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La danza è un cocktail: intervista ad Alessandro Riga

La danza è un cocktail: intervista ad Alessandro Riga

 

Alessandro Riga è nato a Crotone. Ha intrapreso gli studi di danza classica presso la scuola “Maria Taglioni” di Crotone dove ha avuto come insegnanti: Afrodita Sarieva (prima ballerina del Teatro dell’Opera di Sofia); Zourab Labadze (ballerino e coreografo del Teatro Bolshoi di Mosca); Eliana Karin e Paulo De Oliveira (ballerini del Teatro Municipale di Rio de Janeiro). Si diploma ballerino professionista alla Scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma, dove entra nel giugno del 2001 e gli viene assegnata anche una borsa di studio. Nel novembre dello stesso anno, inizia una serie di spettacoli della scuola “Giovani Artisti all’Opera” in qualità di Solista in “Le Conservatoire” di August Bournonville e “Le avventure di Pinocchio” di Fabrizio Monteverde. A dicembre viene chiamato da Elisabetta Terabust ad essere primo ballerino nell’opera “Morte a Venezia”, dove interpreta il ruolo di Tadzio. Nell’agosto del 2002 riceve un’altra borsa di studio per l’Instituto Superior de Danza “Alicia Alonso” di Fuenlabrada, in Spagna. A dicembre riceve l’invito di Carla Fracci a diventare primo ballerino, nel ruolo di Ofelia, in “Amleto, principe del sogno” di Beppe Menegatti con le coreografie di Luc Bouy, insieme alla Compagnia del Teatro dell’Opera di Roma. Nel 2003 è primo ballerino in “Paquita” di Marius Petipa al Teatro Nazionale di Roma. Al Festival di Todi dello stesso anno interpreta anche “Father, Son” di Gheorghe Iancu, curatore della coreografia, nella versione danzata del musical “OVO” di Peter Gabriel. Nel 2004 entra nella Compagnia del Teatro dell’Opera di Dresda, sotto la direzione di Vladimir Derevianko. Nel 2006 è in scena al Teatro Massimo di Palermo in “Orfeo ed Euridice”, diretto e coreografato da Luciano Cannito, in “Coppélia” di Evgenij Poljakov al Maggio Musicale Fiorentino, in “Cenerentola” di Maria Grazia Garofali all’Arena di Verona, nel ruolo dell’Uccello blu ne “La bella addormentata” di Derek Deane a Zagabria e nel ruolo di “Pulcinella” e “Arlecchino” di Lucio Dalla e Luciano Cannito al Teatro Comunale di Bologna. Nel 2007 interpreta il ruolo di James nella “Sylphide” di August Bournonville a Firenze e Puck nel “Sogno di una notte di mezza estate” di Francesco Ventriglia a Verona. È stato più volte ospite al “Maggio Danza” sotto la direzione artistica di Derevianko e Ventriglia. Nel maggio del 2010 recita insieme a Gaia Straccamore ed interpreta il ruolo principale di “Celio” ne “I capricci di Marianna”, diretto da Beppe Menegatti, al Teatro Nazionale di Roma. In estate è protagonista in “Romeo e Giulietta” insieme a Oksana Kucheruk alle Terme di Caracalla. Nel 2011 interpreta il ruolo di Gesù nello “Stabat Mater” di Giovanni Battista Pergolesi, diretto e coreografato da Francesco Ventriglia. Il suo repertorio va dai più noti balletti classici come Don Chisciotte, Giselle, la Sylphide, La Fille mal Gardèe, Romeo e Giulietta, Cenerentola, alle più importanti coreografie contemporanee del nostro tempo firmate da R. Petit, M. Bejart , W. Forsythe, J. Kylian, S. Lynke, J. Neumeier, G. Balanchine, A. Foniadakis, F. Ventriglia, U. Scholz, condividendo il palco con partner come S. Guillem, E. Abbagnato, E. Obrazova, C. Fracci. Nel 2012 la sua città natale lo nomina “Cittadino Illustre”. Dal settembre 2013 fa parte della Compañía Nacional de Danza come Principal Dancer sotto la direzione di José Carlos Martínez. Da allora ha ballato ruoli in “Middle Somewhat Elevated” e “Herman Schmerman” di William Forsythe, “Casi-Casa” di Mats Ek, “Sonatas”, “Delibes Suite” e “Don Chisciotte Suite” (Basilio) di José Carlos Martínez, “Allegro Brillante” di George Balanchine e “Minus 16” di Ohad Naharin. È stato nominato per il premio Benois de la Danse nella categoria del miglior ballerino per la sua performance in L’Arlesienne di Roland Petit, che è stato accolta con entusiasmo da parte del pubblico e dai critici internazionali. Ha ricevuto inoltre prestigiosi premi italiani (Danza & Danza, Premio Positano, Premio Adriana Panni, Spoleto Danza, Danza in Fiera).

 

Gentile Alessandro, tu arrivi da Crotone; come ti sei avvicinato alla danza e quali sono state le principali ragioni per cui ti sei innamorato di questa disciplina? Quali sono i ricordi più belli legati alla tua prima scuola di danza Maria Taglioni? Ti ricordi il primo giorno di studio?

La prima volta che entrai in uno studio di danza fu a sei anni. I miei genitori volevano che iniziassi un’attività doposcuola e presero contatti con la scuola di danza “Maria Taglioni” che stava a pochi metri dalla mia scuola elementare. Così mi portarono per provare, ero l’unico maschio del mio gruppo ma poco mi importava, perché già dal primo giorno (l’unica cosa che mi fecero fare una marcia a tempo di musica) sentii lo studio di danza un luogo sicuro. Mi piaceva stare lì, mi piaceva il suono del pianoforte e soprattutto subito notai che era l’unico posto dove parlare (cosa che ho sempre trovato “scomoda” per il tipo di carattere introverso che avevo e ho).

Poi è arrivato il momento del grande salto con il trasferimento a Roma e l’ingresso alla scuola di danza del Teatro dell’Opera. Com’è avvenuto il tutto e cosa ti piace ricordare di quel periodo?

Quando avevo quattordici anni, venne Claudia Zaccari (già prima ballerina dell’Opera di Roma) come presidente di commissione per l’esame di quell’anno, mi ricordo che i miei genitori stavano lì e subito dopo aver finito ci chiamò per dirci che avevo talento ed era arrivato il momento di entrare in una scuola prestigiosa come quella dell’Opera. Provai quell’anno e mi diedero una borsa di studio fino al diploma. Fino a quel momento nessuno di noi tre pensava che la danza potesse essere più di uno “sport” ma decidemmo di provarci e l’anno successivo mi trasferii con mia madre e mia sorella. Da subito iniziai ad essere chiamato per alcuni lavori al di fuori della scuola, con Gheoghe Iancu ma soprattutto con la direttrice dell’epoca della compagnia, Carla Fracci, con la quale nacque una vera e propria collaborazione che durò fino al mio diploma.

La tua primissima volta in palcoscenico con quale balletto è avvenuta?

La prima volta che entrai in un teatro d’Opera fu a Roma, poco tempo dopo il mio arrivo, la produzione era “Romeo e Giulietta” di Cranko, e io insieme ad un gruppetto di ragazzi selezionati, partecipammo come comparse del popolo. Fu incredibile! La musica dal vivo, i costumi, la possibilità di vedere ballerini professionisti come affrontavano le prove. Fu lì capii che questo era il mio mondo.

Quali sono state le maggiori difficoltà tecniche incontrate all’inizio della tua formazione?

A Crotone, ballavo in maniera spontanea, buttandomi a provare qualsiasi passo senza sapere effettivamente cosa stessi facendo, ma, entrato a Roma, mi resi subito conto che la maggiore difficoltà che incontrai fu l’apprendere tutte quelle nozioni tecniche che mi mancavano, ero una spugna, a scuola come in compagnia cercando di affinare la mia tecnica sempre più.

Sei l’unico che si occupa di danza in famiglia?

Sì sono l’unico.

Raccontaci il tuo primo incontro con la grande Elisabetta Terabust per il bellissimo ruolo di Tadzio in Morte a Venezia?

In realtà io lavorai più con il coreografo Gheorghe Iancu, essendo un’opera e non una produzione della compagnia. Il mio vero primo incontro con Elisabetta Terabust fu l’anno dopo al mio esame di fine corso a scuola dove lei era presidente di commissione e mi ammise all’anno successivo con il massimo dei voti e tantissimi complimenti.

Se dovessi inviare un grazie alle persone che hanno segnato maggiormente il tuo percorso artistico a chi lo indirizzeresti?

Tutte le persone che ho incontrato sulla mia strada hanno contribuito alla mia formazione e hanno lasciato il segno (nel bene e nel male) e per questo le ringrazio, ma un pensiero speciale resta sempre per il mio maestro della scuola dell’Opera Pablo Moret, porto i suoi consigli ancora con me, mi ha insegnato tutto, dalla tecnica allo stare in scena, una guida, fuori e dentro la scena, e per questo non finirò mai di ringraziarlo.

Come descriveresti, nel complesso la tua esperienza alla Compagnia del Teatro dell’Opera di Roma?

Sono stati tre anni dove ho lavorato tantissimo, in scuola e in compagnia, stavo sempre in studio o in scena, è stata la mia prima vera immersione nel mondo del balletto, le mie prime vere esperienze formative come uomo e come danzatore.

Mentre nella compagnia del teatro dell’Opera di Dresda?

Il “Semperoper” lo considero come il mio “Master”. Tanti spettacoli, sempre in scena, dove ero coinvolto in ruoli di corpo di ballo, solista e primo ballerino, produzioni di coreografi internazionali, ho ballato le mie prime produzioni con Kiljan, Neumeier, Scholz, Forsythe e tutti i grandi classici. Bellissima compagnia dove fare tanta esperienza di qualità.

Ti faccio qualche nome e tu lo associ ad un pensiero, un aggettivo o a un ricordo particolare? Carla Fracci?

Eterna e inimitabile!

Vladimir Derevianko?

Rigore e disciplina!

Fabrizio Monteverde?

Estrosità artistica e simpatia!

Beppe Menegatti?

Passione e tanta tanta tanta cultura!

Gheorghe Iancu?

Il mio padrino artistico!

Luciano Cannito?

Capace e coraggioso!

Francesco Ventriglia?

Visionario ed innovatore!

Gaia Straccamore?

Dolce e professionale!

Secondo te, l’espressività e le emozioni quanto sono determinanti nella carriera di un ballerino al di là della tecnica?

La danza è un cocktail di tanti fattori, tecnica, estetica, interpretazione, lavoro. Le quantità variano da persona a persona ma nessun ballerino può prescindere da ciascuno di questi fattori.

Dal tuo osservatorio, che mondo è quello della danza visto dall’interno?

Come tutto l’universo artistico il suo punto di forza è il fatto che l’estro e le “stranezze” sono qualità aggiuntive e non difetti, è un mondo dove essere creativi e fuori dagli schemi ti rende davvero speciale. Ci sono pro e contro come dappertutto, puoi incontrare buona gente come gente cattiva, amici e gente gelosa ma resta comunque un mondo fatto di cose belle. La musica, le storie da raccontare, lo stare a contatto con gli altri sono tutte cose che rendono questo mondo un piccolo universo a sé.

Tra le varie esperienze c’è stato il Maggio Danza. Come ti ha arricchito artisticamente e quale clima si respirava?

“Maggio Danza” come l’Opera di Roma sono le due compagnie italiane che ho frequentato di più, il Maggio era una piccola compagnia con un enorme potenziale, capace di passare dal classico al moderno senza problemi, in una città dove l’arte regna sovrana. Un peccato aver assistito al suo assassinio (perché solo così si può chiamare) in un momento dove la compagnia stava crescendo maggiormente sotto la direzione di Ventriglia.

Cosa ami particolarmente della Spagna dal punto di vista culturale? Mentre di Madrid cosa apprezzi?

Un rispetto molto diverso dal nostro per la cultura, e parecchia “fame di danza”, gli spagnoli sono un popolo eccellente, che vivono la città, le sue tradizioni e i loro usi con molto orgoglio ma senza far sentire mai lo straniero diverso. Sono felice di vivere lì, Madrid è una città viva ma sicura, grande ma ben organizzata piena di attività e gente con il sorriso.

Attualmente sei Principal nella Compania Nacional de Danza di Madrid, quali sensazioni provi nel far parte di un Corpo di ballo così prestigioso?

Sicuramente è un onore poter lavorare di nuovo, dopo Dresda, con danzatori provenienti da tutto il mondo, con formazioni diverse che ti arricchiscono anche solo guardando. Il mio direttore José Carlos Martinez ha rinnovato la compagnia (prima diretta da Nacho Duato) rendendola un posto capace di affrontare dai classici del balletto fino al contemporaneo più estremo. Ha un ottimo gusto per le produzioni che sceglie e i riscontri si vedono dentro e fuori la Spagna.

Qual è il punto di forza della Compagnia, a tuo avviso?

È una compagnia giovane che fa tantissimi spettacoli, soprattutto in tournée dando possibilità a tutti i suoi componenti di affrontare ruoli diversi in diverse produzioni, variando di genere, lavorando con i più importanti coreografi del nostro tempo.

Che passioni coltivi, al di fuori della danza?

Sono un appassionato di serie TV oramai diventati dei piccoli capolavori, vado spesso al cinema e ascolto tanta musica, vado in palestra e mi piace vivere la città in cui mi trovo, nel tempo libero.

Ogni ballerino ha un asso nella manica, che nel tempo, ne favorisce il successo. Qual è stato il tuo?

Penso la versatilità. Il neo classico credo sia il mio mondo ma ho affrontato dai grandi classici ai balletti più contemporanei. Mi piace spaziare e buttarmi a provare di tutto.

La danza in Italia e all’estero. Quali sono, per tua esperienza, le differenze?

Ci vorrebbe un articolo a parte per questo, ma credo che la differenza più grande sia la gestione contrattuale delle compagnie italiane con quelle estere dalla quale dipende poi la crescita del ballerino, la qualità delle produzioni e molte altre cose.

Chi sono i grandi maestri del passato, tra danzatori e coreografi che ammiri di più?

Da tutti si può imparare come fare e come non fare, ma se dovessi scegliere un ballerino del passato che mi è rimasto nel cuore dico Mikhail Baryshnikov. Non ho visto ancora nessuno salire in scena con naturalezza e sicurezza, capace di spaziare e eccellere in qualsiasi cosa abbia affrontato, dal grande classico al jazz, dal cinema alla televisione. Un autentico artista a 360 gradi.

Hai un tuo mito personale della danza nel panorama attuale al quale ti ispiri?

Sono molto curioso e mi piace vedere come diversi ballerini affrontano diversi ruoli per cercare di trovare la maniera migliore di affrontare i ruoli che mi affidano. Non c’è nessuno in particolare, nessun mito, ma tanti punti di riferimento.

Il Teatro, il palcoscenico, i camerini, le sale prova, il proscenio, il dietro le quinte… quale magia nascondono?

La magia più grande è lo scambio tra colleghi. Il sostegno nei momenti di fatica e la spinta che ti da il cimentarsi in più persone nello stesso ruolo o nello stesso esercizio a lezione, la creazione in sala prove con il coreografo e la sintonia che si instaura con alcune partner. Tutto fa parte di quello che poi lo spettatore si siede ad assistere.

Quale musica ti piace ascoltare?

Dalla classica, ai cori, fino al rock e al pop, ascolto un po’ di tutto. Mi piacciono moltissimi i bassi in una melodia, li considero suoni primitivi, che ti entrano dentro.

E che genere di film ami particolarmente?

Vado spesso al cinema e cerco di spaziare il più possibile, dagli effetti speciali al cinema d’autore, quello che più apprezzo è la maniera con la quale viene raccontata la storia.

Per concludere, caro Alessandro, la danza cosa ti ha donato di più entusiasmante nella tua vita, fino ad oggi?

Tantissime soddisfazioni, molto di più di quello che immaginavo. Mi ha dato la possibilità di esprimermi in una maniera non convenzionale, usando il corpo senza il mezzo della parola. Tante esperienze e moltissimi viaggi. Mi ha aiutato a definire la persona che sono, mi ha insegnato la disciplina, ha forgiato il mio carattere. È una reazione di alti e bassi come tutte le altre, ma posso dire che sono e sarò sempre innamorato della danza.

 

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

Foto repertorio di CND Spagna

e Domingo Fernandez

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