È stata la sua ‘opera prima’ a soli ventiquattro anni per la compagnia Ultima Vez e con alle spalle la sola esperienza artistica di interprete per il polisemico Jan Fabre: What the Body Does Not Remember, spettacolo del 1987 che è valso al coreografo fiammingo Wim Vandekeybus il Bessie Award, il prestigioso premio newyorkese della arti sceniche, ha segnato non soltanto la strada dell’autore ma anche quella della storia della danza che ha trovato in lui un innovatore del movimento, gettato con forza nella sfera del ‘tutto è possibile’. Sperimentatore che attraversa il corpo come il video, il cinema e la fotografia, che passa da lavori molto musicali con nieuwZwart a intimi assoli di un uomo davanti a un film (Monkey Sandwich), all’analisi corale della mitologia (Oedipus/Bêt noir) o al concetto di scatto fotografico (booty Looting), “modo privilegiato – sostiene – di fissare la forma”, Vandekeybus ha creato un genere unico e riconoscibilissimo, i cui riverberi si vedono ancora nelle generazioni successive. Fisicità spinta all’estremo con prese e cadute ai limiti del rischio, messa in scena adrenalinica, sfrenata, debordante che si confronta con scenari multidisciplinari e musiche originali sviluppate in sala prove parallelamente al movimento. In What the Body Does Not Remember (Ciò che ...
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