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Con tre maestri del Novecento torna la danza alla Scala

ÉTUDES
Il più celebre balletto di Harald Lander fu creato nel 1948 al Teatro Reale di Copenaghen per il Royal Danish Ballet; Lander ne presentò una nuova versione nel 1952 all’Opéra di Parigi, che divenne quella di riferimento rimontata per le più grandi Compagnie in tutto il mondo. Alla Scala venne presentata per la prima volta nel 1994, poi nel 1995 e l’ultima presenza sul nostro palcoscenico risale al 2001. Così lo stesso Harald Lander commentava la sua produzione: “Études significa davvero molto per me poiché questo balletto è l’espressione della mia personalità e di ciò che credo la danza debba essere. Danzare non è solo consegnare al pubblico alcuni passi. Lo scopo del balletto è combinare quanto più possibile spirito, danza e musica”. Études è un omaggio alla danza. Il balletto segue i ballerini dalle cinque posizioni di base ai passi più difficili, dal duro lavoro in sala prove fino alla più brillante ed elegante performance in scena, mostrando i diversi aspetti dell’arte del Balletto, dalla spiccata abilità alla più pura espressione romantica. Il balletto è costruito come un crescendo, e termina con un finale mozzafiato e coniuga verve e stile. Una sfida per un’intera Compagnia. A cura del compositore danese Knudåge Riisager l’adattamento e l’orchestrazione degli Studi per piano di Carl Czerny: troviamo le sue parole citate nel programma scaligero del 2001 “ho proposto come base di questa partitura dei temi degli Studi di Czerny soprattutto perché il loro carattere semplice e chiaro ha, nei suoi principi, qualcosa in comune con la danza classica e le sue cinque posizioni. Così come gli elementi fondamentali della scuola di danza di Bournonville e il loro sviluppo conducono fino al virtuosismo, i temi di Czerny producono anch’essi uno sviluppo consimile, partendo dagli esercizi di diteggiatura per condurre l’allievo fino alla maestria del concertista. Naturalmente, questo materiale doveva essere ‘drammatizzato’ per mezzo di un trattamento orchestrale appropriato, capace di portare colore e luce, gioia e slancio, alla secchezza degli esercizi”.

PETITE MORT
Jiří Kylián creò Petite Mort su commissione del Festival di Salisburgo nel secondo centenario della morte di Mozart (1991). Per il suo lavoro scelse le sezioni lente di due tra i concerti per pianoforte più belli e famosi del compositore: l’adagio del Concerto per pianoforte e orchestra in la magg. n. 23 K 488 e l’andante del Concerto per pianoforte e orchestra in do magg. n. 21 K 467. Il Corpo di Ballo della Scala ebbe l’onore di acquisirlo in repertorio nel 2006, all’interno della Serata Mozart che ospitava anche un’altra coreografia di Jiří Kylián, Sechs Tänze). Risale al 2019 l’ultima presenza in scena alla Scala, nella serata Balanchine Kylian Béjart. Queste le parole di Jiří Kylián (L’Aja, 23 settembre 2007): “Petite Mort è un modo poetico e stranamente significativo per descrivere l’estasi di un rapporto sessuale. In francese, e in alcune altre lingue, questa sensazione viene descritta come ‘piccola morte’. E può essere che, nel momento del piacere (o nel momento in cui potenzialmente si crea una nuova vita) ci ricordiamo del fatto che le nostre vite hanno una durata relativamente corta, e che la morte non è mai troppo lontana da noi. Nel mio lavoro, ho basato la mia coreografia su due movimenti lenti da due famosissimi Concerti per pianoforte di Mozart. Li ho ritagliati dai movimenti veloci, lasciandoli come torsi mutilati, che giacciono impotenti davanti a chi ascolta e a chi guarda. Giacciono come gli antichi torsi, senza braccia e gambe, incapaci di camminare o di abbracciare. Non c’è dubbio che è perverso fare una cosa simile. Ma lo si fa. E io non faccio eccezione. Viviamo in un mondo in cui nulla è sacro. Dal tempo in cui la musica di Mozart fu creata, e ancora oggi, tante guerre sono state combattute e molto sangue ha dovuto scorrere sotto il ‘Ponte del Tempo’. E sono stati soprattutto gli uomini a brandire le spade per mostrare la loro forza e il loro potere. Ed è sempre una ‘Morte’ che accompagna le nostre vite, a volte è ‘piccola’, altre volte è ‘grande, ma è la compagna più fedele che abbiamo, dall’alba della nostra esistenza fino alla fine.”

BOLÉRO
Nell’anno che celebra i centocinquant’anni dalla nascita di Maurice Ravel, torna in scena il balletto con cui un altro Maurice, Béjart, rese immortale questa composizione. Béjart creò il suo Boléro nel 1961 a Bruxelles, con debutto al Théâtre Royale de la Monnaie; sul tavolo rosso la magnetica Duska Sifnios, poi per la prima volta nel 1979 un uomo, Jorge Donn. Alla Scala apparve nel 1980 e non poteva essere che Luciana Savignano, l’interprete italiana prediletta, a impersonare la Melodia. Da allora accanto a Luciana Savignano, alla Scala si sono esibiti anche alcuni grandi guest come Jorge Donn, Patrick Dupont e negli anni duemila Sylvie Guillem (e, in due occasioni, il Tokyo Ballet) fino al 2018 quando sul palcoscenico della Scala debuttano i quattro interpreti scaligeri che tornano ora in scena in questo titolo, visto l’ultima volta nel 2019, nel Trittico Balanchine Kylián Béjart, e nel 2020 nella speciale cornice del Gala di Balletto. ”Il mio Bolero – diceva Raveldovrebbe portare un motto: ‘ficcatevelo bene in testa!’” Più seriamente, spiegava poi: “Nel 1928, su richiesta di Madame Rubinstein (Ida Rubinstein, celebre danzatrice e attrice russa), avevo composto un Bolero per orchestra. Si tratta di una danza molto moderata come movenze e di uniformità costante sia per la melodia che per l’armonia e il ritmo, quest’ultimo scandito incessantemente dal tamburo. L’unico elemento di diversità è dato dal ‘crescendo’ orchestrale”. Maurice Béjart precisa in questi termini la sua concezione dell’opera di Ravel: “musica fin troppo nota e tuttavia sempre nuova grazie alla sua semplicità. Una melodia (di origine orientale, non spagnola) si avvolge instancabilmente su se stessa, aumentando progressivamente di volume e d’intensità, divorando lo spazio sonoro e inghiottendolo alla fine della melodia”. Senza voler descrivere ulteriormente questo balletto che si spiega da sé, sottolineiamo che Maurice Béjart, in uno stile molto differente, si riallaccia allo spirito del Sacre du Printemps, nel senso che, al contrario di coloro che hanno prima di lui illustrato coreograficamente il Boléro, egli ripudia tutte le facilità del pittoresco esteriore per esprimere unicamente – ma con quale forza! – l’essenziale. Béjart, inoltre, affida il ruolo centrale (la Melodia) indifferentemente ad un danzatore o ad una danzatrice. Il ritmo viene invece interpretato da un gruppo di danzatori.

Tre capolavori di diverse epoche del Novecento: il primo appuntamento del Balletto scaligero dopo la pausa estiva sarà un vero tributo alla danza, a quell’arte a cui ogni membro del Corpo di Ballo diretto da Frédéric Olivieri si dedica fin dalla prima sbarra alla mattina, in un impegno quotidiano che si sublima nell’interpretazione del linguaggio e della creatività dei grandi Maestri, nella loro originalità stilistica.

Simbolo ne è Études di Harald Lander, raffinata rappresentazione del lavoro dei danzatori dai difficili anni di formazione verso la perfetta fusione di arte e tecnica, sull’arrangiamento e orchestrazione di Knudåge Riisager degli Studi per piano di Carl Czerny. Torna alla Scala dopo oltre vent’anni e apre questa serata come vera vetrina per tutto il Corpo di Ballo nei vari movimenti di un irresistibile crescendo; importante debutto per le attuali forze della Compagnia e gli artisti delle ultime generazioni, questa produzione proprio per la complessità e la attenzione tecnica che richiede, viene concessa solo a specifiche compagnie nel mondo, una piccola élite. Impegnato un organico di ventiquattro danzatrici (12 in bianco, 12 in nero) dodici danzatori, una ballerina principale e tre ballerini principali: nella recita di apertura, poi il 24, 28 e 30 settembre Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, Nicola Del Freo, Marco Agostino; nelle recite del 23, 25 e del 3 ottobre Alice Mariani, Mattia Semperboni, Navrin Turnbull, Gabriele Corrado; nelle recite del 26 settembre e 2 ottobre Martina Arduino, Darius Gramada, Edward Cooper, Marco Agostino.

Cuore pulsante del trittico Petite Mort di Jiří Kylián con il suo fluido inanellarsi di momenti di gruppo e splendidi passi a due dalle diverse tonalità, da quella lirica a quella appassionata e aggressiva, creato sulle sezioni lente di due tra i concerti per pianoforte e orchestra più belli e famosi di Mozart, il n. 23 e il n. 21 (al pianoforte Takahiro Yoshikawa). Per la ripresa di questo balletto, che vede protagonisti – come recitano le note di sala – “sei uomini, sei donne, e sei fioretti, che hanno la funzione di essere veri partners danzanti e talvolta di sembrare più indisciplinati e ostinati di un partner in carne e ossa”, vedremo Martina Valentini con Domenico Di Cristo, Agnese Di Clemente con Eugenio Lepera, Giulia Frosi con Nicola Del Freo, Nicoletta Manni con Timofej Andrijashenko, Alice Mariani con Christian Fagetti – in alternanza con Martina Arduino con Gabriele Corrado – Alessandra Vassallo con Marco Agostino. Nelle recite del 24, 28 settembre, poi 2 e 3 ottobre le sei coppie saranno Stefania Ballone con Matteo Gavazzi, Marta Gerani con Marco Messina, Francesca Podini con Gioacchino Starace, Antonella Albano con Darius Gramada, Martina Arduino con Gabriele Corrado – in alternanza con Alice Mariani con Christian Fagetti – Maria Celeste Losa con Edoardo Caporaletti.

Travolgente la chiusura della serata, con un altro “cult”, Boléro, per un altro mostro sacro della coreografia del Novecento, Maurice Béjart, Non ha bisogno di presentazioni questa icona sulla musica di Ravel, rituale dalla potente sensualità e dalla trascinante intensità in cui Béjart, affida il ruolo centrale (la Melodia) indifferentemente ad un danzatore o ad una danzatrice, mentre il Ritmo viene interpretato da un gruppo di danzatori. Torna alla Scala con Roberto Bolle, nuovamente protagonista sul mitico tavolo rotondo (nelle recite del 22, 24, 28 e 30 settembre) e con gli altri artisti scaligeri a cui fu affidato fin dal 2018 il ruolo della Melodia: Virna Toppi (23 settembre e 2 ottobre), Martina Arduino (25 settembre e 3 ottobre), Gioacchino Starace (26 settembre).

In buca l’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala, sul podio dirige il Maestro Simon Hewett.

22, 23, 24, 25, 26, 28, 30 settembre; 2, 3 ottobre 2025
TRITTICO LANDER / KYLIÁN / BÉJART

Études
Balletto e coreografia Harald Lander
Musica Carl Czerny
Adattamento e orchestrazione Knudåge Riisager
Coreografia ripresa da Johnny Eliasen
Consulenza artistica Lise Lander
Luci Teatro alla Scala da Harald Lander
Produzione Teatro alla Scala

Petite Mort
Coreografia e scene Jiří Kylián
Coreografia ripresa da Elke Schepers
Musica Wolfgang Amadeus Mozart
Costumi Joke Visser
Luci Jiří Kylián realizzazione di Joop Caboort
Supervisione alle luci e alle scene Joost Biegelaar
Pianoforte Takahiro Yoshikawa
Produzione Teatro alla Scala

Boléro
Coreografia Maurice Béjart
Supervisione coreografica Gil Roman
Coreografia ripresa da Gil Roman e Piotr Nardelli
Musica Maurice Ravel
Luci originali riprese da Marco Filibeck
Produzione Teatro alla Scala

Direttore
Simon Hewett

Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala

DATE
Lunedì 22 settembre 2025 – ore 20 – Prima rappresentazione – Turno Prime Balletto
Martedì 23 settembre 2025 – ore 20 – Invito alla Scala per Giovani e Anziani
Mercoledì 24 settembre 2025 – ore 20 – Turno P
Giovedì 25 settembre 2025 – ore 20 – Fuori abbonamento
Venerdì 26 settembre 2025 – ore 20 – Turno H Balletto Under30 e 30/35
Domenica 28 settembre 2025 – ore 20 – Fuori abbonamento
Martedì 30 settembre 2025 – ore 20 – Turno R
Giovedì 2 ottobre 2025 – ore 20 – Fuori abbonamento
Venerdì 3 ottobre 2025 – ore 20 – Fuori abbonamento

INFO: www.teatroallascala.org

Michele Olivieri

Foto di Brescia-Amisano, Teatro alla Scala

www.giornaledelladanza.com

© Riproduzione riservata

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