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Da Broadway all’Italia con successo: intervista a Brian Bullard

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Brian Bullard nasce a Pittsburgh nel Texas, dopo la laurea, studia danza e per due anni è “primo ballerino” presso il Pacific Ballet di San Francisco. Ha danzato poi in diverse produzioni di Broadway tra cui “Oklahoma!” e “Pirate of Penzance”. Ha lavorato nei film “A Chorus Line” e “The Best Little Whorehouse”, è stato co-autore di un libro, “I Can Dance”, sulla danza per bambini. Il suo arrivo in Italia risale al 1983 con la Compagnia di Bob Fosse nel musical Dancin’. Ha esordito alla televisione italiana in coppia con Garrison Rochelle sulla RAI con “Fantastico 4”. In seguito sulle reti Mediaset è avvenuta la consacrazione del duo “Brian & Garrison” i quali hanno creato e firmato numerosi varietà e spettacoli di successo tra cui Festivalbar, Il grande Bluff, Il Guastafeste, Unomania, e La sai l’ultima? Brian ha curato anche le coreografie per il teatro (“La dodicesima notte” al Teatro Romano di Verona e “La Vedova Allegra” con Andrea Bocelli all’Arena di Verona), per la televisione (Passaparola, La sai l’ultima?, Provini, Canzoni sotto l’albero, Bellissima d’Italia, Bellissima del Mondo, Moda Mare, Superstar Tour, Il mondo è piccolo con le gemelle Kessler, Una voce nel sole con Natalia Estrada ed Al Bano, Il collare d’oro con Lorella Cuccarini, Reality Circus, Scherzi a parte con Michelle Hunziker, Teo Teocoli e Massimo Boldi). Ha lavorato anche alle coreografie di diverse campagne pubblicitarie. Ha preso parte alla trasmissione “Quelli che il calcio…” nella versione condotta da Simona Ventura. È stato coreografo del film di Gabriele Muccino “Ricordati di me” e di “Somewhere” firmato da Sofia Coppola. Ha preso parte alla pellicola “Commediasexi” di Alessandro D’Alatri. Attualmente insegna, tiene stage e masterclass, è giudice in concorsi di danza ed è direttore artistico presso “Hde-Mia”.

Carissimo Brian, hai avuto la fortuna di lavorare con un mito del calibro di Bob Fosse, cosa ricordi di lui?
Cappello in testa, faccia nascosta, sigaretta appesa alle labbra, un uomo essenziale… minimalista come le sue coreografie!

Cosa significa per te insegnare e qual è il lato più entusiasmante di questa professione?
La disciplina, la tecnica che gli allievi assorbono da una persona e non da una macchina… Per me è fondamentale avere un rapporto umano e non tecnologico!

Che ricordi hai da primo ballerino presso il Pacific Ballet?
Che non meritavo di esserlo, non mi sentivo degno della nomina ricevuta…

Se ti dico “Chorus Line” quale emozione ti risveglia?
Felicità e orgoglio!

Nell’83 hai avuto la grande popolarità in Italia con “Fantastico”… come sei arrivato a farne parte?
Grazie a Bob Fosse perché avevo fatto con lui, in quel momento, una tournée europea e mentre ci esibivamo a Roma il coreografo Franco Miseria vide me e Garrison e volle metterci insieme ad Heather Parisi nella trasmissione televisiva del sabato sera “Fantastico”!

Sei stato coreografo anche per il cinema, qual è la differenza nello svolgere questa professione dal cinema e dalla televisione?
Nel cinema l’occhio è il regista… mentre in teatro ognuno è regista perché è libero di guardare dove vuole. Anche se sei in scena dietro ad un albero, come capitò a me tanti anni fa a Broadway, riesci ad immaginarti che qualcuno ti osserva mentre in televisione se non sei inquadrato non sei visto da nessuno!

Tra tutti i personaggi che hai conosciuto nei tempi d’oro della televisione italiana chi ti ha colpito maggiormente?
Natalia Estrada perché sembrava un artista frivola… aveva questa immagine mentre lei, in realtà, arrivava sempre prima in sala prove ed era l’ultima ad andare via. Desiderava conoscere bene le coreografie e si informava spesso prima degli altri ballerini così alla fine, per me, era come avere un’assistente. La sua disciplina mi è piaciuta tantissimo.

Che importanza hanno gli stage nella formazione di un allievo?
Dipende se loro vanno con l’atteggiamento giusto e cioè senza la speranza primaria di essere scoperti da qualche personaggio televisivo per divenire famosi… se vanno con l’intento di apprendere quello che sta dando il maestro allora trovo siano molto positivi.

Come definire la disciplina Jazz, a molti poco conosciuta?
Si è sviluppata dopo il classico, quasi allo stesso tempo del moderno e del contemporaneo… è stata una reazione contro la danza accademica, si lavorava in modo “chiuso” molto dentro al pliè… i relevés non usavano; sto parlando del vecchio stile jazz, quello degli anni 40/50. Si può definire come un’evoluzione e lo sarebbe anche oggigiorno ma purtroppo è poco di moda… Se fatto bene offre grandi spunti di ricerca e sperimentazione!

Da dove trai l’ispirazione per le tue creazioni?
Primariamente dalla musica o anche se c’è qualcosa che mi ricorda tipo lo stile “Fred Astaire” o “Rita Hayworth”… li guardo ma non li copio, semplicemente ne traggo ispirazione!

Come hai conosciuto Garrison, in seguito tuo partner per tanti anni di successi televisivi?
Facendo uno spettacolo di Bob Fosse che si chiamava Dancin’… in tournée con noi c’era anche André De La Roche che faceva parte della Compagnia.

Come hai vissuto e vivi la tua popolarità?
Bene, bello! Non era certamente la cosa che cercavo, avevo fatto tanti spettacoli a New York e ho visto in prima persona quando uno è superfamoso tipo Calvin Klein e altri personaggi con cui ho lavorato e a quei livelli la popolarità diventa più una prigione piuttosto che una liberazione… non mi interessava affatto.

Quali sono stati i tuoi ideali nella danza?
Sylvie Guillem è la numero uno. Lei riesce a fare tutto con delle doti fisiche che solo lei possiede… un artista incredibile! Mi piace molto anche Polina Semionova. Di maschi a Broadway c’erano tanti ballerini della mia epoca che adoravo… non faccio i nomi perché non sono famosi però erano dei grandi modelli “ideali” a cui ispirarsi.

Quanto è cambiata la danza fisicamente dai tuoi tempi ad oggi?
Dipende da che tipo di danza…ad esempio in quella “video” alcuni partecipanti non fanno parte più di un’esigenza estetica, mentre a Broadway dove ho ballato io il fisico perfetto era fondamentale. Quando c’erano le audizioni, con trecento aspiranti ballerini per soli otti posti, ti mettevano in fila di venti e velocemente ti tenevano o scartavano inizialmente guardando solo il fisico… Sul lato classico forse oggi la danza è diventata più atletica.

Quali sono le differenze sostanziali sul versante “musical” tra Italia ed America?
Trovo che i ballerini in America siano più preparati nel cantare, ballare, recitare e sostenere un po’ di tutto insieme… Quando mi presentavo alle audizioni, lo facevo sempre in qualità di cantante, perché sapevo che ero molto intonato. Sicuramente c’erano ballerini più bravi di me ma io superavo le audizioni perché univo alla danza anche il canto e il tutto faceva la differenza.

Un consiglio per chi vuole intraprendere la carriera nella danza ai tempi odierni?
Consiglio di studiare, studiare, studiare e non pensare di arrivare subito. Ci sono le giuste priorità che vanno rispettate e cioè non ambire subito e solo alla popolarità (perché sicuramente è uno dei componenti ma non il primario)… prima bisogna amare tutto il mondo della danza ed il suo contorno…. dalla sala danza alle lezioni, dalle prove al palcoscenico e quando ti ritrovi in ultima fila devi comunque essere felice come se ti trovassi nella prima. Devi amare tutto ciò che fa parte di quest’arte.

Qual è il tratto principale del tuo carattere?
La generosità.

E il tuo peggior difetto?
Vendicativo ogni tanto.

Sei superstizioso?
No!

Hai mai sofferto d’invidia?
Ni!

Tu invece sei stato oggetto d’invidia?
Spero di sì!

Cosa volevi fare da grande?
Ballerino!

Di che cosa hai paura?
La sofferenza!

Cos’è per te la moda?
La moda è superficiale e trovo sia transitoria!

Quali sono le tue letture preferite?
Francis Scott Fitzgerald e buona parte degli autori americani anche se amo molto Shakespeare!

Città preferita?
Venezia.

Colore preferito?
Verde.

Ricordi il primo disco acquistato?
Un disco dei Beatles negli anni Sessanta!

Qual è il film che hai amato di più?
Woman in love… un film di
Ken Russell del 1969, tratto dal romanzo di David H. Lawrence!

Qual è la stagione dell’anno che preferisci e perché?
Autunno.

Che rapporto hai con la tecnologia?
Pessimo.

Hai delle cause che ti stanno particolarmente a cuore?
Molte ma non ho abbastanza soldi per contribuire a tutte!

Giorno o notte?
Mattina!

Qual è la situazione che consideri più rilassante?
Dormire!

Qual è il tuo rifugio da tutto e da tutti?
Nel mio cervello!

Qual è la vacanza o il viaggio che vorresti fare e che non hai ancora fatto?
Machu Picchu!

Chi o cosa ti imbarazza?
Niente!

Qual è il tuo piatto preferito?
La cucina messicana, in particolare i tacos.

Cosa non mancava mai nel tuo camerino?
Il trucco…

Stato d’animo attuale?
Felice!

Oggi ricopri anche il ruolo di direttore artistico presso la scuola di danza “Hde-Mia”, realtà che conosco molto bene e che apprezzo particolarmente con affetto. Cosa ti piace in questa veste?
A Milano ci sono tante offerte ma appena fuori, ad esempio a Broni dove ha sede Hde-Mia, l’approccio è diverso. Gli allievi hanno fame di imparare mentre nella grande città diventa tutto più difficile! Adoro di questa Scuola la genuinità e lezione dopo lezione stiamo lavorando affinché i ragazzi raggiungano una giusta preparazione!

Per concludere cosa significa per te la danza?
Lei ha segnato la mia vita e il mio lavoro da più di trent’anni… tutti i giorni aprendo gli occhi penso a quanto sia magnifica quest’espressione artistica!

Michele Olivieri

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