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Passione e mistero si sdoppiano a Bologna: “Carmen/Bolero” di Merola e Soavi

Passione e mistero si sdoppiano a Bologna: “Carmen/Bolero” di Merola e Soavi

 

Un doppio appuntamento con la danza contemporanea è stato protagonista lo scorso 26 gennaio alle ore 21 al Teatro Duse di Bologna: si tratta dello spettacolo Carmen/Bolero, performato dalla MM Contemporary Dance Company.

Come chiaramente enunciato dal titolo, un piacevolissimo omaggio a due delle opere musicali più celebri e distintive degli ultimi due secoli, rese ancor più uniche per l’occasione dagli intermezzi di Stefano Corrias (per Bolero) e dei Los Panchos (per Carmen), così diversi nella partitura melodica da connotare le coreografie apparentemente “distanti” l’una dall’altra. Ma sarà stato davvero così?

Michele Merola per il suo omaggio al capolavoro di Ravel costruisce un “atto unico” di passi a due, assoli e pezzi d’insieme a diretto contatto con una struttura di carta a fisarmonica, modellabile su qualsiasi azione scenica. Forse un muro, un rifugio, un’alcova, un separè: non è ben chiaro, e non importa che lo sia. C’è, ed è protagonista di ogni storia danzata tanto quanto gli eccezionali ballerini che ne eseguono i movimenti: è un libro aperto alla pagina di un amore intenso ma segreto; è lo spioncino intrigante sull’erotismo tanto anelato; è la barriera che – seppur valicabile – allontana due mondi che probabilmente non intendono appartenersi a vicenda; è, infine, scenografia di turbinose sequenze coreografiche, dove la tecnica supera di gran lunga l’espressività e, ciononostante, un’emozione non fallisce di colpire dritto al cuore.

Tutto questo nell’atmosfera più dark che lo stesso compositore francese non sarebbe riuscito a “disegnare” nel 1928: costumi neri e palcoscenico semibuio, maculato soltanto dalle chiome bionde e rosse di due danzatrici dell’ensemble. Fino a quando, sul finale, l’incalzare del brano orchestrale sconvolge l’equilibrio di questo mondo soffuso e misterioso, convertendo gli abiti corvini in candide vesti, tela pittorica perfetta su cui uno splash di luce giallognola scontorna ogni gesto ritmato a tal punto da renderlo estraneo e di ben altra natura.

L’applauso, dunque, al genio creativo dell’artista è del tutto meritato, così come ai sette performer: Paolo Lauri, Fabiana Lonardo, Alessio Monforte, Giovanni Napoli, Nicola Stasi, Gloria Tombini e Lorenza Vicidomini.

L’elogio alla Carmen è, invece, merito di Emanuele Soavi, al cui titolo originale ha deciso di far seguire uno spiritoso “sweet”. Spiritoso sin dall’inizio della coreografia, in cui Stasi, quasi come un malizioso folletto, si contorce e accarezza con una tale disinvoltura da sfiorare la ridicolezza, introducendo senza dubbio il filone interpretativo della scena appena dietro il rosso sipario.

Polvere di gesso e pece depositate ovunque sul palcoscenico (dal pavimento agli abiti e corpi dei danzatori) favoriscono l’aleggiare di una nuvola bianca che incornicia perpetuamente ogni sequenza di danza e pantomima. Un efficace effetto di “spettacolarità”, un apprezzato escamotage per svecchiare il capolavoro di Bizet, sempre contemporaneo – anche dopo un secolo e mezzo.

C’è qualcos’altro, però, che calamita l’attenzione del pubblico: i sentimenti del plot dell’opéra-comique sono presentati in maniera del tutto anticonvenzionale, quasi come fossero i dettagli di tutt’altra storia: Don José, paladino della giustizia sopraffatto dalla folle gelosia, sembra il bullo di quartiere che ottiene sempre ciò che desidera; Escamillo, suo diretto concorrente al cuore della zingara protagonista, ricorda solo un divo hollywoodiano borioso ed egocentrico; Carmen, femme fatale e oiseau rebelle, fronteggia le sfide d’Amore e del Fato in un mood di sottomissione più che di spavalderia.

Tutto è chiaro, insomma: l’eterna vicenda del trio amoroso, costellata di carnalità, gelosie e patimenti, non può essere circoscritta a un libretto di moltissimi anni fa. Carmen compone la nostra essenza senza schemi predefiniti, appartenendo alla nostra cultura radicalmente e senza pregiudizi. Le scelte registiche di Soavi ne sono la riprova, ed è proprio lo scrosciante applauso di chiusura a suggellarne il messaggio ricevuto.

 

Marco Argentina

www.giornaledelladanza.com

Michele Merola / Bolero © Luca Vantusso

Emanuele Soavi / Carmen sweet © Maurizio De Nisi

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