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Una questione di “stile”: intervista a Gabriella Cohen

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Gabriella Cohen nasce a Torino e si diploma presso il Teatro alla Scala di Milano e al Teatro Bolschoi di Mosca. È stata acclamata interprete di “Giselle”; ideale personificazione delle eroine romantiche, indimenticabile nella trasfigurazione dei suoi cigni. Gabriella Cohen viene riconosciuta dalla critica italiana come “l’erede della grande tradizione del balletto classico italiano”. Una carriera da étoile internazionale, la partnership con grandi danzatori quali Attilio Labis, Patrice Bart, Raffaele Paganini, Vladimir Derevianko, Paolo Bortoluzzi, Marco Pierin, Fredéric Olivieri, Gabor Kevehasi, Peter Breuer e la volontà di recare nel mondo lo stile di danza italiano. All’età di sedici anni partecipa alla tournée europea dei “Giovani Solisti del Bolscioj” ed è la prima volta per una danzatrice italiana; in seguito sarà ospite fra l’altro, del “London Festival Ballet”, dell’“Opera di Budapest”, del “Ballet Royal de Wallonie”, di svariate compagnie europee oltre che di tutti i principali Teatri italiani, svolgendo numerose tournées in Inghilterra, Belgio, Israele, Ungheria, Francia, Germania, Stati Uniti, Porto Rico e Canada. Nei primi anni Settanta si esibisce al Centro per le Sperimentazioni Artistiche di Boissano con il recital “Musica per una Ballerina”. Fra il pubblico lo scuoltore Cèsar, il pittore Arman e la vedova di Lucio Fontana. In seguito a questo evento il celebre artista della pop art, Andy Warhol decide di ritrarla. “Gonfalone d’Oro”, “Sagitario d’Oro” (1979), “Premio Positano” nel 1973 e, al valore nel 1987 oltre a diversi altri premi e riconoscimenti. Partecipa in qualità di ospite in programmi televisivi italiani, spagnoli, francesi e belgi. Per la RAI fra l’altro ha presentato per due anni consecutivi il Festival Internazionale del Balletto in diretta. Ha riscosso successi come coreografa con “Le Nozze d’Aurora”, “Romeo e Giulietta”, “Coppelia”, “Schiaccianoci”, “Jonathan Livingston” e numerose altre coreografie originali. Attualmente si dedica all’insegnamento poiché intende trasmettere alle nuove generazioni, la tradizione del balletto classico, neoclassico e del repertorio a suo tempo appresa da grandi insegnanti quali Yvette Chauviré, Anton Dolin, Patricia Neary, Assari Plisetzky, Sofia Nicolaievna Golofkina, oltre che dal Corpo insegnante dei Teatri Bolscioj e della Scala.

Carissima Gabriella cosa ti ha spinta verso Tersicore, da bambina?
Entrai nella sala ballo della scuola dove studiava mia sorella due anni più grande di me, avevo tre anni e… le sbarre, l’odore della pece, gli specchi tutto era magia tutto, era come riconosciuto, ritrovato da un improbabile passato e da quel giorno danzare è stata una necessità!

Hai iniziato subito con la scuola di Ballo della Scala o prima avevi frequentato altre realtà?
La suddetta scuola era quella di Susanna Egri, danzatrice e rinomata coreografa ungherese che ringrazierò sempre per avermi iniziata alla danza dandomi subito un’impostazione professionale. Poi all’età di quindici anni mi consigliò di presentarmi alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala.

Quali sono stati i maestri più importanti nel tuo percorso formativo coreutico?
Naturalmente ognuno di loro mi ha dato tanto, penso alla cara Elide Bonagiunta – Direttrice della Scuola di Ballo della Scala – e mia insegnante, al Corpo docente del Bolshoi, alla grande Yvette Chauviré che mi svelava i retroscena dell’Opéra di Parigi accompagnandomi per due anni, oltre che nel mio percorso artistico, pure per i mitici corridoi e sale del grande Teatro e nei Musei ed ai grandi spettacoli di Opera e Balletto facendomi sognare con i suoi ricordi ed avvicinandomi al mondo della Danza degli anni ‘50/’60, mentre mi narrava di Lifar, Nureyev, Oulanova, Skibine…

Mentre le maggiori difficoltà nell’accostarsi allo studio della danza classica accademica, sia a livello fisico che psicologico?
A livello fisico sicuramente domare i muscoli e piegarli alle ferree richieste tersicoree, mentre a livello emotivo il peso maggiore (forse l’unico) è stato sicuramente dover lasciare sempre i miei affetti e le mie amicizie avendo scelto di dedicarmi alla libera professione. Poi a un certo punto del mio percorso incontrai il Maestro Gianni Bacchilega che divenne in seguito il mio compagno di vita e che seguendomi e supportandomi mi rese tutto più facile e leggero.

Poi, quando e come hai sentito l’esigenza di coreografare?
Non posso parlare di esigenza, più che altro mi è stato richiesto di creare alcuni balletti e non mi sono tirata indietro, l’ho presa come una nuova sfida che mi avrebbe avvicinata ancor di più alla comprensione delle partiture musicali e alla complessità della regia.

Da dove prendono spunto le tue creazioni, a cosa ti ispiri?
Sicuramente l’idea madre parte sempre dalla Musica che suggerisce lo stile, l’atmosfera e la ritmica delle legazioni. La Musica che deve avvolgere l’interprete e guidarlo.

Che cosa ti colpisce in un ballerino, oltre alla tecnica e al talento, durante un concorso oppure ad una sessione di esami?
La passione per la sua Arte, senza quella non ci sono virtuosismi che tengano!

A tuo avviso, esiste ancora una netta identità nella tecnica classica, qualunque metodo essa proponga?
Naturalmente! E a mio parere questo è uno degli aspetti più importanti che un insegnante deve saper coltivare, l’identità è fondamentale in ogni aspetto della vita e della crescita di ogni persona.

Quando è importante l’“immagine” nella danza?
Oggi è un aspetto decisamente nocivo e sopravvalutato che spesso ostacola la giusta crescita di un artista. L’immagine più importante è… quella che ogni giorno riflette lo specchio delle sale ballo e che serve a migliorarsi!

Che valori davi, in palcoscenico, alle emozioni ed alla espressività?
Credo di aver sempre voluto danzare proprio per poter esprimere la gamma più ampia di emozioni possibile!! E naturalmente potendomi immergere completamente nella musica, avendo il privilegio di interpretarla!

Nella formazione di un buon ballerino, la cultura personale è fondamentale o credi che basti anche solo l’intelligenza del proprio fisico?
La cultura non basta mai. Più conoscenze si possiedono e più si avrà modo di crescere come artisti. Ispirarsi ammirando un Caravaggio, entrare in un’atmosfera mitica guardando un Picasso che riporta inevitabilmente a Roland Petit, ascoltare Gershwin e immaginarsi nella New York di Balanchine, conoscere la realtà politica che spinse Nureyev e Makarova alla… grande fuga dall’Unione Sovietica, leggere la “Recherche” di Proust, le lettere di Wagner a Liszt, le “Lettre sur la Danse” di Noverre… Potrei andare avanti per giorni e giorni! Tutto per dire che non basta l’en dehors e lo stacco di gamba!!

C’è qualcosa che non tolleri nel mondo della danza?
Il mondo della Danza è sublime!!

Che rapporto instauri con gli allievi, so che da tempo tieni lezioni private anche per studenti che arrivano da ogni parte d’Europa?
Considero un privilegio poter trasmettere le mie conoscenze a giovani così motivati, ragazze e ragazzi che, (facendo quasi tutti parte di varie Accademie) sono alla continua ricerca di perfezionamento. Ed ogni giorno vedendoli sudare ed impegnarsi alla sbarra e al centro, alla ricerca del movimento giusto, del port de bras corretto, della leggerezza del salto, dell’en dehors, sento che tutti gli anni che ho dedicato allo studio hanno avuto un senso. Ricordo ognuno di loro, qualcuno ha avuto e sta avendo grandi successi, altri si sono appena affacciati al mondo del lavoro, altri si preparano ad esami o audizioni, ma tutti senza alcuna eccezione, tutti sono nel mio cuore e quando varcano la soglia della mia sala per l’ultima volta, si portano sempre via un po’ di me…

Dopo tanti anni, che idea ti sei fatta del Teatro in senso lato e della Danza. Che mondo è?
È un mondo che va amato e desiderato incondizionatamente, senza mezzi termini, sicuramente senza pause sindacali né sindacati… Senza limiti di orari o di fatica, con dedizione e passione infinita. Allora e solo allora questo Mondo saprà svelarti la bellezza assoluta, il trascendentale.

La tua famiglia, da giovane, ti ha da subito supportata nella scelta di divenire ballerina?
Subito. Con grande intelligenza ed amore i miei Genitori, hanno subito intuito quanto una grande passione potesse significare per una bambina e per il suo futuro.

A distanza di anni sei sempre convinta di aver fatto la scelta professionale giusta?
Forse rileggendo le mie risposte precedenti… (ride, ndr)!

Due città a te molto care, Torino e Milano… Cos’hanno in comune e cosa ti piace in particolare?
Torino i miei primi passi di danza, Torino pragmatica, all’apparenza algida ma sotto sotto con un gran sentimento e sotto sotto fiera dei suoi figli che si sono distinti nel Mondo. Milano il mio ingresso in un grande Teatro (ai miei tempi la Scuola si trovava all’interno del Teatro) l’emozione e la gioia immensa di potermi nascondere in platea per “spiare” le prove, e parliamo di prove con H.V. Karajan, Nureyev e Fonteyn, Zubin Mehta, George Pretre, Pavarotti, Freni… Milano viva, frenetica affascinante, cosmopolita, all’apparenza accogliente ma sotto sotto che accoglie solo chi si distingue nel Mondo!

In quale occasione sei salita in palcoscenico per la prima volta e con che cosa?
In uno spettacolo televisivo coreografato da Susanna Egri. Avevo tre anni! Interpretavo l’Anno Nuovo e l’Anno Vecchio era interpretato nientemeno che da un giovanissimo Alberto Testa!

Mentre l’addio alle scene come lo ricordi?
È stato al Teatro Regio di Torino, un Gala in cui ballavo con l’Etoile del “Royal Ballet”, Johansson. Ballavo e per la prima volta sentivo in me molto più forte il desiderio di maternità che quello di dedicarmi completamente alla Danza. Quel desiderio crebbe prepotente in me e poco tempo dopo fu realizzato, rendendomi una donna veramente felice e completa.

Com’è avvenuto il tuo ingresso alla Scuola di Ballo della Scala? Raccontami l’esame di ammissione e chi erano le maestranze a quei tempi?
Uno dei miei ricordi più cari e teneri. Dell’esame di ammissione ricordo la inflessibile Direttrice inglese Esmee Bulnes che ci squadrava tutte con il classico sopracciglio alzato… Poi la domanda che forse mi consentì di ottenere qualche punto in più “che differenza c’è fra queste due arabesque?” E la mia esplosione “Questo è il primo e questo il terzo!!!” Ed ecco una parvenza di sorriso subito smorzato sulle labbra della Direttrice. “Good”! E così mi ritrovai pochi mesi dopo nel mio humus, immersa nello studio che all’epoca consisteva in classico, carattere, passo a due, punte, repertorio, TUTTI I GIORNI ed il liceo all’interno del Teatro, oltre che spesso, la partecipazione a vari spettacoli di Opera e Balletto del Teatro.

Chi hai avuto, come compagni, nel tuo corso scaligero e chi vuoi rammentare in particolare?
Ricordo con tanto affetto il dolcissimo Davide Bombana e Marco Pierin diventato poi uno dei miei Partners.

Che anni sono stati quelli trascorsi nella Scuola di ballo scaligera?
Tutto sommato ho trascorso pochissimo tempo nella Scuola milanese poiché all’epoca il Teatro alla Scala ed il Teatro Bolscoj di Mosca avevano istituito degli scambi culturali della durata di due stagioni dove da Milano venivano inviati 2/3 fra i migliori allievi della Scuola di Ballo a Mosca, mentre dall’Unione Sovietica arrivavano in Italia gli allievi della Scuola di canto. Io fui inviata a Mosca pochissimo tempo dopo il mio arrivo a Milano e tornai per l’anno del diploma. Comunque il ricordo degli anni a Milano rimane fortissimo in me; sono stati gli anni della mia crescita, della mia indipendenza, e della scoperta di un grandissimo Teatro vissuta quotidianamente sulla mia pelle.

Oggi cosa ti piace del ruolo di maestra nel tramandare alle nuove generazioni lo stile?
Lo stile!! Hai fatto centro! Lo stile che si sta perdendo, lo stile indispensabile che ormai in pochi sanno o possono tramandare, lo stile al quale tengo tanto! Da Petipa a Fokine, da Balanchine a Bejart fino a Roland Petit… Quando un ballerino si sa destreggiare con naturalezza in ogni stile, troverà sempre un coreografo che lo noterà e lo apprezzerà. Ed infatti devo dire che sotto questo punto di vista ho avuto delle bellissime soddisfazioni anche recentemente e anche grazie a chi ha saputo dedicarsi con tanto impegno e dedizione alla ricerca della bellezza e degli stili giusti.

Quali sono i maggiori insegnamenti che ti senti sempre di dare agli allievi per una corretta postura e un buon studio tecnico della danza classica accademica? Diciamo i principi fondamentali da cui non si può prescindere?
Primo fra tutti l’en dehors, quello che io chiamo “the best dancer friend”, dunque l’impostazione del bacino e di conseguenza le caviglie sostenute. Questo è assolutamente basilare (e purtroppo troppo spesso sottovalutato) soprattutto nei primi due corsi. Poi la tenuta del busto e delle braccia. Altro punto fondamentale l’armonia della coordinazione braccia/gambe/testa e il lavoro delle mani e dei piedi che sono il “biglietto da visita” di una grande Scuola.

A quale metodo di danza sei più affine? Cecchetti, Vaganova oppure?
Vaganova forever.

Durante la tua carriera ha danzato con grandi étoiles e danzatori. Tra tutti tuoi partner, con chi hai trovato la magia ideale?
Ora posso dirlo… con Raffaele Paganini non c’era bisogno di una parola, danzavamo ed era subito passo a due perfetto! Non per niente il compianto critico Luigi Rossi ci paragonò, bontà sua, alla coppia Nureyev/Fonteyn!! Comunque ricordo con tantissimo affetto anche Marco Pierin, Frederic Olivieri, Mauro Bigonzetti e molti altri.

Giselle e Lago dei Cigni… Due tuoi splendidi cavalli di battaglia. A quali edizioni e serate sei più legata?
Per entrambi la prima volta che li ho affrontati… La Giselle al San Carlo di Napoli con Paolo Bortoluzzi. Fu una sostituzione improvvisa di Carla Fracci indisposta e dovetti impararla in quattro giorni!!! E il mio primo Lago a Montreal, una difficilissima produzione cubana che però mi diede modo di lavorare con il grandissimo Assari Plisietzky. Ricordo che fino all’ultimo non si sapeva chi avrebbe partecipato alla tournee in Canada, e quando finalmente lessi il mio nome nel cast… beh, quella sensazione ancora oggi mi riempie di emozione!

Un tuo personale consiglio ai tanti giovani che nutrono il “sogno” di fare danza ben sottolineando chi sceglie la via accademica del Teatro e chi sceglie la via, forse più facile, dei programmi televisivi?
Un sogno è un sogno, l’importante oggi come oggi è avercelo! A chi sceglie la strada che porta in qualche studio televisivo dico attenzione!! Piedi per terra perché quello è un ambito che dalle stelle, la fama, i denari, generalmente porta in un nanosecondo al nulla con le conseguenze bene immaginabili… Dunque se il vostro sogno è quello fatevi sotto, divertitevi ma non credeteci troppo. A chi sceglie la via accademica consiglio studio studio studio studio, cultura, ricerca, forza interiore, e un ottimo insegnante.

Che tipo di rapporto hai oggi con il teatro e il balletto in particolare? Ti piace andare ad assistere alle nuove creazioni e alle riprese dal repertorio?
Vado pochissimo a vedere balletti, ammetto che dopo aver insegnato per tanti anni, soprattutto perfezionamento, ho sviluppato un occhio cattivello e un senso critico che mi impedisce un po’ di godere a fondo uno spettacolo di danza! Poi con youtube e i favolosi spettacoli al cinema del Bolshoi e del ROH… lì ci si riempie gli occhi e l’anima!

Ognuno di noi possiede delle “scatole nere” che conservano i ricordi. Tra tutti i tuoi, intesi a livello artistico, quali brillano di più?
Alcuni spontaneamente li ho menzionati nelle domande precedenti: la prima volta che ho visto una sala ballo, l’ingresso alla Scuola della Scala, essere stata scelta per il corso al Bolshoi, ce ne sono tanti altri naturalmente. Ma il ricordo principale, quello che ancora oggi mi fa venire le farfalle nello stomaco quando sento un’orchestra che accorda gli strumenti, era l’attimo che precedeva l’ingresso in scena, l’attimo in cui mi caricavo di energia e l’adrenalina scorreva a fiumi, l’attimo in cui ci si sente a metà se stessi e a metà il personaggio che subito dopo prenderà il sopravvento… Non è facile da spiegare, ci vorrebbe Pirandello!

Oggi stanno chiudendo la maggior parte dei Corpi di ballo degli Enti lirici italiani, tira un brutto vento per la danza?
Come sempre la Danza si risolleverà, di sicuro non potrà morire.

Come vivi, cara Gabriella, il passaggio del tempo tra gli eventi del quotidiano e l’avvento di un mondo sempre meno votato alla Cultura, alla bellezza e alla conservazione dell’Arte?
Lo vivo con grande tristezza e nostalgia, con rincrescimento per i miei giovani allievi che non hanno potuto godere della fantastica atmosfera artistica che la mia generazione ha vissuto. Per questo cerco di tramandare il più possibile le mie conoscenze anche raccontando, ogni tanto, durante le lezioni qualche episodio del mio passato… (ecco ora mi sento proprio centenaria!)

La tua è stata una carriera internazionale da étoile al fianco di splendidi e leggendari artisti, ti elenco qualche nome e abbinalo ad un pensiero o ad un aggettivo.
Attilio Labis?
Un padre e un Maestro.

Patrice Bart?
Un fuoco d’artificio dalla tecnica strabiliante.

Paolo Bortoluzzi?
La classe e l’eleganza.

Marco Pierin?
Un dolcissimo e simpaticissimo compagno di tournnes.

Alicia Alonso?
Immensa.

Fredéric Olivieri?
Le style français en Italie.

Yvette Chauvirè?
Una Maestra di danza e di vita.

Mario Porcile?
Il mio mentore, uno dei primi che ha creduto in me dopo mio Padre.

Mauro Bigonzetti?
Colto, garbato, ottimo partner.

Vladimir Derevianko?
Souvenir de Moscou.

Anton Dolin?
Tutta una grande epoca in un port de bras.

Patricia Neary?
Per me importantissima! Mi ha spalancato il mondo e lo “stile Balanchine”. Le sarò per sempre grata.

Maximova e Vasiliev?
I miei miti dell’adolescenza, unici.

Rudolf Nureyev?
Nijinski redivivo.

Un bellissimo libro, che conservo gelosamente con tua dedica, ti dipinge al meglio… “Gabriella Cohen: la ballerina, i personaggi”. Come è nata l’idea di essere immortalata in una pubblicazione editoriale?
Quella bella idea è nata dalla vulcanica mente di Alfio Agostini che mi ha sempre supportata e consigliata al meglio durante gli anni della mia carriera.

Ritornando a Mosca, cosa ti colpì in particolare?
È stata un’esperienza durissima ma grandiosa come puoi immaginare! A quindici anni catapultata da un mondo di sogni alla ferrea realtà di un Collegio russo (anni ’70!!) Dopo il primo shock iniziale cominciai ad apprezzare ogni giorno di più l’immensa fortuna che mi aveva baciata. Quella grandiosa Accademia, il purissimo metodo Vaganova, le varie discipline insegnate ai massimi livelli (addirittura una celebre attrice teatrale per le lezioni di mimica!) Gli spettacoli al Bolscioj, la cura e l’attenzione con le quali ogni allievo veniva seguito mai con confidenza o sorrisi ma sempre con l’autorevolezza necessaria. Una grande esperienza che mi ha cambiata sotto molti aspetti.

Naturalmente non possiamo non parlare di Cèsar, Arman, Fontana e sua moglie. Dalla danza all’arte figurativa della scultura e della pittura. Cosa ti incuriosì in quell’esperienza nelle vesti di modella e musa?
Fu certamente mio Padre a farmi conoscere ed apprezzare quell’ambiente fantastico. Lucio Fontana frequentava casa nostra così come tanti altri grandi Maestri dell’Arte Contemporanea. Erano anni favolosi dove la creatività e l’inventiva scorreva a fiumi, niente era troppo e tutto lecito nell’Arte. Grazie al grande Jo Cohen ho potuto vivere e respirare un po’ di quella ventata di follia e libera fantasia.

Il celebre artista Andy Warhol ti fece un ritratto. Cosa rammenti di lui e della sua arte moderna e proiettata nel futuro?
Lo ricordo principalmente come un ragazzo sensibilissimo, quasi timido e molto riservato, la facciata di un grande genio…

Molti giovani di oggi non conoscono tante bellezze del passato, ad esempio “Il Festival Internazionale del Balletto” che veniva trasmesso in diretta. Tu l’hai presentato per due edizioni, come descriverlo al meglio?
L’anima del Festival era il nostro amatissimo e compianto Mario Porcile. Il Festival era la sua creatura e con la sua classe ed il suo grande stile Mario seppe creare uno dei più importanti appuntamenti di danza a livello mondiale così che per un mese all’anno tutti i più grandi miti della danza, accanto a giovani promesse (una fra tutte una giovanissima Carla Fracci!) si ritrovavano ai Parchi della piccola ma incantevole cittadina di Nervi.

A te, cara Gabriella, la danza ha regalato molto: gioia, emozioni, celebrità, splendidi incontri… volendo dare una tua interpretazione e definizione della tradizione del balletto classico come ti piacerebbe dipingerlo?
Tutto quello che la Danza mi ha donato vorrei restituirlo ai giovani. Un arduo compito poiché come tu ben dici, mi ha dato moltissimo. La Danza quando si ama veramente ti accompagna per sempre, non lasciandoti mai sola, e i posti dove ti porta sono i luoghi dell’incanto…
Grazie caro Michele per le tue belle domande!

Michele Olivieri
Foto: archivio
www.giornaledelladanza.com

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