
Nel mondo del balletto esistono figure che non soltanto interpretano la danza, ma la trasformano. Alessandra Ferri è una di queste.
Per oltre quattro decenni ha incarnato un’idea di femminilità scenica che fonde tecnica, intensità emotiva e una qualità narrativa rara.
Nel 2025 inaugura un nuovo capitolo alla guida del Wiener Staatsballett, dopo una carriera che da sola basterebbe a riempire le pagine di un manuale di storia della danza.
L’ascesa di Ferri comincia a Londra, dove si forma alla Royal Ballet School. Qui, sotto gli occhi attenti dei maestri che hanno fatto la storia del balletto britannico, rivela una maturità espressiva sorprendente per la sua età.
Non è una sorpresa, quindi, che il Royal Ballet la promuova principal dancer appena diciannovenne: un record che segna il primo tratto di una carriera destinata a non conoscere confini.
Dopo Londra, New York: all’American Ballet Theatre diventa partner di star assolute come Baryshnikov, consolidando la sua fama di ballerina capace di coniugare virtuosismo e drammaturgia.
Poi Milano, dove dal 1992 diventa étoile del Teatro alla Scala. È qui che interpreta i ruoli che la renderanno immortale: Manon, Giselle, Marguerite and Armand, Romeo and Juliet.
Ogni personaggio prende vita attraverso la sua sensibilità scenica, fatta di dettagli, sguardi e una musicalità naturale che la rende riconoscibile sin dal primo movimento.
Nel 2007 annuncia il ritiro, ma il sipario – almeno per lei – non cala mai davvero. Sei anni più tardi ritorna sulle scene e conquista nuovamente pubblico e critica, soprattutto grazie a coreografi contemporanei che vedono in lei una forza interpretativa rara.
Woolf Works di Wayne McGregor diventa il simbolo di una rinascita artistica che sfida i confini dell’età e rinnova l’idea stessa di carriera nel balletto.
Il 2025 segna una svolta epocale: Alessandra Ferri assume la direzione del Wiener Staatsballett e della sua prestigiosa scuola. Non è soltanto un incarico, ma la promessa di una visione.
Ferri arriva a Vienna con l’intenzione dichiarata di restituire alla compagnia una posizione centrale nel panorama europeo.
E lo fa con una formula personale: rispetto assoluto per il repertorio classico unito a un’apertura equilibrata verso la creazione contemporanea.
La stagione 2025/26 riflette già questa impronta: titoli storici accanto a nuove commissioni, un gala annuale dedicato ai grandi coreografi del Novecento – si parte da Frederick Ashton – e un rinnovamento del corpo di ballo che porta a Vienna volti internazionali di livello altissimo.
La Ferri direttrice non tradisce la Ferri interprete: la qualità espressiva resta il centro di tutto, così come la cura per l’individualità dei danzatori.
Il suo approccio è quello di chi ha vissuto ogni lato della scena: la tecnica, la fatica, l’emozione, l’attesa nelle quinte.
Per questo, nelle sue prime dichiarazioni, ha insistito sulla necessità di creare non solo una compagnia solida, ma anche un ambiente dove i giovani possano crescere “in un equilibrio tra disciplina e libertà creativa”.
Una filosofia che rispecchia la sua stessa storia: rigore assoluto, sì, ma sempre finalizzato alla verità dell’interpretazione.
Oggi Alessandra Ferri è considerata non soltanto una delle più grandi ballerine del nostro tempo, ma anche una figura capace di influenzare la direzione futura dell’arte coreutica.
Da Londra a New York, da Milano a Vienna, il percorso di Ferri appare come un’unica linea coerente: la ricerca costante della verità scenica.
Ed è proprio questa capacità di essere autentica, in un’arte fatta di forme, che continua a renderla una delle figure più luminose del panorama internazionale.
Non resta che attendere che cosa porterà questa nuova stagione della sua vita — ma se la storia insegna qualcosa, è che Alessandra Ferri non smette mai di sorprendere.
Michele Olivieri
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