In origine chiamato “Il cigno” o “Il cigno morente” è un assolo di Michel Fokine su un brano musicale firmato da Camille Saint–Saëns, tratto da “Il carnevale degli animali” (assolo per violoncello “Il Cigno”). Venne ideato e coreografato nel 1901 espressamente da Fokine per la grandiosa artista e prima ballerina Anna Pavlova che fu subito d’accordo. Per la sua interiorizzazione si ispirò ai cigni che aveva visto nei parchi pubblici e alla poesia di Alfred Lord Tennyson “The Dying Swan” scritta nel 1830. L’assolo con il titolo “Il Cigno” lo portò in scena al debutto in un Gala a Pietroburgo presso un circolo privato e in seguito il 22 dicembre 1907 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo con il titolo definitivo “La morte del cigno”. Riscosse enorme successo grazie ai suoi celebri “pas de bourrèe suivi” e ai “ports de bras” che restituivano appieno il batter d’ali (in circa quattro minuti di esecuzione). La miniatura rappresenta la trasfigurazione esistenziale nell’ambito delle esperienze spirituali e ha trasmesso fin da subito empatia ed emotività allo spettatore. Una leggenda segnala che i cigni all’avvicinarsi della morte anziché spegnersi mestamente, emettano la felicità con canti maggiormente melodiosi e straordinari di quelli della loro vita intera, “un canto libero e audace”… Agnes De Mille scrisse nella sua biografia “Appena apparve (la Pavlova n.d.r.) sulla scena il suo corpo d’uccello, sia immobile nel tremulo mistero, sia teso nell’arco inconcepibile della sua elevazione, il collo del piede proteso in avanti in una curva mai vista, le piccole ossa delle sue mani in vibrazione incessante, il suo viso radioso, i diamanti che brillavano sotto i suoi capelli neri, la sua vita sottile fasciata di seta, il tutù voluminoso che ondeggiava, si muoveva ed era elettrico su quelle gambe, instancabili, leggere, perennemente tremanti, tutti si sporgevano in avanti sulle loro sedie e non c’era impulso che non si fermasse (…) Era tutto fuoco e filo d’acciaio”. Negli anni a seguire la Pavlova ha danzato il brano migliaia di volte (si dice più di 4000) trasformandolo nell’emblema rappresentativo più alto e nobile della ballerina accademica (pur essendo lei una artista rivoluzionaria e parte di quel gruppo di ballerini di San Pietroburgo che si opposero all’accademismo nei primi anni del XX secolo in Europa come Tamara Karsavina e lo stesso Michel Fokine). Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914, Anna si trasferì a Londra e nella sua villa “Ivy House” si prese cura del giardino e di un laghetto, dove i suoi amati cigni fluttuavano nell’acqua.
Michel Fokine parlò del processo creativo che definì passi e posture del suo celebrato assolo in un’intervista concessa a “Dance Magazine” nel 1931: “È stata quasi un’improvvisazione. Ho ballato davanti a lei, lei direttamente dietro di me. Poi ha ballato e io ho camminato al suo fianco, curvandole le braccia e correggendo i dettagli delle pose. Prima di questa composizione, sono stato accusato di tendenza a camminare scalzo e di rifiutare la danza sulle punte in generale. ‘The Dying Swan’ è stata la mia risposta a tali critiche. Questa danza è diventata il simbolo del Nuovo Balletto Russo. Era una combinazione di tecnica magistrale ed espressività. Era come una prova che la danza poteva e doveva soddisfare non solo l’occhio, ma attraverso l’occhio doveva penetrare nell’anima. Per quanto piccola sia, era allora ‘rivoluzionaria’ e illustrava mirabilmente la transizione tra il vecchio e il nuovo, poiché qui utilizzo la tecnica della vecchia danza e del costume tradizionale, ed è necessaria una tecnica altamente sviluppata, ma lo scopo della danza non è mostrare la tecnica ma creare il simbolo della lotta eterna nella vita e in tutto ciò che è mortale. È una danza di tutto il corpo e non solo delle membra; fa appello non solo all’occhio, ma alle emozioni e all’immaginazione”.
Ad Anna Pavlova poi sono seguite altre splendide danzatrici come Galina Ulanova, Irina Dvorovenko, Vera Fokina, Yvette Chauviré, Alicia Markova, Maya Plisetskaia, Eva Evdokimova, Ashley Bouder, Svetlana Zakharova, Liudmila Konovalova, Uliana Lopatkina, Maria Yakovleva, Anna Tsygankova, Tamara Toumanova, Ludmila Tcherina, Carla Fracci, Iana Salenko, Natalia Makarova, Daria Pavlenko, Anastasia Kolegova, Eglė Špokaitė, Irma Nioradze, Petra Conti, Natalia Osipova, Anna Tzygankova, Annette Buvoli, Alina Somova, Gesley Kirkland, Nina Kaptsova, Anastasia Matvienko, Olga Smirnova, Maria Brissonskaya, Alla Osipenko, Dominique Khalfouni, Alessandra Amato (nella ripresa coreografica di Eleonora Abbagnato), Maria Iakovleva, Ana Sophia Scheller, e Liliana Cosi che ha ricordato di aver studiato la coreografia da Marika Besobrasova a Montecarlo e di averla ballata la prima volta in televisione su Rai 1 a “Canzonissima”.
Tra le tante messe in scena che hanno ispirato interpretazioni non tradizionali e vari adattamenti troviamo quella curiosa ed esilarante a cura de “Les Ballets Trockadero de Monte Carlo” (compagnia di danza classica tutta al maschile) in cui i Trocks narrano la loro personale versione del cigno che perde copiosamente le piume. Oppure quella di Lil Buck, uno dei maggiori esponenti del Jookin’ che ha interpretato in chiave street style la “Morte del Cigno” nel programma televisivo “Danza con me” di Roberto Bolle. Da menzionare la versione hip hop interpretata da John Lennon Da Silva durante il talent show brasiliano dedicato al mondo del ballo “Se Ela Dança, Eu Danço”. Si ricorda inoltre quella presentata nell’ottobre 1935 con la coreografia di Constantin Tcherkas nell’interpretazione di Solange Schwarz, ripresa nel 1951 con Lycette Darsonval.
Esistono inoltre riletture maschili, come quella su coreografia di Ricardo Cue, interpretata dall’étoile del “Ballet Nacional de España” Sergio Bernal, dove sulle musiche di Saint-Saëns pone le ali della fantasia ad un personaggio solitamente legato al repertorio femminile. Oppure quella ad opera del coreografo Mauro de Candia che dopo il debutto col “Giovane Balletto Mediterraneo” al Teatro Guglielmi di Massa è diventata una delle sue creazioni più richieste, tanto da essere danzata dal 2010 da Vladimir Malakhov che l’ha esibita con successo in Russia, Giappone, Cuba, America e in numerosi gala europei. Anche Introdans supportando l’iniziativa del “Pride United” e del “COC” dei Paesi Bassi, contro la legge sull’omofobia in Russia, ha presentato questa versione eseguita dal ballerino Marc Beaugendre. Nel dicembre 2019 l’étoile Luciana Savignano è apparsa nel foyer Respighi del Teatro Comunale di Bologna in una rivisitazione contemporanea del celebre assolo a firma coreografica di Milena Zullo.
Da menzionare la versione estrema del 2013 presso il Teatro Agorà di Robecco, all’interno della performance “Invisible Piece” (contemplation piece, involving piece, dead piece) concept, coreografia e danza di Cristina Rizzo la quale sola in scena, ha dedicato la personale esibizione ad una rielaborazione della variazione classica de “La Morte del Cigno”. Sullo schermo scorre a ripetizione il video con la visione originale di Anna Pavlova (un breve filmato registrato quando la Pavlova aveva 44 anni, girato nel 1925 a Hollywood negli studi “Douglas Faribanks”) il tutto mentre Cristina Rizzo, al centro del palcoscenico dando le spalle al pubblico, danza, quasi in simbiosi, trasportando e attualizzando nel contesto della danza contemporanea il ruolo in una ricerca stilistica che abbandona il rigore accademico per misurarsi con una inedita partitura coreografica e con i legami che la danza ha potuto intrattenere in un determinato momento storico. La Rizzo aggiunge all’esibizione la sopravvissuta pellicola della Pavlova dove il finale è una sorta di riconciliazione in cui il doppio evapora liberando la protagonista da quel limite che il doppio impone, tra la luce del biancore immacolato, quella del riflettore che segue il cigno di Fokine, e quella del cielo in cui si muove questa creatura prima di intraprendere un nuovo volo spirituale, dopo quello terreno.
Il “Balletto dell’Esperia” diretto da Paolo Mohovich si è misurato con “La Morte del Cigno” nella coreografia di Thierry Malandain con interpreti Laura Missiroli, Silvia Moretti, Roberta Noto. La rivisitazione non ha visto in scena un’unica danzatrice, bensì ha proposto un trio femminile ad evocare la possanza e la grazia del volatile, nei secoli protagonista di molti simboli, tra cui quello della luce.
Nel 2007 ha visto la luce “Dark Swan” della coreografa Nora Chipaumire, nata nello Zimbabwe durante la seconda guerra di liberazione, è un’artista auto-esiliata di New York che ha sfidato e abbracciato gli stereotipi dell’Africa e del corpo, dell’arte e dell’estetica nera. Da questa visione personale è nata la sua “Morte del cigno” immaginando come sarebbe stato tale capolavoro in un paesaggio della Savana. Il pezzo è diventato un celebre lavoro di gruppo eseguito da “Urban Bush Women” e altri.
Importante anche l’iniziativa denominata “Swans for Relief” voluta da Misty Copeland in compagnia di Joseph Phillips con trentadue cigni da quattordici differenti Paesi del mondo, impegnati ognuno nella propria casa per una versione corale della “Morte del cigno” a distanza. Iniziativa lanciata per raccogliere fondi destinati ai danzatori che avevano perso il lavoro a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus. Misty Copeland ha coinvolto più di trenta colleghe appartenenti a ventidue compagnie internazionali. Ad accompagnare nel video le ballerine il violoncellista Wade Davis. L’elenco delle star internazionali che hanno partecipato al progetto risulta copiosissimo: Stella Abrera (American Ballet Théâtre), Precious Adams (English National Ballet), Nathalia Arja (Miami City Ballet), Isabella Boylston (American Ballet Théâtre), Skylar Brandt (American Ballet Théâtre), Monike Cristina (Joburg Ballet), Ashley Ellis (Boston Ballet), Greta Elizondo (Nacional de Danza Mexico), Nikisha Fogo (Vienna State Ballet), Angelica Generosa (Pacific Northwest Ballet), Sarah Hay (Freelance), Frances Hayward (The Royal Ballet), Robyn Hendricks (The Australian Ballet), Whitney Jensen (The Norwegian National Ballet), Yuriko Kajiya (Houston Ballet), Maria Khoreva (Teatro Mariinsky), Ako Kondo (The Australian Ballet), Misa Kuranaga (San Francisco Ballet), Stephanie Kurlow (Freelance), Sara Mearns (New York City Ballet), Ginett Moncho (Ballet Nacional de Cuba), Katherine Ochoa (Ballet Nacional de Cuba), Hannah O’Neill (Balletto dell’Opéra di Parigi), Denise Parungao (Ballet Philippines), Tiler Peck (New York City Ballet), Tina Pereira (The National Ballet of Canada), Ida Praetorius (The Royal Danish Ballet), Jemima Reyes (Ballet Philippines), Ingrid Silva (Dance Theater of Harlem), Bianca Teixeira (San Francisco Ballet), Xu Yan (The National Ballet of China) oltre alla stessa Misty Copeland.
Una nuova versione de “La morte del cigno” interpretata da Rebecca Bianchi (étoile del Teatro dell’Opera di Roma) è andata in scena al Vittoriale di Gardone Riviera nel 2016 con la firma coreografica di Davide Bombana durante il “Gala di Stelle” curato da Daniele Cipriani per il festival ‘Tener-a-mente’.
Parlando della “Morte del cigno”, l’étoile internazionale Gabriella Cohen, ebbe modo di affermare: “La mia prima esibizione in questo titolo fu a Roma per il Gala dell’Unicef nel 1978, sotto la guida coreografica di Milorad Miskovitch, che dovette plasmare la mia esecuzione ad hoc, dal momento in cui il palco consisteva in un quadrato scivoloso di due metri per due. Il Maestro riunì per me le interpretazioni della Pavlova, della Tumanova e di Yvette Chauviré, dando vita ad una coreografia che sentivo davvero cucitami addosso; grande fu l’orgoglio nel portare nei miei passi dei frammenti interpretativo-coreografici della Maestra Chauvirè che, a Parigi, tanto aveva fatto per la mia preparazione dei “due cigni” del Lago e del doloroso cigno morente. Il cigno ne “Il carnevale degli animali” è un ruolo in cui la personalizzazione coreografica è indispensabile: non è solo un’esperienza tecnica, ma la completa immedesimazione nella creatura esalante gli ultimi respiri. Da quel lontano 1907, quando la Pavlova lo interpretò per la prima volta nella storia del balletto coreografata da Michel Fokine, non c’è ruolo che più identifichi una ballerina nella sua completezza: il corpo non è chiamato più ad agire secondo “standard” virtuosistici, ma viene interamente votato all’incarnazione. Ogni millimetro del corpo, anche il più remoto e sconosciuto, è attraversato dai fremiti, la pelle s’irradia come vellutata di piume, il candore del cigno, così dignitoso e violato di sofferenza, ammanta i movimenti, ogni gesto, anche il più impercettibile, è trasportato dal flusso della composizione musicale di Camille Saint-Saëns. È una variazione così struggente ed impegnativa, una prova così determinante e introspettiva, che in quel 1978, sinceramente, non credevo di essere ancora pronta a metterla in scena. Tali però furono le insistenze dell’organizzazione del Premio, che cedetti. La paura e la sensazione di inadeguatezza furono fugate sì dalla determinazione, ma anche dal grande onore nel ribadire la collaborazione con il Maestro Miskovitch, che seppe non solo operare in modo certosino dal punto di vista tecnico, ma lo fece analizzandomi come persona: ridisegnò la creatura attraverso l’essere umano e non avrebbe potuto farlo nessun altro se non lui, che mi aveva seguita e supportata fin dagli inizi della mia carriera professionale”.
La Stagione di Danza 2024 del “Balletto del Sud” diretto da Fredy Franzutti ha chiuso con “Il Cigno”: una rappresentazione di ricostruzione filologica e ricerca dedicata alle opere del coreografo Michel Fokine, interpretato quest’ultimo dall’attore Andrea Sirianni (su testi di Walter Prete). Lo spettacolo, un’antologia delle più celebri coreografie che evoca nel titolo “La morte del Cigno”, è stato eseguito dal pianista Scipione Sangiovanni con protagonisti Nuria Salado Fustè, Matias Iaconianni, Alice Leoncini, Ovidiu Chitanu, i solisti e il corpo di ballo del BDS.
Come abbiamo visto sopra la bellezza senza tempo del classico “La morte del cigno” ha ispirato numerosi artisti. Anche la prima ballerina giapponese Hana Sakai lo ha eseguito diretta dal regista e drammaturgo teatrale giapponese Toshiki Okada sulla partitura di Saint-Saëns arricchita dalle melodie del violoncello suonato da Udai Shika. Il pezzo in stile contemporaneo approfondisce anche le questioni ambientali, con Hana che offre espressioni inaspettate: arranca, vacilla e parla ad alta voce del motivo per cui, il cigno, è dovuto morire. Anche il mondo del pattinaggio artistico su ghiaccio ha visto diverse pattinatrici in pista esibirsi ne “La morte del cigno”, come l’ucraina Oksana Baiul che è stata campionessa mondiale e campionessa olimpica.
Sempre a causa dell’emergenza sanitaria per Covid, nel 2021 il coreografo Eric Gauthier comprende lo sconforto dei suoi ballerini e fonda un progetto affermando che “la cultura è inarrestabile”. Malgrado il lockdown crea (non solo per i danzatori della sua compagnia ma bensì per 64 artisti provenienti dai campi della danza, della coreografia, della musica e del cinema) in streaming una serie di ideazioni che sono andate a formare un unico filmato con le firme di sedici coreografi (otto donne ed otto uomini) i quali hanno creato ciascuno un assolo di danza per i sedici membri della Compagnia del “Theaterhaus Stuttgart” (un assolo per ogni membro del corpo di ballo). Le commissioni comprendevano anche partiture musicali originali, e le riprese filmate dei sedici brani. Il risultato si è rivelato una vetrina sulla contemporaneità della danza attingendo dalla Storia mondiale del balletto: i coreografi Mauro Bigonzetti, Bridget Breiner, Virginie Brunelle, Kinsun Chan, Edward Clug, Dominique Dumais, Andonis Foniadakis, Itzik Galili, Eric Gauthier, Smadar Goshen, Anita Hanke, Guillaume Hulot, Nicki Liszta, Constanza Macras, Kevin O’Day, Elisabeth Schilling, hanno reinterpretato il breve assolo di Fokine firmato per Anna Pavlova. Eric Gauthier ha lasciato libera espressione a nuove versioni del brano ponendo al centro le emozioni che da sempre accompagnano l’entrata della ballerina-cigno, esprimendo la sofferenza di un essere che sta per effondere l’ultimo respiro. Conclusa la prima fase del progetto, Gauthier ha lanciato la seconda fase, una versione live presentata al festival “Ludwigsburger Schlossfestspiele”, in cui oltre alla visione delle sedici creazioni un membro della “Gauthier Dance” ha indossato le punte, per ridare identità alla coreografia originale. Eric Gauthier inoltre ha incluso dichiarazioni video di celebri interpreti come Polina Semionova e Diana Vishneva con approfondimenti documentari di Rainhardt Albrecht-Herz che ha seguito il progetto delle prove tramite la sua telecamera. I sedici titoli sono i seguenti: “La Cigna”, “Covid Cage”, “Taleb’s Theory”, “Emovere”, “Fallen Wings”, “AellΩ”, “Silent Swan”, “Swanny side of life”, “Flatternd”, “Drops”, “Kamma”, “Oblong blur”, “Oloris Oram”, “Off White”, “We Were Many”, “All tomorrow’s parties”. Tra i danzatori: Bruna Andrade, Louiza Avraam, Nora Brown, Andrew Cummings, Anneleen Dedroog, Alessio Marchini, Barbara Melo Freire, Luca Pannacci, Garazi Perez Oloriz, Mark Sampson, Jonathan dos Santos, Izabela Szylinska, Sidney Elizabeth Turtschi, Theophilus Veselý, Shawn Wu, Shori Yamamoto.
Al Festival “Bolzano Danza – Tanz Bozen” si è assistito al site specific “Swan” del collettivo Kor’sia che nell’ambito del progetto di ‘rimessa in azione’ del celebre assolo di Anna Pavlova ha visto in scena Matteo de Rosa e il drammaturgo Giuseppe Dagostino per raccontare, su musica di Camille Saint-Saëns, il rapporto uomo-natura a partire dalla figura del cigno: simbolo di una nuova rinascita, come fu l’iconico assolo all’inizio del secolo scorso. A questo ne sono seguite altre di riletture personali a Bolzano de “La morte del cigno” firmate da Radhouane El Meddeb (“Les Cygnes sont morts!”), Club Guy & Roni (“Swan Lake The Game”), Olivier Dubois (“Swan Blast”), Camilla Monga (“Non ho mai visto un cigno morire”), Chiara Bersani (“L’animale”), Silvia Gribaudi (“Peso Piuma”).
Da segnalare “Open Drift” coreografia, luci, costumi di Philippe Kratz su musica di Borderline Order. Transizione, trasmissione e spazio condiviso assumono un ruolo centrale in questo pezzo ispirato all’iconico assolo di Anna Pavlova; il coreografo reinterpreta il tema dell’incontro, dell’eccitazione e della magia trasmessa da ogni nuovo inizio.
Mentre “Swaën” la coreografia di Camilla Monga sulla musica di Filippo Vignato ed Emanuele Maniscalco crea la sua rivisitazione, in cui musica e danza rievocano la libertà interpretativa della storica Pavlova che testimonia come anche all’epoca la scrittura coreografica potesse basarsi sull’improvvisazione e fosse inscindibile dalla soggettività dell’interprete per far conoscere al pubblico di oggi le molte forme di esistenza della danza nel tempo.
Sempre in risposta all’impatto della pandemia di coronavirus del 2019-2020 sulle arti dello spettacolo, Carlos Acosta, direttore artistico del “Birmingham Royal Ballet”, ha adattato la coreografia di Fokine con la ballerina che alza la testa alla fine, e con Céline Gittens, prima ballerina della compagnia e i musicisti che si sono esibiti dalle rispettive case.
Si ricorda altresì la versione coreografica di Jennifer Drake Feltner con la ballerina solista Victoria Bennett di “AROVA Contemporary Ballet”con sede a Birmingham (Alabama), chiamato così in memoria di Dame Sonia Arova, una celebre prima ballerina bulgara (Sofia, 19 maggio 1927 – San Diego, 4 febbraio 2001), insegnante e direttrice artistica-fondatrice dell’Alabama Ballet. La compagnia ACB porta avanti la sua eredità nella danza in Alabama.
Sul versante cinematografico troviamo il film francese “Ballerina” del 1937 diretto da Jean Benoit-Lévy e Marie Epstein, con le grandi danzarici Yvette Chauviré, Mia Slavenska e Jeanine Charrat. Il titolo originale “La Mort du cygne” si rifà al breve balletto di Michel Fokine ed è a sua volta tratto da un racconto del 1933 intitolato “La Mort du cygne” di Paul Morand. La coreografia venne creata da Serge Lifar. Un altro film lo troviamo con “Il cigno morente” (titolo originale “Umirayushchii Lebed”) a cura del regista Yevgeni Bauer con interprete Vera Karalli. La protagonista, una ballerina muta di nome Gizella (ispirata all’eroina romantica Giselle) si innamora di un giovane pensando di essere contraccambiata. Ma poi lo vede con un’altra ragazza e così si dedica completamente alla danza. In seguito l’artista Glinsky la prende in simpatia ammirandola danzare più volte ne “La morte del cigno” e la usa come modello per un dipinto sul tema del trapasso.
Quattro curiosità per concludere: 1) la ballerina Ljdia Kjiast sostenne nelle sue memorie di essere stata la prima interprete de “La morte del cigno” ma la sua affermazione non è mai stata documentata né provata. 2) Anche Maurice Béjart mise in scena uno spettacolo con il cigno protagonista, pur non avendo nulla a che fare con la celebre coreografia di Fokine la sua produzione si chiamava “Le Cygne” tratto da un poema di Rabindranath Tagore, in scena a Bruxelles con protagonisti Paolo Bortoluzzi, Germinal Casado, Patrick Belda, Lothar Hofgen, Beatriz Margenat. 3) In origine ci fu un altro balletto chiamato “Il cigno” in un atto su libretto di Catulle Mendès e musica di Charles Lecocq, andato in scena all’Opéra-Comique nel 1899, su coreografia di Mariquita, con interpreti Pepa Invernizzi, Aïda Boni, Jeanne Chasles, Dehelly e Mlle Davies. 4) Alcune ballerine, tra cui Ashley Bouder e Nina Ananiashvili hanno preso a modello le braccia del “cigno morente” per il “Lago dei cigni” quando hanno danzato l’uscita di Odette alla fine del secondo atto nel capolavoro di Čajkovsky.
Michele Olivieri
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