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Storia della danza. Alla riscoperta di balletti dimenticati di Flavia Pappacena

IMMAG 4 Robert chiostro

 

Il “Balletto delle suore” in Robert le diable (1831)

 

È opinione comune che La Sylphide di Filippo Taglioni (Opéra 1832), primo balletto romantico francese, abbia un precedente nel “Balletto delle suore” che andò in scena all’Opéra nel 1831 all’interno (atto III, scena VI) dell’opera Robert le diable di Giacomo Meyerbeer (libretto di Eugène Scribe e Germain Delavigne). Il “Balletto delle suore” è infatti definito il primo caso di ballet blanc della storia del balletto francese. Ma cos’è questo “Balletto delle suore”? Quale è l’identità di queste monache?

Il “Ballet des nonnes damnées” (Balletto delle suore dannate) – titolo originale – non è propriamente un balletto, ma un breve intermezzo integrato nella trama dell’opera in cui suore dannate, invocate dal Demonio, escono dai loro sepolcri situati nel chiostro del convento di Santa Rosalia a Palermo per indurre Robert a profanare la tomba della Santa e rubare un ramoscello magico stretto tra le mani della statua. Si tratta di un soggetto nel gusto del romanzo gotico allora di tendenza (si pensi a Frankenstein di Mary Shelley e a The Vampire di John William Polidori), che si cibava di spettri, tombe, chiostri abbandonati, sinistre atmosfere lunari. E l’elemento inquietante era l’abito monacale di cui alcune suore si liberavano per abbandonarsi a movimenti orgiastici. Bianco abito monacale, non tutù, che fu inserito solo dopo il successo de La Sylphide.

Ma nel “Balletto delle suore” un altro aspetto a nostro avviso è particolarmente interessante e non sufficientemente considerato: la funzione attribuita alla dolcezza, all’amabilità, alla levità di tocco del fantasma della Madre Badessa interpretata da Maria Taglioni. I leggeri passi sulle punte e gli aggraziati atteggiamenti di testa e di braccia della Taglioni non erano l’espressione di una eterea creatura angelica, ma al contrario subdoli e perversi strumenti di persuasione ideati dal Diavolo per circuire Robert e fargli smarrire la percezione della realtà e del senso morale.

Una tattica simile, seppur molto smorzata nei tratti e non connessa all’aspetto demoniaco, è riconoscibile nella protagonista de La Sylphide, balletto concepito pochi mesi dopo dal cantante Adolphe Nourrit, interprete di Robert, e coreografato dallo stesso Filippo Taglioni per la figlia Maria. La Silfide, folletto capriccioso e volubile, anche se sinceramente attaccato a James, usa tutte le grazie femminili per indurre il giovane scozzese a disertare la cerimonia delle proprie nozze prospettandogli un’evasione tanto vaga quanto ingannevole.

Ma anche la terribile Madre Badessa del “Balletto delle suore” di Robert le diable a sua volta ha un precedente: le Silfidi del Faust, dramma di Anthony Béraud (tratto dal Faust di Goethe), rappresentato tre anni prima al teatro parigino della Porte Saint-Martin (1828). Tra clamori sinistri, scenari spaventosi, fantasmi, sparizioni e apparizioni magiche, amabili Silfidi attirano Faust con una subdola “Valse de fascination” invocata da Mefistofele (atto I, scena II). La coreografia era di Jean Coralli che qualche anno dopo (1841) sarà l’autore di larga parte delle danze del balletto Giselle.

In conclusione, alla base del “Balletto delle suore” troviamo due aspetti centrali del balletto romantico – il contrasto tra elemento cristiano ed elemento pagano e il tema della tentazione – che nel prossimo appuntamento vedremo impiegati in Le Violon du diable di Arthur Saint-Léon (1849), il famoso coreografo di Coppélia.

Rif. bibl. Flavia Pappacena, Storia della danza in Occidente, vol. II, Il Settecento e l’Ottocento, Gremese, Roma, 2015, pagg. 141-145; 150-156.

Flavia Pappacena

www.giornaledelladanza.com

 

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