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Balletti nell’arte coreografica: Boléro

Nel 1928 il compositore Maurice Ravel compose la partitura del “Boléro” per la “Compagnia Ida Rubinstein”. La prima assoluta avvenne nel novembre del 1928 presso l’Opéra di Parigi su coreografia di Bronislava Nijinska con le scene e i costumi firmati da Alexandre Benois. In scena Ida Rubinstein, Anatole Viltzak, Alexis Dolinoff, Eugene Lapitzky, Tomi Ungerer. In seguito questa creazione venne ricostruita con l’aiuto di Hillary Mitchell dalla “Maris Liepa Charitable Foundation” per il progetto “Les Saison Russes” con la regia di Andris Liepa. Altre numerose versioni sulla musica di Ravel hanno poi visto la luce.

Il balletto entrò nel repertorio dell’Opéra il 31 dicembre del 1941 con la coreografia di Serge Lifar, scene e costumi disegnati da Léon Leyritz, con interpreti Suzanne Lorcia (Marilèna), Serge Lifar (Torero) e Serge Peretti (Spontano), ripreso nel 1947 con Espanita Cortez, José Estrada e Michel Renault. All’Opéra-Comique di Parigi nel giugno del 1932 la compagnia dei “Ballets Russes” propose il titolo con le scene e i costumi di Natal’ja Gončarova su coreografia di Bronislava Nijinska. In scena la stessa Bronislava insieme ad Anatole Wilsak, Tadéo Slawinsky e Igor Schwezoff.

La storia si svolge in una taverna della Andalusia dove una giovane gitana danza sopra un tavolo in maniera alquanto seducente; un gruppo di uomini si avvicinano poco per volta, iniziando a danzare attorno alla ragazza in un potente e suggestivo crescendo all’unisono con la musica. Il Boléro è una danza popolare di origine spagnola nata verso la fine del 1700, caratterizzata da un ritmo netto ossessionante. Ravel realizzò un capolavoro, nel quale suono, musica, ritmo, in una ripetizione ossessiva coinvolgono e stravolgono l’ascoltatore e lo spettatore: la coreografia originaria prevedeva una danzatrice su di una pedana, attorno un numero imprecisato di uomini che progressivamente con l’aumentare del ritmo e della strumentazione si fanno avanti per possedere la donna.

Nel 1932 apparve la versione di Sir Anton Dolin. Nel 1934 quella di Harold Lander per il “Balletto Reale Danese”. Michel Fokine ne allestì una nel 1935 a cui seguì la nuova rilettura di Bronislava Nijinska, con lei stessa protagonista al fianco di Anatole Vilzak (coreografia riallestita nel 1945 dal “Grand Ballet du Marquis de Cuevas”). Nel 1943 le sorelle ballerine e coreografe Pilar Lopez e Argentinita proposero un proprio adattamento. Nel 1944 andò in scena la coreografia di Aurel Milloss per il Teatro dell’Opera di Roma con Attilia Radice e Ugo Dell’Ara. Dore Hoyer ideò il suo “Boléro” nel 1950, Leonida Lavrovsky nel 1964, Juan Corelli nel 1970.

Certamente la più leggendaria versione ancora ad oggi rimane quella di Maurice Béjart, portata in scena con il “Ballet du Xxe siècle” nel 1961 al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles, con protagonista Dufka Sifnios. Al debutto portava il titolo “Bolero (une femme, des hommes)” con le scene e i costumi dello stesso Béjart. La partitura di Ravel ha trovato con Béjart una svolta dinamica ineccepibile, sia maschile che femminile. Molti grandi artisti hanno calcato il tavolo rosso voluto dal coreografo marsigliese: ricordiamo, tra gli altri Jorge Donn, Patrick Dupond, Maya Plisetskaya, Sylvie Guillem, Julien Favreau, Elisabet Ros, Diana Vishneva, Charles Jude, Jean-Pierre Franchetti, Friedemann Vogel, Jason Reilly, Roberto Bolle, Martina Arduino, Virna Toppi, Gioacchino Starace, Tania Bari, Suzanne Farrell, Louba Dobrievic, Anouchka Babkine, Angèle Albrecht, Shonach Mirk, Grazia Galante, Claude Bessy, Jacqueline Rayet, Marie-Claude Pietragalla, Florence Clerc, Nicole Chouret, Josiane Consoli, Sabine Salle, Chantal Chazee, Marcia Haydée, Haidrun Schwarz, Brenda Edwards, Éric Vu-An, Jean-Yves Lormeau, Yvan Michaud, Richard Cragun, Mats Skoog, Alessandro Molin, Shuto Yasuyuki, Takagishi Naoki, Domenico Levrè, Aurelie Dupont, Vincent Séphaire, Diana Vishneva, Juichi Kobayashi, Marie-Agnès Gillot, Nicolas Le Riche, Stéphanie Romberg, Hugo Marchand, Amandine Albisson, Dorothée Gilbert, Mathyas Heymann, Audric Bezard, Ludmila Pagliero, Germain Louvet, Alice Renavand. Nel 1978 Maurice Bejart volle Carla Fracci per la première del suo “Boléro” all’Arena di Verona.

Luciana Savignano, tra le interpreti più famose al mondo del Boléro di Béjart disse: “Sinceramente non ricordo quante volte l’ho danzato ma è come se ogni volta la mia anima si rinnovasse donandosi attraverso il corpo, in un messaggio in perenne mutazione che sussurra, cresce in un grido e tace con la musica. Le mie mani, le mie braccia sono come delle ali di fuoco che esprimono la necessità fisica di comunicare. Io sono una sacerdotessa che compie un rito; per me Boléro è come una preghiera…”.

Da citare l’edizione firmata da Michele Merola che su musica di Maurice Ravel e Stefano Corrias ha creato una nuova versione coreografica focalizzata sul ventaglio inesauribile dei rapporti umani, una sorta di allegoria del dolore di vivere e dell’incomprensione come metafora della nostra esistenza, stretta fra contrasto e dialogo, seduzione e disinganno, sorpresa e sconcerto.

Valerio Longo al Teatro di Verdura di Parlemo ha firmato il suo “Boléro” per il Corpo di ballo del Teatro Massimo. Una coreografia di ampio respiro che parte dalle musiche di Maurice Ravel – dapprima le cinque favole della suite “Ma mère l’Oye”, poi il “Bolero” – per offrire un impegno emotivo e tecnico continuo, dove i corpi e gli sguardi si incrociano e si sfuggono, gli abbracci divengono lotta e viceversa, in una tensione degli interpreti che ben corrisponde al ritmo insistente di Ravel.

Nella versione di Victor Ullate il “Boléro” prende vita con la musica da grammofono, una atmosfera retrò, tavolini da cafè e la compagnia “Victor Ullate Ballet – Comunidad de Madrid” in abiti da charleston che incornicia la scena. È un omaggio ai balletti e al clima degli anni ‘20 (Ravel compose l’opera ben appunto nel 1928) sposando però anche una forte influenza cubana.

Mentre il “Boléro” di Riccardo Olivier ha riflesso l’immagine di una comunità che reagisce e affronta una situazione inevitabile come quella della pandemia di Covid19, interrogandosi su come le persone abbiano vissuto la tragedia e sulla potenza dello “stare”, sia dal punto di vista fisico che psicologico sulle note incalzanti di Maurice Ravel.

Il coreografo Shahar Binyamini ha offerto la sua interpretazione con il titolo “Bolero X: un lungo ed unico crescendo ininterrotto per una spettacolare celebrazione del potere della danza e della forza collettiva, incarnata da 50 artisti della compagnia canadese “Ballet BC” diretta da Medhi Walerski.

La “Koresh Dance Company” creata nel 1991 dal coreografo israeliano e direttore artistico Ronen Koresh ha presentato il “Bolero” in una rilettura della composizione di Maurice Ravel, riflettendo il ritmo ripetitivo ed insistente della musica attraverso il movimento incessante dei danzatori che hanno aggiunto minuto dopo minuto nuova energia fino all’apoteosi finale.

Esiste anche una versione coreografica di András Lukács e György Vámos su musiche di Ravel e Carl Orff creato per il “Wiener Staatsballett” nel 2012. Basata sulla relazione tra uomo e donna così come sulle passioni ed emozioni che li uniscono; pensato per dieci ballerine e dieci ballerini che danzando in grandi costumi neri riflettono un monumentale atto di danza.

Sidi Larbi Cherkaoui al “Grand Théâtre de Genève” ha presentato in prima assoluta il “Boléro” firmato con Damien Jalet e Marina Abramović. Lo spunto nasce dal suggestivo lavoro della guru della performance art, basato sulla ricerca e sperimentazione dell’antitesi tra i limiti del corpo e le possibilità della mente. La coreografia, senza alcun riferimento al passato si riferisce agli angeli e alla loro capacità di volare e spostarsi ovunque. La drammaturgia non attinge solo al bene, ma si appoggia al principio duale dell’esistenza. Un “Boléro” di gruppo dove gli effetti ottici e le riprese video di Anouar Brissel ne sono il fulcro. È un balletto che a prescindere dal titolo trasporta lo spettatore sull’orlo di un vulcano dove nulla può ostacolare l’imminente distruzione. A meno di una rinascita a nuova forma di vita, dopo la purificazione.

La compagnia “Le Ballet de l’Opéra Grand Avignon” ha dato vita al “Boléro” grazie al talento ed alla fantasia di Hervé Koubi riproposto in una brillante versione per dodici danzatori, sviluppando una “melodia avvoltolata instancabilmente su sé stessa, simbolo femminile” alla quale “si oppone il ritmo maschile che, aumentando di volume e d’intensità, finisce per risucchiarla.”

Dopo aver avuto più volte l’opportunità di eseguire la versione di Maurice Béjart, François Mauduit ha creato il proprio “Boléro” su musica di Ravel nel 2015, unendo le influenze orientali della partitura, i colori spagnoli della sua orchestrazione e l’esultanza del corpi nell’energia della “Compagnia Coreografica François Mauduit”.

Per la coreografia di Michela Zullo, dal titolo “Boléro, prigionia di un amore”, l’étoile Luciana Savignano che ne è stata l’interprete dichiarò: “Quando mi è stato proposto ho avuto un attimo di perplessità, poi mi sono detta che se la vita mi propone una cosa del genere ci sarà un motivo, evidentemente è un evento completamente diverso da quello in precedenza fatto con Béjart, altrimenti non avrebbe avuto senso, e siccome sono una temeraria ho accettato e ho fatto bene. Prima di tutto ho conosciuto una coreografa che mi è piaciuta molto, Milena Zullo, la quale possiede un bel modo di approccio con l’interprete, e per me oggi questo è determinante. Mi sono avventurata e ho iniziato a capire com’era la situazione, l’atmosfera mi ha soddisfatta ed ora posso affermare di essere felicissima di avere accettato questo nuovo Boléro.” Uno spettacolo in cui la danza incontra la recitazione nel quale la Savignano dà corpo e grido da protagonista al tema della violenza sulle donne. In scena con lei l’attore Massimo Scola e i giovani danzatori di “Padova Danza Project” a cura di Gabriella Furlan Malvezzi. Sulla musica di Ravel (riveduta dal compositore Enrico Gabrielli) la Savignano racconta la prigionia di un amore malato: grida dentro una massa che la attornia, la strattona, la solleva, fino a liberarsi mentre piove dall’alto una cascata di scarpette rosse.

È del 2014 il “Boléro” di Francesco Ventriglia prodotto per la compagnia Duende. “Non è possibile ascoltare questa musica senza muovere almeno una parte del corpo. Da sempre le immagini che mi ha suggerito questo brano sono fatte di spazi enormi e di urla senza voce. Di qui l’ispirazione a creare un Boléro sulla mancanza di comunicazione e sulla potenza suprema del gesto sulla parola. I danzatori avranno i volti coperti da teste di manichino e sarà affidato esclusivamente alla danza il compito di descrivere quanta potenzialità di amore, sensualità e potenza si possa sprigionare nella semplicità del gesto”.

Una versione originale è stata quella per il Progetto DonneTeatroDiritti “Sguardi tra conflitti e integrazioni”, dedicato al superamento delle discriminazioni e delle diseguaglianze civili, economiche e sociali, con il titolo “Boléroeuropa” su coreografia di Béjart a cura di Gianluca Riggi e Valerio Bonanni. Sulla pedana circolare Riccardo Cananiello è il giovane danzatore bianco che interpreta l’Europa, sotto la pedana, i migranti che vogliono entrare nell’Europa, interpretati da un reale gruppo di giovani profughi (Mohamed Kamara, Boutros Popos Geras, Paolo Ippolito). L’Europa li ammalia prima e li respinge poi; i migranti circondano la pedana-isola, il danzatore ne è oppresso e schiacciato, li attira e li respinge, danza e si muove con loro. Infine emerge l’umanità dei viaggiatori.

Un nuovo “Boléro” compare nel 2018 con la versione di “Emox Balletto”, pensata e realizzata da Beatrice Paoleschi, con l’obiettivo di sottolineare il lungo percorso compiuto dalla donna per realizzare la sua emancipazione, anche dal punto di vista culturale.

Nel 2019 il balletto è stato portato in scena in una versione inedita a firma di Mauro De Candia, all’interno del trittico con la “Dance Company Theater Osnabrück”, compagnia dell’omonima cittadina tedesca che il coreografo pugliese ha diretto per lungo tempo. La serata intitolata “Bauhaus|Boléro” venne inserita nel centenario della nascita della storica scuola Bauhaus. Nel suo “BoléroDe Candia esplora i parametri musicali ripetitivi della partitura di Ravel, dando loro una forma coreografica-danzante, ricavata dalla rigida struttura della musica.

Da segnalare la sensuale coreografia di Julien Lestel, realizzata per la sua compagnia in residenza all’Opéra de Massy, impostata sulla partitura di Maurice Ravel. Inizialmente sottile e delicato, il movimento lascia gradualmente spazio a potenti gesti incoraggiati dall’emulazione collettiva, ogni ballerino entra successivamente nel vortice ipnotico, abbandonandosi ad una creazione fisica e persino carnale.

Nel 2021 Fredy Franzutti viene invitato a creare una nuova versione di “Boléro” in qualità di ospite al Teatro dell’Opera di Sofia. Il coreografo e direttore del “Balletto del Sud”, ha realizzato la sua versione dai toni mediterranei sulla musica di Ravel immaginando una festa danzata nel corso della quale i partecipanti rispettano il distanziamento sociale (durante l’emergenza sanitaria per il Covid) anelando al contatto umano che è loro proibito. Per l’allestimento Franzutti ha curato anche le scene e i costumi.

Sergei Polunin è stato l’interprete del “Boléro” andato in scena in anteprima a Baikonur nel 2020. Una versione su ideazione e coreografia di Ross Freddie Ray, dedicata al 60° anniversario del volo nello spazio di Yuri Gagarin.

Per ultimo, nel 2024 in prima assoluta a Firenze Roberto Zappalà ha affrontato il “Boléro” con altre due grandi composizioni classiche che hanno segnato il percorso coreografico e musicale del secolo scorso “L’après midi d’un Faune” e “Le Sacre du Printemps” chiamata “trilogia dell’estasi”. In questo “Boléro” l’accento è sulle relazioni umane, in particolare sui rapporti tra uomini e donne: negati, esaltati, violati in una “riflessione” coreografica sulle derive della società contemporanea.

Boléro” è stato anche fonte di ispirazione per pellicole cinematografiche come quella di Claude Lelouch intitolata “Les Uns et les Autres” del 1981 con Geraldine Chaplin, film che narra le vicende di quattro famiglie accomunate dalla passione per la musica, con l’immenso Jorge Donn interprete nel ruolo di un ballerino russo, Sergei, ispirato alla figura di Rudolf Nureyev. Nel film la coreografia di Béjart non è un semplice intermezzo ma una scena fondamentale destinata a rimanere nella storia del cinema. Già nel 1934 un altro film dal titolo “Boléro” per la regia di Wesley Ruggles era stato prodotto ad Hollywood con George Raft e Carole Lombard e nel 1951 un altro ancora dal titolo “El Boléro de Raquel” per la regia di Miguel M. Delgado.

Ci fu anche una versione del “Boléro” in forma di balletto, in un atto, su musica di Frédéric Chopin, andato in scena all’Opéra-Comique nel 1949, con scene e costumi basati sui modelli di Suzanne Reymond, nella coreografia di Jean-Jacques Etchevery. In scena Solange Schwarz e Michel Rayne.

Numerose altre versioni si sono viste, tra cui quelle di Francesca Pennini (drammaturgia di Angelo Pedroni sulla musica di  Ravel e dei Rolling Stones), Fabrizio Monteverde, Jesús Rubio Gamo, Giuseppe Picone, Svetlana Zackharova, Adriana Mortelliti, Luigi Martelletta, Ziya Azazi, Tito Osuna, Emio Greco e Pieter C. Scholten, Arturo Cannistrà, Mvula Sungani, Ivan Markó, Toni Candeloro, Tuccio Rigano, Maša Kolar, Ermanno Sbezzo e Krzysztof Pastor che ha scelto di usare un ampio spazio rettangolare affidando l’esecuzione ad un uomo e ad una donna. 

Una curiosità ben nota riporta che alla sera del debutto della sola partitura un’anziana signora del pubblico esclamò rivolgendosi a Ravel “Voi siete pazzo!”. Egli osservò: “Quella vecchia signora ha capito il messaggio!”.

 

Michele Olivieri

Foto Gregory Batardon

www.giornaledelladanza.com

 

 

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