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Salomè (balletto): storia, personaggi, curiosità e trama

La danza dei sette veli è la danza eseguita da Salomè davanti al re Erode Antipa nel teatro moderno, nella letteratura e nelle arti visive. Appartiene alla storia del Nuovo Testamento della festa di Erode e dell’esecuzione di Giovanni Battista, che si riferisce a Salomè che danza davanti al re.

Il titolo Danza dei sette veli è stato reso popolare con la traduzione del 1894 del testo teatrale francese di Oscar Wilde Salomè. La danza è stata in seguito incorporata nell’opera lirica Salomè del 1905 del compositore Richard Strauss.

Oscar Wilde descrisse la scena semplicemente come Salomè danza la danza dei sette veli. Sebbene l’obiettivo sia sedurre il patrigno, re Erode, le azioni di Salomè non sono apertamente erotiche, almeno inizialmente. Un’introduzione frenetica nella partitura viene interrotta dalla danzatrice, che riprende con un languido e deliberato atto di logoramento, mentre l’orchestra presenta note lunghe riccamente ornate, intervallate da valzer provocanti. Il ritmo di Salomè aumenta gradualmente mentre si libera dei veli in un’ultima frenesia, poi crolla come esausta. Dopo un attimo di pausa, si rialza per gettarsi ai piedi di Erode in trionfo.

La prima rappresentazione avvenne a Parigi nel 1896. Lo spettacolo divenne famoso in Germania e il testo di Wilde fu preso ben appunto da Richard Strauss come base per la sua opera.

Dall’opera sono stati tratti numerosi adattamenti cinematografici, teatrali e di danza/balletto nonché opere pittoriche e scultoree. Salomè rimane ad oggi una delle creazioni più avvincenti e indimenticabili del repertorio classico.

Di seguito elenchiamo una miscellanea di opere e coreografie dedicate al mito e alla visione di questo racconto leggendario.

Basata su una poesia di Robert d’Humières, la partitura di Florent Schmidt era stata pensata nel 1907 per un balletto interpretato da Loïe Fuller e diretto da Désiré-Émile Inghelbrecht al Théâtre des Arts di Parigi. Lo spettacolo venne ripreso al Théâtre du Châtelet nel 1912, per la Compagnia di Madame Trouhanova, scene e costumi di Maxime Dethomas, su coreografia di Yvan Clustine con interpreti Natalia Vladimirovna Trouhanova (Salomè), Neith-Blanc (Hérodiade), Jacquinet (Erode), De Carva (Jean), sotto la direzione musicale dell’autore.

Grazie alla presentazione del 1912 de La Tragédie de Salomè vide la luce anche la famosissima produzione dei Ballet Russes l’anno successivo al Théâtre des Champs-Élysées di Parigi, precisamente il 12 giugno del 1913, con le coreografie di Boris Georgevich Romanof, in scena la prima ballerina Tamara Karsavina nel ruolo della protagonista, con Pierre Monteux alla direzione d’orchestra, scenografie e costumi di Serge Soudeikine con la supervisione di Léon Bakst. La produzione di Diaghilev oltre ad essere ammirata a Parigi e a Londra venne proposta nel 1913 a Montevideo (Uruguay) e a Rio de Janeiro (in Brasile).

La tragedia di Salomè vide la luce al Théâtre de l’Opéra di Parigi nel 1919 rappresentata all’interno di un gala di beneficenza con Ida Rubinstein (nella foto) insieme a Georges Wagne nel ruolo di Erode e a Christine Herx in quello di Erodiade. Nel 1922, la ripresa del balletto a Parigi vide Yvonne Daunt nel ruolo principale. La produzione venne fatta rivivere nel 1928 con un’altra interprete d’eccezione, Olga Spessivtseva.

La partitura di Florent Schmidt venne ripresa nel 1954 su coreografia di Albert Aveline all’Opéra di Parigi con protagonista Lycette Darsonval. Da notare che nel 1911, Schmitt ridusse a metà la partitura e l’adattò per una grande orchestra, creando un poema sinfonico dedicato ad Igor Stravinskij, eseguito ai “Concerts Colonne”.

Al Teatro Costanzi di Roma si vide nella stagione dell’Opera del 1923 per i Nuovi Balli Italiani su coreografia di Nicola Guerra con Vincenzo De Crescenzo, F. Berutti, Dathy Tarling, Luigi Grossi.

Nel 1967 una produzione tedesca dal titolo La Tragédie de Salomé andò in scena con la coreografata di Manfred Taubert nell’interpretazione di Gisela Deege, Wolfgang Leissner, Tana Herzberg e lo stesso Taubert.

Da menzionare una messa in scena del balletto datata 1953 con il Balletto di Zagabria su coreografie di Nenad Lhotka.

Salomé fu presentata in Germania come parte di una serata di tre balletti (Petrouchka di Igor Stravinsky e Tombeau de Couperin di Maurice Ravel) su coreografia di Anthony Taylor allestita al Theater des Stadt Koblenz nel 1994.

La coreografia del russo Emil Faski (libretto di Robert d’Humières, scenografia e costumi di Pier Paolo Bisleri) ispirata dai moti avanguardisti del primo novecento si ammirò al Balletto del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo nel 2013. Creazione in un unico atto sulla musica di Schmitt con una danza neoclassica arricchita da elementi acrobatici e moderni supportata da simboli contemporanei. Sempre nella stagione 2013 al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste (in coproduzione con il Teatro Mariinskij di San Pietroburgo) questa versione ballettistica di Faski si vide nell’esibizione dei solisti Vicktorija Brileva e Andrej Ermakov.

La versione firmata dal coreografo danese Flemming Flindt su musica di Peter Maxwell Davies fu presentata per la prima volta nel 1978.

La partitura di Strauss, terminata il 20 giugno del 1905, andò in scena in debutto il 9 dicembre dell’anno stesso all’Opera Reale di Dresda. Una versione con questa partitura fu allestita anche per il Teatro alla Scala di Milano diretta da Riccardo Chailly per la regia di Damiano Michieletto con coreografia di Thomas Wilhelm.

Da sottolineare l’opera in un atto composta da Antoine Mariotte, il quale iniziò a comporla prima del compositore tedesco Richard Strauss, anche se la sua prima assoluta ebbe luogo nel 1908 al Grand-Théâtre de Lyon (tre anni dopo quella di Strauss a Dresda).

Un’altra versione operistica di Salomè, da Oscar Wilde la ritroviamo in scena a Vienna con la traduzione di Edwige Lachmann, musica di Richard Strauss, in una coproduzione Wiener Volksoper, Opéra di Montecarlo, Opéra Royal de Wallonie, Liège, con la regia di Marguerite Borie e la coreografia di Darren Ross.

Il coreografo Arthur Pita fu incaricato nel 2017 dal San Francisco Ballet di allestire una propria versione ballettistica di Salomè in stile teatro-danza postmoderno su musica di Frank Moon.

L’opera apparve al principio del 1906 al Comunale di Breslavia, sotto la direzione di Julius Prüwer con la cantante croata Fanchette Verlume, che fu la prima ad eseguire la Danza dei sette veli su musica di Strauss.

In Italia la prima rappresentazione fu allestita nel 1906, alla Scala di Milano da Arturo Toscanini e al Regio di Torino dallo stesso autore.

Nel gennaio 1907 seguì il Metropolitan di New York con Olive Fremstad, il Teatro de la Monnaie di Bruxelles e il San Carlo di Napoli.

Nel 1908 Gertrude Hoffmann portò in scena il ruolo di Salomè nello spettacolo Vision of Salome causando uno scandalo in numerosi teatri degli Stati Uniti d’America.

A New York l’impresario Hammerstein riprese l’opera in lingua francese, nel 1909, con Mary Garden, la quale fu poi Salomè alla prima di Chicago nel 1910.

Nel 2012 al Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena si ricorda la Salomè diretta da Niksa Bareza con la regia di Manfred Schweigkofler, e la parte ballata a cura della compagnia di danza WhyCompany.

Anche la danzatrice nonché attrice e poetessa Maria Cumani fu Salomè e la si ricorda in uno scatto fotografico custodito nell’archivio dell’Associazione Germana Marucelli. Alberto Testa così la ricordava nel 1995 “(…) Danza e poesia nella Cumani si integravano e componevano, in perfetta simbiosi, la triade vagheggiata dei greci: poesia, musica, danza. Proprio la danza greca alla quale la Cumani si ispirò, Erinni e Eumenide, espressione sublimata della tragedia, canto del capro come ode sacrificale di un rito, proveniva da quel filone vivo e attivo negli anni Trenta quando la Cumani frequentava lo studio di Jia Ruskaja. Maria Cumani si era inserita in quel movimento della danza libera che occupò alacremente gli animi e le menti della nuova danza agli inizi del secolo sulla scia feconda lasciata da Isadora Duncan (…)”.

Nel 1985 troviamo Béjart Salomè – con in scena il grande étoile dell’Opéra di Parigi Patrick Dupond recitare una parte femminile in debutto al City Centre di New York. Un pezzo breve di quindici minuti, con Béjart anche scenografo su musica di Riccardo Drigo.

Nel 1970 sempre a firma di Maurice Béjart ritroviamo un altro pezzo ispirato a questa narrazione dal titolo Comme la princesse Salomè est belle ce soir portato in scena all’Opéra-Comique di Parigi con interpreti Josiane Consoli, Michaël Denard e il Ballet du XXe Siècle su musica di Richard Strauss più un montaggio di canti di uccelli.

Nel 1983 Maurice Béjart fu anche regista e coreografo della Salomè in versione operistica, tratta dalla pièce di Oscar Wilde, su musica di Richard Strauss, con scene e costumi di Nuno Corte Real, in debutto al Grand Théâtre de Genève, con interpreti Julia Migenez-Johnson, Simon Estes e Robert Tear.

Un adattamento di successo della Salomè si è visto a firma di David Haugthon, progettato e diretto da Lindsay Kemp sulle musiche originali di Andrew Wilson e le percussioni di Jori Hirota. La produzione del 1977 in scena al Roundhouse di Londra si affermò come un successo di critica e di botteghino, replicando per sei mesi in abbinamento all’adattamento di Kemp di Nostra Signora dei Fiori. La Salomè era un libero adattamento dell’originale, con un cast tutto maschile, alternando testi in francese e in inglese e utilizzando solo circa un terzo dei dialoghi di Wilde. Come scriveva nel programma di sala lo stesso HaugthonL’attrazione di Lindsay Kemp per Salomè di Oscar Wilde si basava, al parti dell’attrazione per Genet, su di un’identificazione personale di carattere intuitivo. Nel mito di Salomè figurano tutti gli ingredienti, ovvii ed avvincenti, di una sessualità contorta, stati psicologici estremi, un’atmosfera esotica, ostentazione, sfarzo e morte, per non dire di un sensazionale ruolo da protagonista. In verità, quando nel 1972 Kemp diresse la sua prima Salomè a Edimburgo, egli coprì la parte del nano Narraboth, e fu solo a New York che con finta riluttanza vestì i panni della principessa, creando così la sua caratterizzazione più gelida ed ossessionante: una creatura infantile e demente dalla risatina stridula, rivestita dapprima di un manto di glaciale opulenza che poi gradualmente, nella danza leggendaria, si spoglia d’ogni strato di pudore sino a rimanere nuda incarnazione della passione più spietata. Una sorta di Kalì, una strega dello spogliarello, che spazza via tutto quanto ostacoli la sua distruttiva furia erotica: una caratterizzazione dove l’ampiezza di sfumature psicologiche viene sacrificata per creare la terrificante intensità di una monomania. Più che una versione dell’opera di Wilde, questa Salomè è una versione, o più versioni, del mito di Salomè come ampiamente rappresentato in letteratura, nella tradizione operistica e nella pittura lungo l’arco di diversi secoli. Lo spettacolo passa quindi per Klimt, Gustave Moreau, Huysmans e Flaubert, Massenet e Richard Strauss, così come per i rituali primitivi e il voodoo, il circo e le Folies Bergères. Dunque il fluire dello spettacolo si adagia in una specie di struttura sinfonica in cinque movimenti: sino all’entrata di Salomè una serie di spettacolari prologhi mitologici senza dialoghi; poi il suo incontro col profeta e la scena di corte, entrambi in gran parte statici e muti; il ritorno al mito spettacolare e alla musica nella danza di Salomè; altri dialoghi di corte, quando Erode tenta di dissuaderla dalla sua richiesta; e la rappresentazione di morte, senza testo, in chiusura. Ciascuna sezione ricorre alle immagini come motivi musicali che si riflettono altrimenti nelle altre sezioni. Ognuna di esse è più semplice della precedente, sino al finale, quasi un’unica immagine prolungata sino allo spasimo. (…) equilibrio tra puro spettacolo ed ironia, dall’abilità degli interpreti di ‘credere all’incredibile’ e di indurre lo spettatore a fare altrettanto”.

Da segnalare la Salomè con le coreografie di Vittorio Biagi sulla musica di Jean Prodromidès, creata nel 1972 per il Balletto dell’Opéra National de Lyon, andata in scena per l’ultima volta al Teatro Sistina di Roma nel 2005 con protagonisti Stefania Minardo, Cristian Bevilacqua e la Compagnia Danza Prospettiva fondata e diretta dal Maestro Biagi. Cronache dell’epoca al debutto riportano “(…) la ballerina afroamericana Karen Ford è sontuosamente abbigliata, la coreografia di Biagi sembra ispirata al Kamasutra”.

Un’altra Salomè in danza da menzionare è quella del 1929, su musica di Cyril Scott, con interprete e coreografa Yvonne Georgi la quale voleva apparire sexy e volgare per soddisfare la sua fame di eccitazione estatica. La Georgi (1903-1975) è stata una ballerina, coreografa e maestra di danza tedesca, una figura influente nella danza per decenni, insieme a Gret Palucca e Hanya Holm fu tra le allieve più famose di Mary Wigman e Robert Gergi.

Tra le interpreti che nel tempo hanno danzato la Salomè si ricorda ai primi del Novecento anche la milanese Cia Fornaroli che nel 1929 successe ad Enrico Cecchetti come direttrice della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala, fino al 1933.

Una menzione spetta anche alla Salomè coreografica di Kasyan Goleizovsky, ballerino e coreografo russo, membro pioniere dell’avanguardia a Mosca negli anni Venti. Nel 1918 fu invitato a dirigere lo studio della Scuola di teatro Bolshoi e nel 1922 fondò la sua compagnia, il Moscow Chamber Ballet, per la quale realizzò alcune delle sue opere più innovative, tra cui Faun (su musica di Debussy) e la sua Salomè (su musica di Strauss) così audace nella rappresentazione dell’erotismo scenico, audacemente sperimentale tanto da influenzare ed ispirare altri giovani coreografi russi, in particolare George Balanchine.

La storia della danza di Salomè davanti ad Erode con la testa di Giovanni Battista su un piatto d’argento ha portato gli artisti cristiani medievali a dipingerla come la personificazione della donna lasciva, della tentatrice che attira gli uomini lontano dalla salvezza. La trama ci racconta che nel palazzo di Erode Antipa, dove egli vive con la ex moglie del fratello Filippo, Erodiade, intrecciando con lei una relazione legalizzata da un matrimonio, si sta svolgendo un banchetto che vede ospiti giudei, romani, egizi. L’opera si apre sulla terrazza del palazzo con il dialogo tra i soldati, il siriaco e quello di Cappadocia che discutono sulla bellezza della luna e sulla bellezza della principessa Salomè. Nel salone c’è una grande cisterna dove il tetrarca Erode ha fatto rinchiudere Iokanaan: Erode è infatti spaventato dal comportamento del profeta, che urla dal fondo della sua prigione le profezie sull’avvento del Messia condannando il comportamento dei monarchi di Giudea. Salomè, allontanatasi dal banchetto per i continui sguardi interessati di Erode, è incuriosita dall’uomo e ne chiede la liberazione alle guardie per potergli parlare. Questi si dimostrano spaventati ma alla fine cedono alle lusinghe della principessa: Iokanaan esce dalla cisterna proferendo parole di sdegno contro Erode ed Erodiade. L’aspetto e la voce del profeta inebriano Salomè che, affascinata dall’uomo, gli rivela il suo impeto sessuale ed il desiderio irrefrenabile di baciarlo. Iokanaan la evita e il siriaco, capitano della guardia ed innamorato di Salomè, si uccide nel sentirla proferire promesse di un bacio al profeta. Giungono sulla terrazza il tetrarca e la cognata, ed Erode fa offerte amorose a Salomè, che rifiuta sdegnata. Iokanaan non perde tempo nel maledire il comportamento libertino di Erodiade, la quale è profondamente offesa dalle accuse e dalla mancata difesa da parte del marito. Erode è troppo preso dalla bellezza di Salomè per darle retta, e le chiede di danzare per lui, offrendosi di esaudire qualsiasi suo desiderio. Salomè accetta ed esegue la danza dei sette veli, posando i piedi nudi nel sangue del cadavere del siriaco. Finita l’esecuzione, la danzatrice esprime il suo desiderio, ripetendolo di fronte all’orrore di Erode: Salomè vuole baciare le labbra di Iokanaan, che sfugge alle richieste di Salomè: ella desidera la sua testa in un bacile d’argento, ma Erode non vuole uccidere un uomo che ha visto Dio; tuttavia, il re non può venir meno alla sua promessa e fa uccidere dal carnefice il profeta. Salomè ne reclama la testa e bacia le labbra di Iokanaan di fronte allo sgomento di Erode ed alla soddisfazione di Erodiade, che vede il suo accusatore morto. Erode, inorridito dalla ragazza, ne ordina l’uccisione da parte di suoi soldati. L’opera termina con gli scudi dei guerrieri che schiacciano, uccidendola, Salomè.

Resta nella storia del Teatro alla Scala l’edizione di Salomè concepita da Bob Wilson pensando a Lewis Carroll con le scene firmate a quattro mani con Giorgio Cristini, mentre i costumi portavano la firma di Gianni Versace con protagonisti Montserrat Caballé ed Helga Dernesch. Nel 2021 il coreografo Thomas Wilhelm, unisce alla rappresentazione lirica una Danza dei sette veli che è un inquietante viaggio onirico nell’abuso rimosso e nella scoperta traumatica della sessualità, nell’allestimento di Damiano Michieletto.

Sempre parlando di opera lirica si trova la Salomè alla Staatsoper di Berlino nel 2019. ll regista Hans Neuenfels ha scelto un’ambientazione moderna con i costumi (Reinhard von der Thannen) che ricordano la Repubblica di Weimar, tutti in bianco e nero, stessi colori per le scenografie con luci al neon. L’unica tinta è stata rappresentata da una insegna rossa, la quale recitava “Wilde is here”. La soluzione trovata da Neuenfels per la Danza dei Sette Veli è stata quella di far ballare Salomè con il personaggio di Oscar Wilde, vestito con un abito sadomaso, dove la danza si trasforma come mezzo per il suo omicidio.

Un discorso particolare merita la Salomè di Loie Fuller. Questa artista è stata tra le prime a ballare la storia di Salomè come abbiamo visto ad inizio articolo, precedendo la performance al Palace Theatre di Maud Allen, che causò lo scandalo nel 1906 a Londra e venne poi riconosciuta dallo scrittore Showalter come una Salomé “femminista e sovversiva”. Maud Allen “scrisse in un libro autobiografico nel 1908 (…) Impazzita per la rigida immobilità, Salomè, cercando una comprensione e non sapendo come ottenerla, preme le sue labbra calde e vibranti sulle fredde e inanimate del Battista! In quell’istante, la cortina di oscurità che aveva avvolto la sua anima cade, la strana grandezza di un potere superiore a quanto Salomè abbia mai sognato di contemplare le diventa visibile, e la sua angoscia si fa vibrante. Loie Fuller produsse due versioni a serata intera che divennero il suo cavallo di battaglia, tanto da essere ricordata come la Salomè elettrica per via della danza dei veli in chiave tecnologica e sperimentale per quel tempo. Avvolgendo il suo corpo con metri di stoffe sollevate con l’aiuto di bacchette nascoste alla vista, cucite nel tessuto, propose al pubblico un inedito modo di fare teatro, a cui nel tempo si rifecero numerosi artisti e compagnie di danza che ancora oggi si ispirano alla sua arte. Con suggestioni di luci e ombre il suo corpo appariva e scompariva in un gioco di “vedo e non vedo” dando così un nuovo impulso all’erotismo della “danza dei veli”. La versione integrale della Salomè della Fuller risale al 1895 mentre il suo successivo allestimento rivisto è datato 1907. La prima Salomè della Fuller venne portata in scena alla Comédie Parisienne su musiche di Gabriel Pierné e scenografie di Georges-Antoine Rochegrosse. Avvolta in un costume bianco decorato con rose bianche la Fuller voleva imprimere totalmente l’innocenza del ruolo. Mentre ne La Tragédie de Salomè del 1907 la Fuller trasformò Salomè in una tentatrice con l’aiuto di quindici proiettori, seicentocinquanta lampade e quattromilacinquecento piume colorate e un costume creato da fili di perle e da un finto serpente verde a sei piedi per restituire al pubblico immagini fantasmagoriche. Malgrado a quel tempo la Fuller avesse quarantacinque anni il successo non venne meno anche se la sensualità ormai appariva sbiadita da un corpo in sovrappeso. Ma l’aspetto rivoluzionario del suo porsi alla ribalta la elevò agli occhi di tutti come Moderna Salomè. Nel 2009 venne pubblicato il libro sulla Fuller e le sue due coreografie, dal titolo Electric Salomè: Loie Fuller’s Performance of Modernism scritto da Rhonda K. Garelick.

Si ricorda anche la giovanissima ballerina Celia Franca che fu la prima coreografa incaricata dalla “British Broadcasting Corporation” a creare balletti appositamente per il mezzo televisivo, tra cui The Dance of Salomè nel 1949.

Come non citare a livello cinematografico, la sfarzosa produzione hollywoodiana in Technicolor con interprete la splendida Rita Hayworth: la pellicola non si basava sull’audace dramma fin de siècle di Oscar Wilde, bensì su un adattamento di Harry Kleiner e Jesse Lasky Jr., liberamente ispirato alla vicenda biblica. Il film capovolge il tradizionale ritratto perverso e incestuoso della giovane principessa, e ne dà invece un’immagine solare e positiva: Salomè danza per compiacere Erode, ma il suo scopo è quello di salvare il Battista e di non farlo decapitare. Alla fine, dopo la fuga dal palazzo accompagnata da Claudio, la ritroviamo in abiti dimessi, a seguire con devozione le parole del Signore.

Una curiosità ci riporta a Tamara Karsavina nella produzione dei Ballets Russes de La Tragédie de Salomé al Théâtre des Champs Elysses di Parigi dove il critico Johnson annotò: “Karsavina nei panni di Salomè è avvolta nelle voluminose pieghe di un immenso mantello e scende lentamente la scalinata. Si nota che la veste che la ricopre ha un immenso strascico, nero con scintillanti ricami d’oro (…) sorprendente nel suo pallore in contrasto con la massa di capelli corvini, gli occhi sfumati di blu e le labbra vermiglie”.

Michele Olivieri

Foto di Valentino Serov

www.giornaledelladanza.com

© Riproduzione riservata

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