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Balletti nell’arte coreografica: La Sylphide

“La Syplhide” è il primo balletto danzato interamente sulle punte. Il tutù ha dato vita ad uno stile che ha contrassegnato l’arte coreutica per più di un secolo, e continua ancora oggi a definire al meglio il tradizionale canone della ballerina classica accademica. Questo costume fu creato da Eugène Lamy. Con l’introduzione del tutù “La Sylphide” diventa il capostipite dei “ballets blancs” segnando in assoluto lo stile Romantico, nel quale dominano personaggi fantastici ed eterei, portati in scena ben appunto con i costumi bianchi in tulle. Il libretto reca la firma di Adolphe Nourrit e, nella prima versione la musica fu composta da Jean Schneitzhöeffer, su coreografia di Filippo Taglioni. Il balletto condensa tutta la poesia tipica del “movimento romantico” nato nella prima metà del XIX secolo che influenzò l’arte, la letteratura, la musica e naturalmente l’arte di Tersicore.

James, un contadino scozzese, sta per sposare una contadina che si chiama Effie. Una Silfide, uno spirito alato dei boschi, si innamora di lui il giorno del matrimonio. Si rende visibile a James che si innamora a sua volta di lei e cerca di trattenerla, ma lei sfugge attraverso il camino. Entrano numerosi amici, la sua fidanzata, e la madre di James. Si presenta anche la vecchia strega del villaggio, Madge, che prevede il futuro delle ragazze. Quando dice a Effie che sarà felice nel matrimonio, ma che James non l’ama, lui si infuria e la manda via a colpi di scopa. Ritorna la Silfide, e James le confessa il suo amore. A sua insaputa è spiata dal suo amico Gurn, che è segretamente innamorato di Effie. Gurn corre da Effie e le racconta ciò che ha visto, ma quando torna con la madre dello sposo e la fidanzata, James nasconde la Silfide sotto un plaid. Gurn nota che il plaid è stato spostato, ma quando lo toglie non c’è niente sotto la Silfide è sparita. Il matrimonio inizia, ma la Silfide si mostra di nuovo a James che abbandona la sua fidanzata, i parenti, e gli invitati e scappa insieme a lei. Essendo mortale James si rende conto che sarà impossibile tenersi la Silfide. Madge, la strega, percepisce la difficoltà di James e gli offre un foulard magico che deve legare attorno alla vita della Silfide per trattenerla. Spiega che le farà cadere le ali, così non potrà più volare. Ma la speranza di James è frantumata quando la Silfide cade a terra tramortita non appena James lega il foulard. Le amiche della Silfide si manifestano e la circondano. Muore tra le loro braccia mentre James la fissa, impotente. Le Silfidi la alzano in aria e la portano via. In lontananza James vede una festa di matrimonio con Effie, che ha sposato Gurn. Madge entra e James la affronta. Cerca di abbatterla, ma Madge lo colpisce uccidendolo. Il balletto si conclude con la scena di Madge che esulta per la propria vittoria.

Il debutto ebbe luogo all’Opéra di Parigi nel 1832 con Maria Taglioni nelle vesti della protagonista e in seguito al Covent Garden di Londra (1832), sempre con la Taglioni, suo fratello Paolo e la moglie di quest’ultimo Amalia Galster, per poi approdare a San Pietroburgo nel 1837 ancora una volta con Maria Taglioni. Nel 1907, il coreografo russo Michail Fokin (1880-1942) mise in scena a San Pietroburgo “Chopiniana” in un solo atto sulle musiche di Frederik Chopin  con Anna Pavlova e Anatole Obukhoff.  Nel 1909 Fokine modificò il balletto, aggiungendo i canoni tipici del “balletto bianco”. Questa nuova versione venne chiamata “Les Sylphides” e fu rappresentata a Parigi al “Théâtre du Châtelet” dai “Ballets Russes” di Sergej Diaghilev con le musiche di Chopin orchestrate da Igor Stravinsky. Protagonisti Vaslav Nijinsky, Anna Pavlova, Tamara Karsavina e Alexandra Baldina, con le scenografie di Alexandre Benois.

La narrazione de “La Sylphide” fu ispirata dalla novella letteraria del 1822 di Charles NodierTrilby, ou le Lutin d’Argail”, incentrata tra l’impossibile amore di un umano con una creatura soprannaturale dove uno spirito domestico scozzese si innamora della donna sposata di casa, che all’inizio lo fa bandire, poi sente la sua mancanza e alla fine ricambia il suo amore, morendo entrambi alla fine. August Bournonville portò in scena una sua inedita versione a Copenaghen con la ballerina danese Lucile Grahn (1819-1907), commissionando una nuova partitura musicale ad Herman Severin Løvenskjold. Una terza versione la ritroviamo grazie all’italiano Antonio Cortesi per la danzatrice napoletana Fanny Cerrito (1817-1909)  in scena al Teatro alla Scala di Milano nel 1841 su musiche di Gioachino Rossini e Saverio Mercadante. Un’ulteriore rivisitazione fu quella nel cartellone 1837-1838 del Gran Teatro La Fenice di Venezia firmata da Antonio Cortesi con la ballerina milanese Amalia Brugnoli (1802-1892), del Teatro Regio di Torino nel 1839 con Luigia Groll. e al Teatro Apollo di Roma nel 1846 con la Taglioni che si avviava all’addio alle scene. Negli Stati Uniti, “La Sylphide” fu messa in scena al debutto nel 1835 con la ballerina francese Céline Céleste-Elliott detta Mademoiselle Céleste (1815-1882). Successivamente venne danzata nel 1838 dalla ballerina statunitense  Augusta Maywood (1825-1876), dalla cognata della Taglioni nel 1839 Amélie Galster, e nel 1840 dalla danzatrice austriaca Fanny Elssler (1810-1884).

Viktor Gsovsky ne allestì una versione per i “Ballets des Champs-Elysées” con Nina Vybourova e Roland Petit; allestimento in seguito portato a Londra. Pierre Lacotte che nel 1968 ritrovò dei documenti inediti su “La Sylphide” di Filippo Taglioni rimontò filologicamente la coreografia per la televisione nel 1971 e in seguito per l’Opéra di Parigi al Palais Garnier, nel 1972. La versione di Lacotte ha visto interpreti, tra gli altri, Michaël Denard, Jacqueline Rayet, Noëlla Pontois, Ghislaine Thesmar, Cyril Atanassoff, Attilio Labis, Georges Piletta, Raffaele Paganini.

Harald Lander rivisitò il balletto per il “Grand Ballet du Marquis de Cuevas” con Rossella Hightower e Serge Golovine, per il Teatro alla Scala di Milano con Carla Fracci e Mario Pistoni, per il “Nederlands Nationaal Ballet Théâtre” con Carla Fracci. Anche la coreografa Marianne von Rosen (con la collaborazione di Ellen Price de Plane) portò in scena una sua versione per il “Ballet Rambert” al Sadler’s Wells Théâtre di Londra nel 1960 con lei stessa protagonista accanto a Flemming Flindt, quindi ripropose la stessa versione per il “Ballet de l’Opéra di Montecarlo” diretto da Marika Besobrasova in una tournée che toccò anche l’Italia (1968 al Teatro Comunale di Bologna). In quell’occasione la Rosen interpretò il ruolo della maga, mentre protagonisti furono Carla Fracci e Rudolf Nureyev.

Nel 2005 il Balletto della Scala ha presentato per la prima volta la versione di “La Sylphide” di Pierre Lacotte, il titolo venne presentato come un vero omaggio al milanese Filippo Taglioni (1777-1871) e alla scuola italiana nonché a Maria Taglioni. A danzare alla Scala si ricordano l’étoile dell’Opéra di Parigi Aurélie Dupont insieme a Leonid Sarafanov in alternanza a Maximiliano Guerra al fianco di Gilda Gelati. Accanto a loro nei ruoli principali anche Antonino Sutera con Gilda Gelati, e Lara Montanaro con Massimo Garon.

Uno dei più importanti interpreti dello stile Bournonville fu Erik Bruhn che rivisitò “La Sylphide” seguendo la leggendaria coreografia originale. La si ricorda anche nella stagione 1972/1973 all’Opera di Roma con le scenografie di Enrico d’Assia, interpreti Elisabetta Terabust in coppia con Niels Kehlet. Mentre nel 1991 è stata riallestita dal ballerino e direttore artistico svedese Mats Skoog sempre per il Teatro dell’Opera di Roma con interpreti principali Peter Schaufuss e Susan Hogard, tra gli altri anche Laura Comi, Mario Marozzi, Piero Martelletta, Claudia Zaccari, Antonella Boni, Patrizia Lollobrigida, Guido Pistoni, Giovanni Rosaci, Stefania Minardo.Gli artisti dell’Australian Ballet, guidati da Leanne Stojmenov e Daniel Gaudiello, offrirono un’ottima interpretazione de “La Sylphide”, ambientata tra le sontuose scenografie di Anne Fraser.

Al Teatro dell’Opera di Roma troviamo nella stagione 2006 la versione da Auguste Bournonville riproposta da Carla Fracci e Nilk Kehlet, scene di Michele Della Cioppa, e i costumi di Shizuko Omachi, con interpreti principali Larissa Lezhnina in alternanza a Gudrun Bujesen e Laura Comi (Sylphide), Mario Marozzi, Thomas Lund, Riccardo Di Cosmo (James), Lucilla Benedetti, Tiziana Lauri (Madge), Cristiana Mirigliano, Sara Loro (Effy), Alessandro Tiburzi, Gianni Martelletta, Gerardo Porcelluzzi (Gurn).

Un apprezzato successo ha ottenuto l’allestimento de “La Sylphide” in scena presso il Teatro Fraschini di Pavia sulla musica di Herman Severin Løvenskiold, il libretto di Adolphe Nourrit e la coreografia di Ilir Kerni rielaborata da August Bournonville che ha avuto il merito dell’essenzialità, del ritmo e della freschezza del movimento sfociato in grazia a cura del “Balletto dell’Opera di Tirana”.

Curiosa la rilettura contemporanea dal titolo “Sylphidarium. Maria Taglioni on the ground”, concept, regia e coreografia di Francesca Pennini per la sua formazione ferrarese “CollettivO CineticO”, con le musiche originali di Francesco Antonioni. L’opera, una riflessione sulle forme della danza trasformata in viaggio verso territori espressivi inesplorati, parte da un défilé fashion e fumettistico in cui i danzatori incarnano, ciascuno fantasiosamente, un personaggio de “La Sylphide” di Maria Taglioni del 1832. “Sylphidarium” rievoca la versione classica trasformata e ibridata con ginnastica, acrobatica, culturismo e con un finale aerobico modellato sui video di Jane Fonda, con costumi argentati, lunari, sempre nel bianco di una scena che vuole ripetere l’effetto abbacinante del volteggiare dei tutù.

Chiudiamo con una nota rivolta ad Emma Livry che a buon ragione è da considerarsi l’ultima grande interprete de “La Sylphide” prima della ricostruzione di Pierre Lacotte nella versione odierna. Nata a Parigi come Jeanne Emma Emarot il 24 settembre 1842 e scomparsa a  Neuilly-sur-Seine il 26 luglio 1863, la Livry fu una delle ultime ballerine dell’era del balletto romantico e una protetta di Marie Taglioni. Morì tragicamente a causa delle complicazioni dovute a ustioni subite quando il suo costume prese fuoco durante una prova. Il 19 ottobre 1858 all’età di sedici anni, fece il suo debutto con il Balletto dell’Opéra di Parigi alla “Salle Le Peletier” nel ruolo della Silfide. Il suo talento le portò la fama e divenne una ballerina autorevole, particolarmente ammirata. Paul Smith scrisse sulla “Revue et Gazette musicale de Paris”: “Era così eterea e diafana, un imperativo di artista intangibile, un’artista con il ballon… Mlle. Livry aveva un ballon che non è mai stato eguagliato: salta e salta come nessun altro potrebbe fare. Sfiora il terreno, l’acqua e i fiori, apparentemente senza toccarli. Spesso sembra una piuma e scende come un fiocco di neve”. Con il termine “Ballon” si indica la capacità di restare alcuni istanti in aria durante l’esecuzione di un salto, tornando a terra con particolare leggerezza, in perfetto aplomb, cioè la capacità di atterrare in posizione perfettamente verticale al termine di un salto. I frammenti sopravvissuti del costume di Emma Livry possono essere visti al Musée de l’Opéra di Parigi.

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

 

 

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