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Cristina Bozzolini: Signora della Danza, Mecenate del nostro tempo

Crisitina Bozzolini - Pollino Dance Festival

 

La formazione classico-accademica, divisa tra la Scuola olandese e quella francese, ha condotto Cristina Bozzolini (classe 1943) a essere una delle prime ballerine stabili del Maggio Musicale Fiorentino, partner al fianco di prestigiosissime étoiles del balletto di fama mondiale, quali Nureyev e Baryshnikov – solo per citarne alcuni. Alla soglia dei quarant’anni, però, la sua carriera nella storia della danza italiana verte in funzione di un ruolo maggiormente organizzativo, direttivo e pedagogico: il Centro Studi Danza, il Collettivo Danza Contemporanea, il Balletto di Toscana, la Scuola ad esso connessa e la “compagnia-erede” Junior sono i frutti del suo talento, riversato anche oltre i confini territoriali della città natia, in una linea stilistica impeccabile tracciata tra il Balletto di Roma e l’Aterballetto di Reggio Emilia.

 

I suoi albori nello studio della danza si dividono tra l’impronta olandese di Diana Collin e quella francese degli Studi Wacher (Parigi) e della Scuola Internazionale di Cannes. Quale delle due sente che abbia temprato maggiormente il suo modo di danzare?

Certamente l’insegnamento di Daria Collin, trasferitasi a Firenze dopo essere stata protagonista della Scuola di danza classico-accademica olandese, base dello Het Nationale Ballet, allora e ancora oggi una delle migliori del mondo. Importanti anche i miei lunghi periodi di studio e perfezionamento agli Studi Wacher di Parigi, frequentati da solisti e primi ballerini dell’Opera. Lì vivevo con mio padre Silvano, allora emergente pittore della scuola dell’astrattismo, trasferitosi per operare in Francia.

Quale ricordo la emoziona tutt’oggi a proposito dell’ingresso nel Corpo di Ballo nel Maggio Musicale Fiorentino nei lontani anni ’60?

La partecipazione, non appena assunta, agli spettacoli della Compagnia nel Giardino di Boboli, nel programma di un trittico di balletti di Aurelio Milloss.

Gli anni Settanta spalancano le porte della sua carriera solista, al fianco di prestigiosissimi nomi della storia della danza: Nureyev, Baryshnikov, Godunov, Bortoluzzi, Vassiliev, Russillo e Amodio – solo per citarne alcuni. Con quale di essi sente di aver instaurato un feeling impareggiabile?

Come prima ballerina stabile del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino ho avuto la fortuna di conoscere e lavorare con uno dei più bravi e qualificati Maestri di valore internazionale, quale Eugène Polyakov; grazie a lui, in quegli anni, il Corpo di Ballo ha raggiunto livelli di eccellenza, nazionale e non solo, con l’opportunità di presentare allestimenti del grande repertorio classico-romantico con ospiti le étoile della scena mondiale. Come prima ballerina sono stata partner di molti di loro e con ognuno di loro si è trattato di una esperienza impareggiabile, ma forse, sul piano tecnico-interpretativo, i consigli e la collaborazione stabilitasi con Nureyev sono rimasti veramente indimenticabili.

Ma lo stesso decennio rappresenta anche l’inizio del suo percorso da insegnante, coreografa e organizzatrice, dapprima, nel 1970, con la fondazione del Centro Studi Danza (poi Scuola del Balletto di Toscana), successivamente, nel 1975, col Collettivo Danza Contemporanea, entrambi con sede a Firenze. Crede di essere stata – in qualche modo – una Mecenate novecentesca nella cosiddetta “culla dell’Arte italiana”?

Non esageriamo. Sicuramente sono stata molto attiva e propositiva, mai limitandomi a una attività solo all’interno della struttura del Corpo di Ballo. Grazie, infatti, a collaborazioni di qualificati Operatori nel campo del Teatro e della Musica, del Sindacato Filis-CGIL e dell’Arci è nato prima il Centro Studi Danza di Firenze con sede in Piazza della Signoria a Palazzo Uguccioni, con una forte vocazione sociale in campo didattico e, successivamente, motivata da sempre da una forte curiosità intellettuale e da una ricerca di nuove forme espressive della danza, ho costituito nel ’74 il Collettivo Danza Contemporanea di Firenze con un gruppo di danzatori del Corpo di Ballo, tutti animati da una stessa passione e disposti a un impegno lavorativo assai maggiore e del tutto gratuito, andante ben oltre il loro status di componenti l’organico del Teatro. Tutto pur di raggiungere le proprie aspirazioni artistiche. Oggi, al di là di ogni valutazione di merito, si può certamente affermare che il Collettivo, tra le prime formazioni italiane attive nella ricerca e sperimentazione coreografica “oltre” la danza classico-accademica, ha avuto una funzione di “apripista” per un movimento di esperienze cresciuto negli anni in termini esponenziali, anche eccessivi, dato il rischio diffuso di smarrire condizioni di professionalità, di capacità tecniche ed espressive indispensabili per qualunque linguaggio espressivo.

Nel 1983, alla soglia dei quarant’anni d’età, saluta le scene per dedicarsi totalmente al “dietro le quinte” della sua danza. E’ stata una decisione sofferta?

Affatto. Ero consapevole di essere al culmine delle mie qualità tecniche e della mia carriera di prima ballerina stabile e avendo già in essere un forte impegno di direzione organizzativa e di docenza, con importanti progetti in fieri, non mi interessava affrontare un periodo, per così dire, “discendente” anche se sarebbe stato economicamente vantaggioso, dato che allora le danzatrici potevano chiedere di restare in organico fino ai 45 anni!

Appena un biennio dopo, nel 1985, dopo dieci intensi anni di esperienze col Collettivo, fonda il Balletto di Toscana, una tra le compagnie di danza italiane ad unire il maggior numero di eccellenze del firmamento coreutico, guidate da artisti nostrani ed esteri del calibro di Angelin Preljocaj, Mauro Bigonzetti, Christopher Bruce, Fabrizio Monteverde e molti altri. Quanto ha impreziosito la sua forma mentis ognuna di queste svariate collaborazioni?

E’ impressionante come, ancora oggi, 15 anni dopo la sua immeritata cessazione delle attività, il BdT sia ricordato in Italia e soprattutto all’estero, da parte di Operatori di prestigio della cultura coreutica, con una considerazione, uno stato d’animo e con parole più appropriate a ricordare un mito e una leggendaria formazione di soli 12 danzatori, tutti solisti e primi ballerini, che hanno lasciato in gran parte del mondo (dove sono stati ripetutamente invitati ed acclamati) un segno indelebile delle loro interpretazioni. Ebbene questo è avvenuto perché ho sempre creduto e voluto che il carattere e la condizione decisiva di crescita ed affermazione di un organico artistico risiedesse, da un lato, nel valore dell’insieme in modo che fosse la Compagnia la star e non il singolo e men che mai l’ospite, e dall’altro, nei contributi creativi di una selezione, meditata e motivata, di Coreografi di chiara fama ma anche emergenti purché di sicuro talento, in termini tali da far emergere una originalità identitaria di una Compagnia di Autori, in cui differenze di stili e proposte si fondino tuttavia sul minimo comun denominatore di una poetica omogenea.

Tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90 si aggiudica tre tra i premi più prestigiosi del campo delle arti danzate: il Premio Tersicore dell’Accademia Nazionale delle Muse (1987), il Premio Positano per la Danza (per la seconda volta, dopo il 1969) e il Premio Danza & Danza (1989 e 1993). Una sequela di enormi gratificazioni: ha contribuito nella realizzazione dei molti altri progetti successivi?

Non c’è dubbio che i Premi fanno sempre molto piacere, specie quando assegnati da Giurie di qualificate personalità e, sicuramente, in una certa misura, aiutano nell’ottenere maggior considerazione negli Operatori del settore e nella situazione del mercato dello spettacolo di danza di qualità; è altrettanto vero che suscitano anche reazioni negative, invidie, ostilità, specie nella diffusa area delle mediocrità del mondo della danza.

Nella primavera del 2002 assume la co-direzione del Balletto di Roma, in contemporanea alla pedissequa direzione e cura della Scuola del BdT e alla formazione della Compagnia giovanile Junior Balletto di Toscana, degna erede della primigenia formazione. E, infine, nel 2008 la Direzione didattica dei nuovi programmi di alta formazione della Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto. Come riesce a tutt’oggi a mantenere contemporaneamente elevato il livello di qualità performativa di tutti e tre le istituzioni in questione?

Non basterebbe un volume per descrivere gli intrecci e le complicanze del passaggio dalla fine traumatica del BdT alla “fusione” con il Balletto di Roma, nella primavera del 2001, dopo che all’ultimo minuto era abortito il progetto di unificazione con l’Aterballetto di Reggio Emilia, auspicato preludio alla costituzione della Compagnia Nazionale di Danza Contemporanea. Per farla breve, grazie alla disponibilità della Compagnia romana, allora diretta da una vera Signora della Danza quale Franca Bartolomei (di cui peraltro abbiamo portato in dote circa 500 mila euro di sovvenzione ministeriale!), siamo sopravvissuti riuscendo anche, negli anni a seguire, a costituire dal 2005 la Compagnia giovanile Junior BdT, formazione di tirocinio professionale composta esclusivamente da allievi debuttanti della Scuola del Balletto di Toscana, molto rapidamente cresciuta in qualità, al punto di occupare posizioni di rilievo nelle programmazioni di alcuni dei maggiori Teatri italiani. Infine, poiché il tempo è galantuomo, nel 2008 prima sono stata incaricata di assumere al Direzione didattica della attività di alta formazione professionale della Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto di Reggio Emilia e, successivamente, lasciato l’incarico della co-direzione artistica del Balletto di Roma, mi è stata assegnata la Direzione Artistica della stessa Fondazione e della prestigiosa Compagnia emiliana. Ad essa dedico ogni mia energia e impegno intellettuale, tuttavia con una condizione di “pendolare” agevolata dalla linea dell’Alta Velocità (50 minuti con Firenze), dove mantengo il cuore della mia passione nella direzione della Scuola del BdT e dello Junior BdT, grazie però a un insieme di validissimi collaboratori di alte competenze professionali.

28 aprile 2013: Premio alla Carriera presso la Fonderia di Reggio Emilia. Come me lo descriverebbe quel momento?

Un’emozione speciale perché, a sorpresa, conferitami proprio da coloro che più approfonditamente mi conoscono e, coi miei pregi e difetti, mi apprezzano.

C’è chi la nomina scouting del nostro tempo. E’ davvero così? O sente di aver ritrovato il “suo” tempo in tutte le étoile che ha contribuito a far brillare nella scena della danza italiana?

Credo che la nomina sia perfetta!

 

Marco Argentina

www.giornaledelladanza.com

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