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La Scala e il 7 dicembre: un rito civile, culturale e mondano

Ogni 7 dicembre, mentre Milano celebra il suo patrono Sant’Ambrogio, il sipario del Teatro alla Scala si alza per inaugurare la nuova stagione lirica.

È un appuntamento che travalica l’ambito musicale: un rito civile, culturale e mondano che da oltre settant’anni scandisce l’identità della città e la sua relazione con il teatro d’opera più celebre del mondo.

Sebbene il teatro sia stato inaugurato nel 1778, la tradizione del 7 dicembre come apertura ufficiale è relativamente recente.

Solo a partire dal secondo dopoguerra la scelta del giorno del patrono milanese si impose con regolarità, trasformando l’avvio della stagione lirica in un momento simbolico della rinascita cittadina.

La data, perfetta sintesi tra devozione civica e vocazione culturale, richiama ancora oggi l’idea di una Milano che trova nell’arte un elemento identitario fondamentale.

L’inaugurazione della Scala non è semplicemente la prima di un’opera. È un evento che muove istituzioni, diplomazia, alta società e opinione pubblica.

Gli elementi rituali restano saldi: la presenza delle autorità, tradizionalmente il Presidente della Repubblica, il Sindaco, i rappresentanti del governo e del mondo culturale siedono nei palchi istituzionali.

Il red carpet milanese: un tappeto rosso non dichiarato ma socialmente percepito, dove sfilano volti della cultura, dell’imprenditoria, dello spettacolo e della moda, trasformando i foyer in un mosaico di eleganza e osservazione sociale.

Il pubblico competente: gli spettatori della prima sono noti per la loro severità. Alla Scala non basta l’emozione: serve la perfezione, e una serata inaugurale può segnare la fortuna di un cantante o di un direttore.

Il 7 dicembre non è mai un appuntamento banale. La scelta dell’opera inaugura un percorso artistico e spesso indica la linea culturale del sovrintendente o del direttore musicale.

La centralità del repertorio italiano, in particolare Verdi, rimane una costante storica, anche se negli ultimi decenni non sono mancate aperture al grande melodramma europeo e a titoli meno usuali.

L’attesa per i debutti: il pubblico vive la prima come un terreno di prova. Un nuovo allestimento, un giovane talento o un direttore al suo esordio scaligero possono diventare parte del mito o essere travolti dalla severità del loggione.

La ritualità sonora: dal brusio prima del fischio Si spenga la luce alla precisione con cui l’orchestra accorda, fino al boato di applausi (o ai mormorii, quando il pubblico non è convinto). Ogni gesto ha un senso, ogni suono una storia.

Il rito scaligero non appartiene solo al teatro: è un’estensione dell’identità urbana.

Nel centro storico, tra via Manzoni e piazza della Scala, le istantanee si ripetono da decenni: le carrozze di un tempo e le auto lucenti di oggi, che depositano ospiti vestiti con abiti da gala.

Le orchidee e gli addobbi che decorano l’ingresso, segnando un confine fra la frenesia commerciale del periodo natalizio e la sacralità laica della cultura. La folla esterna, fatta di appassionati e curiosi, che segue l’arrivo degli ospiti come una vera e propria cerimonia collettiva.

Negli ultimi anni, inoltre, la Prima della Scala è diventata un evento diffuso, proiettato in diretta nelle piazze milanesi, nei teatri periferici, nei cinema e persino nelle carceri. Una democratizzazione del rito che conserva l’aura esclusiva dell’interno, ma permette alla città di partecipare all’emozione.

Le trasformazioni sociali e tecnologiche hanno influito anche sulla tradizione scaligera: la presenza dei media internazionali ha reso la serata un palcoscenico globale. I social media hanno introdotto un nuovo tipo di “critica istantanea”, dove foto, giudizi e impressioni vanno online mentre l’opera è ancora in corso. Le scelte artistiche inclusive riflettono una Scala sempre più attenta alle nuove generazioni, alla sostenibilità e alla diversità culturale.

Eppure, nonostante i cambiamenti, l’essenza resta la stessa: il 7 dicembre è una festa della città, un dialogo tra memoria e contemporaneità, un appuntamento capace di rinnovarsi senza tradire la propria natura.

L’inaugurazione della Scala non è solo l’apertura di una stagione lirica: è un rituale che intreccia arte, identità e società.

In quella sera di dicembre, Milano si guarda allo specchio attraverso la sua musica, i suoi riti e la sua storia.

E ogni anno, quando l’orchestra attacca le prime note, la città torna a ricordare che la cultura, più di qualsiasi celebrazione, è il suo vero cuore pulsante.

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

©️ Riproduzione riservata

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