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Alessandra Ferri, “Giulietta è il sole! Sorgi, o bell’astro”  

Romeo (analizzando le parole usate nel titolo di questo articolo) paragona Giulietta al sole che sorge, mentre si affaccia alla finestra… In omaggio ai sessant’anni di Alessandra Ferri, prima ballerina assoluta, una delle più acclamate interpreti di danza classica e di questo ruolo shakesperiano, Rai Cultura ha proposto la registrazione dal Teatro alla Scala di “Romeo e Giulietta” nell’allestimento del 2000 con la coreografia in tre atti di Kenneth MacMillan. Al fianco della Ferri, Angel Corella e il Corpo di Ballo scaligero con la partecipazione degli allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala, e la direzione d’Orchestra di David Garforth (che ha dimostrato una solida conoscenza del linguaggio musicale di Prokof’ev), le maestose scene di Ezio Frigerio che dilatano il fascino dello spettacolo, i preziosi e sontuosi costumi di Franca Squarciapino.

Nel cast gli ottimi scaligeri Michele Villanova (Mercuzio), Gianni Ghisleni (Tebaldo), Alessandro Grillo (Benvolio), Bryan Hewison (Paride), Matteo Buongiorno (Lord Capuleti), Bruna Radice (Lady Capuleti), Danilo Tapiletti (Duca), Flavia Vallone (Rosalinda), Laura Costa (Nutrice), Sergio Sanvito (Frate Lorenzo), Maurizio Licitra (solista Mandolino), Sabrina Brazzo (prima zingara), Beatrice Carbone (seconda zingara), Raffaella Benaglia (terza zingara), Maurizio Tamellini (Lord Montecchi), Roberta Voltolina (Lady Montecchi), Piera Pedretti (una dama), Camillo Di Pompo (un Capuleto), Emanuela Montanari, Patrizia Milani, Sophie Sarrote, Silvia Scrivano, Deborah Gismondi, Lara Montanaro (amiche di Giulietta). Nell’immaginario collettivo è rimasta una serata memorabile di balletto e per fortuna ne esiste la registrazione. Un evento da ricordare, da vedere e rivedere perché come diceva Mikhail Fokine “(…) Non sto dicendo che l’espressione sia lo scopo della danza. Dico solo che l’espressione è una condizione, condizione indispensabile per la danza artistica”.

Un classico della coreografia suggellato da una partitura strepitosa, notevole di emozioni e di dettagli descrittivi, intimamente e grandemente teatrale. “Romeo e Giulietta” di Kenneth MacMillan, in repertorio alla Scala da molti anni (dopo quello di John Cranko che per lungo tempo è stato in cartellone nel teatro milanese suggellando i trionfi di Carla Fracci), ha visto alternarsi protagonisti di primo piano nel rendere veemente la storia shakespeariana degli amanti veronesi.

In una mia intervista alla signora Ferri di qualche anno fa, l’étoile dichiarò a proposito di Giulietta: “Per me questo è un ruolo ‘simbolo’ in cui sono stata riconosciuta e mi sono affermata nel mondo. È un ruolo che si trova nel mio DNA, in qualche modo sono nata Giulietta perché ne conosco e ne capisco ogni sua sfumatura. È una parte che mi viene ancora richiesta, perché evidentemente ho una connessione interiore tale con questo personaggio che mi accompagna nella vita, e ogni volta che lo ballo mi si rivelano nuovi dettagli, entrando così sempre più in profondità. È anche un modo per confrontarmi, per riflettere durante il trascorrere degli anni… vedo i miei cambiamenti di donna, di ballerina, di artista attraverso questo ruolo che muta con me. È una continua rinascita, come spero ogni giorno della nostra vita, sia tale”.

Secondo la concezione aristotelica, ‘essenza’ significa “ciò per cui una certa cosa è quello che è, e non un’altra cosa”. Questa nozione corrisponde al binomio Ferri-Giulietta. E ne è la prova tangibile la registrazione televisiva di Rai 5 (con la regia di Tina Protasoni) capace di restituire ma ancor più di mostrare pienamente la plasticità, l’armonia e l’evidenza del movimento interpretativo di Alessandra Ferri. Il suo ruolo è credibile, vivido, fiammeggiante, rapito, irresistibilmente coinvolgente. La sua Giulietta ha segnato un’epoca che difficilmente le generazioni passate e future riusciranno a scordare. Alessandra Ferri si è sempre distinta per la sottigliezza nel narrare le storie, e per le doti interpretative che permettono allo spettatore di immedesimarsi in toto, concedendo all’artista di affrontare generi coreografici spesso distanti tra loro.

La coreografia di Kenneth MacMillan (per l’occasione rimontata da Monica Parker, Georgina Parkinson e Julie Lincoln) eseguita per la prima volta negli anni sessanta al “Royal Ballet” dalla coppia Nureyev-Fonteyn (ruoli danzati in seguito da Lynn Seymour, Merle Park, Antoinette Sibley e Christopher Gable, Donald MacLarry, Anthony Dowell) è carica di sentimento e di umanità, dove l’arte della pantomima in tutta la sua massima azione trova terreno fertile. Ogni espressione, gesto e passo nella Ferri esprime il valore di una grandezza.

Al fianco della danzatrice milanese troviamo il Romeo di Angel Corella (ai tempi primo ballerino dell’American Ballet Theatre) complice partner che condivide le stesse innocenti virtù e una solida base accademica. La Ferri con le sue lunghe braccia e i lineamenti scuri fluttua sul palco con Corella che la sostiene, mentre i suoi piedi notoriamente flessibili si sollevano da terra. Alessandra Ferri è più leggera dell’aria e la sua tecnica sorprendente è pari alle sue doti recitative. Nel filmato ripreso dalla Rai è chiara la forza della passione di questi due giovani contro l’ottusità degli adulti che tra potere e odio non riescono ad ascoltare i loro sentimenti e quell’amore “ideale” tipico dei sonetti in voga all’epoca. Con il linguaggio del corpo nella coreografia di MacMillan l’astante sembra percepire le parole di William Shakespeare: “La tua bocca è unita a quella mia e mai più mi staccherò almeno finché non ti risveglierò. Amore, non mi far soffrire più, dammi un segno che sei vivo, che sei mio e non preda della morte, mia rivale”. Giulietta ama follemente Romeo ma a causa dell’inimicizia tra le loro famiglie il loro amore è impossibile… “Perché sei proprio tu colui che io amo, un uomo che non posso avere”. (Perché sei tu Romeo?)

Alessandra Ferri, attualmente si sta preparando ad intraprendere un nuovo viaggio, quello alla Direzione del Wiener Staatsballett (la compagnia di balletto dell’Opera di Vienna) a partire dal 1° settembre 2025 unitamente alla Scuola di Ballo e alla Junior Company. Aveva ventuno anni quando ha ballato Giulietta con il Royal Ballet, ed era una quattordicenne persuasiva, sia nell’aspetto che nella interiorizzazione. Molte artiste nel tempo sono state le interpreti che hanno affrontato questa creazione ma la Ferri ne è stata l’essenza più limpida. Giulietta è il ruolo indissolubilmente legato alla sua straordinaria abilità. Parafrasando le parole di Serge Lifar: “(…) Le braccia che cantano, le mani che parlano, le gambe che scrivono. Alessandra Ferri è allo stesso tempo l’orchestra, il direttore e lo strumentista”.

Con questo personaggio la Ferri ha dato l’addio alle scene il 23 giugno 2007 al fianco di Roberto Bolle al Metropolitan Opera House (con l’étoile dei due mondi lo aveva già danzato alla Scala nei primi anni duemila). È ritornata poi trionfalmente a calcare la ribalta della Scala nel medesimo ruolo l’ultimo giorno del 2016, riabbracciando Milano per una sola attesissima rappresentazione accanto all’argentino Herman Cornejo (principal all’American Ballet Theatre) e al Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto allora da Frédéric Olivieri, riaccendendo i riflettori sugli amanti veronesi con una inedita maturità. Nel 2017 ha danzato nuovamente come Giulietta all’American Ballet Theatre, in veste di guest artist al fianco del Romeo interpretato sempre da Herman Cornejo. Tra i suoi partner in “Giulietta e Romeo” si ricordano inoltre Maximiliano Guerra, Wayne Eagling, Julio Bocca ed anche l’interpretazione nella versione coreografica di John Cranko con il “National Ballet of Canada”.

Non per niente il nome Giulietta a livello etimologico vive di una estesa storia e di una ricchezza culturale uniche.

 

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

 

 

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