La danza è un’arte resistente. Come abbiamo visto si è istantaneamente mutata è ha trovato nello tsunami mediatico on line di lezioni, esercizi e stretching la nuova forma per sopravvivere. Tale condizione sembra Idealmente un ponte che collega i due periodi, del prima e del dopo. Vivendo nell’incertezza di quando si giungerà alla terra del dopo, e soprattutto di quali siano le regole di questo nuovo paese, il ponte si sospende e si allunga rarefacendosi in un colorato arcobaleno pieno di fantasia e di follia. Certo è che se un giorno ci chiederemo cosa ne è stata di Tersicore nei tempi del Covid, la descriveremo attaccata al frigorifero, all’asse da stiro, al caminetto (nelle versioni più chic) cercando di eseguire eleganti ronde jambe par terre evitando il gatto che passa, il cane che scodinzola, il figlio che si muove carponi. Preoccupante può essere l’appagante senso di completezza, dato dal narcisismo proprio di quest’arte sublime ed effimera. Inoltre questa condizione, che prevarica il razionale, è culmine di uno scorretto modo di porsi degli artisti e degli studenti nei confronti della danza stessa, che spesso antepone il valore di un perfetto en dehors, dell’esecuzione di un esercizio, a quello del movimento, della ...
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