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Dalla Scala all’Opéra: intervista a Tommaso Spadaccino

 

Gentile Tommaso come ti sei avvicinato alla danza e quali sono i primi ricordi da bambino verso l’arte coreutica?

Mi sono avvicinato alla danza all’età di quattro anni e mezzo. Precedentemente frequentavo un corso di recitazione per bambini in una struttura nella quale si svolgevano anche lezioni di danza classica, contemporanea e di altri generi. Sin dal primo istante, sono rimasto folgorato dalla bellezza di quest’arte meravigliosa. Ho quindi espresso immediatamente la volontà di iscrivermi ai corsi di danza classica ai miei genitori che mi hanno appoggiato ed incoraggiato sin dal primo momento. È cominciata così la mia avventura con la danza.

 

Quali sono state le maggiori difficoltà nello scegliere lo studio della danza?

Non ho riscontrato difficoltà nella mia scelta, poiché ho avuto la fortuna di avere una famiglia completamente aperta all’arte e all’espressione artistica in generale. La danza era ed è una mia esigenza, oltre che una mia profonda passione. A livello sociale, non sono mai stato una persona che si è preoccupata del giudizio altrui riguardante le mie scelte e passioni. Ho fatto ciò che amavo con umiltà ed impegno e, fortunatamente, sono sempre stato appoggiato anche dai miei insegnanti della scuola elementare e dai miei compagni. Qualora ci fosse stato qualcuno che contestava la mia scelta, gli ricordavo che essa apparteneva unicamente a me, difendendola e onorandola con grande convinzione e vigore.

 

Quando hai capito che investire sulla danza sarebbe stato per te fondamentale?

Ho avuto la fortuna di comprenderlo molto presto. Praticamente subito. Non ho mai considerato la danza come un hobby o una passione secondaria; è sempre stata il centro del mio mondo e di primaria importanza per me. Con molta sincerità affermo di aver sempre pensato di voler diventare un giorno un ballerino professionista. Quando a dieci anni ho scoperto che l’Accademia del Teatro alla Scala organizzava un’audizione, ho fortemente desiderato potervi partecipare. Quando sono stato accettato all’audizione e in seguito ho superato tutte le prove, essendo infine ammesso, è stato per me un passo importante verso il futuro da ballerino che tanto sognavo.

 

Come descriveresti, nel complesso la tua esperienza alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala?

È stata un’esperienza di crescita fondamentale, un cammino quotidiano intenso e pieno di emozioni. Ho cominciato il mio percorso accademico a dieci anni (al primo corso) e quando ho terminato ne avevo diciannove (ottavo corso), percorrendo pertanto gli otto anni di preparazione che anticipano il diploma finale. Ho moltissimi ricordi di quegli anni, lontano dalla mia famiglia per rincorrere il mio sogno. Anni scanditi dalla mia motivazione quotidiana, nella quale risiedeva il desiderio di raggiungere ogni giorno nuovi obiettivi e nuove sfide per avvicinarmi sempre di più al mio sogno di diventare un ballerino professionista. Possiamo dire che ho “mangiato pane e danza” per otto anni. Sono stato accompagnato e mi sono affidato ai grandi Maestri di danza dell’Accademia e ai professori (anch’essi fondamentali) che mi hanno enormemente arricchito. Ricordo sempre con grande affetto il lavoro svolto in quegli otto anni con Francesca Pedroni, docente della “Storia del Balletto”, che mi ha davvero arricchito e permesso di approfondire l’essenza della danza nel suo animo più profondo, antico e storico. Abbiamo analizzato quest’arte nella sua complessità: visivamente, concettualmente e storicamente. Ho adorato studiare questa materia che, accompagnata dallo studio della storia della musica, ha reso il mio approccio all’analisi delle opere che ho di fronte completo e ricco.

Il momento più bello del giorno del diploma e il complimento che ti ha colpito maggiormente?

Mi ricordo chiaramente il giorno del diploma e il fatto di essermi sentito molto presente, consapevole e preparato. Un pensiero che ho avuto frequentemente durante il diploma e che mi ha reso fiero è stato quello di sentirmi in grado di danzare ed esprimermi attraverso la danza come un linguaggio acquisito. Penso che il complimento che mi ha fatto più piacere sia stato quello riguardante l’osservazione di una “eleganza naturale” nella mia danza, notata da molti. Il fatto che sia stata riconosciuta in me è stato particolarmente gratificante in quanto questa caratteristica apprezzo profondamente ritrovarla nei miei artisti di riferimento.

 

Sei entrato in Scuola di Ballo Scala sotto la direzione di Frédéric Olivieri con responsabile artistico Maurizio Vanadia. Un pensiero per entrambi?

Sono state due figure importanti e presenti, sempre attente alle esigenze degli allievi e impegnate nel mantenere alto il livello tramite un accurato programma di studi calibrato minuziosamente per permettere il giusto sviluppo degli allievi nel corso dell’intero percorso accademico. Ho avuto l’opportunità, al quarto corso, di essere un allievo di Maurizio Vanadia, che ricordo con grande stima e come un ottimo e gentilissimo insegnante.

 

Un tuo ricordo personale rivolto alla straordinaria Maestra Loreta Alexandrescu?

Ricordo precisamente il giorno in cui la Maestra Alexandrescu è mancata. Ero a Parigi fisicamente, ma il mio cuore era con lei e con tutta l’istituzione scaligera che l’ha tanto amata. Mi ha lasciato il grande insegnamento della forza e dell’imposizione del proprio carattere. È stata la mia insegnante di classico per tutto il terzo corso all’Accademia e per il secondo e terzo corso la mia insegnante delle danze di carattere, delle quali grazie a lei ho imparato le differenti caratteristiche e peculiarità. È stato magico scoprire una grande passione per queste danze antiche, che possiamo ritrovare in alcuni balletti come danze folcloristiche, o semplicemente in altri balletti sotto forma di demi-caractère. Sentirla parlare di queste danze contestualizzandole per epoca e contesto storico è stato di enorme ispirazione.

 

Ci racconti le maggiori emozioni del periodo di formazione, l’audizione per l’ammissione in Scuola di Ballo, le difficoltà, i Maestri, i primi eventi in palcoscenico al Teatro Strehler e sul magico palcoscenico della Scala?

Fin dall’inizio del mio percorso formativo, ho accolto con massima dedizione tutti gli insegnamenti ricevuti. Ricordo vividamente la frenesia che precedeva gli esami di ammissione per il nuovo anno accademico, così come l’emozione palpabile prima di salire sul palcoscenico, sia al Teatro Strehler che al maestoso Teatro alla Scala. È stato al Teatro alla Scala il mio primo ingresso in scena, in un momento indimenticabile e carico di significato quale il bicentenario della prestigiosa istituzione. Durante il defilé alla Scala, ho avuto l’onore di essere affiancato ai più illustri nomi della storia della danza scaligera. Ogni anno, l’Accademia organizzava spettacoli istituzionali. Ricordo lunghi periodi di preparazione intensiva che culminavano in esibizioni impeccabili. Questi momenti sono ricordi preziosi, fonte di grande gioia e onore per me.

Secondo te, qual è la dote che non può mancare ad un ballerino?

Per me, la dote imprescindibile è la “sensibilità artistica”. È quella capacità di sentirsi parte integrante della musica, dei movimenti e dell’emozione che si esprime attraverso la danza. Significa non solo eseguire passi e coreografie, ma trasmettere un messaggio, un’emozione, mediante ogni movimento del corpo. È come se ogni passo fosse una nota di una melodia che si compone nell’aria. Questa sensibilità artistica è ciò che rende un ballerino un vero artista, capace di toccare il cuore dello spettatore con la sua performance. Ovviamente, le doti fisiche sono importanti, ma è la sensibilità e la capacità di comunicare mediante la danza che secondo me differenzia un esecutore da un ballerino straordinario.

 

Che mondo è quello della danza?

Il mondo della danza è un universo unico, intriso di dedizione, passione e disciplina. È un ambiente esigente, dove ogni movimento deve essere eseguito con precisione e grazia, trasmettendo emozioni e narrando storie senza parole. È un ambiente selettivo, in cui solo coloro con una vera passione e un talento innato possono emergere. Ma è anche un mondo di crescita personale, in cui si impara il valore del lavoro duro, della resilienza e della collaborazione. È ricco di storia e tradizione, ma allo stesso tempo è in continua evoluzione, abbracciando nuove forme, stili e tecniche. Celebra la bellezza del movimento e l’espressione dell’anima attraverso il corpo. Sono fiero di far parte di un mestiere artistico che ancora valorizza la trasmissione di conoscenze e esperienze tra generazioni.

 

Dopo la Scala hai fatto un’esperienza tra le fila del Balletto dell’Opéra di Parigi per il quale a tutt’oggi sei aggiunto al Corpo di Ballo. Come ti sta arricchendo artisticamente?

L’esperienza all’Opéra de Paris è un privilegio straordinario che ha arricchito profondamente il mio percorso artistico. Essere parte di un’istituzione così prestigiosa è una sfida stimolante e una fonte inesauribile di ispirazione. Ho avuto l’opportunità di lavorare con ballerini e coreografi di fama internazionale, esplorando sia il repertorio classico che quello contemporaneo. Ogni giorno è un’opportunità per crescere e imparare, affinando le mie abilità tecniche ed espressive. Inoltre, Parigi stessa è una fonte di ispirazione senza fine, con la sua ricca storia culturale e artistica. Mi sono immerso nelle sue strade, nei suoi musei e nei suoi teatri, assorbendo tutto ciò che questa città ha da offrire. Ogni esperienza, ogni incontro contribuisce alla mia crescita artistica e personale, alimentando la mia passione e la mia creatività. Sono grato per ogni momento trascorso all’Opéra de Paris e non vedo l’ora di continuare questo viaggio artistico straordinario.

 

Come è nato il sogno e la passione per l’Opéra di Parigi?

Il mio interesse per l’Opéra de Paris è nato durante i miei anni di formazione alla Scuola di ballo della Scala. Uno dei miei insegnanti, che aveva fatto parte del corpo di ballo dell’Opéra in giovane età, ha condiviso con noi le sue esperienze e il suo amore per questa prestigiosa istituzione. Queste conversazioni hanno scatenato la mia curiosità e mi hanno spinto ad esplorare ulteriormente il mondo dell’Opéra de Paris. Man mano che approfondivo le mie ricerche, mi sono innamorato dello stile francese, con la sua eleganza e raffinatezza distintive. Ho cominciato a sognare di poter un giorno far parte di questa straordinaria compagnia e ho lavorato duramente per rendere quel sogno una realtà. Quando ho avuto l’opportunità di entrare a far parte del corpo di ballo dell’Opéra de Paris, è stato un momento di grande gioia e gratitudine. Essere parte di questa istituzione storica è un immenso onore.

 

Qual è la dote predominante del Direttore José Martinez?

Il Direttore José Martinez si distingue per la sua capacità di ascolto e comprensione verso ogni membro del corpo di ballo. Favorisce un ambiente collaborativo e inclusivo, promuovendo l’equità e l’uguaglianza attraverso un atteggiamento empatico e rispettoso. Questo atteggiamento di apertura favorisce la creatività e il benessere di tutti i danzatori.

 

Quali sensazioni provi all’idea di far parte di un Corpo di ballo così prestigioso e storico?

Far parte del Corpo di Ballo dell’Opéra de Paris è un’esperienza straordinaria e piena di emozioni. È incredibile essere in un luogo con una lunghissima tradizione di eccellenza nel mondo della danza. Ogni giorno, quando entro nel teatro, sento un senso di gratitudine e orgoglio per essere qui, sul palcoscenico dove hanno danzato alcuni dei più grandi artisti della storia. È un’esperienza che mi riempie di gioia e ispirazione, sapere che sto contribuendo a portare avanti questa tradizione e a far parte di qualcosa di così speciale. Allo stesso tempo, è anche un impegno enorme, che richiede disciplina, dedizione e sacrificio. Ma ogni momento, ogni sudore versato durante le prove, vale la pena quando salgo sul palco e sento il calore del pubblico e il suono dell’applauso. Farò del mio meglio per onorare questa opportunità e per continuare a crescere e a migliorare come ballerino e come artista!

 

Che passioni coltivi, oltre alla danza?

Oltre alla danza, l’arte in tutte le sue forme. Trovo gioia nel disegnare, nel fotografare e fotografarmi catturando momenti fugaci. Sono riconoscente per essere stato scelto numerose volte per posare in shooting all’Opéra de Paris, con fotografi ufficiali e di gradissimo valore. Collaboro nel tempo libero anche con brand di moda parigine.

 

Che rapporto nutri con lo specchio, strumento fondamentale per un ballerino?

Il mio rapporto con lo specchio è intimo e complesso. Guardandomi durante le prove, sono ipercritico e esigente con me stesso. A volte, questa auto-valutazione può essere difficile da affrontare, però mi aiuta a crescere e a migliorare costantemente. Tuttavia, ci sono momenti in cui lo specchio diventa il mio migliore alleato. Quando vedo i progressi che ho compiuto nel tempo, provo una sensazione di gratificazione e soddisfazione che mi motiva a continuare a lavorare duramente. In entrambi i casi, lo specchio è uno strumento prezioso che mi guida nel mio percorso artistico e personale, aiutandomi a esplorare e a perfezionare il mio linguaggio corporeo.

 

Quale ritieni sia la tua dote principale, il tuo biglietto da visita artistico?

Ritengo che la mia principale caratteristica sia un senso innato di raffinatezza nella danza. Questo elemento, sviluppato nel corso degli anni di studio e di pratica, è ciò che cerco di portare nelle mie performance. A livello tecnico considero che la mia elasticità e il mio giro siano le caratteristiche che naturalmente posseggo accompagnate anche da un buon salto. Tuttavia, sono consapevole che c’è sempre spazio per migliorare tecnicamente ed artisticamente e crescere come artista. Sono grato per ogni opportunità che mi permette di farlo!

 

Tra i ruoli che hai sostenuto fino ad oggi in quale ti sei identificato maggiormente?

Uno dei ruoli che mi ha toccato più profondamente è stato quello interpretato nel lavoro di Wayne Mc Gregor per “The Dante Project”, in cui ho dato vita ai personaggi dei ladri e dei poeti nei due diversi gironi infernali. Mi sono sentito in perfetta sintonia con la coreografia di questo straordinario artista. Gli spettacoli si sono tenuti all’Opéra Garnier, un teatro ricco di energia e fascino, impreziosito da scenografie mozzafiato ed effetti luminosi che hanno creato un’atmosfera magica e coinvolgente sia per il pubblico che per noi danzatori sul palcoscenico. È stata un’esperienza indimenticabile, arricchita dall’impeccabile organizzazione dietro le quinte, dove ogni dettaglio, inclusi i nostri costumi, veniva curato con precisione millimetrica da un incredibile team, che dipingeva a mano i nostri abiti personalizzandoli per ogni danzatore con uno schema preciso tra una scena e l’altra.

 

Hai un modello, del presente o del passato, al quale ti ispiri?

Non riesco a limitare la mia ispirazione ad un singolo individuo. Trovo un profondo nutrimento spirituale dall’ampia gamma di talenti e creatività che il mondo dell’arte offre. È come immergersi in un oceano di emozioni, dove ogni artista, con la propria unicità e profondità, contribuisce a plasmare il mio percorso artistico. È un viaggio intimo e commovente, fatto di connessioni profonde con l’anima di coloro che, come me, si dedicano a dare vita ai loro sogni attraverso l’arte.

 

Con quale coreografo ti piacerebbe lavorare in futuro?

Recentemente ho avuto l’onore di incontrare William Forsythe, un coreografo che ammiro da tempo per le sue straordinarie opere. Il dialogo con lui, l’ascolto dei suoi consigli e la condivisione della sua visione artistica hanno profondamente ispirato il mio cammino. Spero sinceramente di avere un giorno l’opportunità di collaborare con lui. Sarebbe un’esperienza veramente magnifica!

 

Mentre con quale ballerina sogni di fare coppia in palcoscenico?

Non ho una ballerina specifica con cui sogno di danzare. Spero di poter condividere il palcoscenico con molte artiste diverse, poiché sono convinto che ognuna di loro abbia un mondo artistico unico e meraviglioso da offrire.

 

Oggi qual è l’aspetto che ti entusiasma di più nel far parte del “mondo della danza” da professionista?

Ciò che mi emoziona di più nel far parte del mondo della danza da professionista è la possibilità di contribuire alla trasmissione dei valori creativi e artistici di questa disciplina. Essere parte di un’organizzazione che lavora per mantenere vive queste tradizioni e trasmetterle di generazione in generazione è un privilegio che mi riempie di gioia e gratitudine. La danza non è solo una professione, ma una forma di espressione e legame tra passato presente e futuro dell’arte.

 

Con disciplina, rigore e studio hai raggiunto un obiettivo molto importante nella tua vita. Per concludere, Tommaso, qual è il messaggio che desideri rivolgere ai tanti giovani che sognano di intraprendere il tuo medesimo cammino?

Il messaggio che vorrei condividere con i giovani che sognano di intraprendere il mio stesso cammino è di non arrendersi mai, nonostante le difficoltà e le sfide che incontreranno lungo il percorso. Quando ero bambino, ho pronunciato una frase che è diventata il mio mantra: “Voglio lasciare un segno”. Questa frase ha guidato ogni mia azione e decisione, spingendomi a perseguire i miei sogni con determinazione e passione. Vi invito tutti a cercare il vostro spazio, la vostra cifra, la vostra identità unica e autentica. Ogni piccolo passo avanti è un passo verso la realizzazione dei vostri sogni!

 

Michele Olivieri

 

Foto: Julien Benhamou

www.giornaledelladanza.com

 

 

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