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Alla Scala un omaggio a due giganti della coreografia  

Dall’8 al 20 novembre il Trittico Balanchine/Robbins conclude con un nuovo programma la Stagione di Balletti omaggiando due giganti del Ventesimo secolo: George Balanchine, con “Theme and Variations”, che torna in scena con una nuova veste firmata da Luisa Spinatelli, e Jerome Robbins, con due dei suoi più noti balletti, “Dances at a Gathering” e “The Concert”, entrambi su musiche di Chopin, ed entrambi per la prima volta in scena alla Scala.

Capolavoro del più puro stile balanchiniano, sul quarto movimento dalla “Suite n. 3 in sol maggiore op. 55” di Čajkovskij “Theme and Variations” nacque dall’intento – come scrisse lo stesso autore – “di evocare il grandioso periodo del balletto classico, che fiorì in Russia con l’aiuto della musica di Čajkovskij”. Per la prima volta alla Scala “Dances at a Gathering”, gioiello di pura danza, ispirata dal tessuto musicale e dalle sue nuances e “The Concert”, unico nel suo genere, ironico e brillante spaccato delle umane fantasticherie e stravaganze, di una serie di personaggi che assistono a un recital di pianoforte.

generazione di artisti si confronta per la prima volta con questi tre balletti; la Scala rinnova la lunga e storica consuetudine con lo stile di Balanchine e arricchisce il suo repertorio con due lavori di Jerome Robbins, firma troppo poco presente e ancora poco conosciuta al grande pubblico, che senza dubbio ricorda la sua travolgente creatività nel musical “West Side Story” da cui l’omonimo film vincitore di ben 10 premi Oscar.

Gli artisti del Corpo di Ballo, i Solisti e i Primi Ballerini si alterneranno nei diversi stili ed atmosfere di questi balletti: in “Theme and Variations” la coppia principale vedrà Nicoletta Manni con Timofej Andrijashenko (8, 13, 16 e 20 novembre), Alice Mariani con Mattia Semperboni (12 e 15 novembre), Maria Celeste Losa con Navrin Turnbull (14 e 17). Accanto a loro quattro soliste Gaia Andreanò, Caterina Bianchi, Camilla Cerulli, Linda Giubelli, quattro solisti Domenico Di Cristo, Edward Cooper, Rinaldo Venuti, Alessandro Paoloni, e gli artisti del Corpo di Ballo.

Per “Dances at a Gathering”, il cast di apertura (e poi nelle recite del 12, 14, 16 e 17 novembre) vedrà Nicoletta Manni, Martina Arduino, Alice Mariani, Linda Giubelli (Letizia Masini il 16), Asia Matteazzi, Claudio Coviello, Timofej Andrijashenko, Darius Gramada, Mattia Semperboni, Christian Fagetti (il 16 e 17 Rinaldo Venuti e Gabriele Corrado). Nelle recite del 13, 15 e 20 novembre, i dieci protagonisti saranno Agnese Di Clemente, Vittoria Valerio, Camilla Cerulli, Martina Arduino, Giordana Granata, Saïd Ramos Ponce, Marco Agostino, Navrin Turnbull, Domenico Di Cristo, Gioacchino Starace.

“The Concert” vedrà tre cast: in apertura nei ruoli principali Caterina Bianchi, Marco Agostino, Marta Gerani, Alessandro Paoloni, Antonella Albano, Emanuele Cazzato, Massimo Dalla Mora, Rebecca Luca, Martina Marin, Andrea Risso. Il 14 e 16 novembre Agnese Di Clemente, Christian Fagetti, Gaia Andreanò, Edward Cooper, Alessandra Vassallo, Emanuele Cazzato, Flavio Paciscopi, Denise Gazzo, Christelle Cennerelli, mentre il 17 e 20 novembre Letizia Masini, Gabriele Corrado, Maria Celeste Losa, Domenico Di Cristo, Greta Giacon, Edoardo Caporaletti, Massimo Dalla Mora, Daniele Lucchetti.

Il “Trittico Balanchine-Robbins” segna anche il debutto con il Balletto della Scala di Fayçal Karoui, sul podio a dirigere l’Orchestra del Teatro alla Scala. Dal 2006 al 2012 direttore musicale del “New York City Ballet”, e dal 2002 dell’Orchestre de Pau Pays de Béarn (OPPB), ha guidato dal 2012 al 2014 la Orchestra Lamoureux, ed è abitualmente invitato da orchestre di fama internazionale. L’ampia esperienza nel balletto si riflette nella collaborazione con l’Hong Kong Ballet, e con regolarità al Dutch National Ballet di Amsterdam e alla Staatsoper di Vienna. Debutto anche per Leonardo Pierdomenico, impegnato al pianoforte per Chopin nei balletti di Jerome Robbins non solo in buca ma anche in scena.

Uno sguardo dunque rinnovato su tre titoli che fanno parte della storia come i loro autori, assoluti punti di riferimento per il mondo della danza e del balletto. Siamo in America, al New York City Ballet, che mantiene ancora oggi come pilastri del suo repertorio i balletti di George Balanchine e quelli del suo più giovane collega Jerome Robbins, straordinari “co-direttori” che, un anno dopo la sua fondazione nel 1948, erano assieme in quella che sarebbe diventata una fra le più importanti compagnie nel mondo. Balanchine, infatti, invitò il trentenne Jerome Robbins a unirsi alla nascente compagnia come Associate Artistic Director. Dopo la morte di Balanchine nel 1983, Robbins ha continuato, fino alla sua morte nel 1998, a creare balletti per il New York City Ballet, dove ha condiviso la posizione di Ballet-Master-in-Chief con Peter Martins fino al 1989.

Alla Scala, i nomi dei due giganti del Novecento appaiono entrambi nel 1953, allorché il “New York City Ballet” apparve per la prima volta sul palcoscenico del Piermarini con una straordinaria e lunga serie di balletti, non solo a firma dell’ormai celebre direttore-coreografo, ma anche del direttore artistico aggiunto Jerome Robbins.

Già l’anno prima, però il nome di Balanchine si era legato alla compagnia scaligera, che presentò per la prima volta, nel 1952, “Balletto imperiale”. L’invito a Balanchine nel 1952 e il successivo ritorno del coreografo alla testa della sua Compagnia statunitense furono opera della lungimiranza di Aurelio Milloss, che Arturo Toscanini aveva voluto per dirigere il Corpo di Ballo della Scala ricostruita dopo il secondo conflitto mondiale. Come per l’opera, anche per il balletto si cercò di creare una apertura internazionale, invitando coreografi e ballerini stranieri, ma anche grandi complessi internazionali. Da allora, oltre che apparire anche nelle coreografie di alcune opere, il nome di Balanchine è stato lungamente presente nel repertorio del balletto scaligero, fra riprese e novità, interpretato dalle stelle delle varie epoche. Tra i tanti titoli, ricordiamo quelli protagonisti degli ultimi vent’anni della storia del balletto alla Scala, da “Il Figliol Prodigo”, “Apollo”, “Jewels”, “Symphony in C” senza dimenticare “Sogno di una notte di mezza estate”, uno dei più rappresentati alla Scala e nelle tournée internazionali.

Proprio nella storica tournée del “New York City Ballet” del 1953 avvenne il debutto di Jerome Robbins al Teatro alla Scala con la sua versione dell’“Après-midi d’un Faune”. Bisogna invece attendere gli anni ’80 del Novecento per vedere interpretato dai ballerini scaligeri questo stesso titolo (1980/81e 1985/86) ed anche la sua versione di “Les Noces” (sempre nel 1980/81). In una produzione americana, ma con l’esecuzione dell’Orchestra scaligera, giunse alla Scala anche “West Side Story”, nel luglio 2000 per una decina di recite e altrettante nella stagione 2002-2003. Solo nel 2004 il Corpo di Ballo scaligero debutterà con un altro famosissimo balletto di Robbins, “The Cage”, all’interno della “Serata Stravinskij” e in seguito (2005) in tour al Teatro Real di Madrid (tra l’altro accanto a “Theme and Variations”) e nel 2006 nuovamente alla Scala.

 

Venerdì 8 novembre 2024 – ore 20 – Prima rappresentazione – Turno Prime Balletto

Martedì 12 novembre 2024 – ore 20 – Turno P

Mercoledì 13 novembre 2024 – ore 20 – Turno R

Giovedì 14 novembre 2024 – ore 20 – Fuori abbonamento

Venerdì 15 novembre 2024 – ore 20 – Fuori abbonamento

Sabato 16 novembre 2024 – ore 20 – Fuori abbonamento

Domenica 17 novembre 2024 – ore 14.30 – Turno O

Mercoledì 20 novembre 2024 – ore 20 – Invito alla Scala per Giovani e Anziani

 

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

 

THEME AND VARIATIONS

Coreografia George Balanchine  / © The George Balanchine Trust / Musica Pëtr Il’ič Čajkovskij  / Quarto movimento dalla Suite n. 3 in sol maggiore op. 55

Un concentrato sviluppo del lessico del balletto classico, “Theme and Variations” fu creato nel 1947 per il “Ballet Theatre” (futuro “American Ballet Theatre” con Alicia Alonso, Igor Youskevitch nella coppia principale), e nel 1960 entrò nel repertorio del “New York City Ballet”; dieci anni dopo Balanchine utilizzò l’intera suite orchestrale per creare Tschaikovsky Suite No. 3 e, con alcune piccole revisioni, “Theme and Variations” tornò in repertorio come quarto e ultimo movimento di questo balletto. In “Balanchine’s Complete Stories of the Great Ballets”, pubblicato per la prima volta nel 1954, Balanchine parla della prima versione di “Theme and Variations”: “Oltre alle partiture per balletto, Čajkovskij ne ha composto un gran numero di altre, perfettamente danzabili. Ed era naturale in un uomo che aveva trovato nel balletto un’ispirazione geniale. Tra l’epoca del suo primo balletto, “Il lago dei cigni” (1877), e quella del secondo, “La Bella addormentata”, Čajkovskij ha scritto quattro suites orchestrali. Non erano composte per la danza ma, ascoltandole, non si capisce perché Čajkovskij non sia stato il compositore preferito dei coreografi del suo tempo. Nel 1933 ho creato “Mozartiana” sulla quarta di queste suites orchestrali, mentre “Theme and Variations” l’ho composto sulla musica del finale della Suite n. 3. È un balletto di danza pura. Evoca il grande periodo della danza classica, quello del Balletto Imperiale Russo”.  Il Balletto della Scala interpretò per la prima volta “Theme and Variations” nel 2004 al Teatro Carlo Felice di Genova, per il Festival Internazionale di Balletto, e l’anno successivo alla Scala, in quegli anni al Teatro Arcimboldi, all’interno del “Trittico Novecento”. A 120 anni dalla nascita di Balanchine e a 20 anni dall’ingresso nel repertorio scaligero, questo titolo torna in scena con un nuovo allestimento, di Luisa Spinatelli, mentre, ora come allora, la supervisione coreografica sotto l’egida del George Balanchine Trust è stata curata da Patricia Neary, tra le top dancers di Balanchine e decana delle riprese dei suoi capolavori. Le note di sala recitano: “Il movimento finale della terza suite orchestrale del compositore è composto da 12 variazioni. Il balletto si apre rivelando un corpo di ballo di dodici donne e una coppia principale. Man mano che il balletto passa da una variazione all’altra, le esibizioni solistiche della ballerina e del suo cavaliere sono intervallate da quelle del corpo di ballo. Come in tutti i balletti classici, c’è un pas de deux centrale. Una grande polonaise conduce al finale culminante per l’intero cast di 26 ballerini”. E se da una parte Balanchine omaggia esplicitamente la grandiosità dei balletti imperiali e dei suoi massimi artefici Petipa e Čajkovskij, contemporaneamente segna anche la linea di confine tra la concezione coreografica ottocentesca e quella moderna. Rigorose gerarchie petipiane, memorie di celeberrimi “Pas di Petipa”, ma altrettanto evidente come Balanchine ponga come sua principale fonte di ispirazione principalmente la virtuosistica partitura caikovskiana. È la musica, con i suoi tempi, ritmi e predominanza di uno o dell’altro elemento orchestrale, a suggerire al coreografo il colore e la struttura delle varie sequenze, con virtuosismi, musicalità, velocità ma anche lirismo nel passo a due centrale e splendente eleganza nel culmine finale.

 

DANCES AT A GATHERING

Coreografia Jerome Robbins / Performed by permission of The Robbins Rights Trust  / Musica Fryderyk Chopin

Mazurca op. 63, n. 3 / Valzer op. 69 n. 2 / Mazurca op. 33 n. 2 / Mazurca op. 6 n. 4 / Mazurca op. 7 n. 5 / Mazurca op. 7 n. 4 / Mazurca op. 24 n. 2 / Mazurca op. 6 n. 2 / Gran valzer op. 42 / Gran valzer brillante op. 34 n. 2 / Mazurca op. 56 n. 2 / Studio op. 25 n. 4 / Gran valzer brillante op. 34 n. 1 / Studio op. 25 n. 5 / Valzer op. 70 n. 2 / Studio op. 10 n. 2 / Scherzo op. 20 n. 1 / Notturno op. 15 n. 1

Robbins crea “Dances at a Gathering” – secondo dei suoi balletti su musiche di Chopin – nel 1969, dedicandolo alla memoria di Jean Rosenthal, pioniera del lighting design. A Newsweek quello stesso anno dichiarò: “Ho iniziato per fare un pas de deux per Eddie Villella e Patricia McBride, poi mi sono lasciato trasportare dalla musica. Tutto ha cominciato a sgorgare come se una valvola dentro di me si fosse aperta e la purezza del lavoro con i ballerini avesse preso il sopravvento”.  Balletto pianistico per eccellenza “Dances at a Gathering” segnò il grande ritorno di Jerome Robbins al “New York City Ballet” dopo tredici anni di assenza. Ispirato dalla musica di Chopin Robbins iniziò subito a coreografare in sala prove. Quando mostrò venticinque minuti di coreografia a Balanchine, si narra che questi disse: “Make more, make it like popcorn,”. Alla fine, il lavoro si ampliò fino a raggiungere la durata di circa un’ora con un cast di dieci ballerini, un tessuto musicale di diciotto pezzi per pianoforte di Chopin, su cui creare danze per duetti, assoli e gruppi più grandi. Questo balletto è un capolavoro di musicalità e di delicatezza, in cui il senso di comunità e di compagnia coinvolge in una scrittura coreografica affascinante, per dieci protagonisti definiti dal colore dei loro costumi, firmati da Joe Eula: Pink, Mauve, Apricot, Green, Blue, Brown, Purple, Brick. Le luci sono di Jennifer Tipton (riprese da Perry Silvey) e la ripresa coreografica è stata seguita da Ben Huys, supervisore coreografico per il Jerome Robbins Trust.

 

THE CONCERT

Coreografia Jerome Robbins / Performed by permission of The Robbins Rights Trust  / Musica Fryderyk Chopin / Orchestrazione Claire Grundman

Polacca op. 40 n. 1 / Berceuse op. 57 / Preludio op. 28 n. 18 / Preludio op. 28 n. 16 / Valzer op. KK IVa/15 / Preludio op. 28 n. 7 / Preludio op. 28 n. 4 / Mazurca op. KK IIa/2 / Ballata op. 47 n. 3

“The Concert”, per la prima volta alla Scala, è un balletto unico nel suo genere, in cui Jerome Robbins si diverte – e fa divertire – con le stravaganze del pubblico di una sala da concerto. La prima ebbe luogo al City Center of Music and Drama di New York nel 1956 per il New York City Ballet. Robbins realizzò poi altri tre balletti su musica di Chopin: “Dances at a Gathering”, “In the Night” e “Other Dances”. Le note di sala recitano: “Uno dei piaceri di assistere a un concerto è la libertà di perdersi nell’ascolto della musica. Molto spesso, inconsciamente, si formano immagini mentali e i modelli e i percorsi di queste fantasticherie sono influenzati dalla musica stessa, dalle note del programma o dai sogni, dai pensieri e dalle fantasie personali dell’ascoltatore. Alle musiche di Chopin, in particolare, sono stati attribuiti nomi programmatici inventati quali lo Studio ‘della farfalla’, il Valzer ‘di un minuto’, il Preludio ‘della goccia d’acqua’, ecc.”  Con le scene di Saul Steinberg, i costumi di Irene Sharaff e le luci di Jennifer Tipton riprese da Perry Silvey, il balletto, ripreso da Jean-Pierre Frohlich per il Jerome Robbins Trust è un esercizio di stile per i danzatori, che devono concentrarsi sui tempi e sulla misura di un balletto che pone al centro la musica e il modo in cui influisce su chi la ascolta. Piano piano questo pubblico si siede ad ascoltare il solista al pianoforte, che si trova in scena: una ballerina sognante, un marito farfallone più interessato ad altro che alla musica, una moglie gelosa, un ragazzo timido, una donna arrabbiata, e via via diversi altri personaggi; ma l’inventiva di Robbins crea diverse atmosfere e fa materializzare anche un gruppo di ballerine comicamente perfette nel loro essere scoordinate, e tanti ombrelli in un evocativo momento sul Preludio “della goccia d’acqua”, fino all’esilarante finale in cui il povero pianista avrà la sua vendetta sul fastidio arrecatogli da questi stravaganti personaggi.

 

Michele Olivieri

 

Foto: Brescia-Amisano, Teatro alla Scala

www.giornaledelladanza.com

 

 

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