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Il Mandarino Meraviglioso: storia, personaggi, curiosità e trama

La pantomima in un atto composta composta da Béla Bartók tra il 1918 e il 1919 è basata su un racconto scritto da Melchior Lengyel. La prima esecuzione avvenne il 27 novembre 1926 all’Opernhaus di Colonia (Germania) con regia, scenografia, costumi di Hans Strobach e, come interpreti, Ernst Zeiller (Mandarino), Wilma Aug (ragazza), Hans Robert (vecchio cavaliere), Helmut Zehnpfenning (giovane), Josef Horn, Hans Salomon, Josef Weiser (tre malviventi). La versione originale della partitura era affidata all’azione mimica con ampi segmenti musicali in forma recitativa per restituire in toto la messa in atto. Le riletture successive hanno condotto la partitura ad una forma nettamente più sinfonica. Il debutto scatenò una sommossa e una palpabile insofferenza tanto che Bartók non ebbe mai più l’occasione di vedere la sua creazione in scena.

La trama è ambientata nella periferia di una metropoli dove tre malviventi costringono una ragazza ad adescare uomini, da una finestra, per poi aggredirli e derubarli una volta entrati nella stanza. Il primo a cadere nel tranello è un anziano nobile decaduto che rivolge alla giovane grottesche avances; non avendo denaro viene subito liquidato dai tre che lo gettano dalla finestra dopo avergli rubato i pochi spiccioli dalle tasche. Arriva poi un timido giovane che muove a compassione la ragazza, ma anch’egli è povero e i tre loschi figuri lo eliminano con brutalità, quindi spingono nuovamente la donna ad adescare altri passanti. Il terzo e ultimo cliente è il Mandarino, un uomo dalla forte presenza, con una valigia piena d’oro. Pensando solo al denaro nella sua vita, il cinese ha sempre represso l’impulso dei sensi. La giovane, per adescarlo, incomincia a ballare in modo fortemente provocatorio e sensuale e il Mandarino, inizialmente impassibile, si avvicina a lei e si unisce alla danza in modo selvaggio. I tre malviventi lo colpiscono, lo derubano e tentano di ucciderlo soffocandolo; ma qualsiasi cosa i delinquenti facciano il Mandarino non soccombe, nemmeno quando è trafitto da pugnalate. Egli è spinto da un impulso sessuale che trascende i limiti umani e si lancia verso la ragazza. Viene infine preso e impiccato, ma continua a dimenarsi con una vitalità esasperata. Allontanatisi i malviventi, la giovane donna alla fine comprende che l’uomo deve possederla e acconsente. Solo dopo il Mandarino, avendo colto il suo primo vero momento di vita, torna umano, inizia a sanguinare dalle ferite e può morire.

 

Dopo la prima di Colonia, ecco l’elenco di alcune delle principali versioni coreografiche nella storia recente e attuale della danza.

Nel 1931 a Budapest, l’Opera ungherese presenta il balletto ancora in forma di pantomima, ma viene subito proibito per ragioni morali dopo la prova generale, senza mai più andare in scena, la regia era di Lászlo Márkus.

Al Teatro alla Scala di Milano si vede nel 1942 in debutto mondiale in forma di balletto su coreografia di Aurelio M. Milloss, scenografia e costumi di Enrico Prampolini, con interpreti Aurelio M. Milloss (il Mandarino), Attilia Radice (la ragazza), Filippo Morucci (il vecchio cavaliere), Guido Lauri (il giovane studente), Giovanni Brinati, Teofilo Giglio, Adriano Vitale (i tre malfattori) direttore d’Orchestra János Ferencsik. Aurel Milloss contattò Bartók e con lui discusse della possibilità di realizzare una versione in forma di “dramma coreografico”, pensando che soltanto la danza unita alla musica potesse rappresentare le suggestioni e le dinamiche espressive che il dramma narrava. Bartók concordò con Milloss la nuova versione del suo lavoro e l’artista ungherese iniziò a realizzare la coreografia in forma privata. Quando nel 1942 Milloss venne invitato alla Scala per la creazione di opere contemporanee, riuscì a presentare il suo “Mandarino meraviglioso”; l’opera riscosse un grande successo di pubblico e di critica. Milloss spostò l’azione dall’interno di una stanza ad una strada di periferia; nella sua versione la ragazza non è una prostituta, ma una giovane costretta ad attirare possibili vittime e che, con la sua bontà, arriva alla fine a liberare il Mandarino, dando un senso umano e morale a tutta la vicenda.

Nel 1945, sempre su coreografia di Aurelio M. Milloss, lo spettacolo andò in scena al Teatro Adriano di Roma, con scenografia e costumi di Toti Scialoja nell’interpretazione dello stesso Milloss e Lia Dell’Ara.

Nello stesso anno al Teatro dell’Opera di Budapest andò in scena “Il Mandarino Meraviglioso” su coreografia di Gyula Harangozó, scenografia e costumi di Gustáv Oláh, con protagonisti Erno Vashegyi e Melinda Ottrubay.

Al “New York City Center”, nel 1951, con il “New York City Ballet”, la coreografia venne creata da Todd Bolender su scenografie di Alvin Colt, con interpreti Hugh Laing e Melissa Hayden.

Al Teatro Municipale di Rio de Janeiro, nel 1954, la coreografia di Aurelio M. Milloss venne proposta sulla scenografia e i costumi di Lazar Segall, con interpreti Cristian Uboldi e Lia Dell’Ara (poi in scena anche al Teatro Comunale di Firenze con gli stessi interpreti).

All’Empire Théâtre (Sadler’s Wells Ballet) di Edimburgo nel 1954, il coreografo Alfred Rodrigues propose una personale versione con scenografia e costumi di Georges Wakhevitch. A danzare nei ruoli protagonisti Michael Somes ed Elaine Fifield.

Al Teatro di Francoforte sul Meno si vide il balletto nel 1955 su coreografia di Herbert Freund mentre nello stesso anno il titolo calcò le tavole del palcoscenico del Teatro La Fenice di Venezia con la coreografia di Jean-Jacques Etchevery (scenografia e costumi di Jean-Pierre Ponnelle).

Altre versioni si sono viste nel 1956 al Teatro dell’Opera di Budapest con le coreografie di Gyula Harangozó danzate da Ernö Vashegyi e Gabriella Lakatos. Al Teatro dell’Opera di Stato di Vienna (1956) il balletto fu ammirato su coreografia di Erika Hanka mentre al Teatro Nazionale di Belgrado, sempre nello stesso anno, la coreografia era firmata da Dimitrije Parlić.

Nel 1957 al Teatro dell’Opera di Stato di Monaco di Baviera la coreografia venne creata da Alan Carter; al Teatro dell’Opera di Zurigo poi fu la volta della coreografia di Hans Macke; al Teatro Massimo di Palermo venne proposto l’allestimento di Aurelio M. Milloss rimontato da Lia Dell’Ara con interpreti Boris Trailine, Lia Dell’Ara (la stessa edizione fu ripresa anche a Brescia al Teatro Grande e a Mantova al Teatro Sociale con protagonisti Milorad Miskovitch e Lia Dell’Ara).

Nel 1958 a Parigi presso il Théâtre des Champs-Elysées “Il Mandarino Meraviglioso” fu oggetto di interesse da parte del “Ballet de France Janine Charrat” con la coreografia di Ernö Vashegyi, scenografia e costumi di M. Röthlisberger, interpreti lo stesso Ernö Vashegyi e Vera Pásztor. La stessa coreografia con i medesimi protagonisti si è vista anche ad Amsterdam nel 1959 per il “Nederlands Ballet”.

Al Teatro Bellini di Catania nel 1960 la coreografia ha portato la firma di Dimitrije Parlić con i ballerini Miljeno Vikich e Sonia Kastl (nell’edizione del Balletto dell’Opera di Stato di Zagabria). Nel 1961 a Bruxelles, al Théâtre Royal de la Monnaie la coreografia era quella realizzata da Dimitrije Parlić; a Mosca presso il Teatro Bolshoi (con il titolo “Città di notte”) la coreografia era quella di Aurelio M. Milloss (scenografia e costumi di Leonid Lavrovsky) con protagonisti due artisti d’eccezione come Nina Timofeyeva e Maris Liepa.

Nel 1964 al Teatro Comunale di Firenze la creazione di Aurelio M. Milloss fu accompagnata dalle scenografie e dai costumi di Emanuele Luzzati, con interpreti Lothar Höfgen e Tilly Söffing; mentre a Praga con il “Ballet Praha” la coreografia venne ideata da Lubos Ogoun.

Sempre nel 1964 si ricorda nuovamente la versione coreografica di Dimitrije Parlić per il Teatro dell’Opera di Roma con Marisa Matteini (la ragazza), Walter Zappolini (il Mandarino), Carlo Fiorani, Mauro Maiorani e Claudio Rulli (i tre malfattori), Alfredo Raino (il vecchio bellimbusto) e Mauro Bigonzetti nel ruolo dello studente.

Nel 1967 al Teatro dell’Opera di Copenaghen si vide “Il Mandarino Meraviglioso” con il “Balletto Reale Danese” su coreografia di Flemming Flindt, scenografia di Haanung, con interpreti Flemming Flindt e Vivi Gelker. A New York andò in scena al Metropolitan Opera House su coreografia di Joseph Lazzini. Mentre nel 1968 troviamo il balletto in prima parigina all’Opéra-Comique con la coreografia di Milko Sparemblek.

Nel 1968 Mario Pistoni crea una sua acclamata versione coreografica, scegliendo come ballerina solista la futura grande étoile Luciana Savignano che ottiene la prima importante affermazione nel mondo della danza. Al suo fianco oltre allo stesso Pistoni altri storici nomi scaligeri quali Tiziano Mietto, Angelo Moretto, Gildo Cassani, Dario Brigo, Antonio Greco (nella ripresa degli anni settanta anche con Giancarlo Morganti).

Nel 1992 Maurice Béjart monta il suo “Le Mandarin Merveilleux” sulla musica di Béla Bartók, per il “Béjart Ballet Lausanne” alla Salle Métropole di Losanna con interpreti Martyn Fleming, Domenico Levrè, Anne-Cécile Morelle, Koen Onzia, Gil Roman. Ripreso poi nello stesso teatro nel 2000 con Octavio Stanley, Martin Vedel, Pasquale Alberico, Stéphane Bourhis, Michael Pomero, Julien Favreau (attuale direttore artistico del “Béjart Ballet Lausanne”), Alexandra Bansch, Aude Bretholz, Juichi Kobayashi, Domenico Levré.

Nel 1996 arriva sulle scene anche la raffinata versione su musica di Bartók, firmata da Uwe Scholz, celebre artista e direttore dapprima del “Balletto di Zurigo” ed in seguito di “Leipzig Ballet” dal 1991 fino alla sua prematura scomparsa avvenuta nel 2004.

Nel 2007 troviamo la grottesca versione per il “Balletto del Grand Théâtre” di Ginevra firmata da Kader Belarbi (artista francese il quale ha trascorso la sua carriera al Balletto dell’Opéra della capitale francese tra il 1980 ed il 2008, appartenendo allo storico periodo di Rudolf Nureyev a Parigi, essendo inoltre nominato étoile dallo stesso Nureyev nel 1989), su musica di Béla Bartok, drammaturgia di Anne Deniau, scenografia di Rémi Nicolas e Jacqueline Bosson.

La coreografa Lucinda Childs, una delle figure più importanti della danza post-moderna americana degli anni Settanta e allieva di Merce Cunningham, ha creato il “Mandarino meraviglioso” nel 2004 per il “Ballet de l’Opéra National du Rhin” ai tempi diretto da Bertrand d’At (oggi dall’ex étoile dell’Opéra di Parigi Bruno Bouché) su musiche di Béla Bartók, con l’allestimento scenico e i costumi di Rudy Sabounghi. Una rilettura particolarmente interessante di stampo espressionista che ha lasciato venire a galla il realismo crudo del mondo contemporaneo.

Nel 2012 Mario Piazza al Teatro Filarmonico di Verona concepisce “Il Mandarino Meraviglioso” (abbinato nella stessa serata a “Pulcinella”) realizzando coreografie, scene e costumi con una modulità lineare e moderna. Protagonista il danzatore Jason Reilly del “Balletto di Stoccarda” e Yunieska Legrà Sànchez. Sempre nel 2012 in collaborazione per regia e coreografia con Jo Kanamori ed in coproduzione con il “Festival Saito Kinen”, il direttore d’orchestra ungherese Zsolt Hamar affronta con l’Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino, la “Noism Dance Company” e il “MaggioDanza” le sinistre atmosfere notturne della musica di Bartók nel balletto “Il Mandarino Meraviglioso” facendolo seguire dall’unica opera scritta da BartókIl castello del duca Barbablù”.

Nel 2023 la “Budapest Festival Orchestra” ha eseguito il “Mandarino meraviglioso” con le coreografie della “Eva Duda Dance Company”, fondata da Eva Duda. La compagnia di danza contemporanea ungherese è salita alla ribalta per la sua ricerca volta a mescolare tradizione e innovazione. Lo spettacolo è andato in scena all’Accademia Santa Cecilia per l’ospitalità del “Bridging Europe Festival” di Budapest, fondato nel 2013 da Iván Fischer.

Si ha memoria nel tempo anche di versioni create da Oleg Danovski, Gigi Caciuleanu, Mai Murdmaa, Jean Jacques Etchevery e Jean-Christophe Maillot.

Il Mandarino Meraviglioso” ha ispirato inoltre un libro pubblicato nel 1996 con il medesimo titolo, scritto dall’autrice  Asli Erdoğan che la pose subito all’attenzione del panorama letterario turco. Uscito in Italia nel 2014 dall’editore Keller, è una novella notturna, e come tale può essere solo poetica, immaginifica, frammentata in piccoli testi, dialoghi, pensieri e racconto. Della protagonista, la voce narrante, si estende in una storia di solitudine, senso di perdita e spaesamento in una Ginevra oscura e fuorviante. Ben appunto il titolo prende il nome dal balletto dell’ungherese Béla Bartók (1881-1945), ispirato ad una antica leggenda cinese.

 
Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

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