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Nel mito di Fred Astaire e Gene Kelly: intervista a Valeriano Longoni

Valeriano Longoni

Valeriano Longoni è nato a Milano, inizia gli studi di danza all’età di otto anni specializzandosi in varie discipline: tip-tap, classico, jazz, funky, hip-hop, break-dance. A quindici anni, parallelamente ai suoi studi di danza, prende avvio la sua carriera professionale che lo vede coinvolto accanto ai maggiori protagonisti della scena televisiva. Attualmente Valeriano Longoni è uno stimato coreografo ed organizzatore di eventi. Ha lavorato nei maggiori show delle reti Mediaset e Rai tra cui “Le Iene”, “Colorado”, “Scherzi a Parte”, “La Fattoria”, “Il brutto anatroccolo”, “Mai dire goal”, “Strano ma vero”, “Mai dire Maik”, “Matricole & Meteore”, “Buon Pomeriggio”, “Ci vediamo in tv”, “L’ottavo nano”, “Festivalbar”, “Solletico”, “La sai l’ultima?”, “Sotto a chi tocca”, “Campioni di ballo”, “Moda mare Positano”, “Buona Domenica”, “Simpaticissima”, “Super classifica Show”, “Stasera Lino”, “Pronto è la Rai?”, “Via Teulada 66”, “Fantastico 7”. Inoltre ha lavorato con Ricky Martin ed altri celebri cantanti. Per il film “Paparazzi”, per un disco, e in diverse produzioni teatrali al fianco dei più bei nomi dello spettacolo italiano. In Teatro nei Musical: “Fame-Saranno Famosi”, “Shrek”, “Jersey Boys” (Italia-Parigi), “La Febbre del Sabato Sera” (che a luglio 2017 debutterà anche all’Arena di Verona), e attualmente a “Spamalot” con Elio e le Storie Tese.

Carissimo Valeriano, con quale spettacolo sei andato in scena per la prima volta e quali emozioni conservi?
All’età di quindici anni la scuola di danza presso cui studiavo, d’accordo con mia madre, architettò un trabocchetto dicendomi che c’era un provino in Rai di Tap. Andando al casting scoprii invece che era un’audizione per una trasmissione televisiva Rai, con Loretta Goggi e il caro Gianni Brezza, che si chiamava “Il bello della diretta”. Mi dissero inizialmente che dovevo passare prima la base classica, con un insegnante del Teatro alla Scala, e lo passai… e poi feci il provino per la trasmissione. Mi ricordo che cercavo di tenermi posizionato sempre nell’ultimo gruppo per scorgere meglio la coreografia, arricchita da passi e salti, che non avevo mai eseguito, però andò bene e passai il provino. C’era una giuria Rai che sovrintendeva a tutto e quando mi avvicinai al bancone mi chiesero: “Ma quanti anni hai?”, lì pensai che fosse tutto finito dal momento che avevo solo quindici anni, ma la Signora della commissione si alzò dalla sedia e stringendomi la mano mi fece i complimenti… bellissima ed indimenticabile sensazione!

Qual è il sacrificio più grande e quali compromessi richiede la danza e la carriera artistica?
Si dice che “non è tutto oro quello che luccica”! Ci vuole molto sacrificio, sia fisico che mentale, il quale però ti porta, innanzitutto, ad una disciplina e al rispetto delle persone e dei ruoli! Ora sono poche le scuole che insegnano esattamente la strada e il percorso artistico da compiere.

Quali consigli ti senti di offrire ai giovani che sognano fortuna nel mondo dello spettacolo?
Il suggerimento è quello di studiare tutte le discipline e non solo quelle in voga al momento, più stili si apprendono e più si ha la possibilità di entrare nel mondo del lavoro!

Sei stato danzatore e coreografo in alcune tra le più importanti trasmissioni televisive italiane, hai mai sentito il peso di essere sempre all’altezza?
Certo un minimo di insicurezza lo abbiamo tutti e quando vedi il lavoro finito sul palcoscenico pensi sempre che avresti potuto fare meglio… ma questa credo sia una critica costruttiva per migliorarti ogni volta di più.

Ma com’è nato, da piccolo, il tuo amore per la danza?
All’età di sette anni vedendo i film con Fred Astaire e Gene Kelly, chiesi ai miei genitori di intraprendere delle lezioni di danza, dopo un anno viste le mie insistenze, i miei si arresero e mi portarono a Milano a lezione di tip tap ed in quella scuola imparai anche il classico, e altri stili di danza tra cui quelli da sala, caraibici ecc. All’età di tredici anni, uscì il film “Break Dance” e mi innamorai di quella disciplina, cambiai scuola di danza ed iniziai a studiarla. Oltre alla break mi concentrai anche sul perfezionamento del classico, jazz, hip hop e dal tap inglese passai a quello americano senza tralasciare la formazione nel canto e nel teatro/danza.

Tra tutti i tuoi incontri artistici con chi hai avuto maggiore empatia?
Ci sono tante persone che stimo, ma soprattutto le persone umili con i piedi per terra!

Quali emozioni provi oggi a ripensare ai grandi successi televisivi del passato di cui hai fatto parte?
Rivedendo quello che ho fatto provo enormi emozioni. Ero sempre il più giovane e all’età di sedici anni mi trasferii a Roma per lavorare in Rai in “Fantastico 7”, “Canzonissima” e tante altre trasmissioni entrate nella storia della televisione italiana.

Tra tutti i coreografi con i quali hai lavorato chi ha fatto la differenza?
Ho lavorato un po’ con tutti, da Brian e Garrison a Franco Miseria, da Marco Garofalo a Gianni Brezza ed altri ancora… ognuno di loro mi ha insegnato parecchio facendomi capire l’importanza di studiare più stili.

Ti aspettavi, da giovane, tutto quello che ti sarebbe accaduto intraprendendo la carriera professionale?
Certamente no! Abitavo in un paesino che si chiama Arsago Seprio, in provincia di Varese, ma ogni giorno andavo a studiare danza a Milano con tutte le problematiche legate a quell’età. I miei amici giocavano a calcio mentre io fui costretto a smettere per via della muscolatura e della mancanza di tempo! Non so esattamente il motivo, ma vedevo nel mio futuro, il mondo artistico!

Com’è cambiata la televisione dai tuoi esordi ad oggi?
È cambiata tantissimo, una volta dovevi passare la base classica prima di accedere al provino in Rai, superata questa fase iniziale poi potevi prendere parte ai casting per i vari programmi. A quei tempi la formazione era più seria ed articolata, doveva risultare completa… ora questo aspetto è secondario. Il ballerino televisivo era un autentico professionista completo!

Se dovessi stilare una sorta di classifica tra tutte le trasmissioni di successo in cui hai preso parte, quali metteresti sul podio?
Domanda difficile!! Diciamo “Fantastico 7” dov’ero l’attrazione di Tap e in quel periodo la trasmissione faceva, in termini di ascolti e gradimento, almeno 14 milioni di telespettatori a serata e ricordo che quando andavo in giro per Roma sembravo una vera celebrità!

Possiedi ancora un sogno nel cassetto nel mondo dello spettacolo?
Il mio sogno è quello di non aver sempre delle restrizioni nel budget e nelle direttive da parte di persone che hanno una visione artistica limitata.

Insegni danza?
Non insegno danza perché già lo faccio quando realizzo le coreografie preferendo dedicarmi esclusivamente a questo aspetto nella sua totalità.

Per le tue creazioni da cosa ti lasci ispirare?
Da tante cose… quando è possibile dalle esperienze vissute, dal genere musicale, da quello che vedo in giro, dalle sensazioni, dallo stato d’animo ma anche da quello che richiede il mercato, a seconda della situazione e del lavoro proposto.

Come ti ha realizzato, in termini personali, l’aver scelto il mondo dello spettacolo?
Ammetto che mi ha fatto capire ed intendere innumerevoli regole per decidere “chi voglio” e “chi non voglio” essere!

 

Michele Olivieri
Foto: Archivio
www.giornaledelladanza.com

 

 

 

 

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