“Pascal!” è questa la prima parola che sentiamo pronunciare a Carolyn Carlson entrando al Teatro Remondini di Bassano del Grappa, dove si è esibita nell’ambito di Operaestate. Noi stiamo sbirciando eccezionalmente le sue prove, lei si sta rivolgendo a uno dei tecnici, che deve essere preciso al millesimo di secondo con la musica. Perché se c’è una cosa sicura, è che Carolyn Carlson ha una visione precisa di quello che vuole creare e su come metterlo in scena, e infatti, dopo aver provato l’assolo Immersion che la vede interprete, aggiunge: “non applaudite, per favore, non andava bene”. Precisa come se avesse un sguardo esterno che le permette di criticare il proprio lavoro, ma anche estremamente generosa: la devono trascinare via dall’incontro con i giornalisti (un incontro casuale, perché lei stessa non voleva lasciarci andare senza almeno due parole, e al quale eravamo presenti insieme a due colleghe, curatrici di blog di danza), lavora instancabilmente con i propri danzatori, e infine decide anche di incontrare il pubblico dopo lo spettacolo. Perché Carolyn Carlson vuole una danza che vada incontro al pubblico, e risponda a un’esigenza che il pubblico stesso ancora non sa di avere: “prima di tutto bisogna coinvolgere le persone, ...
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