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“Mi nutro di danza”: intervista a Vito Conversano

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Vito Conversano è nato a Napoli. Dall’anno 2003 ha frequentato i corsi della Scuola di ballo del Teatro San Carlo di Napoli sotto la direzione della Signora Anna Razzi e vanta un numero tale di esperienze nazionali e internazionali. Dopo la Scuola entra a far parte del Corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo diventando, in breve tempo, Solista con la direzione del M° Luciano Cannito. Nel 2010 si classifica secondo nella trasmissione televisiva “Amici di Maria De Filippi”. Nel 2011 per una stagione diventa membro dell’“English National Ballet” di Londra. Nel 2012 diventa ballerino Solista al Teatro Maggio Musicale Fiorentino sotto la direzione di Francesco Ventriglia dove viene inserito in produzioni di prestigio danzando al fianco di celebri ballerine. Nel 2013 viene invitato dal “Moscow Ballet” per una tournée in più di sessanta città in Usa e Canada ballando come primo ballerino nel ruolo del Principe nello “Schiaccianoci”. Nello stesso anno entra a far parte del “Balletto del Sud” a Lecce sotto la direzione di Fredy Franzutti ballando al fianco della divina Carla Fracci. Nel 2014 si aggiudica la nomina a Primo Ballerino Solista presso l’“Israel Ballet” a Tel Aviv ed in seguito si è trasferito presso “Ness Ziona Ballet Israel”. Attualmente è free lance.

Carissimo Vito, raccontami com’è nata la passione per la danza? A che età hai iniziato a ballare?

La mia passione per la danza è nata per puro caso, prima ero un ginnasta poi alcuni problemi mi hanno portato a lasciare questo sport che ritengo sia stupendo. Da allora non potevo stare fermo a non fare nulla e incuriosendomi sulla danza in generale ho provato ad intraprendere quella moderna con scarsi risultati… Preso dalla poca speranza e dallo sconforto arrivò l’estate e andai in vacanza, fu lì che frequentandomi con una mia amica carissima il caso volle che la madre di lei si fosse diplomata al Teatro San Carlo di Napoli molti anni prima e così presentandomi a persone che lei conosceva, ebbi la possibilità di sostenere un’audizione presso il teatro stesso, risultando idoneo. Da lì prese avvio la mia strada verso l’arte della danza, avevo quindici anni.

Quale è stata la tua formazione?

La mia formazione è stata esclusivamente al Teatro San Carlo di Napoli dove ho frequentato tutti i corsi dell’anno accademico per cinque ore al giorno ed otto anni, fino al raggiungimento del meritato diploma in cui portai, come passo d’addio, lo “Spectre de la rose”.

Come ricordi l’esperienza alla scuola del San Carlo di Napoli?

L’esperienza in quel teatro è stata magica, ricordo il profumo degli strumenti musicali, i suoni, percepivo nell’aria il sentore dell’arte, amici, nemici, persone che ti fanno crescere anno dopo anno, la stanchezza, il sacrificio, la voglia e soprattutto la forte passione. Il ricordo della mia cara direttrice Anna Razzi e le sue esigenze affinché tutti noi potessimo diventare dei veri professionisti.

Parlando della Signora Razzi, un tuo personale ricordo?

Mi manca moltissimo lei! Le voglio un gran bene. Mi è dispiaciuto molto che abbia dovuto cedere la direzione. È una donna che sa cos’è la danza e sapeva trasmetterlo a ragazzi come noi che volevamo arrivare! Era molto severa ma la ringrazio perché è anche merito suo la mia carriera di artista e ballerino!

Chi ti ha aiutato o ha creduto di più in te?

Sicuramente e maggiormente i miei cari genitori che con tanti sacrifici, fin da piccolo non hanno mai spezzato il mio sogno.

Qual è stato lo spettacolo di danza al quale hai assistito come spettatore che ti ha maggiormente emozionato?

Ce ne sono tanti ma credo quello che mi ha lasciato a bocca aperta è sicuramente “Annonciation” di Angelin Preljocaj. Una coreografia da comprendere fino in fondo, l’ho amata infinitamente. L’emozione che ho provato è stata immensa!

Secondo te, quali sono le qualità fondamentali che un giovane danzatore dovrebbe possedere?

Secondo me le qualità che un giovane danzatore dovrebbe possedere sono principalmente credere in se stesso. Da piccolo non ero molto magro e proporzionato e molte volte non mi ci vedevo a ballare come altri miei colleghi longilinei o muscolosi; però la mia forza di volontà ha voluto portarmi lontano con determinazione e sicurezza. Ho imparato ad amarmi. La determinazione e la costanza credo non bisognerebbe abbandonarle mai, anzi un danzatore ha bisogno di un carattere duro e non deve arrendersi. Purtroppo o per fortuna nella mia vita ho preso sinceramente pochi “no”, ma quei pochi che ho ricevuto sono stati decisivi a farmi crescere e a rimboccarmi le maniche ancor di più. E infatti sono arrivato all’Israel Ballet con la nomina a Principal e ho coronato il mio sogno nell’interpretare i grandi ruoli in palcoscenico al fianco di una compagnia di alto profilo.

Oltre la danza, nutri altre passioni?

Di passioni assolutamente ne ho tante. Nutro la passione per il surf, quando posso metto muta e vado con la mia tavola a surfare il mare, lo amo e quando sono nell’acqua un po’ come per la danza entro in un mondo estraneo e mi faccio trasportare dalla spensieratezza stando bene con me stesso.

Che tipo di esperienza è stata con il Moscow Ballet West?

Magnifica. Girare con un bus quasi buona parte degli Stati Uniti americani e vedere moltissime culture, tantissimi teatri, ben sessanta città diverse, persone da tutto il mondo, posti megagalattici, era come vivere in un film, non potrò mai dimenticarmela, è stata un’esperienza che porterò per sempre dentro di me… I ritmi frenetici con ben più di sessanta spettacoli tra Schiaccianoci, Bella Addormentata, Cenerentola… Augurerei a tutti di lavorare all’estero per un po’ perché ti forma professionalmente e ti apre la mente a 360 gradi.

Hai un mito della danza, del presente o del passato, al quale ti ispiri?

Il mio mito in assoluto è Roberto Bolle, al quale mi ispiro. Fin da piccolo, da quando ho iniziato la carriera, ritrovavo un qualcosa in lui che mi assomigliasse o credo e spero. Molte persone mi chiamavano “Bollicino” in teatro, forse per questo? Anzi “Bolle senza muscoli”…

Cosa ricordi di “Amici”? I pro e i contro della trasmissione?

“Amici” per me è stato un passaggio della mia vita iniziato e finito dove, personalmente, non lo rifarei come allievo ma proverei come professionista, forse. “Amici” mi ha fatto crescere nel passo a due, in generale mi ha arricchito di elementi che nonostante la scuola frequentata ancora non conoscevo. “Amici” mi ha aperto il cuore, mi ha fatto conoscere un lato di me che era nascosto. “Amici” mi ha regalato l’opportunità di andare a Londra presso l’English National Ballet dove ci sono rimasto lavorando con la compagnia. “Amici” non è per la danza io credo, la danza deve stare in teatro come un soprano o un orchestrale… Il ballerino classico deve stare a casa sua, per me quella è la tv e lì ci devono andare persone che poi vogliono intraprendere la carriera televisiva. Non insegna nulla ai giovani danzatori che vogliono costruirsi una carriera nel teatro ma anzi li distoglie da questa tirandoli verso un mondo più televisivo, ben diverso da quello “classico” accademico teatrale.

Qual è il sacrificio più grande che richiede l’essere danzatore?

Sicuramente il privarsi di una vita adolescenziale. Poi ci sono tanti esempi di sacrificio; per esempio il mio fu proprio quello di andare a lavorare per pagarmi parte degli studi con l’aiuto anche dei miei genitori. Andavo al lavoro, poi a danza e poi si ritornava a fare il commesso fino alla sera, questo per me è stato il sacrificio più grande!

Cambieresti qualcosa nel mondo della danza in cui ti sei formato?

Cambierei molte cose e se dovessi elencarle tutte non basterebbe un giorno. Dico solo che mi dispiace che la danza non venga considerata come altri settori strategici dell’arte. La danza è sempre la prima arte verso la quale viene puntato il dito nel momento in cui ci sono da operare dei tagli, con la conseguente chiusura dei corpi di ballo; cambierei questo, ovvero darei importanza alla danza per far sognare le giovani promesse permettendo loro di poter lavorare nel proprio paese, invece di essere costretti a trasferirsi all’estero a causa della troppo burocrazia, così come è successo a me!

Quali sono i tuoi maestri che vuoi citare maggiormente e perché?

Dopo la scuola ho avuto la fortuna di iniziare ad intraprendere il mondo della professione e conoscere parecchi maestri. Coloro che vorrei citare maggiormente sono Raffaella Renzi, Luciano Cannito, Michele Villanova, Giampiero Galeotti e Ugo Ranieri: perché mi hanno fatto crescere tecnicamente dandomi i giusti consigli, spronandomi mentalmente e professionalmente, insegnandomi il modo per poter danzare al meglio e da vero ballerino che si rispetti, dandomi inoltre l’opportunità di affrontare il mondo della danza stesso che si sarebbe posto contro di me e con loro ho avuto le armi per proteggermi e volare alto.

Come sei arrivato poi al Teatro Massimo di Palermo?

Diplomandomi in Scuola di ballo al San Carlo mi sono subito rimboccato le maniche mettendomi in gioco. Sostenendo audizioni per mostrare tutto quello che avevo imparato durante gli anni di formazione. Fui scritturato al Teatro Massimo dopo il diploma (la chiamo fortuna) perché non tutti trovano lavoro e il giusto incastro nelle compagnie! Superata l’audizione entrai nel corpo di ballo migliorando sempre più e ballando prestigiosi balletti classici.

Che insegnamenti hai tratto da questa esperienza?

Essendo una compagnia non c’era un maître fisso ma un via vai di insegnanti ogni settimana più o meno, ma non nascondo che ogni docente ha il suo metodo e non possono piacerti tutti quindi sicuramente avevo le mie preferenze… ma non ho mai saltato una classe!

Palcoscenico del San Carlo e palcoscenico del Massimo… quali emozioni nell’entrare in scena in due tempi dell’arte mondiale?

Sono due grandissimi enti lirici riconosciuti in tutto il mondo per le loro maestranze. Credo che il San Carlo dia una fortissima emozione forse perché è il teatro dove sono cresciuto, ho ballato su moltissimi palcoscenici ma il San Carlo mi ha regalato quello che nessun altro palco mi ha mai dato!!

Grazie al secondo posto di Amici hai avuto l’accesso al prestigioso “English National Ballet” di Londra. Che aria si respirava nella celebre istituzione e quali sono stati i tuoi momenti di maggiore orgoglio con la Compagnia?

ENB è una compagnia estera composta da circa sessanta ballerini provenienti da tutto il mondo. E più si è e più c’è competizione e voglia di uscire e mostrarsi, quindi su questo lato è stata durissima, ma io non mi sono mai arreso. Ricordo che avevo da imparare “Suite en blank”, “L’uccello di fuoco” e “La sagra della Primavera” di McMillan ma come sostituto e non avevo recite come cast! La mia fortuna, per modo di dire, fu l’infortunio di un collega francese, così mi misero sotto esame inserendomi nella prova ed io diedi il meglio conoscendo ogni passo senza l’aiuto da parte di nessun collega! Mi aggiudicai tutte le serate come primo cast. Fu la soddisfazione più grande della mia vita!

Mentre al Maggio Musicale Fiorentino diretto da Francesco Ventriglia a quale produzione che hai danzato sei più affezionato? Il ruolo che ti è rimasto nel cuore per emozione ed empatia?

Porterò sempre nel cuore Firenze e il Maggio, lì stavo benissimo e stavo facendo carriera a piccoli passi da ballerino di fila a solista e poi sostenendo ruoli da primo ballerino! Prima che la nota compagnia chiudesse. Ho ballato tanto e anche al fianco di noti nomi della danza internazionale. Il ruolo e il balletto a cui sono affezionato è sicuramente “I quattro temperamenti” di Balanchine, interpretavo “il sanguigno” uno dei passi a due più difficili della creazione al fianco della magnifica Federica Maine sotto la severissima supervisione nelle prove del “Balancine Trust” e del professionalissimo Giampiero Galeotti.

Hai fatto parte anche del “Balletto del Sud” di Fredy Franzutti e hai potuto danzare sul palcoscenico con Carla Fracci. Quale magia si era creata al fianco di una tra le più grandi ballerine italiane ed étoile internazionale?

Con Carla Fracci ho avuto il piacere di danzare in “Orfeo & Euridice” a Lecce. Mi ha insegnato come si tiene sul serio una partner, ero in continuo stress di non poterlo fare al meglio anche dovuto alla forte tensione e responsabilità di dover condividere la scena con un mito quale è lei, ma alla fine è stato un trionfo e ricordo il momento come se fosse ieri!

Hai vissuto a Tel Aviv essendo stato Primo ballerino dell’Israel Ballet. Raccontaci com’è stata questa avventura e quali le sensazioni di vivere a Tel Aviv?

Sono arrivato a Tel Aviv il 2 settembre del 2014, trovo sia una città meravigliosa e interessante come del resto tutto il paese, inizialmente è partito da quando vivevo a Firenze ed ero solista presso il teatro Maggio Musicale Fiorentino. Lì vivevo con due ragazzi tra cui un israeliano ballerino proveniente da Tel Aviv, il quale lavorava in un’altra compagnia a Firenze. Dopo le tristi condizioni della Compagnia di cui facevo parte dovetti lasciare la città e ritornare nella mia Napoli dove poi sarei partito per l’America pochi mesi dopo, a distanza di un anno venni contattato dal mio ex coinquilino di Firenze che nel frattempo era ritornato a Tel Aviv con il successo di essere stato preso presso la compagnia dell’Israel Ballet, chiedendomi se mi poteva interessare un contratto da Principal Dancer presso la compagnia stessa, dato che il direttore ne cercava uno. Presi l’aereo e mi precipitai a Tel Aviv dove vinsi l’audizione come primo, e da lì ebbe inizio la mia esperienza all’interno dell’Israel Ballet. Ho interpretato Basilio in “Don Quicotte”, ballato “Moon” dei Complextion, primo in una creazione in chiave contemporanea con musica di Stravinsky “Game on” di Ido Tadmor, il principe nello “Schiaccianoci” e tanti altri spettacoli.

Qual è stato il punto di forza del Corpo di ballo israeliano?

In quel corpo di ballo mi trovavo benissimo, tutti solidali e rispettosi, gli altri colleghi calorosi e sempre pronti ad aiutarsi reciprocamente. La maggior parte dei danzatori proveniva da differenti parti del mondo come Russia, Giappone, America, Francia, Colombia, Svizzera, Olanda ecc. Ah dimenticavo l’Italia!! E si respirava un’aria di assoluta pace e professionalità anche se il lavoro era moltissimo e i ritmi frenetici. Eseguivamo tantissimi spettacoli, tipo una ventina ogni mese.

Come ti sei trovato a vivere in Israele? E soprattutto com’è il pubblico e come vivono l’arte della danza?

In Israele mi sono trovato benissimo, c’è il mare, il sole, la gente calda, la bellissima città, l’ottimo clima e gli amici. Non ci si stanca mai! Il pubblico israeliano credo sia molto preso dall’arte e dalla cultura in generale… Sono stato felice dell’esperienza perché danzando ruoli principali e di rilievo, ai ringraziamenti a fine spettacolo, sono sempre riuscito a percepire il pubblico e il suo gradimento e quello che io ho potuto trasmettere a loro! Ricordo che c’era sempre “sold out”, anche perché la Compagnia non si esibisce solo nel teatro stabile di Tel Aviv, ma in giro per tutto il paese. Essere stato primo ballerino è una responsabilità enorme che può esaltare oppure impaurire; sul palco tutti ti guardano e ti giudicano; bisogna ballare in maniera professionale per potersi far notare fra tutti i tuoi colleghi e portare in alto il nome della compagnia stessa, non sempre è facile ma riuscirci ti riempie il cuore di orgoglio soprattutto quando alla critica piaci… perché quando l’emozione è a mille e non ti senti le gambe è in quel momento che bisogna combattere per una prestazione quanto meno all’altezza del ruolo, in cui gli altri hanno creduto!

Come mai, recentemente, hai lasciato il “Ness Ziona Ballet Israel”?

La storia è molto lunga ma cercherò di farne un riassunto: l’Israel Ballet è stata una fortissima esperienza fisica e mentale, non c’era un attimo di tregua. Ma in qualche modo bisogna poter vivere anche bene, specialmente se si è lontani dalla propria casa, e purtroppo quella città è molto cara e per quanto lo stipendio fosse sufficiente non bastava per coprire le spese. Licenziandomi ebbi un’offerta da un’altra compagnia sempre israeliana ma non a Tel Aviv bensì a “Ness Ziona” più a sud! Accettai e iniziai ma in un momento mi accorsi guardandomi allo specchio durante le prove di Franz in “Coppelia” che non era quello che io avrei voluto veramente dalla mia vita! Desideravo il mio paese ed una stabilità sentimentale. Potermi realizzare sì ma nella mia città qualunque fosse il mio lavoro! Ma affrontando tutta la vita all’estero e sapendo il momento critico in Italia riguardo alle compagnie ho lasciato gli ormeggi e mi sono dedicato alla mia vita e a tutto quello che mi faceva stare bene ovvero lo sport! Adesso mi occupo di insegnare a ragazzi con la voglia di ballare tutto il mio amore per la danza, dandogli quello che so e che mi hanno insegnato nella mia carriera! Ma ballo anch’io in TV o in giro. Onestamente in questo momento non ho voglia di chiudermi in un teatro, per ora!!

Cosa ami di Napoli che la rende una città unica?

Di Napoli amo la città, i profumi, il cibo e soprattutto gli amici… ma è normale anche perché essendo la mia città nativa non la cambierei con nessun altro posto al mondo! Si può viaggiare e vivere altrove ma alla fine si ritorna sempre al proprio nido. E soprattutto amo i colori della mia gente!

Oggi ti dedichi anche al fitness e allo sport. Hai forgiato e costruito il tuo corpo tutto muscoli, come mai questa svolta su una nuova vita dedicata alla palestra?

Sono molto esteta ma credo che la cosa fondamentale sia la salute, il mangiar bene e il tenersi in forma, così si affronta la vita in maniera totalmente diversa. Non dico che un ballerino non lo faccia ma con lo sport e il fitness sei tu e il tuo corpo e nessun altro. È una forte passione la mia, ma come ogni disciplina che si rispetti non è per niente facile costruire un corpo atletico, anzi è difficilissimo. Ci sto lavorando ma ci vogliono anni di duro lavoro ma quando intraprendo qualcosa ci credo veramente e lo porto a termine o quanto meno cerco di farlo ad alti livelli. Il fitness mi fa stare bene sia fisicamente che mentalmente e questo è importante!

Sei soddisfatto dei risultati raggiunti con la cura del tuo corpo a livello atletico?

Ahahhaha “no assolutamente no” il mio goal è un altro e sto lavorando per arrivarci quanto meno il più vicino possibile. Il corpo è una fisarmonica va e viene e il combattimento più grande è l’alimentazione e lì sta il segreto oltre un fortissimo e costante allenamento. Sono un po’ fissato e ambizioso!

Cosa rappresentano per te i tatuaggi?

I miei tatuaggi sono la mia vita che sta camminando. Ognuno di loro ha un forte significato e passaggio esistenziale che mi ha segnato fortemente. Quando li guardo mi riportano a quel momento vissuto e mai dimenticato che è stato un click in più che mi ha migliorato sia come uomo sia come artista. Spero quando sarò vecchio di poterli ancora guardare, ricordando quei momenti!

Ti stai dedicando anche agli shooting perché hai intrapreso la carriera di modello, giusto?

Veramente ho sempre fatto lavori come immagine adesso un po’ di più data la mia trasformazione fisica… mi sono sempre divertito nel tempo libero così. Come d’altra parte anche i grandi ballerini fanno, si divertono a posare per aziende e spot!! Nulla di serio però mi diverte e mi fa guadagnare!!

Ma la danza rimarrà sempre il tuo “primo amore”?

La danza è il mio amore, è una cosa diversa. La danza è la mia vita comunque e ovunque! Mi nutro di danza in ogni singolo momento della mia vita!! Un ballerino è un ballerino e morirà tale!!

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

Foto di Federica Capo

 

 

 

 

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