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Coppelia del NBC: il riflesso della bellezza [RECENSIONE]

Marinel Stefanescu portò in scena, per la prima volta, la sua Coppelia nel 1982 al Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia con la Compagnia Balletto Classico, protagonisti Liliana Cosi e lo stesso Stefanescu. Una storia d’amore che, a differenza di altri balletti romantici, in cui la passione non corrisposta porta alla morte, si conclude felicemente (con il matrimonio, rispettando così le convenzioni del XIX secolo). La versione di Stefanescu, tecnicamente forte e ricca di virtuosismi, è stata all’epoca del debutto un’opera pionieristica la quale incorporava diversi aspetti innovativi. Ancora oggi appare senza tempo per freschezza, potenza estetica e vitalità.

Il balletto Coppelia si annovera senz’altro tra i capolavori del grande repertorio della disciplina classica per gli elementi artistici misurati perfettamente: coloritura musicale vivace e romantica, una storia credibile, ambientazione facilmente riconoscibile. Il nuovo allestimento presentato come spettacolo istituzionale di fine anno accademico dal NBC diretto da Elena Casolari, Rezart Stafa, Nicoletta Stefanescu al Teatro Ariosto di Reggio Emilia, sabato 14 giugno, ha posto in primo piano la coreografia di Marinel Stefanescu per il primo e terzo atto (mantenendo la sua versione musicale originale e così la trama) mentre per il secondo è stato un autentico debutto nello stile contemporaneo ad opera del coreografo Daniele Saul Ardillo. Questa operazione, voluta da Rezart Stafa, non ha minimamente spezzato l’incanto e non è risultata invasiva, anzi ha confermato quanto lo stile moderno e lo stile classico siano in grado di convivere con naturalezza nella loro antitesi.

Il successo della coreografia, un originale evergreen, risiede nello stile del coreografo Stefanescu dove fantasia, ricchezza, inventiva e attualizzazione sono preponderanti sia nelle parti classiche che nelle danze di carattere, nelle Mazurke, nella Csárdás e nelle pantomime.

Le maestose scenografie di Hristofenia Cazacu e i fantasiosi costumi dello stesso Stefanescu, hanno riscosso lo stesso successo dei suoi inizi, mantenendo intatta la floridezza, lo humor, la vena patetica, la gioia di vivere, il ritmo incalzante e soprattutto l’abilità tecnica che è ben presente in tutti i suoi codici accademici. Come è risaputo la tecnica del grande artista rumeno che per oltre quarant’anni ha legato il suo nome alla città di Reggio Emilia, era una metodologia basata su regole e formalizzazioni accurate, con l’unico obiettivo di raggiungere eleganza, armonia, musicalità e controllo del corpo.

Il balletto si svolge in un villaggio della Galizia, regione confinante tra Polonia e Ungheria. I ragazzi e le ragazze del villaggio, e tra questi soprattutto Swanilda e Franz, sono terribilmente curiosi di sapere chi sia la fanciulla alla finestra della casa abitata da Coppelius, strano vecchio dalla fama di mago. Swanilda è gelosa dell’interesse che il fidanzato Franz mostra verso la nuova fanciulla.

Nel secondo atto, Swanilda e le sue amiche riescono ad introdursi nella casa misteriosa e scoprono così che è piena di automi di ogni tipo, e che anche la ragazza alla finestra non è che una bambola perfetta: Coppelia. Ma il vecchio rincasa all’improvviso, e solo Swanilda non fugge ma, di nascosto e per gioco, s’infila i vestiti di Coppelia. Anche Franz è riuscito a entrare nella casa desideroso di fare la conoscenza di Coppelia, ma Coppelius con astuzia lo fa addormentare per attuare un suo esperimento: trasfondere la sua anima in quella che lui crede essere Coppelia. Swanilda sta al gioco e finge piano piano di animarsi, ma, svegliato dal sonno Franz, Swanilda si smaschera e finalmente felici, lasciano solo e disperato il povero Coppelius.

Nel terzo atto il balletto si conclude con una sontuosa festa per il matrimonio di Franz e Swanilda. Festa che coinvolge l’intero villaggio, e anche l’incredulo dottor Coppelius.

Dalle note di Marinel Stefanescu: “Il sogno è per i bambini il modo ideale per avvicinare cose lontane che ancora non comprendono del tutto. Il desiderio grande di conoscere e aprirsi al mondo li fa spesso sognare ad occhi aperti. Onestà e purezza, assecondate da un’innata capacità di discernere il male, fanno da guida ai bambini quando, in sogno, viaggiano nel mondo delle favole, delle magie, del loro cuore. Ho cercato di pormi dietro ai loro occhi, di capire perché da piccoli si sogna tanto e da grandi così poco… sì, ricordo, ero capace di parlare per ore con un pupazzo di paglia, ora invece mi accorgo di comunicare a fatica con chi mi sta vicino. Forse c’è qualcosa nei bambini che i grandi non dovrebbero dimenticare, la capacità istintiva di amare l’“altro” anche quando l’altro è una bambola.”

Coppelia è il caposaldo di quel genere di balletto nato da una stretta collaborazione tra librettista, musicista e coreografo. Ogni azione è completamente definita dal libretto e quindi musicata con tempi, ritmi e stili che danno l’esatta misura di un ritratto popolare che mantiene nel tempo prosperità e attualità.

Il titolo, storicamente parlando, rappresenta l’esempio più compiuto del ballet pantomime francese ed esprime, in coincidenza con la fine del Secondo impero, l’arresto del balletto romantico e l’addio al mondo soprannaturale, a creature spiriche sostituite da bambole e giocattoli che in seguito vennero utilizzati in altri balletti noti, tra cui Lo Schiaccianoci, Petruska, La fata delle marionette e La bottega fantastica.

Per comprenderlo al meglio basta leggere il racconto da cui è tratto: L’uomo della sabbia che fa parte dei Notturni pubblicati nel 1815 da Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (lo stesso autore del celebratissimo Schiaccianoci). Il tema del racconto tratta dell’ambiguità e indaga l’immaginario dell’automa arrivando alla conclusione che i mostri e le paure sono solo nella mente di chi ci crede. È bene ricordare che la splendida musica fu scritta da Léo Delibes, allievo di Adolphe Adam che a sua volta compose l’immortale partitura di Giselle.

La prima rappresentazione assoluta di Coppelia si vide all’Opéra National de Paris, il 25 maggio 1870 e fu l’italiana Giuseppina Bozzacchi a ballare il ruolo principale al fianco di Eugénie Fiocre. Nonostante l’enorme successo, le repliche del balletto vennero interrotte a causa della guerra e alla prematura scomparsa di Bozzacchi, venuta a mancare per vaiolo nel giorno del suo diciassettesimo compleanno. Coppelia fu portata in Russia da Joseph Hansen, che la mise in scena coreograficamente per la prima volta al Bolshoi nel 1882. Malgrado ciò è l’edizione del 1884 creata da Marius Petipa per il “Balletto Imperiale di San Pietroburgo” che ha visto tratta l’ispirazione di buona parte delle versioni moderne. L’allestimento di Petipa fu poi presentato in forma ridotto in occidente nel 1908 sotto la guida di Nikolai Legat e Aleksandr Shiryaev nell’interpretazione della leggendaria prima ballerina Anna Pavlova. Nel 1910, Pavlova con Michail Mordkin danzarono un’altra riduzione al Metropolitan Opera House di New York. Nel 1942, Nikolai Sergeyev e Mona Inglesby allestirono il balletto completo per l’International Ballet con Sergeyev che si occupò delle coreografie.

Includendo la meravigliosa versione creata da Marinel Stefanescu è bene fare un veloce excursus sui vari allestimenti che il tempo ci ha regalato: a New York la prima rappresentazione si ebbe nel 1887, mentre a Londra gli inglesi la videro nel 1906 all’Empire Théâtre. Al Teatro alla Scala il balletto fu rappresentato la prima volta il 26 gennaio 1896 con protagonista la milanese Carlotta Brianza.

Ninette de Valois coreografò una produzione di Coppelia per il Royal Ballet, che debuttò nel 1933 e poi venne ripresa nel 1954. Questo allestimento era basato su annotazioni della produzione originale di Marius Petipa del 1870 e su materiale aggiunto dal Maestro Enrico Cecchetti.

Nel 1938 debuttò Coppelia come prima grande produzione del San Francisco Opera Ballet su coreografia di William Christensen.

Nella stagione estiva scaligera al Palazzo dello Sport nel 1946, andò in scena la lettura di Aurelio Milloss con interpreti Milly Clerici, Elide Bonagiunta, Olga Amati, Ugo dell’Ara e lo stesso Milloss.

Nel 1953 per la Stagione Mediterranea di Arte e Culturale presso il “Festival Internazionale del Balletto di Nervi” si vede una versione firmata coreograficamente da Gérard Mulys.

Dopo svariate rappresentazioni in tutto il mondo, nel 1961 Coppelia tornò alla Scala nella realizzazione di Alexandra Danilova e Frederick Franklin con interpreti Carla Fracci, John Gilpin e Sir Anton Dolin.

Sempre alla Scala nei primi anni Settanta si ricorda la versione di Enrique Martinez (scene e costumi di Nicola Benois) con protagonisti Liliana Cosi e Roberto Fascilla al fianco di Dario Brigo, Aldo Santambrogio, Dora Ricci, Annamaria Grossi, Barbara Geroldi, Oriella Dorella, Ivonne Ravelli, Vera Karpenko, Paolo Podini, Luigi Sironi, Edoardo Colacrai, Tiziano Mietto, Anna Razzi, Bruno Vescovo, Sebastiano Coppa, Francesco Aldrovandi e altri scaligeri.

George Balanchine nel 1974 curò una versione per il New York City Ballet, nella quale profuse il suo genio creativo, aggiornando il balletto, includendo nuovi assoli maschili, inediti pas de deux e un singolare terzo atto.

Al Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, nella stagione 1943-1944 troviamo Coppelia in forma di azione coreografica in tre quadri di C. Nuitter e A. Saint-Léon, con le musiche di Léo Delibes, su coreografia e regia di Annita Bronzi, Maestro concertatore e Direttore d’orchestra Ottavio Marini, in scena Sonia Marmoglia, Bruna Pocorni, Bianca Resi, Carletto Tiben, Nadia Colombo, Nidia Marangoni, Annita Bronzi, Sante Messina, Oreste Faraboni e il già primo ballerino scaligero Giuseppe Rota detto Nino nel ruolo dell’Oste (da annotare che nella serata del NBC a Reggio Emilia qui recensita era presente la figlia, Annita Rota, costumista di lungo corso per la danza, insignita della massima onorificenza meneghina: l’Ambrogino).

La prima ballerina Luciana Novaro, già direttrice del Corpo di Ballo della Scala dal 1962 al 1964 e dell’Arena di Verona dal 1968 al 1972, creò una personale versione per il Teatro Bellini di Catania e ne fece anche un’edizione televisiva per la Rai con interprete Carla Fracci.

La versione di questo classico del balletto divenuto un riferimento della danza del Novecento è quella firmata da Roland Petit nel 1975 per il suo Ballet National de Marseille, ballata in seguito anche da Liliana Cosi su scene e costumi di Ezio Frigerio.

Da menzionare la Coppelia del 1984 per il proprio ensamble di Heinz Spoerli, nuovamente riallestita con una nuova produzione nel 2004 al Teatro dell’Opera di Zurigo, con i costumi di Jordi Roig e le scenografie di Hans Schavernoch.

Da segnalare la versione dall’originale con le coreografie aggiuntive di Peggy van Praagh del 1993 per l’Australian Ballet con interpreti Lisa Pavane, Greg Horsman e Colin Peasley in scena alla Sidney Opera House.

Una rilettura più radicale e per sicuramente femminista la si ricorda nella versione di Maguy Marin (1993) la quale pose in primo piano la seduzione esercitata dalla donna sull’uomo sottolineando il tema del fascino stereotipato.

Interessante la coreografia dell’étoile Charles Jude, durante la sua permanenza alla direzione all’Opéra National de Bordeaux, presentata in anteprima nel 1999 al Grand Théâtre de Bordeaux. La sua Coppelia immerse lo spettatore in un ambiente che evocava sia il cinema hollywoodiano degli anni Cinquanta che il musical. Questa lettura risultò agile ed effervescente, offrendo una visione intensa e mai edulcorata.

Va ricordata senza dubbio la versione di Éric Vu-An per il Ballet de l’Opéra Grand Avignon creata nel 2004, ripresa nel 2011 con il Ballet Nice Méditerranée, produzione vista in seguito all’Opera di Roma nel 2012.

Ne troviamo anche una ricostruzione a cura di Pierre Lacotte per l’Opéra di Parigi e per il Balletto del Kirov di San Pietroburgo. Lo stesso Lacotte rimontò nel 2002 Coppelia per il Balletto di Shangai.

Nel 2003 si rammenta una versione per gli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala (allora diretta da Anna Maria Prina) con la riduzione dalle coreografie originali a cura di Vera Karpenko e Paolo Podini.

Celebre la versione del Victor Ullate Ballet che aggiunse al suo repertorio una singolare rilettura. Il coreografo Eduardo Lao, ai tempi direttore artistico della compagnia spagnola, pose l’accento sugli aspetti comici del balletto, senza tradire lo spirito originario del 1870. La creazione nata nel 2006 in due atti andò in scena al al Palacio de Festivales di Santander con assistente alla coreografia Ana Noya.

Importante e minuziosa la rilettura del 2009 di Sergey Vikharev creata attingendo alle coreografie di Pavel Sorokin, Marius Petipa e all’originale di Enrico Cecchetti, nell’interpretazione a cura del Teatro Bolshoi di Mosca con Margarita Shrayner, Artem Ovcharenko, Alexey Loparevic, Nadezhda Blagova, Alexander Fadeyechev, Yuri Ostrovsky, Nikolay Mayorov.

Sempre nel 2009 si ricorda alla Scala di Milano la Coppelia in puro stile della scuola inglese a firma di Derek Deane, che ha fatto rivivere il balletto con eleganza e raffinatezza sulle scene e sui costumi di Luisa Spinatelli, con interpreti ospiti Friedemann Vogel e Paloma Herrera.

Nel 2010 debutta la coreografia di Ronald Hynd (assistente Marilyn Vella-Gatt con i costumi di Roberta Guidi di Bagno) all’Estonian National Opera di Tallinn. Questa versione aveva già attirato il pubblico dell’English National Ballet per diverse stagioni.

Mentre le coreografie di Patrice Bart per Coppelia hanno visto il debutto al Palais Garnier nel 2011 con il Paris National Opéra Ballet e la partecipazione di Dorothée Gilbert (Swanilda), José Martinez (Coppelius) e Mathias Heymann (Frantz). La creazione portò intensità all’opera originale con un Coppelius completamente nuovo: non più vecchio scienziato pazzo ma uomo affascinante e sensuale (ruolo creato appositamente per José Martinez, oggi direttore del Corpo di Ballo dell’Opéra). Gli splendidi costumi traevano ispirazione dai dipinti di Edgar Degas.

Gli studios hollywoodiani, i grandi miti del cinema, un regista, una coppia di attori, le mitiche figure cinematografiche come Dracula, Frankenstein e Charlot oltre ad un susseguirsi di suggestioni ed atmosfere che arrivano da Ginger Rogers e Fred Astaire, Gary Cooper e Marlon Brando, hanno composto la Coppelia di Amedeo Amodio, creata nel 1995 per Aterballetto.

Nel 2016 il coreografo e direttore artistico del Dutch National Ballet Ted Brandsen ha lavorato a stretto contatto con Janine Brogt nell’adattamento della classica Coppelia creando un mondo colorato e magico come se il pubblico entrasse in un libro illustrato grazie anche ai fantasiosi costumi disegnati da François-Noël Cherpin.

Nel 2020, presso la Salle des Princes del Grimaldi Forum, a Montecarlo, è stata ospitata Coppel-i.A con i Ballets de Monte-Carlo su coreografia del loro direttore artistico Jean-Christophe Maillot. Un lavoro ricco di possibilità sui meandri dell’animo umano che pone in risalto “quello che non è e non potrà mai essere”.

Nel 2023 la Stagione di Balletto alla Scala ha inaugurato con una nuovissima produzione di Coppelia a firma di Alexei Ratmansky nell’allestimento creato da Jérôme Kaplan.

Nel 2024 il coreografo Greg Horsman ha creato una produzione toccante e spiritosa, con una vivida estetica tipicamente australiana per il Queensland Ballet (costumi di Noelene Hill).

Da annotare una versione dove si ritrova il binomio bambola meccanica e illusione creata da un corpo fuori asse appeso e inerme come una marionetta che cerca il modo di immedesimarsi e allo stesso tempo di liberarsi. La produzione intitolata Coppelia un ballet mécanique porta la firma della coreografa Caterina Mochi Sismondi che ha posto l’attenzione sul tema dell’identità.

Tornando al festante spettacolo istituzionale del Nuovo Balletto Classico in scena al Teatro Ariosto di Reggio Emilia per la conclusione dell’anno accademico 24-25 ha visto in proscenio tutti gli allievi, a partire dai bravissimi Swanilda e Franz, all’evocativo Coppelius di Alexander Serov, all’innocenza di Coppelia, senza dimenticare le “amiche di Swanilda”, gli “amici di Franz”, la Mazurka, la Czardas, la bambola Cinese e quella Spagnola, il Soldatino, gli Automi e Aurora (Corsi Accademici A, C/D, E, F con docenti Elena Casolari, Liliana Cosi, Larisa Culeasina, Ilaria Grisanti, Nicoletta Stefanescu, Daniele Saul Ardillo, Rezart Stafa e come maestro accompagnatore Alberto Salsi).

La consegna dei diplomi a Maria Vittoria Granuzzo e Camilla Veronesi da parte di Liliana Cosi e della dirigenza ha incorniciato una riuscita serata a tutto tondo che ha riscosso numerosi applausi e convinti apprezzamenti.

L’autorevole étoile e maestra Cosi ha dichiarato: “Ho avuto una gioia pensando a Stefanescu che dal cielo avrà sorriso, sarà stato contento, perché i suoi passi difficili o meglio i suoi passi musicali montati nel 1982, oggi nel 2025 sono stati riproposti da tutti voi che siete riusciti ad eseguirli… bravi, bravissimi”.

La bellezza della serata, oltre ad una memoria storica e ad una intelligente evoluzione coreutica, è stata data dalla possibilità ricevuta dagli allievi, i quali hanno intrapreso un percorso professionale che è solo l’inizio di un grande sogno che li renderà ambasciatori di un’arte eterna.

Michele Olivieri

Foto di Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

© Riproduzione riservata

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