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Coronavirus: situazione critica per i teatri, aumenta la crisi della danza

Di tutti i settori colpiti dal coronavirus, sicuramente i teatri sono tra i più danneggiati e soffrono fortemente la ripartenza. Eppure proprio durante il lockdown ci siamo resi conto del ruolo essenziale dell’arte e della cultura per la vita umana. La danza, la musica, i film sono attività necessarie per la crescita e per lo sviluppo umano, ma nonostante ciò la politica ha deciso di metterle ai margini. Le restrizioni attuali per le sale teatrali prevedono una capienza massima di 200 persone distanziate in platea. Tutto ciò non fa che dare il colpo di grazia alle attività culturali. E’ notizia  di soli pochi giorni fa che calerà il sipario sullo storico Salone Margherita, il “bagaglino” di via Due Macelli a Roma. I riflettori si sono spenti lo scorso 30 settembre, complice la crisi dovuta al covid-19 e le pressioni della Banca d’Italia, proprietaria dell’immobile, che chiedeva indietro lo stabile. Una notizia che ci lascia profondamente basiti e rattristati. Un pezzo della nostra Italia che va miseramente in frantumi. La ripartenza dei teatri sembra essere un miraggio.

L’ATIPAssociazione Teatri Italiani Privati, ha inviato lo scorso 5 ottobre una lettera al Premier Giuseppe Conte, al ministro della Salute Roberto Speranza e al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini per la ripartenza dei teatri

Una mossa eseguita in vista dell’emanazione del nuovo DPCM che limiterebbe nuovamente la capienza dei locali di pubblico spettacolo fissandola indistintamente a 200, non consentendo quindi alle Regioni di derogare tale limite in relazione all’andamento della curva epidemiologica e alla reale capienza delle sale. L’ATIP, l’Associazione Teatri Italiani Privati, intende esortare le istituzioni ad attuare una valutazione mirata al settore teatrale privato che prenda in considerazione la assoluta capacità dei gestori di applicare ogni regola esistente affinché sia garantita l’incolumità dello spettatore. Insomma la Roma dei teatri sanguina. Anche il Sistina ha annunciato la chiusura più di un mese fa, mentre per l’Eliseo sarà una morte annunciata. Il Teatro Valle dopo l’occupazione non ha più riaperto. Al posto del Teatro dell’Angelo, situato nello storico quartiere romano di Prati, sorgerà un centro commerciale. Le norme anti covid hanno dato il colpo di grazia ad un settore completamente abbandonato dallo Stato, con eccezione di pochissimi teatri.

Il coronavirus ha portato ad una crisi nera ai teatri

Sono stati persi più di un milione di spettatori e 24 milioni di euro nei soli mesi di marzo, aprile e maggio. E dal Comune nessun segnale al settore. L’ultimo DPCM varato dal Governo italiano lascia inalterate le misure già in vigore per il settore dello spettacolo. Non cambiano le norme per i teatri. Gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto continueranno a svolgersi con posti a sedere preassegnati e distanziati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, con il numero massimo di 1000 spettatori per spettacoli all’aperto e di 200 spettatori per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala. Ma c’è di più: diversamente rispetto al recente passato, e per evitare fughe in avanti considerate allo stato inaccettabili, in base al nuovo decreto legge anti-Covid le regioni da oggi potranno adottare solo misure anti contagio più restrittive di quelle disposte dai DPCM del Governo.

La difficile ripartenza dei teatri italiani

In tutta Italia i teatri si avvicinano alla stagione autunnale nel segno dell’incertezza, con la difficoltà di poter affrontare una programmazione certa. La ripresa dopo il lockdown è iniziata in primavera con due decreti che stabilivano le misure per tornare in scena, per avviare una ripartenza dei teatri. A luglio quasi tutti i grandi teatri erano ripartiti, proponendo spettacoli all’esterno. Il distanziamento è il problema più grande da affrontare poichè l’attività culturale è un’attività di aggregazione, non è quindi facile applicarlo.

L’incertezza data dal rischio di un nuovo picco di contagi complica la programmazione per la ripartenza dei teatri

Oggi la parola chiave per i teatri è “flessibilità”, per adattarsi a ogni possibile imprevisto. Per la ripartenza dei teatri non si può più contare sui turisti ma solo sui cittadini. Nei centri delle città mancano in primo luogo le persone, soprattutto quelle che arrivano dall’estero. In Italia è un’assenza che pesa e si sente più o meno ovunque, da Nord a Sud. Per tutti i teatri è arrivato il momento di allestire le opere con nuovi criteri, reinventarsi, aprire le strutture a capienza ridotta. Si è cercato di ammortizzare il crollo dei ricavi del 2020 con l’ aiuto del governo e con il taglio alle spese dovuto alla chiusura durante il lockdown. Ora si cerca una nuova normalità.

Dal Teatro dell’Opera di Roma arriva forse uno degli esempi più chiari per capire l’impatto economico della pandemia

La premessa suggerita dal sovrintendente Carlo Fuortes per la ripartenza dei teatri è che i 1.400 posti della struttura sono diventati 500 o 600, e possono arrivare a 700 se tutti i palchi si riempiono di congiunti. Ma è difficile: si lavora in media al 40 per cento della capienza. Le spese dei teatri intanto non si arrestano. Oltre ai consueti canoni di affitto degli edifici, c’è la voce sanificazione. L’aiuto del governo è in quei 130 milioni stanziati in aggiunta ai fondi del Fus, il Fondo unico per lo spettacolo. Il meccanismo attraverso il quale il governo italiano fornisce sostegno finanziario a enti, associazioni e imprese del cinema, della musica, della danza e appunto del teatro.

La ripartenza dei teatri ora è diventata una necessità. Ma è anche una quadratura economica molto difficile e laboriosa. Il futuro del teatro si presenta con spettacoli ripensati per il coronavirus e con il pubblico distanziato, con le dirette streaming e con la speranza di riuscire trovare una via d’uscita. Al momento la strada da percorrere è molto difficile.

Elena Parmegiani

www.giornaledelladanza.com 

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