e sta continuando a farlo. È diventata più estrema: a partire dalle linee delle gambe, alla loro altezza, all’elasticità, alla capacità di girare e saltare. Direi che in generale, soprattutto attraverso i numerosi concorsi e gare presenti, è diventata una danza più virtuosistica e tecnica. Sono allo stesso tempo dell’idea che nell’ultimo periodo si sia arrivati a poter toccare tematiche e situazioni particolarmente importanti e delicate che è giusto abbiano un margine più spesso nel mondo che viviamo oggi.


Recentemente hai preso parte al celebre Gala “Les étoiles” di Daniele Cipriani al Teatro Arcimboldi di Milano. Come è stato esibirsi a Milano su un palcoscenico così importante?

Credo che se si possa riassumere cosa la danza mi sia riuscita a regalare fino ad adesso con una solo parola, sia “coraggio”. Coraggio di essere me stesso, coraggio di mettermi in gioco e di fare quello che veramente mi piace; coraggio di provare emozioni, ad essere felice ma anche di sentirmi triste e vulnerabile. Mi ha dato inoltre disciplina e mi ha insegnato ad essere educato, rispettoso e sensibile. Mi ha regalato la capacità di poter essere persone diverse nella stessa serata e di portare allo stesso tempo un po’ di me sul palco. Mi ha donato un bisogno; un bisogno che è incastonato nel mio essere.

 

Caro Edoardo, per terminare, cosa è riuscita a regalarti, finora, la nobile arte della danza?

Non è sempre facile: è una professione piena di “ups and downs” ma sceglierei di farlo ancora, ancora e un’altra volta ancora.

 

Michele Olivieri

 

Foto: Yenney Rojas Perez

www.giornaledelladanza.com

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