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Ondine (balletto): storia, personaggi, curiosità e trama

Il ruolo della protagonista è senza dubbio l’obiettivo principale del balletto. È uno spiritello d’acqua che il pubblico scopre ballando in una cascata e poi con la propria ombra. Il suo amore per Palemon è profondo, il che rende la sua infedeltà così drammatica. Il vecchio racconto dell’amore del Cavaliere Hulbrand per una strega, ninfa, fantasma o artificio di nome Ondina è il filo rosso che lega questa favola, composta secondo la tradizione dei grandi balletti narrativi. Sontuose scene e balli di gruppo di suggestivo effetto, divertissement e giochi d’insieme si alternano con gli “a solo”, i “pas de deux” e “pas de trois” di Palemon, della sua fidanzata terrena e di Ondina. Il balletto in tre atti e cinque scene fu creato dal coreografo Sir Frederic Ashton con raffinato stile neoclassico e melodie screziate del versatile Hans Werner Henze. La versione di Ashton supera tutte le altre – di cui andremo a parlare – per la magistrale compiutezza espressiva e la carica poetica. La creazione venne registrata nel 1959 da Paul Czinner alla “Royal Opera House” con il “Royal Ballet” ai tempi diretto da Dame Ninette de Valois in un filmato (oggi acquistabile il dvd) che contempla inoltre “L’uccello di fuoco” e l’atto bianco dal “Lago dei cigni” con protagonista l’allure e la grazia speciale di Margot Fonteyn al fianco di Michael Somes.

Ashton originariamente produsse “Ondine” per il Royal Ballet nel 1958, con l’incarico ad Henze di produrre la partitura che da allora è stata rimessa in scena da altri coreografi. Il balletto venne adattato da una novella intitolata “Undine” di Friedrich de la Motte Fouqué. Durante la creazione Henze tenne un diario sullo svolgimento e sui pensieri nati per la coreografia e la musica. Questi appunti sono poi diventati un libro intitolato “Ondine: Diary of a Ballet” che offre uno sguardo privilegiato e approfondito sull’arte dei due creatori durante la composizione di una delle più significative opere ballettistiche del XX secolo.

È da annoverare come l’unico balletto a figura intera che Ashton ha coreografato su musica originale. La prima del balletto si è svolse presso la Royal Opera House di Londra, il 27 ottobre 1958, con il compositore tedesco nelle vesti di Direttore. I costumi e le scenografie portavano la firma della marchesa Lila De Nobili – disegnatrice e pittrice italiana – diventata nota come illustratrice della rivista “Vogue” e in seguito per le sue collaborazioni in veste di scenografa e costumista con registi del calibro di Luchino Visconti, Franco Zeffirelli, Raymond Rouleau, Luigi Squarzina, Peter Hall e Giancarlo Menotti (ha vestito per la scena tra le altre Maria Callas, Ingrid Bergman, Édith Piaf, Simone Signoret). Interpreti principali al debutto di “Ondine” furono Margot Fonteyn e Michael Somes, con altri celebri nomi, tra cui Julia Farron, Monica Mason, Brenda Taylor, Georgina Gray, Jacqueline Daryl, Vyvyan Lorrayne, Patricia Thorogood, Ronald Hynd, Gary Burne, Petrus Bosman, Patricia Thorogood, Brenda Bolton, Julie Wood, Peter Clegg, Merle Park, Antoinette Sibley, Julie Wood, Robert de Warren, Annette Page, Ronald Hynd, Maryon Lane, e gli allievi della “Edith Cavell Secondary School”. Ashton si ispirò alla leggenda della creatura acquatica già usata da Jules Perrot e Fanny Cerrito nel balletto intitolato “Ondine, ou la naïade” (di cui se ne parla più avanti nell’articolo) in scena a Londra nel 1843.

Simile ad altre fiabe ottocentesche, la trama di “Ondine” è basata sull’incontro dell’uomo (Palemon) con il soprannaturale (la ninfa dell’acqua che dà il titolo alla coreografia), ma il finale si discosta notevolmente dai grandi classici del repertorio ottocentesco. Infatti l’uomo muore, e il personaggio femminile sopravvive drammaticamente. La storia deriva dal racconto romantico “Undine” scritto da Friedrich de la Motte Fouqué nel 1811 in cui si narra di una ninfa dell’acqua che sposa un mortale, che a sua volta ha ispirato l’opera lirica in tre atti “Undine” di E.T.A. Hoffmann del 1816, l’opera lirica in quattro atti “Undine” di Albert Lortzing, la sonata per flauto/clarinetto e pianoforte “Undine” di Carl Reinecke del 1882, il dramma teatrale “Ondine” di Jean Giraudoux del 1939, il cortometraggio muto “Undine” del 1912 con la regia di Lucius Henderson, il cortometraggio muto “Neptune’s Daughter” del 1912 per la regia di Theodore Wharton, un’altra versione intitolata ancora “Neptune’s Daughter” si vide nel 1914 con la regia di Herbert Brenon (con protagonista Annette Kellerman, una popolare nuotatrice australiana famosa anche come attrice) e il lungometraggio “Undine – Un amore per sempre” del 2020 scritto e diretto da Christian Petzold (presentato in concorso al 70º Festival di Berlino, dove l’attrice principale Paula Beer ha vinto il premio per la miglior attrice). Altre versioni ballettistiche tratte dal racconto di Friederich de la Motte Fouqué precedenti a quella di Ashton si trovano nella coreografia firmata da Louis Henry (Vienna, 1825, musica di Gyrowetz) e in quella di Paolo Taglioni (Berlino, 1836, musica di H. Schmidt).

Secondo la tradizione, le Ondine sono prive di anima ma possono guadagnarsene una sposando un uomo mortale. Le Ondine sono presenti soprattutto nel folklore germanico, dove sono ritenute creature misteriose simili alle sirene greche, che abitano i fiumi e che talvolta attirano gli uomini fino a farli annegare. Sono in genere rappresentate come donne bellissime con la coda di pesce. A seconda delle tradizioni, sono considerate esseri maligni, innocui, o addirittura amichevoli. In generale vengono etichettate come creature simili alle fate. Ondine nel balletto accetta e comprende tutto, non ha paura di niente tranne che della separazione da Palemon. La frattura tra anima e realtà non è risanabile, così la menzogna di Ondine e il tradimento di Palemon diventano necessari perché gli uomini possano continuare a distinguere, accusare e processare.

Nel balletto di Ashton Ondine fa il suo primo ingresso da una fontana e danza con la sua ombra che non ha mai visto prima. Incontra l’eroe, Palemon, ed è stupita quando non sente il di lei cuore battere. Infatti Ondine non possiede un cuore e nemmeno un’anima. Palemon abbandona Berta, che ha corteggiato, e decide di sposare la ninfa. E così facendo Ondine ottiene un cuore e uno spirito. Durante una tempesta in mare, la ragazza si perde. Palemon sopravvive al naufragio creato dallo zio di Ondine e Signore del Mare (chiamato Tirrenio, arrabbiato perché la nipote si è messa con un umano) e, credendo che il suo amore sia perduto, finisce per sposare Berta. Ondine ritorna, tuttavia, e ha il cuore spezzato quando scopre l’infedeltà di Palemon. Quando lei lo bacia, lui muore e lei riporta il suo corpo in mare supplicando Tirrenio di riportarlo in vita che però senza ascoltarla trasforma il giovane in una statua. Nella partitura pubblicata, come nel titolo del balletto, Henze ha mantenuto l’ortografia originale dei nomi dei personaggi. La produzione del balletto londinese è stata data come “Ondine”, ma la colonna sonora è stata intitolata “Undine” e nomina il personaggio principale come Undine. Henze usa anche il nome originale Beatrice piuttosto che Berta.

Il balletto di Ashton venne creato, come già riportato, per la leggendaria prima ballerina del “Royal Ballet”, Margot Fonteyn (che trionfò nel ruolo sia a detta della critica che del pubblico) tanto da essere definito “un concerto per Fonteyn”. Rimase in repertorio dal 1958 al 1966 e il ruolo della protagonista fu sempre ricoperto dalla Fonteyn, salvo rarissimi casi in cui venne sostituita da Nadia Nerina o da Svetlana Berëzova. In seguito Maria Almeida (al fianco di Sir Anthony Dowell) divenne la prima danzatrice a ballare il ruolo di “Ondine” in un revival della fine degli anni Ottanta diretto da Isaiah Jackson. L’italiana Viviana Durante ha successivamente proseguito nella tradizione di Fonteyn. Ripreso nuovamente per la stagione 2008/2009 alla “Royal Opera House” ha visto Tamara Rojo ed Edward Watson nei ruoli principali. Ruoli che nel tempo sono stati ricoperti anche da Cynthia Harvey, Ravenna Tucker, Sarah Wildor, Miyako Yoshida, Alina Cojocaru e Desmond Doyle, Donald Macleary, Attilio Labis, Bruce Sansom, Jonathan Cope, Inaki Urlezaga, Nigel Burley, Federico Bonelli. La coppia Fonteyn-Somes si esibì anche con un estratto del “pas de deux” dal primo atto per la serata “Ballets de Noël” al Théâtre de Monte Carlo il 3 gennaio 1959. Dopo l’allestimento originale del “Royal Ballet”, la produzione è stata rimessa in scena al Sadler’s Wells di Londra e al Metropolitan Opera House di New York, e al Teatro alla Scala di Milano nel 2000 con diversi cast che hanno incluso le coppie Alessandra Ferri e Adam Cooper, Sabrina Brazzo e Roberto Bolle, Anita Magyari e Massimo Murru, sotto la direzione musicale e la concertazione di Patrick Fournillier per l’Orchestra della Scala, nella ripresa coreografica a cura di Christopher Carr, Grant Coyle, Donald MacLeary con maître principale Patricia Ruanne (assistita da Frederic Jahn), professore principale Grigore Vintila, maîtres Maurizio Bellezza e Gillian Whittingham, maîtres e professori ospiti Philip Beamish e Loipa Araujo.

Da menzionare altri coreografi che hanno utilizzato la musica di Henze, tra cui Youri Vámos per il balletto della “Deutsche Oper Berlin” (1987) e Torsten Händler al “Ballet of the Theater Chemnitz” in Germania e al “Semperoper Ballett” di Dresda che l’ha portata in scena regolarmente dal 1989 come parte del proprio repertorio utilizzando un allestimento moderno. Il balletto è stato eseguito anche al “Volkstheater” di Rostock nel marzo 2009. Mentre nel 2022 all’Opera di Graz nasce “Undine” con la musica di Hans Werner Henze e la coreografia della direttrice del ballo Beate Vollack (con assistente Sascha Pieper) che ha trasportato il pubblico nel mondo degli spiriti della natura e dei sogni d’amore, unendo grandi opposti, dando l’impronta di una moderna fiaba, lasciando interpretare al debutto il ruolo di Ondine a sei ballerine contemporaneamente che hanno riflesso le diverse sfaccettature della protagonista (Stephanie Carpio, Isabel Edwards, Mireia Gonzalez Fernandez, Rosa Maria Pace, Renata Parisi e Marina Schmied) con Beatrice danzata da Ann-Kathrin Adam e Palemon da Christoph Schaller (ad interpretare il Mare gli allievi della “Scuola di Ballo dell’Opera di Graz”) sulle scene e costumi di Jon Morrell, con il maestro Vassilis Christopoulos a dirigere l’Orchestra Filarmonica. Una storia d’amore che si tramuta in conflitto e vede contrapposti due mondi. Tra gli amici di Palemon si ricorda la presenza del danzatore italiano Lorenzo Galdeman.

 

Mentre “Ondine, ou La naïade” (di cui si è accennato ad inizio articolo) è un balletto in tre atti e sei scene con coreografia di Jules Perrot, musica di Cesare Pugni e il libretto tratto sempre dal romanzo di Friedrich de la Motte Fouqué. Pugni dedicò la sua partitura alla Duchessa di Cambridge Augusta, una fervente appassionata di balli fin da piccola in Germania grazie ai nobili genitori che ne organizzavano sovente per il divertimento famigliare. Da sposata a Londra con Adolfo, Duca di Cambridge (settimo figlio di Giorgio III) apparve particolarmente caritatevole nell’aiutare i poveri. Oltre a sostenere varie associazioni di beneficenza amava la musica e andava regolarmente al Teatro dell’Opera oltre a presenziare ai “gran balli di corte” come quello organizzato nella “Waterloo Gallery” di Windsor. Venne descritta da Kinloch-Cooke come “una bella e maestosa signora, di altezza leggermente superiore alla media delle donne… I suoi lineamenti erano sorprendenti e gli occhi e le sopracciglia scuri rendevano il suo aspetto molto attraente… mani dalla forma perfetta… un sorriso affascinante”.

La produzione originale di Londra utilizzava il titolo “Ondine, ou La naïade”, Perrot mise in scena una ripresa del balletto con il titolo “La naïade et le pêcheur”, titolo utilizzato per tutte le successive produzioni del balletto. Venne presentato per la prima volta al Her Majesty’s Theatre il 22 giugno 1843. Fanny Cerrito danzò il ruolo della protagonista, mentre Perrot stesso interpretò il suo amato mortale (il pescatore Matteo) e la ballerina francese Marie Guy-Stéphan rivestì i panni di Giannina. La coreografia fu assai elogiata, soprattutto per la sua percettibilità in ogni dettaglio dell’azione. Il balletto somigliava però poco al libro popolare “Undine” di de la Motte Fouqué, l’unica cosa in comune era la protagonista trasformata in una ninfa dell’acqua e l’amore sfortunato di uno spirito marino per un umano. Ciò è dovuto al fatto che Perrot per arricchire e migliorare la teatralità apportò dei cambiamenti alla trama e all’ambientazione: dal Danubio alla Sicilia, dall’aristocratico Sir Huldbrand all’umile pescatore Matteo, mentre la rivale in amore di Ondina Bertalda divenne l’orfana Giannina. Il balletto di Perrot è più simile all’opera teatrale di René-Charles Guilbert de Pixerécourt presentata per la prima volta a Parigi nel 1830 mentre Perrot si esibiva in quel teatro. Da menzionare che Fanny Cerrito interpretò il ruolo di Ondine per l’ultima volta quando eseguì l’atto finale a San Pietroburgo il 26 febbraio 1857 alcuni mesi prima dal suo addio dalle scene. Durante l’incarico di Primo Maestro di Ballo dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo, Jules Perrot presentò una produzione elaboratamente ampliata del balletto al Teatro Imperiale Bolshoi Kamenny l’11 febbraio 1851 con la partitura rivista e ampliata per l’occasione da Cesare Pugni e protagonista la grande prima ballerina italiana Carlotta Grisi. In seguito Perrot rimaneggiò l’allestimento per una serata al Palazzo Peterhof in onore dell’onomastico della Granduchessa Olga Nikolaevna, figlia dell’Imperatore Nicola I, con il palcoscenico montato sopra l’acqua del lago nel Padiglione Ozerky. Marius Petipa riprese “La Naïade et le pêcheur” di Perrot per l’Imperial Ballet in diverse occasioni, revisionando inoltre buona parte della coreografia per la prima ballerina Ekaterina Vazem, con Pugni che compose due nuove variazioni per la protagonista. Petipa in seguito mise in scena le sue riprese complete nel 1874 per la prima ballerina Eugenia Sokolova, Paver Gerdt e Alexandra Kemmerer, con revisioni musicali di Ludwig Minkus; nel 1892 per la prima ballerina Varvara Nikitina al fianco di Paver Gerdt e Marie Petipa, con revisioni musicali di Riccardo Drigo. Il nipote di Cesare Pugni, secondo maître de ballet dei Teatri Imperiali ed ex primo ballerino Alexander Shiryaev, organizzò una ripresa di “La Naïade et le pêcheur” per la prima ballerina Anna Pavlova nel 1903. Pierre Lacotte nel 2006 ha ricostruito filologicamente il balletto di Perrot con il titolo “Ondine” per il Teatro Mariinsky e per i principal Evgenia Obraztsova e Vladimir Shklyarov con una nuova versione della partitura di Cesare Pugni tratta dall’originale e da quella riveduta del 1851. Shiryaev rimontò il balletto nel 1921 per la “Leningrad Choreographic School” (l’attuale Accademia Vaganova di San Pietroburgo) per poi presentarlo in Russia l’ultima volta nel 1931. Oggi sopravvivono solamente due variazioni – quelle di Tamara Karsavina ed Elena Poliakova – nella “notazione Stepanov”. Il pezzo creato per Anna Johansson da Petipa del 1892 viene danzata attualmente nelPaquita Grand Pas Classique”. Altre versioni di questo balletto in passato sono state allestite da Alan Carter (Monaco di Baviera, 1959), Tatiana Gsovsky (Berlino, 1962), Nicholas Beriozoff (Zurigo, 1965), Imre Eck (Budapest, 1969).

Sir Frederick Ashton nel suo “Ondine” di cui abbiamo ad inizio articolo rese omaggio a Perrot inserendo la sua versione della “Danza delle Ombre” (Pas de l’ombre) nel primo atto che è il passaggio più celebre e celebrato dell’intero balletto.

In conclusione di questo excursus citiamo due curiosità: “Ondine” ha una somiglianza con “La Sirenetta” tratta dalla fiaba dello scrittore danese Hans Christian Andersen, pubblicata nel 1837. Il titolo di lavorazione della fiaba era “Le figlie dell’aria” e Andersen si ispirò ben appunto a “Undine” di Friedrich de la Motte Fouqué anche se scelse di dare alla sua sirena un percorso divino e, a suo dire, più naturale. Tanti film, musical e spettacoli teatrali sono stati tratti da quest’opera letteraria, ma sicuramente il film d’animazione della Disney intitolato “La sirenetta” uscito nel 1989 è il più popolare: insignito di diversi premi, vede un lieto fine con il matrimonio tra la protagonista e il suo principe. La Disney ha poi prodotto due seguiti del film “La sirenetta II – Ritorno agli abissi” (2000) e “La sirenetta – Quando tutto ebbe inizio” (2008) oltre alla serie animata “La sirenetta – Le nuove avventure marine di Ariel”. Seconda curiosità anche l’opera lirica in tre atti “Rusalka” con musica di Antonín Dvořák e libretto di Jaroslav Kvapil rappresentata per la prima volta a Praga il 31 marzo del 1901 riprende parte della fiaba “Undine” e de “La Sirenetta” di Andersen. Terza curiosità: una scultura bronzea raffigurante la “Sirenetta” di Andersen è situata su uno scoglio nel porto di Copenaghen e viene considerata uno dei simboli della capitale danese dal 1913, anno della sua inaugurazione, ad opera delle scultore Edvard Eriksen su commissione di Carl Jacobsen il quale rimase affascinato dal balletto tratto dalla fiaba.

 

Michele Olivieri

 

Foto: Fanny Ellsler in “Ondine”. Litografia di Nathaniel Currier, 1846

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