Jurgita Dronina, principal dancer del National Ballet of Canada e dell’English National Ballet, già prima ballerina presso il Royal Swedish Ballet e il Dutch National Ballet, nonché Guest Principal Artist dell’Hong Kong Ballet, in questa intervista esclusiva si racconta al Giornale della Danza.
Com’è iniziata la Sua passione per la danza?
Non avevo mai visto un balletto fino all’età di otto anni. Prima di iscriverci alla Scuola di Ballo, mia madre portò me e mia sorella al Teatro Nazionale per assistere a uno spettacolo di danza per bambini: Biancaneve e i sette nani. Io fui letteralmente rapita dai personaggi dei sette nani e iniziai ad interpretare per gioco ognuno di essi! Penso di essere stata intuitivamente subito molto interessata alla parte emozionale insita nella danza stessa, senza capire ancora a quell’età quale fosse la sua essenza, è stata una passione istintiva.
Qual è l’emozione più forte che ha provato nel corso della Sua carriera artistica?
Quello che mi affascina di più in questa professione è l’espressione del sé, l’autorealizzazione, la possibilità di immergersi completamente nel personaggio in cui ci si cala o di interpretare un determinato ruolo traducendo la musica in movimento, cercando qualcosa di etereo e spirituale e, nel contempo, rivelando qualcosa di molto crudo e personale durante l’esecuzione. La sensazione di “dare tutto fisicamente” e di essere “emotivamente esausta” dopo un’esibizione è qualcosa di davvero unico ed è un’emozione che si ripete ogni volta che sono su un palcoscenico.
Qual è il balletto che ha decretato la Sua consacrazione al ruolo di prima ballerina?
Non credo che esista un balletto che mi ha portato ad essere prima ballerina. La mia nomina come principal dancer è stato un viaggio fatto di molto lavoro e tanti ruoli che ho interpretato prima di essere nominata prima ballerina. La mia nomina ufficiale è avvenuta dopo Il Lago dei Cigni con il Royal Swedish Ballet. Da allora ho iniziato a viaggiare per il mondo, esibendomi in molte produzioni e come ospite in vari gala e ho incontrato meravigliosi artisti che mi hanno aperto nuove opportunità di danzare. Credo che a eleggermi prima ballerina, più che un balletto o un ruolo specifico, sia stato l’insieme di tutte le mie esperienze ed esibizioni a livello internazionale, dunque non c’è un momento specifico, un quando e un come il mio nome è entrato in un percorso di carriera come principal.
I momenti più salienti della Sua carriera?
Ho danzato con diversi partner in diverse compagnie e ho imparato ad adattarmi rapidamente alle situazioni, a nuove versioni dello stesso pas de deux, a goderne la spontaneità. Nella mia carriera come principal dancer sono stata invitata come guest artist per diverse produzioni nei principali teatri di tutto il mondo e ogni nuova esperienza è sempre stata per me una sfida e una motivazione in più per esplorare i ruoli che interpretavo o imparare nuove versioni dello stesso balletto, lavorare con diversi coreografi, perfezionando i ruoli, analizzandoli in profondità. Le parole davvero non bastano ad esprimere quanto io mi senta fortunata ad aver avuto l’opportunità di lavorare con così tanti coreografi e artisti in tutto il mondo. Cerco sempre di superare le mie stesse aspettative e credo di essere anche la persona più critica verso sé stessa.
Qual è il Suo balletto preferito?
Una domanda a cui non sono mai in grado di rispondere! Mi piace veramente ogni ruolo ruolo che mi venga assegnato e che in quel particolare momento sento come mio, ma, se dovessi scegliere, sicuramente tra i miei balletti preferiti in assoluto: Il Lago dei Cigni, Romeo e Giulietta, Sylvia di John Neumeier e altri che non ho ancora danzato ma che sono nel mio elenco di “must”!
Qual è il Suo coreografo preferito?
Sono affascinata dal lavoro di Crystal Pite, mi piace molto lavorare con Sidi Larbi Chercaoui e danzare le sue coreografie. Ho bellissimi ricordi anche di quando ho lavorato con David Dawson, che ha capacità uniche nel tirare fuori davvero il meglio da un danzatore che sappia andare oltre, uscendo dalla cosiddetta “comfort zone”, per rivelare qualcosa di nuovo di sé stesso. Mi piace inoltre lavorare con Christopher Wheeldon e apprezzo molto il suo linguaggio di movimento, così come mi piace essere interprete delle opere di Alexei Ratmansky. Lavorare con lui mi ispira molto e adoro essere spinta sino al limite estremo, pur mantenendo il pieno controllo della dinamica e dell’espressione attraverso l’ampiezza e l’arco di movimento.
Preferisce i ruoli classici o contemporanei?
Preferisco i ruoli classici, ma mi piace anche esibirmi in un repertorio più innovativo e contemporaneo, soprattutto se ha della profondità e lascia spazio all’artista di esprimersi.
Cosa rappresenta la danza per Lei?
Sicuramente il mio stile di vita non è solo balletto e tutù rosa, per me la danza e l’essere in scena hanno un profondo significato! La preparazione fisica, emotiva e intellettuale per ogni ruolo e opera da rappresentare sul palco diventa il modo in cui vivo, il modo in cui mi sento completamente appagata. Vivere questa dimensione esclusiva che è la vita da artista è il mio contributo al mondo attraverso questa forma d’arte, attraverso la danza, in particolare se questo porta a sostenere giovani talenti e a ispirare nuove generazioni a svolgere questa professione. A livello personale, ritengo sia molto importante creare un legame con il pubblico durante lo spettacolo ed essere in grado di dare agli spettatori ciò che desiderano e per cui sono stati spinti a venire in teatro. La danza è uno strumento molto potente.
Cosa La ispira di più?
Vedere altri artisti, non necessariamente danzatori, offrire qualcosa di eccezionale attraverso la loro professione. Dare vita alla loro storia, attraverso la musica, l’arte, la danza, la voce, le parole, i libri o qualsivoglia altra forma di espressione. Sono ispirata dal semplice essere immersa nella vita quotidiana e dall’osservazione. C’è così tanto da cui trarre ispirazione, bisogna aprire gli occhi e il cuore ed essere in grado di vederlo.
Lei si è esibita nelle più prestigiose compagnie e nei teatri di tutto il mondo, qual è il ricordo più vivido delle tue tournée?
La maggior parte della mia carriera si è svolta in Europa e adoro la storia di ogni teatro in cui mi sono esibita. Riesco ancora a ricordare l’odore associato al Royal Swedish Ballet, il palco su cui sono cresciuta come ballerina. E sono ancora molto vividi anche i ricordi delle esibizioni come guest artist con il Royal Danish Ballet. Poi, a un certo punto della mia carriera, l’Italia è stata una seconda patria per me, in particolare il Teatro San Carlo di Napoli e il Teatro dell’Opera di Roma. Ho tanti bellissimi ricordi di molte produzioni in questi due teatri. Ma l’esperienza a me più cara, che porterò sempre nel cuore, è il mio impegno con l’English National Ballet − dove ho trascorso gli ultimi tre anni dividendomi tra Londra e Toronto (sono artista a tempo pieno sia dell’ENB che del National Ballet of Canada). Questa opportunità mi ha fatto vivere davvero da sogno, offrendomi la possibilità di esibirmi frequentemente a Londra con l’English National Ballet e poi tornare a casa a Toronto ed esibirmi anche con il National Ballet of Canada. Il Coliseum di Londra è uno dei teatri in cui amo di più esibirmi, ma, in generale, ogni teatro ha una vibrazione e un’atmosfera speciali, in grado di accrescere l’esperienza artistica di un danzatore. Ogni teatro ha una sua storia e poterne far parte è davvero speciale.
In questo difficile momento, come vede il futuro della danza?
Credo che questa pandemia abbia costretto l’industria creativa a trovare nuovi modi di collegarsi con il pubblico in maniera molto rapida. Le piattaforme digitali hanno reso gli spettacoli incredibilmente accessibili e hanno offerto a danzatori e coreografi la possibilità di adattarsi a qualsiasi circostanza. Credo che questa esperienza sarà un grande valore aggiunto per quando riprenderanno gli spettacoli dal vivo. Dalla mia prospettiva, la danza sta avendo una finestra unica di possibilità di creare nuovi punti di contatto con il pubblico tramite l’accessibilità dei contenuti digitali e di impegnarsi in diversi progetti innovativi che riescono a raggiungere anche un pubblico diverso da quello che solitamente si reca a teatro. Questa è una grande opportunità per le menti creative in grado di esplorare, sperimentare e collegarsi con il pubblico in tutto il mondo attraverso il canale digitale. Ho visto un incredibile cambiamento tra i danzatori, questa pandemia ci ha portato a essere più vicini, condividendo online classi giornaliere, seminari, dibattiti, il tutto anche durante il lockdown, semplicemente stando collegati dalla nostra cucina, dal nostro seminterrato o dal nostro soggiorno. Personalmente, ho provato anche il repertorio, quando pensavo che questa pandemia non sarebbe durata così a lungo. Noi, danzatori e insegnanti, abbiamo condiviso e imparato l’uno dall’altro digitalmente, il che prima era prima inimmaginabile!
Un messaggio conclusivo
Credo fermamente in una sorta di rinascita delle arti una volta che tutto sarà finalmente di nuovo aperto e funzionante. Per ora posso solo immaginare la grande fame di spettacoli dal vivo, le idee che troveranno vita e attuazione. Al momento sogno di poter tornare sul palco, sentire gli applausi del nostro amato pubblico, poter provare ancora tutte le emozioni di quel magico mondo che è il teatro. Per molte compagnie e teatri colpiti dalla pandemia la strada da percorrere per tornare a funzionare a pieno regime non sarà facile, ma voglio credere che torneremo a danzare e riprenderemo la nostra professione con più grinta di prima e con nuove prospettive. C’è molto da imparare in questo periodo, che servirà soprattutto a realizzare quanto siano importanti gli spettacoli dal vivo per tutti noi.
Lorena Coppola
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